Sentenza n. 247 del 1974
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SENTENZA N. 247

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 844 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1972 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Neri Dido, Panzacchi Ada e Tabellini Rosina, iscritta al n. 328 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 296 del 15 novembre 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 giugno 1974 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del giudizio civile promosso da Neri Dido e Panzacchi Ada nei confronti di Tabellini Rosina il pretore di Bologna nella sede distaccata di Bassano ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, comma secondo, 32, comma primo, 41, secondo e terzo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 844 del codice civile, che regola la materia delle immissioni in alienum.

2. - A suo giudizio detta norma costituirebbe un rimedio insufficiente ai gravi problemi posti dall'inquinamento. Invero, il criterio in essa adottato per contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà (normale tollerabilità delle immissioni) non assicurerebbe un'adeguata tutela di beni costituzionalmente protetti come la salute umana (art. 32 Cost.) e l'ambiente (art. 9 Cost) e sarebbe inidoneo - inoltre - a garantire che lo svolgimento dell'iniziativa economica privata avvenga nel rispetto delle esigenze e delle finalità di pubblico interesse di cui all'art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione.

Un ulteriore motivo di dubbio sulla legittimità costituzionale dell'art. 844 cod. civ. il giudice a quo lo trae dal fatto che esso limita la sua applicabilità al proprietario del fondo vicino alla sua zona di immissione escludendo così, senza alcuna plausibile ragione, dalla sua tutela ogni altra persona che, pur non trovandosi in quella situazione, sia egualmente danneggiata dalla contaminazione ambientale provocata dalle immissioni.

3. - Nel giudizio - in assenza d'altre parti - é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato con deduzioni depositate il 26 ottobre 1972. L'Avvocatura, dopo aver osservato che le parti in giudizio erano entrambe proprietarie di fondi finitimi, manifesta delle perplessità sulla rilevanza delle questioni sollevate. Esse andrebbero comunque dichiarate non fondate, in quanto i limiti d'applicabilità dell'art. 844 cod. civ., non escluderebbero che anche i terzi estranei possano essere a loro volta tutelati - e sia pure con forme e strumenti diversi da quelli previsti da detta norma - di fronte agli atti di immissione. Né eventuali carenze e insufficienze di tali forme di tutela potrebbero mai comportare l'illegittimità costituzionale della norma impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il pretore di Bologna, chiamato a decidere una controversia tra proprietari di fondi contigui, avente ad oggetto l'accertamento di danni che ciascuno di essi assume derivanti da propagazioni di fumo e scorie provenienti dal fondo dell'altro, e ritenendo di dover applicare l'art. 844 c.c., regolante la materia delle immissioni in alienum, prospetta, con l'ordinanza in epigrafe, varie questioni di legittimità della detta norma in riferimento agli artt. 2, 3, 9, comma secondo; 32, comma primo; 41, secondo e terzo comma; 42, secondo e terzo comma, della Costituzione.

2. - Secondo il giudice a quo la norma in esame:

a) legittimerebbe ad agire a tutela del proprio interesse il solo proprietario del fondo vicino a quello dal quale provengono le immissioni, pur essendo queste ultime causa di danno per una pluralità indeterminata di persone, che dalla norma non sarebbero protette, con disparità di trattamento priva di razionale giustificazione nei confronti di soggetti egualmente colpiti dagli effetti della contaminazione ambientale conseguente alla diffusione di sostanze nocive (art. 3 Cost.);

b) ricondurrebbe nella sfera dei rapporti e del conflitto fra privati la difesa di interessi come quelli inerenti alla salute umana (esposta, specie per effetto degli inquinamenti atmosferici, a pericoli talvolta gravissimi), interessi che riguardano non tanto singoli soggetti quanto la collettività e che la Costituzione tutela in via primaria (art. 32, comma primo), anche in riferimento ad inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2);

c) infine, per contemperare le esigenze della produzione con quelle della proprietà, adotterebbe il criterio della normale tollerabilità delle immissioni e, nel riservare un trattamento preferenziale alle esigenze della produzione rispetto alle ragioni della proprietà, non terrebbe conto della preminente rilevanza accordata nella Costituzione alla salvaguardia della salute dell'uomo (art. 32 citato) e alla protezione dell'ambiente in cui questi vive (art. 9, secondo comma). Detto criterio inoltre sarebbe inidoneo, nella sua relatività, a garantire che lo svolgimento della iniziativa economica privata avvenga nel rispetto sia delle esigenze e delle finalità di pubblico interesse richiamate dall'art. 41, secondo e terzo comma, della Costituzione, sia della funzione sociale della proprietà (art. 42, secondo e terzo comma). E sarebbero in ultimo inaccettabili, per ragioni connesse a quelle su esposte, i criteri di composizione del conflitto tra gli stessi proprietari vicini.

