Sentenza n. 274 del 1974
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SENTENZA N. 274

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 20 del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanze emesse il 23 e il 28 marzo, l'11 aprile e il 10 dicembre 1973 dal pretore di Bari nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Giovine Beniamino, Iacobellis Onofrio, De Bonis Giovanni e Campanella Vito, iscritte ai nn. 292 e 451 del registro ordinanze 1973 e ai nn. 111 e 128 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 236 del 12 settembre 1973, n. 48 del 20 febbraio 1974, n. 126 del 15 maggio 1974 e n. 133 del 22 maggio 1974;

2) ordinanza emessa il 3 novembre 1973 dal pretore di Rutigliano nel procedimento penale a carico di Ambriola Salvatore, iscritta al n. 47 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 75 del 20 marzo 1974.

Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 1974 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanze di analogo contenuto in data 23 marzo, 28 marzo, 11 aprile e 10 dicembre 1973, emesse tutte in procedimenti penali relativi a contravvenzioni in materia di lavoro, il pretore di Bari - rilevato, in ogni caso, che occorreva previamente accertare la natura o durata del rapporto lavorativo da cui i contestati reati traevano causa, e dovendo, in relazione a tale pregiudiziale controversia, decidere, ai sensi dell'art. 20 c.p.p., se rimetterne o meno la soluzione al giudice civile - ha sollevato questione di legittin1ità - in riferimento agli artt. 25 e 3 della Costituzione - dell'art. 20 indicato, nella parte, appunto, in cui attribuisce al giudice penale la sola facoltà (e non l'obbligo) di rimettere al giudice civile la soluzione di una controversia pregiudiziale di sua competenza.

2. - Identica questione di legittimità dell'art. 20 c.p.p., in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, ha sollevato il pretore di Rutigliano, con ordinanza 3 novembre 1973.

3. - Nei giudizi innanzi alla Corte non vi é stata costituzione di parti, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le cause vanno riunite e decise con unica sentenza, perché concernono la medesima questione.

2. - Tutte le ordinanze di rinvio prospettano il dubbio di legittimità dell'art. 20 cod. proc. pen. "nella parte in cui prevede la facoltà (e non l'obbligo) del giudice penale di rimettere al giudice civile la soluzione di controversie civili pregiudiziali": per contrasto, innanzitutto, con l'art. 25 della Costituzione, in base alla considerazione che la norma impugnata consentirebbe di sottrarre la controversia pregiudiziale al suo giudice naturale.

Il dubbio acquisterebbe ancora maggior consistenza nell'ipotesi particolare - ricorrente in tutti i giudizi in cui sono state emesse le ordinanze - che il procedimento penale pregiudicato concerna contravvenzioni per le quali sia ammessa la oblazione.

Non essendo, infatti, in tal caso, consentito, avverso la sentenza, il rimedio dell'appello (art. 515 n. 1 cod. proc. pen.), l'eventuale decisione in sede penale della questione civile pregiudiziale implicherebbe, per le parti di questa, la perdita di un grado di giurisdizione. E si avrebbe anche una disparità di trattamento rispetto ai soggetti che, in analoga situazione processuale, vengano invece rimessi innanzi al giudice civile e fruiscano quindi del doppio grado di giurisdizione.

Tale disparità di trattamento contrasterebbe col principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), di cui, appunto, le ordinanze denunziano pure la violazione.

3. - La questione non é fondata.

Innanzitutto, relativamente all'art. 25 della Costituzione - che rappresenta, come si é detto, il principale parametro di valutazione della norma impugnata - occorre ricordare che questa Corte, nell'iter di progressiva enucleazione ed identificazione del precetto in esso racchiuso, già con numerose sentenze (n. 130 del 1963; n. 1 del 1965; n. 15 del 1970; n. 139 del 1971; n. 117 del 1972) ha avuto modo di rilevare che "la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni, le quali derogano a tale competenza sulla base di criteri che razionalmente valutino i disparati interessi in gioco nel processo".

ora, nel novero di tale ultimo indicato tipo di disposizioni (che prevedono, in pratica, meccanismi di alternativa o di spostamento di competenza in favore di un giudice diverso, ma anch'esso precostituito) certamente rientra anche l'art. 20 del codice di procedura penale.

L'attribuzione che tale norma fa al giudice penale, della facoltà di rimettere o meno al giudice civile la cognizione di questioni civili che pregiudichino il procedimento penale, risponde, infatti, ad un criterio di evidente razionalità: in quanto - nel conflitto tra l'interesse ad una previa e separata risoluzione della controversia civile pregiudiziale in sede propria e l'interesse contrapposto ad una decisione incidentale e contestuale della questione civile nel procedimento penale, per una più rapida definizione di quest'ultimo - prevede che la soluzione scaturisca non già dall'applicazione di una formula astratta e generale, sibbene dall'adozione di un concreto provvedimento del magistrato penale, valutati caso per caso la portata ed i reali termini del conflitto stesso É evidente che tale meccanismo implica un margine di discrezionalità .

Ma trattasi di discrezionalità relativa - in quanto il provvedimento del giudice penale é adottato non senza motivazione e previa audizione delle parti (che possono presentare, al riguardo, istanze e conclusioni) - e, soprattutto, tale che non si risolve in mero arbitrio, poiché rappresenta il connotato essenziale di un potere ritenuto idoneo, se non indispensabile, alla realizzazione di apprezzabili esigenze processuali.

Le esposte considerazioni inducono, quindi, a ritenere che, rispetto alla questione civile pregiudiziale, il giudice del processo penale pregiudicato, che eventualmente ne ritenga la cognizione ex art. 20 cod. proc. pen., é pure esso giudice naturale e precostituito: di modo ché resta esclusa la denunziata violazione dell'art. 25 della Costituzione.

4. - Quanto, poi, al profilo di vulnerazione dell'art. 3 della Costituzione, quale prospettato nelle ordinanze di rinvio, deve escludersi che esso abbia autonomo rilievo e, comunque, fondamento.

Invero la lamentata perdita del grado dell'appello - in ipotesi di pregiudiziale civile decisa in sede di processo penale relativo a contravvenzioni per cui sia ammessa la oblazione - altro non rappresenta che la conseguenza della ritenuta prevalenza dell'interesse al sollecito svolgimento del procedimento penale, che giustifica l'attrazione della questione civile nel procedimento penale e, quindi, la sua soggezione al relativo regime delle impugnazioni (il quale - va detto per inciso - ove non preveda il doppio grado di merito, non per questo contraddice ad alcuna disposizione costituzionale: cfr. sent. 1963 n. 110 di questa Corte).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 25 e 3 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'11 dicembre 1974.