Sentenza n. 165 del 1974
 CONSULTA ONLINE 


 

SENTENZA N. 165

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 382 e 482 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 ottobre 1971 dal pretore di Pinerolo nel procedimento penale a carico di Giaime Mario, iscritta al n. 34 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 dell'8 marzo 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 30 aprile 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

In seguito a querela contro ignoti, proposta dal titolare della ditta Ricca di Savigliano per il danneggiamento di quattro autocorriere, venivano avviate indagini di polizia che portavano alla denuncia di Giaime Mario e alla instaurazione di un procedimento penale contro il medesimo, per il delitto di cui all'art. 635 del codice penale, avanti al pretore di Pinerolo. Questo, con sentenza 18 ottobre 1971, ha assolto l'imputato per non aver commesso il fatto contestatogli e, sospeso il giudizio "limitatamente alla condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato" ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 382 (e conseguentemente dell'art. 482) del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione ed ha, quindi, rimesso gli atti a questa Corte per la relativa decisione.

Nel presente giudizio vi é stato soltanto l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

Il pretore di Pinerolo ritiene che il principio di uguaglianza ed il diritto di difesa, garantiti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, siano violati dall'art. 382, e correlativamente dall'art. 482, del codice di procedura penale, i quali dispongono che, con la sentenza di proscioglimento dell'imputato, quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, il querelante é condannato alle spese del procedimento, salvo che il proscioglimento sia pronunziato per insufficienza di prove, per concessione del perdono giudiziale, o per un'altra causa estintiva del reato sopravvenuta dopo la presentazione della querela. Secondo l'ordinanza di rimessione, sarebbe iniquo che alla assoluzione del prevenuto da un reato perseguibile a querela di parte faccia seguito automaticamente la condanna del querelante dal momento che "non può essere addebitato allo stesso se le indagini di polizia si sono orientate su di un individuo che é poi risultato estraneo all'accaduto". Si verificherebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra querelanti contro ignoti a seconda che le indagini di polizia giudiziaria si appuntino o meno sul colpevole; e questo difforme trattamento di situazioni uguali non sarebbe sorretto da presupposti logici ed obbiettivi che ne giustifichino l'adozione. Inoltre, il rischio per la persona offesa di esporsi al pagamento delle spese processuali, quando non conosca l'autore del reato, potrebbe risolversi in una indebita compressione del diritto di agire in giudizio; e, comunque, dato l'automatismo delle norme denunziate, il querelante sarebbe privo di idonei strumenti per contrapporsi ad una condanna alle su indicate spese, cui egli senza alcuna colpa ha dato causa.

La questione é fondata.

L'Avvocato dello Stato, dopo avere premesso che il fondamento dell'obbligo del querelante di rimborsare le spese anticipate dallo Stato va individuato nei principi della colpa e della soccombenza, ritiene che una esatta interpretazione delle norme impugnate porti ad escludere la sussistenza di un problema di legittimità costituzionale. E ciò perché il querelante non potrebbe essere ritenuto responsabile delle spese allorquando non sia ipotizzabile nei suoi riguardi alcuna colpa, come nella specie.

La Corte ritiene che le affermazioni dell'Avvocatura non sono esatte dal momento che, secondo giurisprudenza e dottrina, i su indicati principi possono essere invocati quando si tratti di rifusione delle spese a favore dell'imputato prosciolto, prevista dal secondo comma dell'art. 382. Invece, il fondamento dell'obbligo del querelante di rimborsare allo Stato le spese da questo anticipate deriva dal principio generale, secondo il quale dette spese debbono definitivamente ricadere sulla parte che ad esse ha dato causa, e, perciò, in primo luogo sul condannato, che, commettendo il reato ha provocato l'esercizio della azione penale, ed in caso di assoluzione da un reato perseguibile soltanto a querela di parte, sul querelante che, a mezzo della querela ha dato la possibilità al pubblico ministero di promuovere l'azione penale.

La parte offesa, che presenti querela assume pertanto la responsabilità del pagamento delle spese processuali, il che ha lo scopo, per altro, anche di evitare liti temerarie. Ma siffatto principio, pur esatto, soffre delle eccezioni nel senso che alla assoluzione dell' imputato non consegue automaticamente la condanna del querelante, nelle ipotesi tassativamente previste dallo stesso art. 382: proscioglimento dell'imputato per insufficienza di prove, per concessione del perdono giudiziale, o per un'altra causa estintiva del reato sopravvenuta dopo la presentazione della querela. Casi nei quali l'assoluzione dell'imputato deriva da circostanze non riconducibili al querelante.

Orbene, esaminando la questione entro i limiti proposti dall'ordinanza di rimessione, la Corte osserva che colui che, con querela contro ignoti, lamenta un reato effettivamente commesso in suo danno, e l'azione penale promossa dal p.m. non dà esito positivo o perché rimane ignoto l'autore del reato, oppure perché si é proceduto contro persona non colpevole, si trova nella medesima posizione giuridica di quella su indicata contemplata dall'art. 382, e, ciononostante, subisce un trattamento differente perché viene condannato al pagamento delle spese processuali.

Sussiste quindi il vizio di legittimità costituzionale in ordine all'art. 3 della Costituzione.

Rimane assorbita la questione proposta in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 382 e 482 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevedono, in caso di proscioglimento, la condanna del querelante alle spese del procedimento anticipate dallo stato anche nell'ipotesi di querela contro ignoti per un reato realmente verificatosi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 giugno 1974.