Sentenza n.130 del 1973
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SENTENZA N. 130

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2751, n. 5, del codice civile, in relazione all'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di previdenza sociale), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 29 ottobre 1970 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Di Gennaro Pasquale ed il fallimento della società Cond'Air, iscritta al n. 193 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 30 giugno 1971;

2) ordinanza emessa il 24 giugno 1971 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Chiaraviglio Luigi ed il fallimento dell'Istituto per ricerche geografiche e studi cartografici, iscritta al n. 383 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 24 novembre 1971;

3) ordinanza emessa il 16 dicembre 1971 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Torio Vincenzo ed il fallimento della società "La casa melzese", iscritta al n. 88 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 104 del 19 aprile 1972.

Visto l'atto di Costituzione di Chiaraviglio Luigi;

udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1973 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.

Ritenuto in fatto

1. - In un procedimento civile vertente tra Pasquale Di Gennaro ed il Fallimento della società Cond'Air, avente ad oggetto opposizione, ai sensi dell'art. 98, r.d. 1942, n. 267, avverso l'esclusione della collocazione privilegiata di un credito derivante da prestazioni professionali, il quale era stato ammesso nello stato passivo del fallimento in via chirografaria perché anteriore all'ultimo anno; e, successivamente, in altri due procedimenti - di analogo oggetto e rispettivamente, vertenti tra Luigi Chiaraviglio ed il Fallimento dell'Istituto per ricerche geografiche e studi cartografici e tra Vincenzo Torio ed il Fallimento della società "La casa melzese" il tribunale di Milano, con ordinanze del 29 ottobre 1970, del 24 giugno e del 16 dicembre 1971, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità dell'art. 2751, n. 5, cod.civ., nella parte in cui limita il privilegio (generale sui mobili) dei crediti di retribuzione dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale, alle (sole) "retribuzioni dovute per l'ultimo anno".

2. - In tutte le ordinanze indicate, con coincidente ordine di argomentazioni, l'illegittimità della norma é duplicemente ipotizzata: per contrasto, rispettivamente, con l'art. 3 e con gli artt. 1 e 35 della Costituzione.

3. - Sotto il primo profilo, si deduce l'ingiustificata (e prima insussistente) disparità di tutela venutasi a creare, per effetto della sopravvenuta legge 1969, n. 153, tra i crediti per prestazioni d'opera intellettuale e quelli per prestazioni di lavoro subordinato: questi ultimi, per l'art. 66 della detta legge, oltre che trasferiti dal 14 al primo posto nell'ordine di prelazione fissato dall'art. 2778 c.c., godono ora del privilegio senza alcun limite di tempo, mentre per i primi - tuttora collocati al 14 posto - é rimasto fermo il limite di un anno.

E si osserva che siffatta grave disparità di trattamento - pur tenute presenti le innegabili differenze ravvisabili tra lavoro autonomo del professionista e lavoro subordinato - non trova, comunque, giustificazione, attesa la permanente relativa omogeneità delle rispettive situazioni e della particolare tutela che la Costituzione ha voluto riconoscere al lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni".

4. - Sotto il secondo profilo - prescindendo dalle differenze intercorrenti fra lavoro subordinato e lavoro autonomo ed impregiudicata lasciando la preminenza di tutela riservata al primo nei confronti del secondo - si pongono, invece, a raffronto la situazione dei "crediti di fonte diversa", pervenendosi alla conclusione che il trattamento meno favorevole che (in dipendenza, appunto, del limite cronologico sopradetto) la legge (art. 2751, n. 5, cit.) riserva a crediti (quelli dei professionisti) che "sorgono pur sempre da un'attività lavorativa" rispetto a crediti aventi diversa origine e natura (quelli di cui ai nn. 1-13 art. 2778 c.c.) contrasti con la prioritaria valutazione del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (voluta dall'art. 35 della Costituzione) e con il principio che l'Italia é una Repubblica fondata sul lavoro (art. 1).

5. - Nell'ordinanza emessa nel procedimento tra il Chiaraviglio ed il Fallimento dell'Istituto di ricerche geografiche, in particolare, si fa, per altro, poi, anche cenno al problema del dies a quo di decorrenza dell'anno (entro cui il privilegio del credito del professionista resta circoscritto) e si sottolinea l'incidenza che, sulla sollevata questione di legittimità dell'art. 2751, n. 5, c.c., ha l'interpretazione "restrittiva", che tale termine fa decorrere (con criterio difforme da quello adottato in sede di esegesi del n. 4 del medesimo art. 2751) "dall'inizio dell'esecuzione".

