Sentenza n.94 del 1973
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SENTENZA N. 94

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO  Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 665 del codice di procedura civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 novembre 1970 dal pretore di Pisa nel procedimento civile vertente tra la società immobiliare B. Gandolfo e C. e Testai Cirano, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiate della Repubblica n. 140 del 3 giugno 1971

2) ordinanza emessa il 25 ottobre 1911 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Motta Virgilio e Rivolta Giancarlo, iscritta al n. 30 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 22 marzo 1972.

Visti gli atti di costituzione di Rivolta Giancarlo e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1973 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Giuseppe Celona, per il Rivolta, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel procedimento civile promosso dalla soc. immobiliare "B. Gandolfo" nei confronti di Testai Cirano, ed avente ad oggetto intimazione di licenza per finita locazione, il pretore di Pisa, con ordinanza del 9 novembre 1970, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 665 c.p.c., per preteso contrasto con gli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione.

Il giudice a quo osserva nell'ordinanza, quanto al primo rilievo di illegittimità, che, secondo la norma impugnata, se il conduttore intimato compare all'udienza e si oppone alla richiesta di rilascio del locatore senza fondare l'opposizione su prova scritta, il giudice, a richiesta del locatore, a meno che non ricorrano gravi motivi e previa cauzione se del caso, deve emettere ordinanza di rilascio, immediatamente esecutiva e non impugnabile, con riserva delle eccezioni del convenuto, che potranno essere svolte solo nel normale processo di cognizione conseguente all'opposizione. Si creerebbe in tal modo una disparità di trattamento fra il convenuto in un qualunque processo di cognizione e quello nel processo che abbia per oggetto la risoluzione di un contratto di locazione, poiché, nel primo caso, la pronunzia segue alla valutazione di qualunque specie di prova addotta dal convenuto a dimostrazione delle proprie eccezioni, mentre, nel secondo, il conduttore é condannato sommariamente, anche se ha da far valere prove fondate, ma non scritte, in virtù di una sorta di provvisoria esecuzione che anticiperebbe in modo anomalo la pronuncia definitiva. E ciò con pregiudizio irreparabile, dato che il risarcimento del danno e la eventuale restitutio in integrum conseguenti al successivo riconoscimento della infondatezza della pretesa del locatore non varrebbero in ogni caso a ripagare il conduttore del disagio subito con l'esecuzione dell'ordinanza provvisoria di rilascio, in considerazione anche della possibile incidenza del provvedimento su un contratto soggetto a proroga legale.

La disparità, inoltre, si configurerebbe anche in relazione alla posizione di ingiustificato privilegio che si evidenzierebbe, poi, anche nei confronti del trattamento riservato ai soggetti di altri rapporti di scambio.

Né varrebbe opporre l'esistenza di altre ipotesi di procedimenti speciali che, come quelli possessori o d'urgenza, prevedono provvedimenti esecutivi adottati in base a cognizione sommaria, poiché si tratterebbe anzitutto di provvedimenti non vincolati nell'an e sempre revocabili, mentre la specialità dei procedimenti stessi sarebbe giustificata comunque da particolari e attendibili motivi, che non sarebbe dato rinvenire invece nella specie, non potendo ragionevolmente ritenersi accettabile la descritta discriminazione a danno del convenuto conduttore rispetto al convenuto tipo, in disaccordo, oltre tutto, con l'attuale politica legislativa in materia di locazione, rivolta, come é noto, piuttosto a tutelare il conduttore di fronte al locatore.

Per quanto riguarda la pretesa violazione del diritto di difesa, il giudice a quo afferma che il ricollegare effetti ostativi alla emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio solo ad eccezioni fondate su prova scritta costituirebbe una limitazione della detta garanzia costituzionale, attraverso la ingiustificata preferenza accordata a tale strumento probatorio. Né la denunziata violazione sarebbe temperata dalla possibilità che il giudice, secondo quanto pure dispone la norma impugnata, neghi l'ordinanza di rilascio per "gravi motivi", perché la genericità della disposizione potrebbe risolversi in un arbitrio senza possibilità di controllo, data la non impugnabilità dell'ordinanza neppure in base all'art. 111 della Costituzione.