3. - L'Avvocatura eccepisce preliminarmente l'irrilevanza delle questioni prospettate, assumendo che la norma impugnata non é invocata, nel caso di specie, a tutela di terzi, in quanto la controversia pende tra proprietari di fondi vicini.

L'eccezione peraltro potrebbe avere un qualche fondamento circa i profili di cui alla lettera a solo se considerati isolatamente e non in relazione alle altre censure che si concretano invece in un'analisi interna della ratio dell'art. 844 c.c. e sono rivolte, più che all'ambito soggettivo, al contenuto della norma suddetta e alla individuazione degli interessi che questa dovrebbe tutelare: interessi che l'ordinanza di rimessione assume essere di più ampia portata di quelli che si incentrano nella tutela della proprietà. Sotto tale aspetto le questioni non mancano di rilevanza.

4. - Secondo la ormai prevalente interpretazione giudiziale e dottrinale formatasi sull'art. 844, introdotto nella disciplina della proprietà di cui al codice civile del 1942, il proprietario é tenuto a subire "le immissioni di fumo e di calore" nonché "le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni" provenienti dal fondo del vicino, che non superino la normale tollerabilità, la cui valutazione, non in astratto ma in concreto ed in relazione alla condizione dei luoghi ed alla stregua di valori economico-sociali generalmente accettati in un determinato momento storico, é rimessa ai poteri determinativi del giudice ove sorga controversia.

Nel caso poi (comma secondo) che le immissioni provengano dallo svolgimento di un'attività produttiva e che esse superino quella tollerabilità che sarebbe altrimenti decisiva ai sensi del comma primo, spetterà al giudice - sempre in mancanza di accordo - di contemperare mediante opportuni pr6vvedimenti gli interessi della produzione con quelli della proprietà, tenendo conto anche della priorità dell'uso, sì da evitare il completo sacrificio dell'una o dell'altra categoria di interessi.

All'infuori dei casi e dei limiti predetti tutte le altre immissioni sono ritenute illegittime e suscettibili di venire represse con l'azione negatoria (art. 949 c.c.) oltre che mediante le azioni personali esperibili per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti.

5. - orbene che i principi posti dall'art. 844 c.c. non costituiscano uno strumento adeguato per la soluzione dei gravi problemi creati dall'inquinamento e, in ispecie, da quello atmosferico, é certo esatto. Ciò tuttavia non comporta l'illegittimità costituzionale dalla norma impugnata poiché questa, di fronte alle turbative derivanti dalle immissioni, si limita a considerare solo l'interesse del proprietario ad escludere ingerenze da parte del vicino sul fondo proprio, tutelandolo da immissioni che superino la tollerabilità come sopra intesa. E ciò senza riguardare, ma anche senza pregiudicare, la protezione di interessi diversi, eventualmente spettanti anche ad altre persone o ad intere collettività.

La norma é infatti destinata a risolvere il conflitto tra proprietari di fondi vicini per le influenze negative derivanti da attività svolte nei rispettivi fondi. Si comprende quindi che il criterio della normale tollerabilità in essa accolto vada riferito esclusivamente al contenuto del diritto di proprietà e non possa essere utilizzato per giudicare della liceità di immissioni che rechino pregiudizio anche alla salute umana o all'integrità dell'ambiente naturale, alla cui tutela é rivolto in via immediata tutto un altro ordine di norme di natura repressiva e preventiva: basti menzionare il t.u. delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, e la legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sull'impiego pacifico della energia nucleare nonché, con particolare riferimento agli inquinamenti atmosferici, la legge 13 luglio 1966, n. 615. Resta salva in ogni caso l'applicabilità del principio generale di cui all'art. 2043 del codice civile.

Tali normative non sono peraltro oggetto di censura da parte del giudice a quo. É evidente comunque che eventuali carenze che in esse fossero individuabili in ordine alla tutela degli interessi dei singoli e della collettività non potrebbero mai riflettersi sull'art. 844 c.c. che, come si é detto, é destinato a risolvere problemi di diversa natura e dimensione.

6. - In conclusione, le questioni sollevate con l'ordinanza sono infondate per i motivi suesposti e lo sono anche con riferimento alle censure di cui all'ultima parte della lett. c. Infatti appare razionale e non in contrasto con l'art. 3 Cost. la scelta legislativa di dare, comprimendo l'assoluta libertà di esercizio del diritto di proprietà del titolare di un fondo, talune possibilità di lecito svolgimento ad attività che, anche nell'interesse generale, attengono alla produzione.

Mentre nella normativa dell'art. 844 c.c. si riscontrano razionali criteri volti a contenere, entro giusti limiti e senza totale sacrificio di alcuna parte, il potere di valutazione del giudice, cui del resto il legislatore non poteva non rimettersi per una decisione basata sulla considerazione della mutevole realtà sociale ed economica.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 844 del codice civile sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 9, comma secondo; 32, comma primo; 41, secondo e terzo comma; 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal pretore di Bologna con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23 luglio 1974.