Sentenza n. 173 del 1974
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SENTENZA N. 173

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1972 dal pretore di Feltre nel procedimento penale a carico di Battistutti Romano, iscritta al n. 395 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28 del 31 gennaio 1973.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 aprile 1974 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Battistutti Romano, imputato della contravvenzione di cui all'articolo 38 del t.u. delle leggi di p.s., in relazione agli artt. 697 del codice penale e 7 della legge 20 ottobre 1967, n. 895, perché deteneva nel proprio carrozzone targato MI 547422 n. 4 fucili ad aria compressa, cal. 4,5, senza averne fatto denunzia all'autorità competente (fucili rinvenuti e sequestrati nel corso di una perquisizione effettuata nel carrozzone che il Battistutti aveva adibito a proprio domicilio dalla squadra di p.g. dei carabinieri di Feltre ai sensi dell'art. 41 del t.u. delle leggi di p.s.), la difesa dell'imputato sollevava questione di legittimità costituzionale del predetto art. 41 del t.u. delle leggi di p.s., in riferimento agli artt. 2, 13, 14 della Costituzione.

Il pretore di Feltre riteneva la questione non manifestamente infondata, in base all'assunto che la norma impugnata lascerebbe alla libera iniziativa e alla valutazione discrezionale di soggetti, anche se rivestiti di semplice qualifica di agenti di polizia giudiziaria, un potere che la Costituzione riserva invece in via del tutto eccezionale a casi di necessità ed urgenza, che devono essere tassativamente indicati dalla legge e consentirebbe - inoltre - all'ufficiale od agente procedente di sottrarsi all'obbligo di comunicare immediatamente il provvedimento di perquisizione e sequestro all'autorità giudiziaria per il giudizio di convalidazione.

2. - Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nelle sue deduzioni, depositate il 10 febbraio 1973, l'Avvocatura contesta la fondatezza delle questioni sollevate osservando che la norma impugnata sarebbe giustificata dall'esigenza di porre gli organi di polizia in grado di intervenire con prontezza a tutela dell'incolumità pubblica e troverebbe quindi il suo fondamento nel terzo comma dell'art. 14 della Costituzione.

L'intervento degli organi di polizia sarebbe d'altro canto subordinato alla ricorrenza di specifiche situazioni sufficientemente determinate e non potrebbe pertanto sostenersi che esso sia rimesso alla discrezionalità dei medesimi. L'obbligo della verbalizzazione e della comunicazione dei provvedimenti e dei verbali di perquisizione e di sequestro discenderebbe - infine - dai principi generali in tema di atti di polizia giudiziaria ed, in particolare, dagli artt. 227 e 224 c.p.p., nella specie sicuramente applicabili.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il pretore di Feltre prospetta il dubbio che l'art. 41 del t.u. delle leggi di p.s. di cui al r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (il quale autorizza gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria a procedere immediatamente a perquisizione e sequestro ove abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza in qualsiasi locale pubblico e privato od in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate e comunque abusivamente detenute) contrasti con gli artt. 2, 13 e 14 della Costituzione. Secondo il giudice a quo, detta norma lascerebbe alla libera iniziativa e alla valutazione discrezionale di taluni soggetti, anche se rivestiti di semplice qualifica di agenti di polizia giudiziaria, un potere che la Costituzione riserva invece in via del tutto eccezionale a casi di necessità ed urgenza, che devono essere tassativamente indicati dalla legge, e consentirebbe, inoltre, all'ufficiale od agente procedente di sottrarsi all'obbligo di comunicare immediatamente il provvedimento di perquisizione e sequestro all'autorità giudiziaria per il giudizio di convalidazione.

2. Le questioni, nei sensi prospettati, non sono fondate sotto alcun profilo.

Già in precedenti decisioni questa Corte ha avuto occasione di affermare che la tutela accordata alla libertà di domicilio non é assoluta, ma trova dei limiti stabiliti dalla legge ai fini della tutela di preminenti interessi costituzionalmente protetti. Così, argomentando soprattutto dal terzo comma dell'art. 14 della Costituzione, la Corte ha riconosciuto pienamente legittimi l'art. 8 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, che dà facoltà agli ispettori del lavoro di visitare laboratori, opifici, cantieri e locali annessi e connessi con l'esercizio dell'azienda (sent. n. 10 del 1971), nonché l'art. 33, primo comma, della legge n. 4 del 1929, che autorizza gli ufficiali della polizia tributaria a procedere a perquisizioni domiciliari, senza provvedimento dell'autorità giudiziaria, in caso di fondato sospetto di violazioni delle leggi finanziarie che integrino estremi di reato (sent. n. 56 del 1973).

