Sentenza n.106 del 1973
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SENTENZA N. 106

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 244, ultimo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 12 giugno 1971 dal tribunale di Cremona nel procedimento civile vertente tra la ditta Maxima di Caione Angelo e la società Industria Confezioni, iscritta al n. 300 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 259 del 13 ottobre 1971.

Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1973 il Giudice relatore Vezio Crisafulli.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 12 giugno 1971 nel corso di un procedimento civile per opposizione a decreto ingiuntivo tra la ditta Maxima di Caione Angelo e la società Industria Confezioni - S.I.C., il tribunale di Cremona ha sollevato con riferimento all'art. 24 della Costituzione questione di legittimità costituzionale dell'art. 244, ultimo capoverso, in relazione all'art. 153, del codice di procedura civile.

Nella specie l'ordinanza rileva che la comparsa della parte opponente contenente la indicazione di nuovi capitoli di prova era stata depositata alla cancelleria dopo la scadenza del termine al riguardo fissato dal giudice istruttore ai sensi della norma impugnata: e ciò, in seguito allo sciopero dei postelegrafonici che aveva impedito il puntuale inoltro del plico espresso, tempestivamente spedito a cura del difensore da Matera al procuratore di Cremona. Poiché, secondo costante interpretazione giurisprudenziale, la inosservanza di un termine perentorio, qual'é appunto quello previsto all'art. 244, terzo comma, in relazione all'art. 153 cod. proc. civ., comporta la preclusione dell'attività processuale anche nei casi in cui sia stata determinata da causa non imputabile alla parte od al suo procuratore, il giudice a quo dubita che detta norma, così intesa, contrasti con il principio costituzionale che garantisce la difesa in ogni stato e grado del procedimento.

Considerato in diritto

Viene denunciato per contrasto con l'art. 24 Cost. l'ultimo comma dell'art. 244 cod. proc. civ., che, disciplinando le modalità della prova testimoniale, stabilisce che il giudice istruttore "secondo le circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare o integrare" le indicazioni prescritte nei due commi precedenti: si assume che la rigida preclusione dell'attività probatoria della parte derivante dal decorso termine, non superabile neppure in caso di forza maggiore, violerebbe il diritto di difesa.

La questione non é fondata. La garanzia del diritto di difesa non può implicare che sia illegittimo imporre all'esercizio di facoltà o poteri processuali limitazioni temporali, senza le quali i processi potrebbero trascinarsi indefinitamente con grave nocumento delle esigenze di giustizia. Ed é inerente alla stessa natura dei termini perentori - qual'é il termine di cui é questione nella presente controversia - che essi non siano prorogabili e non consentano, ove inutilmente decorsi, provvedimenti di sanatoria, proprio per motivi di certezza e di uniformità, generalmente avvertiti, la cui ragionevolezza non può essere contestata.

Più particolarmente, anzi, nel processo civile, l'immutabilità dei termini perentori, così legali come giudiziali, tende a garantire una effettiva parità dei diritti delle parti in causa, contemperando l'esercizio dei rispettivi diritti di difesa (così di quella alla quale il termine viene assegnato, come dell'altra che potrebbe essere a sua volta menomata essa stessa proprio nel suo diritto di difesa da un eccessivo protrarsi della durata del processo): senza dire che quello previsto dall'ultimo comma dell'art. 244 può essere assegnato alle parti affinché provvedano a incombenti cui avrebbero potuto provvedere già a partire dal primo atto del giudizio (citazione o comparsa di costituzione).

Né deve dimenticarsi che i concetti di caso fortuito o di forza maggiore non sono così rigorosamente determinati da escludere l'eventualità che, dilatandosene oltre misura l'area di applicazione, specie con riferimento ai rapporti tra le parti e i loro difensori o tra questi ultimi, si pervenga, pur con le migliori intenzioni, ad inammissibili abusi. Mentre, per la diversa ipotesi di circostanze straordinarie, generali ed oggettivamente riscontrabili, che incidano sul funzionamento degli uffici giudiziari e dei servizi ausiliari a questi connessi - tra i quali questa Corte, con sentenza n. 191 del 1971, punto 1 della motivazione, ha ritenuto incluso quello delle notificazioni a mezzo della posta - provvedono le disposizioni del d.lgs. 9 aprile 1948, n. 437, ratificato con la legge 10 febbraio 1953, n. 73.

É superfluo aggiungere che, come in più d'una occasione é stato affermato nella giurisprudenza della Corte, in tanto la prefissione di termini con effetto di decadenza o di preclusione é compatibile con l'art. 24 Cost., in quanto i termini stessi siano congrui e non tali da rendere eccessivamente difficile agli interessati la tutela delle proprie ragioni. E, trattandosi di termini stabiliti dal giudice, ove contrastassero con tali principi, sarebbe aperta la possibilità di reclamo al collegio a norma dell'art. 178 cod. proc. civ.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 244, ultimo comma, del codice di procedura civile, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 5 luglio 1973.