Sentenza n.73 del 1973
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SENTENZA N. 73

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO  Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 10 febbraio 1971 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Cianfriglia Elena e il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, iscritta al n. 135 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 119 del 12 maggio 1971.

Visto l'atto di costituzione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni;

udito nell'udienza pubblica del 17 aprile 1973 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Zagari, per il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso del 22 ottobre 1970, Elena Cianfriglia chiedeva al pretore di Roma di essere reintegrata nel possesso di alcuni locali relativamente ai quali assumeva di avere subito spoglio dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni.

Comparse le parti davanti al giudice, mentre la ricorrente insisteva sulla natura privatistica del rapporto, l'Amministrazione sosteneva la contraria tesi e preliminarmente eccepiva il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Il pretore disponeva l'immediata reintegrazione della Cianfriglia nella detenzione dei detti locali e ordinava che la causa proseguisse davanti a lui per la trattazione del merito.

Alla prima udienza l'Amministrazione resistente dichiarava di avere proposto regolamento preventivo di giurisdizione e di avere depositato in cancelleria copia del ricorso, e chiedeva che fosse disposta la sospensione del processo, e la ricorrente, da canto suo, faceva presente che l'ordinanza di reintegra era stata eseguita e chiedeva un termine per il deposito di note illustrative dovendo dedurre l'incostituzionalità della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E (invocata ex adverso), per contrasto con l'art. 113 della Costituzione.

Successivamente la ricorrente, con le note, eccepiva l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 di detta legge per cui sarebbe esclusa per l'autorità giudiziaria ordinaria la possibilità di ordinare un comportamento positivo o negativo alla pubblica Amministrazione.

Il pretore non adottava alcun provvedimento sulla istanza di sospensione del processo avanzata dalla ricorrente e, con ordinanza del 10 febbraio 1971, sollevava d'ufficio la questione di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

2. - Premesso che il regolamento preventivo di giurisdizione é comunemente inteso, nella costante prassi giudiziaria, come uno strumento diretto a rimuovere preventivamente ogni dubbio sulla giurisdizione e che per effetto della proposizione di esso il punto relativo alla giurisdizione viene sottratto all'esame del giudice di primo grado per essere devoluto alla esclusiva indagine della Corte di cassazione all'uopo investita di pieni poteri di cognizione anche in ordine al fatto, il pretore specificamente prospettava l'anzidetta questione di legittimità costituzionale, in via principale nei confronti della disciplina complessiva del regolamento preventivo di giurisdizione e in subordine a proposito dell'ultima parte del primo comma dell'art. 41 e dell'art. 367 del codice di procedura civile, preservante l'obbligo del giudice adito di sospendere il processo in corso quando sia proposto il regolamento.

A) a) L'indiscriminata possibilità di bloccare il regolare corso processuale di primo grado avanti al giudice ordinario consentita alla parte che discrezionalmente se ne voglia servire, dal regolamento preventivo di giurisdizione, si risolverebbe in una temporanea esclusione o in un ritardo di tutela giurisdizionale per l'altra parte, tutte le volte che la questione di giurisdizione, per tale via sollevata, sia destinata ad avere soluzione affermativa. Durante le more del giudizio in cassazione, infatti, non potrebbe aversi attività processuale intesa all'accertamento di eventuali lesioni da parte della pubblica Amministrazione di eventuali diritti meritevoli di tutela in base al citato art. 113 della Costituzione e nemmeno quando si vertesse in situazioni richiedenti interventi giurisdizionali immediati e urgenti pena il sacrificio definitivo ed irreparabile del diritto del privato.

Il fine di evitare giudizi inutili, comunemente addotto a giustificazione dell'istituto, porterebbe con sé inevitabilmente il pericolo (che ricorrerebbe anche nella presente controversia) di una diversa moltiplicazione di giudizi a danno del privato le cui ragioni e pretese dovessero essere fondate, e di una sua possibile strumentalizzazione, e quindi di rappresentare un ingiustificato privilegio, per la pubblica Amministrazione la quale, leso un altrui diritto soggettivo, volesse ritardare e rendere difficile e dispendioso l'accertamento delle sue responsabilità.