Discenderebbe, invero, sul piano pratico, da tale accolta interpretazione - secondo il giudice a quo - l'estrema difficoltà per il professionista di avvalersi, in concreto, del meccanismo di prelazione in suo favore previsto dalla norma. Di modo che, in definitiva, i suoi crediti, finirebbero con il risultare sempre chirografari: così vanificandosi la tutela costituzionale voluta dagli artt. 1 e 35 della Costituzione.

6. - Tutte le ordinanze indicate sono state ritualmente notificate, comunicate e pubblicate.

7. - Innanzi a questa Corte, si é costituito - nel procedimento instaurato con l'ordinanza 24 giugno 1971 del tribunale di Milano - l'opponente Chiaraviglio, che ha sostenuto l'illegittimità della norma denunziata, riportandosi alle argomentazioni contenute in due pareri giuridici (rispettivamente, richiesti dal Collegio dei Ragionieri e Periti Commerciali di Milano e dall'Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano e Lodi). Entrambi tali pareri, soprattutto accentrati sul grado di collocazione del privilegio del credito del professionista, convergono nel risolvere negativamente il quesito di Legittimità dell'art. 2751, n. 5, e dell'art. 2778 del codice civile. Sotto il profilo dell'art. 3 Costituzione, si sottolinea la funzione di sostentamento che i crediti di lavoro del professionista sono chiamati ad assolvere non dissimilmente dai crediti di lavoro subordinato.

E sotto il profilo di contrasto con gli artt. 1 e 35 delle Costituzione si afferma la inderogabilità dell'esigenza di preminenza dei crediti qualificabili come "crediti di lavoro" (in senso lato) rispetto ai crediti di fonte diversa.

8. - Con altra memoria, depositata il 2 maggio 1973, il Chiaraviglio prospetta a questa Corte che, sebbene il dispositivo della ordinanza del tribunale di Milano sollevi la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 2751, n. 5, cod. civ. soltanto nella parte in cui limita il privilegio alle retribuzioni dovute per l'ultimo anno, dalle argomentazioni esposte nella motivazione, specialmente sulla disparità di trattamento del lavoratore subordinato e del professionista, o del lavoratore autonomo, alla luce dell'art. 3 della Costituzione, si desume che si é voluto contestare la legittimità costituzionale dell'art. 2751, n. 5, in tutta la sua portata e pertanto anche con riguardo al disposto dell'art. 2778, n. 14, nella parte che ha riguardo alle retribuzioni.

Sulla base di questo assunto si insiste nella richiesta di dichiarazione di illegittimità delle norme predette.

Considerato in diritto

1. - I tre giudizi, discussi congiuntamente alla pubblica udienza, vanno, ora, riuniti e decisi con unica sentenza, in quanto sollevano identiche questioni.

2. - Occorre preliminarmente delimitare l'ambito di tali questioni.

Contrariamente a quanto assume il Chiaraviglio nella memoria depositata il 2 maggio 1973, viene qui in discussione la legittimità costituzionale del solo art. 2751, n. 5, del codice civile, nella parte che riguarda il limite temporale del privilegio dei crediti di retribuzione dei professionisti ed altri prestatori d'opera intellettuale, e non anche la legittimità del successivo art. 2778, n. 14, del codice civile, relativamente al grado di collocazione del privilegio medesimo: atteso che tale ultima indicata norma non ha formato oggetto di denunzia, neppure implicita, da parte del giudice a quo.

3. - Come in narrativa detto, il primo prospettato profilo di contrasto é quello tra l'art. 2751, n. 5 - nella parte sopra indicata -, e l'art. 3 della Costituzione.

In particolare, la violazione del principio di uguaglianza, canonizzato nel precetto costituzionale invocato, é fatta discendere - nella motivazione delle ordinanze di rinvio e nelle adesive note formulate dalla parte costituita - dal raffronto tra la situazione dei crediti di retribuzione dei professionisti, il cui privilegio é limitato alle sole "retribuzioni dovute per l'ultimo anno" e la diversa situazione dei crediti di lavoro subordinato, i quali - per effetto del disposto dell'art. 66 della legge n. 153 del 1969, abrogativo dell'art. 2751, n. 4, del codice civile - risultano privilegiati senza alcun limite di carattere temporale.

