Sentenza n. 234 del 1974
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SENTENZA N. 234

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 104 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 3 febbraio 1972 dal tribunale di Padova nel procedimento civile vertente tra Dolzan Emilio e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 del 26 luglio 1972.

Visti gli atti di costituzione di Dolzan Emilio e dell'INAIL;

udito nell'udienza pubblica del 12 giugno 1974 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito l'avv. Vincenzo Cataldi, per l'INAIL.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento civile davanti al tribunale di Padova avente ad oggetto le prestazioni assicurative richieste all'INAIL da Dolzan Emilio, quale padre legale rappresentante del figlio minore Giancarlo, l'Istituto eccepiva, in via pregiudiziale, l'improcedibilità dell'azione in quanto il Dolzan aveva proposto opposizione in via amministrativa contro il provvedimento negativo dell'Istituto sulle sue richieste oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento stesso, previsto al riguardo dall'art. 104 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, ed era pertanto decaduto dal diritto di esercitare la relativa azione in giudizio, a norma degli artt. 460 c.p.c. e 111 del citato d.P.R. n. 1124.

Con ordinanza del 3 febbraio 1972 il tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale del ripetuto art. 104 del d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui stabilisce il periodo suddetto, lamentandone il contrasto con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione.

Invero, secondo il giudice a quo, il termine, per la sua brevità, sanzionata dalla predetta decadenza in caso di inosservanza, sarebbe inidoneo a salvaguardare i diritti garantiti dalla invocata norma costituzionale, che vuole invece siano assicurati ai lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.

L'eccessiva ristrettezza del tempo concessa per l'impugnazione, secondo il tribunale, risulterebbe evidente in considerazione del turbamento che l'infortunio cagiona nella vita del lavoratore e della sua famiglia, turbamento da cui potrebbe derivare, specie su persone con scarsa conoscenza delle disposizioni in materia, "una non tempestiva percezione della notizia che deve essere oggetto dell'impugnazione".

L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 26 luglio 1972.

In questa sede si é costituito il Dolzan, rappresentato e difeso dall'avv. Pasquale Nappi, che ha depositato le proprie deduzioni il 7 agosto 1972.

La difesa osserva che, sostanzialmente, il termine de quo, pur essendo di decadenza, produrrebbe effetti paralleli a quelli della prescrizione, avendo come conseguenza la preclusione del ricorso alla tutela giurisdizionale in caso di inosservanza. Pertanto la sua evidente brevità rispetto agli ordinari termini di prescrizione, unitamente alle difficoltà soggettive ed oggettive derivanti dal verificarsi di un infortunio sul lavoro in ordine allo svolgimento delle relative pratiche amministrative, finirebbero col frustrare l'esigenza costituzionalmente garantita dal menzionato art. 38, secondo comma, della Costituzione. Ed al riguardo la difesa richiama l'art. 46 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, che avrebbe portato da 60 a 90 giorni il termine per impugnare il provvedimento negativo dell'INPS in materia di pensioni o di prestazioni previdenziali, riguardanti, oltre tutto, lavoratori in normali condizioni di capacità e attività.

Si é anche costituito l'INAIL, rappresentato e difeso dagli avv.ti Valerio Flamini, Vincenzo Cataldi e Mario Lamanna, che hanno depositato le deduzioni l'8 luglio 1972.

La difesa dell'Istituto osserva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, sarebbe logica la regolamentazione del diritto alla tutela giurisdizionale, purché non siano previste modalità che ne rendano impossibile o difficile l'esercizio Particolarmente tale principio sarebbe estensibile alla fissazione di un termine per la presentazione dei ricorsi amministrativi e alla conseguente sanzione di decadenza dall'azione giudiziaria per inosservanza.

La misura, poi, del termine in esame corrisponderebbe a quella prevista per il ricorso al Consiglio di Stato, e non potrebbe quindi ritenersi tale da rendere impossibile o difficile l'esercizio del diritto.

La disposizione impugnata si limiterebbe, quindi, a dettare una legittima disciplina dell'esercizio del diritto dei lavoratori acché siano garantiti mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, e tenderebbe, anzi, attraverso l'imposizione del termine, palesemente congruo, a favorire il lavoratore, che troverebbe nel procedimento amministrativo un modo di soddisfazione della sua pretesa facilmente invocabile e non dispendioso.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione sottoposta alla Corte concerne la presunta eccessiva ristrettezza del termine di 60 giorni che l'art. 104 del d.P.R. n. 1124 del 1965 prevede per l'impugnazione in via amministrativa delle deliberazioni con cui l'INAIL provvede circa la corresponsione delle prestazioni assicurative di propria competenza. L'incongruità del periodo di tempo indicato emergerebbe, da un lato, dalle difficoltà che, a causa dell'infortunio, si opporrebbero al tempestivo svolgimento della pratica amministrativa da parte dell'infortunato stesso o dei suoi congiunti, e, dall'altro, dalla grave conseguenza processuale derivante dall'inosservanza del termine, cioè la decadenza dal diritto di adire l'autorità giudiziaria sancita al riguardo dagli artt. 460 c.p.c. e 111 del citato d.P.R. n. 1124 del 1965. A norma di tali disposizioni, invero, la domanda giudiziale in materia non potrebbe essere proposta, se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti stessi.