Nel procedimento civile promosso da Motta Virgilio contro Rivolta Giancarlo, avente oggetto analogo al precedente, il pretore di Milano, con ordinanza 25 ottobre 1971, ha pure sollevato questione di legittimità dell'art. 665 c.p.c. per motivi simili a quelli come sopra esposti, osservando in particolare che la disciplina in esame sarebbe altresì intrinsecamente contraddittoria, perché, mentre da un lato, in presenza dell'opposizione del conduttore, il legislatore avrebbe sancito la trasformazione del procedimento da speciale in ordinario, dall'altro, mediante la limitazione probatoria in esame, avrebbe mostrato di ritenere ancora come non avvenuta tale trasformazione, al fine evidente di favorire il locatore.

Entrambe le suddette ordinanze sono state ritualmente notificate, comunicate e pubblicate.

Nella causa proveniente dal pretore di Milano si é tempestivamente costituito il Rivolta, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alfredo Moschella e Giuseppe Celona, che hanno depositato deduzioni difensive con cui sviluppano le tesi svolte nell'ordinanza di rinvio.

In particolare la difesa, dopo avere insistito sulla sostanziale equiparazione dell'ordinanza di rilascio ad una sentenza di condanna con riserva, afferma che sarebbe arbitraria la preferenza data dalla norma impugnata alla prova scritta poiché la stessa non potrebbe considerarsi più probante di quella orale ed aggiunge che la disposizione sarebbe discriminatoria a favore del locatore, cui non é richiesta la prova scritta e sarebbe altresì discriminatoria nell'ambito della stessa categoria dei locatori, in quanto subordina la emissione della ordinanza di rilascio alla possibile imposizione di una cauzione per i danni, ingiustamente gravatoria a danno di coloro che, in ipotesi, non siano in grado di versarla.

L'irrazionalità della discriminazione apparirebbe poi innegabile di fronte alle finalità sociali di difesa delle parti contraenti più deboli che anche la giurisprudenza della Corte avrebbe espressamente riconosciuto degne di tutela in materia di locazione.

Ed anche in ordine alla lamentata violazione del diritto di difesa, si rileva nelle deduzioni che limitazioni al riguardo possono ammettersi solo ove non contrastino con l'effettiva possibilità di esercizio del diritto stesso, che invece nella specie sarebbe conculcata per la drastica limitazione probatoria e la non obbligatorietà della cauzione per i danni.

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi illegittima la norma impugnata.

Nella causa proveniente dal pretore di Pisa é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato nei termini le proprie deduzioni.

L'Avvocatura osserva che la norma impugnata non sarebbe del tutto singolare nel nostro ordinamento, potendosi ravvisare situazioni analoghe nell'art. 65 della legge cambiaria, e negli artt. 35, 648, 689, 700 e 703 c.p.c., e risponderebbe comunque ad una razionale esigenza in quanto la cessazione della locazione implicherebbe la detenzione abusiva della cosa altrui onde, ovviamente, dovrebbe spettare al conduttore dimostrare l'esistenza di un suo eventuale diritto di seguitare a detenere la cosa. Tale posizione processuale delle parti evidenzierebbe anche la diversità della loro situazione, il che escluderebbe per altro verso ogni incostituzionale disparità di trattamento fra di loro.

Irrilevanti sarebbero poi i riferimenti al preteso contrasto della norma impugnata con la politica legislativa di tutela del conduttore, dato che tratterebbesi, se mai, di contrasto fra leggi ordinarie che non potrebbe costituire vizio di illegittimità costituzionale. Detto contrasto comunque non sussisterebbe perché le leggi vincolistiche in materia di locazione, pur prorogando il contratto, non farebbero tuttavia venir meno l'obbligo del conduttore di restituire la cosa locata alla scadenza, obbligo alla cui osservanza la norma impugnata appunto tenderebbe.

Infine, secondo l'Avvocatura, sarebbe anche infondata la questione sollevata sotto il profilo della pretesa violazione del diritto di difesa. Invero l'ordinanza di rilascio sarebbe concessa "se l'intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta", cioè in un momento in cui si sarebbe instaurato il contraddittorio ed il conduttore potrebbe esercitare la sua difesa, la quale, anche nei limiti in esame, non potrebbe mancare di essere presa in considerazione dal giudice, che può rifiutare l'ordinanza, quando, pur difettando la prova scritta delle eccezioni, sussistano tuttavia gravi motivi, e può, comunque, nel suo prudente apprezzamento, imporre una cauzione che valga a garantire il conduttore per i danni e la restituzione del bene, in caso di riconosciuta fondatezza delle eccezioni riservate.

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi infondate le questioni come sopra sollevate.