La disparità di trattamento in tal modo evidenziata si assume, appunto, essere irrazionale ed ingiustificata, in considerazione della omogeneità delle relative situazioni, riconducibili entrambe alla comune matrice del "lavoro", che é fenomeno costituzionalmente garantito "in tutte le sue forme ed applicazioni".

4. - La questione non é fondata.

É appena il caso, innanzitutto, di ricordare che - già anteriormente alla accennata legge n. 153 del 1969 e vigendo l'art. 2751, n. 4, del codice civile (che, anche in relazione ai crediti di retribuzione di lavoro subordinato, limitava il privilegio agli "ultimi sei mesi") - una rilevante differenza di carattere temporale, tra le due descritte situazioni del privilegio dei crediti di retribuzione dei professionisti e dei crediti dei lavoratori dipendenti, si era, comunque, venuta a creare, per effetto dell'interpretazione che del citato n. 4 dell'art. 2751 del codice civile aveva dato la giurisprudenza.

La quale - nel fissare il dies a quo della decorrenza (a ritroso) del detto termine di sei mesi - lo aveva ancorato "al momento della cessazione del rapporto lavorativo", secondo un principio, quindi, del tutto diverso rispetto a quello affermato (e tuttora applicato) per il computo de "l'ultimo anno" che limita il privilegio del professionista, che, invece, "decorre dall'inizio della procedura esecutiva".

E ciò in considerazione del fatto che "le diversità essenziali esistenti tra i rapporti di lavoro subordinato ed autonomo, circa l'oggetto, le modalità di prestazione dell'attività e circa il sistema retributivo non consentono di regolare i rapporti stessi in base ad un principio comune".

5. - D'altra parte, occorre ancora considerare - risultando, altrimenti, falsati i termini della comparazione - che le due situazioni del lavoro autonomo e subordinato non vengono qui poste a raffronto nella loro globalità, bensì soltanto in relazione ad un aspetto particolare, quale é il momento patologico del rapporto caratterizzato dall'insolvenza della parte su cui incombe l'obbligo del pagamento del lavoro.

Ora - avendo riguardo, appunto, a tale descritto momento (nella cui ottica si colloca la questione in esame) - si coglie, con ancor più tangibile evidenza, la diversità di posizione tra il libero professionista ed il lavoratore subordinato.

Per il primo - che, normalmente, conta su una pluralità di clienti - si tratta, invero, della perdita (eventuale) di uno dei tanti crediti; per il secondo - che presta i suoi servigi, in genere, ad un solo datore di lavoro, al quale é legato nello svolgimento della sua attività principale e delle cui vicende economiche può subire le conseguenze - si tratta, invece, del venir meno dell'unica possibile fonte, da cui deriva tutta la retribuzione e dalla quale, quindi, egli ha diritto di trarre i mezzi per il proprio sostentamento.

La rilevata diversa intensità del pregiudizio, rispettivamente, in caso di mancata remunerazione della loro attività, giustifica anche la diversità di tutela, in detta situazione, a tali soggetti apprestata, ed in particolare, la diversa estensione temporale del privilegio riconosciuto ai rispettivi crediti, in sede concorsuale.

Senza dire, sotto altro profilo, che al professionista - a differenza che al lavoratore dipendente (e della legittimità di tale discriminazione nessuno ha mai dubitato) - si offrono anche altri strumenti per una più celere e rapida realizzazione dei propri crediti (quali lo speciale procedimento di cui alla legge 1942 n. 794, in materia di prestazioni giudiziali ed, in genere, il procedimento monitorio di cui all'art. 633 e segg. del codice di procedura civile).

6. - Infine - per quanto attiene alla ulteriore (e, per altro, non del tutto chiaramente) prospettata violazione degli artt. 1 e 35 della Costituzione - é sufficiente, per evidenziare l'infondatezza della relativa questione, richiamare quanto da questa Corte in altre occasioni già affermato (v., per tutte, la sent. n. 22 del 1967) circa la reale funzione e portata di tali norme.

Le quali "non vogliono determinare i modi e le forme della tutela del lavoro, ma solo enunciarne il criterio ispiratore".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2751, n. 5, del codice civile, sollevate, in riferimento all'art. 3 ed agli artt. 1 e 35 della Costituzione, dalle ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1973.