3. - Tale indirizzo non può non ricevere ulteriore conferma nel caso di specie.

Invero la norma impugnata, che sostanzialmente non si discosta da quella generale contenuta nell'art. 224 c.p.p. per quanto attiene ai presupposti che eccezionalmente consentono in ipotesi di necessità e di urgenza la ricerca e l'assicurazione delle prove da parte della polizia giudiziaria, appare giustificata dalla esigenza di porre gli organi di quest'ultima in grado di provvedere con prontezza ed efficacia in ordine a situazioni (quali la detenzione clandestina o comunque abusiva di armi, munizioni o materie esplodenti) idonee, per la loro stessa natura, ad esporre a grave pericolo la sicurezza e l'ordine sociale.

Essa pertanto si inquadra pienamente nell'ambito della speciale procedura d'urgenza richiamata dal secondo comma dell'art. 14 della Costituzione e, per quanto concerne le perquisizioni, trova un'ulteriore conferma della propria legittimità nel collegamento col fine della tutela della pubblica incolumità espressamente contemplato nel terzo comma del già citato art. 14.

Non potrebbe validamente sostenersi che la norma in esame abbia lasciato alla libera iniziativa e alla valutazione discrezionale degli organi di polizia giudiziaria un potere che la Costituzione riserva invece a casi che devono essere tassativamente indicati dalla legge.

Infatti, la possibilità di procedere a perquisizione o sequestro é subordinata all'esistenza di elementi indizianti circa la esistenza di armi, munizioni o materie esplodenti non denunziate, non consegnate o comunque abusivamente detenute ed é noto che l'indizio non equivale al mero sospetto (che può trarre origine anche da un semplice personale convincimento), ma deve invece ricollegarsi ad un fatto obbiettivamente certo o a più fatti certi e concordanti tra loro.

4. - Né fondata appare l'ulteriore censura circa la mancata previsione, nell'art. 41 t.u. di p.s., dell'obbligo di inviare all'autorità giudiziaria, per la convalida, i verbali di perquisizione o di sequestro.

Invero, la norma impugnata va considerata nel contesto della normativa del codice di procedura penale concernente le funzioni (comprese quelle d'iniziativa indicate dall'art. 219 c.p.p.) della polizia giudiziaria e la subordinazione di questa al Procuratore generale e al Procuratore della Repubblica, nell'ambito delle rispettive competenze. Non v'é dubbio, quindi che anche nelle ipotesi contemplate dall'art. 41 gli ufficiali ed agenti procedenti siano tenuti, ai sensi degli artt. 224 e 227 c.p.p., a verbalizzare tutte le operazioni compiute e a trasmettere, entro le quarantotto ore successive, all'autorità giudiziaria, per la convalida, il processo verbale con la specifica enunciazione del motivo per il quale la perquisizione é stata eseguita, anche se con esito negativo. Ed é appena il caso di osservare che gli obblighi di documentazione e gli adempimenti prescritti dall'art. 224 c.p.p. (il cui testo va interpretato alla luce del combinato disposto degli artt. 13, terzo comma, e 14, secondo comma, della Costituzione), per quanto testualmente riferiti alla sola perquisizione, non possono non riguardare anche l'eventuale sequestro delle cose rinvenute nel corso della medesima.

Spetterà di conseguenza all'autorità giudiziaria verificare la legittimità degli atti compiuti e quindi controllare l'assolvimento dei doveri imposti dalla legge agli organi di polizia giudiziaria nell'esercizio delle loro funzioni, doveri la cui osservanza, come é noto, é garantita da opportune sanzioni, quali, ad es., quelle di cui all'art. 229 c.p.p. e agli artt. 323 e 615 codice penale.

5. - Resta così confermata, anche sotto tale ulteriore profilo, la piena compatibilità della disposizione impugnata con l'art. 14 della Costituzione. Il che vale anche ad escludere l'esistenza di ogni contrasto con gli artt. 2 e 13, posto che le questioni, nei termini in cui sono state prospettate, riguardano esclusivamente la tutela del domicilio e non incidono direttamente sugli altri aspetti della tutela della libertà personale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773), sollevate in riferimento agli artt. 2, 13 e 14 della Costituzione, dal pretore di Feltre con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 giugno 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 19 giugno 1974.