2. - Deve, anzitutto, osservarsi che nell'ambito del procedimento amministrativo per la risoluzione delle controversie in materia di prestazioni assicurative contro gli infortuni e le malattie professionali, regolato dal ripetuto d.P.R. n. 1124 del 1965, é prevista l'impugnativa, entro 60 giorni dalla comunicazione della determinazione con cui l'Istituto provvede in merito, a seguito della denuncia dell'infortunio (art. 104). Tale procedimento, di rapido ed agevole svolgimento, deve precedere quello giudiziario, a norma delle citate disposizioni, in ossequio alla esigenza, di pubblico interesse, di consentire la possibilità di una sollecita ed economica soluzione delle controversie, che solo può aversi in quella sede.

Il procedimento amministrativo preliminare si risolve, così, in un vantaggio anche per il creditore della prestazione previdenziale, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare con la sentenza n. 47 del 1964. E nella stessa sentenza é stato anche affermato il principio secondo cui la fissazione dei termini procedurali relativi e la sanzione di decadenza dell'azione giudiziaria per inosservanza, hanno la funzione di assicurare il rispetto della obbligatorietà del procedimento amministrativo anche nella fase di riesame del provvedimento negativo dell'Istituto, obbligatorietà che la stessa sentenza ha, del resto, espressamente riconosciuto non in contrasto con la garanzia giurisdizionale di cui all'art. 113 della Costituzione. Tali concetti ben si attagliano alla fattispecie, in cui appunto si discute del termine concernente l'impugnazione in sede amministrativa del provvedimento negativo dell'Istituto.

Da aggiungersi, per completezza, che il reclamo dell'interessato, diretto ad un approfondimento dell'esame della controversia attraverso l'esposizione delle proprie ragioni, costituisce indubbiamente elemento essenziale del procedimento amministrativo suddetto e si sostanzia in un atto di cooperazione dell'infortunato che, attraverso un giudizio di seconda istanza nella piena garanzia del contraddittorio, pone l'Istituto in condizioni di riprendere in esame i propri atti, prima di essere eventualmente chiamato a risponderne davanti al giudice, e quindi di assicurarne, per quanto possibile, la regolarità, in vista del migliore assolvimento dei compiti sociali che gli sono propri.

In base a quanto premesso, può, in conclusione, senz'altro affermarsi che il termine di cui si discute si inserisce in una procedura dettata in funzione del raggiungimento di scopi di interesse pubblico, i quali, inoltre, si risolvono anche in un vantaggio per coloro cui fa carico l'osservanza del termine.

3. - Ciò posto, é il caso di richiamare i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte in materia di valutazione della adeguatezza dei termini previsti dalla legge per l'espletamento di attività processuali.

In numerose sentenze i criteri fondamentali al riguardo sono stati enunciati in modo sostanzialmente univoco, e possono sintetizzarsi nel senso che la congruità di un termine va valutata, non solo in rapporto all'interesse di chi é obbligato a rispettarlo, ma anche in rapporto alla funzione assegnatagli nell'ordinamento giuridico (v. sentenze nn. 159 del 1969, 114 del 1972). Un limite alla discrezionalità del legislatore in materia potrebbe rinvenirsi soltanto quando la fissazione della breve durata del termine non trovi ragionevole giustificazione nel riferimento ai cennati elementi (sent. n. 10 del 1970) e si traduca comunque nella esclusione della effettiva possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce, rendendola meramente apparente (sent. n. 80 del 1967) o, comunque, estremamente difficile (sentenze nn. 107 del 1963, 93 del 1962).

E evidentemente da escludere che il termine in oggetto sia da giudicare- incongruo alla stregua dei sopra richiamati criteri, giacché fa parte integrante di un procedimento che, come si é detto, soddisfa esigenze di celerità di pubblico interesse a vantaggio concorrente, sia dell'Istituto, sia dell'avente diritto alla prestazione, il che giustifica ampiamente la scelta del legislatore, evidenziandone la razionalità anche in relazione a quelle che sono le comuni valutazioni della idoneità di un prefissato periodo di tempo a consentire il compimento di determinate attività processuali, sol che si faccia riferimento, a quest'ultimo riguardo, al termine di 60 giorni previsto per il ricorso al Consiglio di Stato dall'art.36 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, nonché ad altre disposizioni in materia analoga che prevedano termini non sostanzialmente dissimili.

D'altra parte, é pure da tenere presente, ai fini della valutazione della effettiva congruità del termine in esame, che esso decorre non dalla data dell'infortunio, bensì dalla data di comunicazione all'interessato del provvedimento amministrativo impugnabile.

Pertanto l'argomentata ristrettezza del tempo in relazione alle difficoltà derivanti dalla traumatizzante vicinanza dell'evento dannoso, perde rilievo anche sotto questo ulteriore profilo, dato che al periodo previsto dalla norma censurata va indubbiamente ad aggiungersi quello, non trascurabile, normalmente occorrente per giungere al provvedimento amministrativo suddetto.

4. - Né infine può riconoscersi fondamento alla asserita sproporzione fra il termine in esame e quello di tre anni previsto dall'art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965 per la proposizione dell'azione giudiziaria, giacché, come questa Corte ha avuto occasione di affermare in precedenza in un caso analogo (sent. n. 47 del 1964), il più lungo termine é di prescrizione e non é quindi comparabile a quello in esame, che é invece di decadenza, ed incide sulla durata di un procedimento di natura amministrativa, che, come si é detto, legittimamente precede l'azione giudiziaria.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 104 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, con ordinanza di cui in epigrafe, dal tribunale di Padova, in riferimento all'art.38, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1974

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1974.