La difesa del Rivolta ha depositato una memoria illustrativa con cui svolge ampiamente le argomentazioni già proposte a sostegno della fondatezza delle questioni sollevate e, inoltre, prospetta un nuovo profilo di illegittimità della norma impugnata. Si afferma infatti nella memoria il contrasto della disciplina in esame con il principio della autonomia della funzione giurisdizionale sancito dall'art. 104 della Costituzione, in quanto la norma stessa costituirebbe "un vero e proprio ordine impartito dal legislatore al giudice di emettere il provvedimento" in esame, inibendogli "la libera valutazione" della fattispecie sottopostagli.

Tale questione secondo l'esplicita richiesta della difesa dovrebbe essere sollevata dalla Corte d'ufficio.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze di cui in epigrafe, emesse, rispettivamente, dai pretori di Pisa e di Milano, sottopongono alla Corte, in base a motivi coincidenti, la stessa questione di legittimità costituzionale dell'art. 665 del codice di procedura civile.

Si rende, pertanto, opportuna la riunione dei due giudizi, onde dar luogo a pronuncia di un'unica sentenza.

2. - Secondo l'ordinanza del pretore di Pisa, l'illegittimità dell'art. 665 c.p.c. sarebbe prospettabile sotto due rilievi.

Anzitutto, il procedimento per convalida di sfratto porrebbe il conduttore intimato in posizione di disparità nel confronto del convenuto in ordinario processo di cognizione avente per oggetto la risoluzione del contratto di locazione, limitando la prova delle eccezioni a quella scritta e sancendo la non impugnabilità e, quindi, l'irrevocabilità, sino a conclusione del successivo giudizio di merito, secondo l'art. 667, del provvedimento di sfratto emanato previa cognizione del tutto sommaria. Questa non razionale tutela privilegiata accordata al proprietario locatore darebbe luogo a violazione dell'art. 3 della Costituzione. Secondo altro rilievo, connesso al precedente, la restrizione dei mezzi di prova e le drastiche conseguenze esecutive costituirebbero altresì violazione dei diritti di difesa, secondo l'art. 24 della Costituzione.

Agli stessi concetti é informata l'ordinanza del pretore di Milano, con l'aggiunta di una particolare considerazione, basata sul fatto che la specialità del procedimento verrebbe meno all'atto della comparsa dell'intimato e della sua opposizione, per dar luogo, in quello stesso momento, all'apertura di un procedimento ordinario, le cui regole non consentirebbero eccezioni ingiustificate.

3. - Le questioni non sono fondate.

La dedotta disparità di trattamento, con la conseguenza di ritenere violato l'art. 3 Cost., muove dal presupposto che la tutela giurisdizionale riservata al locatore nei confronti del conduttore, sia e debba essere soltanto quella disponibile mediante l'esercizio della normale azione contrattuale.

Il presupposto non si adegua, anzitutto, al principio d'ordine generale, già riconosciuto da questa Corte, nel senso che é da considerare legittima una differenziazione con adattamento della tutela giurisdizionale, mediante la creazione di un sistema che abbia riguardo alla particolarità del rapporto da regolare ai fini della salvaguardia di interessi ritenuti razionalmente degni di protezione giuridica.

Il presupposto non si adegua, poi, all'applicazione dell'ora cenato principio, che la Corte ha già compiuto, proprio in tema di procedimento per convalida di sfratto, nel punto riguardante gli effetti della mancata comparizione dell'intimato. In rapporto a tale situazione, allora impugnata come contrastante con gli stessi artt. 3 e 24 Cost. in quanto supposta irrazionalmente derogativa dei principi del processo contumaciale, la Corte (sentenza n. 89 del 1972) ha ritenuto che le norme del procedimento ordinario non sono le sole che assicurino la tutela giurisdizionale e che, qui, trattasi "di un procedimento speciale predisposto dal legislatore per determinate finalità, fra le quali quella di evitare che, attraverso l'abuso del diritto di difesa, il conduttore possa protrarre, anche per lungo tempo, il godimento del bene locato".

Tali considerazioni valgono, in via di principio, a giustificare sotto ogni aspetto il sistema di legge che, data la specialità della materia, prevede, accanto al procedimento ordinario, un procedimento che, ove ricorrano determinate condizioni, consente un assetto del rapporto, vuoi definitivo nel caso di mancata comparizione o opposizione (salvo l'opposizione successiva ai sensi dell'art. 668 c.p.c.) vuoi temporaneo, sino alla decisione del merito, secondo l'art. 667.

Non é, quindi, fondato l'assunto che, nel caso, il procedimento ordinario di cognizione, costituisca un unicum necessitato e inderogabile. Al contrario, dottrina e giurisprudenza riconoscono la validità della speciale procedura, inquadrandola nella categoria delle pronunce con riserva, cioè interinali, con anticipo della esecutività rispetto al giudicato: ciò, nello stesso modo col quale sono regolate situazioni affini, come l'eccezione di compensazione di un credito contestato (art. 35 cod. proc. civ.) o come la sentenza provvisoria di condanna nei giudizi cambiari (art. 65 R.D. n. 1669 del 1933).

4 - Parimenti non fondata é la questione basata sulla dedotta violazione del diritto alla difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione.

Si assume che, restringendo alla sola prova scritta, la possibilità per l'intimato di far valere la fondatezza delle sue eccezioni, se ne comprimerebbe senza ragione il diritto ad usufruire altrimenti del mezzo ordinario della prova orale.

Ma va osservato, in via di principio, che, secondo giurisprudenza di questa Corte "il solo fatto della esclusione di un mezzo di prova, come quello della testimonianza, non costituisce di per se stesso violazione del diritto di difesa, ben potendo il legislatore in piena discrezionalità limitarne o escluderne l'ammissibilità" (sentenza n. 128 del 1972). In particolare (sentenza n. 112 del 1970 con richiamo dei precedenti) "l'esercizio del diritto di difesa deve sottostare alle delimitazioni suggerite, in relazione a singoli tipi di procedimento, dal coordinamento di norme dirette ad armonizzare reciprocamente la protezione di contrapposti diritti sostanziali". In altre parole, occorre che tali delimitazioni trovino nel sistema una loro razionale giustificazione. Nel caso in esame, tale giustificazione é data dalle esigenze di rapidità e di immediatezza, che informano, come si é detto, lo speciale procedimento e che verrebbero altrimenti eluse, svuotando il sistema dei suoi caratteri tipologici.

D'altra parte, sono questi caratteri che, considerati nel loro insieme, escludono che la posizione dell'intimato possa considerarsi carente di tutela nel caso di mancanza di prova scritta.

Anzitutto, l'intimato rimane, comunque, sempre obbligato a fornire la prova dei presupposti della sua domanda. Inoltre, resta affidata al giudice una valutazione obiettiva di complesso sui motivi che, eventualmente, sconsiglino la convalida, e il concetto di "gravità" dei motivi, nella sua larga accezione, non può non comprendere anche quei motivi che attengono alla posizione dell'intimato sfrattando, prudentemente apprezzati. Aggiungasi, ad escludere vieppiù la drasticità del sistema, che, nel caso di contestazione sull'ammontare dei canoni, il successivo art. 666 c.p.c. consente al giudice di concedere un termine di dilazione per adempimento, previa verifica.

5. - Si assume ancora che la non impugnabilità dell'ordinanza di rilascio costituirebbe, sotto altro profilo, violazione del diritto di difesa.

Ma in contrario va osservato che, data la natura del provvedimento, privo, come si é spiegato, di contenuto decisorio in senso sostanziale, la tutela del conduttore é assicurata dal fatto che al provvedimento interinale fa seguito la prosecuzione in forma ordinaria del giudizio nel merito (art. 667 c.p.c.) a cognizione piena, con possibilità di svolgimento ampio e integrale di tutte le eccezioni, secondo il dedotto e il deducibile. Su questo punto, concernente il momento del passaggio al giudizio di merito, va ritenuto non esatto il rilievo contenuto nell'ordinanza del pretore di Milano secondo cui detto momento dovrebbe identificarsi all'atto della comparsa dell'intimato opponente per esercitarvi ogni mezzo di difesa. Il rilievo non tiene conto che le due fasi, regolate da diversa normativa, sono consecutive, e distinte.

6. - Infine, va ritenuta non ammissibile l'istanza avanzata in memoria illustrativa dalla difesa della parte Rivolta Giancarlo per ottenere che la Corte sollevi di ufficio questione di legittimità della norma, sotto il profilo che ne sarebbe leso il principio dell'autonomia della funzione giurisdizionale sancito dall'art. 104 Cost. in quanto la norma stessa costituirebbe un ordine impartito dal legislatore al giudice di emettere il provvedimento. Basta, infatti, appena osservare che manca, per le ragioni sopra sviluppate, ogni carattere di strumentalità della questione, in tale modo prospettata, rispetto alla decisione qui adottata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 665 del codice di procedura civile, sollevata con le ordinanze di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1973.