D'altra parte, l'esigenza di controllo ad opera della Corte di cassazione del rispetto dei limiti esterni di giurisdizione apparirebbe efficacemente soddisfatta da un sistema processuale (come quello vigente in forza degli artt. 360, n. 1 e 382 del codice di procedura civile, ed in materia penale) che tale controllo realizzi in sede di impugnativa contro le decisioni degli organi della giurisdizione ordinaria di merito; e per ciò l'istituto di cui all'art. 41 del codice di procedura civile non solo comprometterebbe una fondamentale garanzia costituzionale, ma anche rappresenterebbe una disarmonia nel sistema, priva di intima ragionevolezza.

A) b) Rispetto al principio di cui all'art. 24 della Costituzione, il pretore rilevava che la parte contro cui il regolamento é proposto, é esposta al rischio di una decisione allo stato degli atti da parte della Corte di cassazione ed é privata della possibilità di integrare le proprie difese e fornire elementi di giudizio utili e forse anche decisivi, proprio ai fini della soluzione favorevole della questione di giurisdizione (la quale non é escluso che venga sollevata da controparte in un momento processuale che la veda favorita sul piano del materiale probatorio già parzialmente raccolto). Si ha così "un 'ingiustificata restrizione dell'inviolabile diritto di difesa, che non può non comprendere e coprire del suo scudo anche l'esercizio delle attività necessarie alla raccolta di elementi favorevoli al giudizio". Il regolamento preventivo di giurisdizione, nel suo meccanismo paralizzante il corso processuale di merito e le attività istruttorie, poi, laddove fosse scontata la proponibilità in astratto della domanda condizionante la giurisdizione, apparirebbe ancor più restrittivo del diritto di difesa qualora fosse valida (ancorché autorevolmente contrastata) la tesi secondo la quale la questione di giurisdizione va risolta con riguardo alla fattispecie legale desunta dalla domanda considerata astrattamente, prescindendo cioè dalle specifiche questioni di legittimazione e di proponibilità proprie del caso concreto.

B) A proposito della questione subordinata, ed in relazione alla sospettata violazione dell'art. 113 della Costituzione, il pretore osservava che, qualora la pubblica Amministrazione convenuta dovesse ricorrere al regolamento preventivo di giurisdizione, in ipotesi, per ritardare la pronuncia del giudice in favore del privato, si avrebbe una temporanea esclusione della tutela giurisdizionale del privato nei confronti della pubblica Amministrazione, e ciò in quanto il giudice del merito non é prevista alcuna facoltà di valutare sia pure attraverso la semplice delibazione della sussistenza in concreto delle condizioni minime di ammissibilità del ricorso, eventuali valide ragioni richiedenti la prosecuzione del processo.

E rilevava che se la sospensione non fosse necessariamente obbligatoria, sarebbe salvo nei congrui casi l'esercizio delle attività giudiziarie e processuali indispensabili ad evitare la sostanziale temporanea esclusione di tutela giurisdizionale.

Sarebbe, d'altra parte, violato l'art. 24 della Costituzione perché, a causa della sospensione necessariamente obbligatoria del processo di merito, la parte contro cui é proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, é esposta al rischio di non potere più (dopo la decisione favorevole della questione di giurisdizione) acquisire a prova del proprio diritto quegli elementi di fatto corroborativi di cui avrebbe potuto disporre se il procedimento non fosse stato sospeso.

C) Per il pretore, infine, la questione nelle anzidette due ipotesi sarebbe rilevante per l'incidenza che sulla controversia avrebbe la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme denunciate, ed in particolare perché al giudice del merito nel primo caso spetterebbe di esaminare la questione di giurisdizione, e nel secondo, sarebbe data facoltà di valutare eventuali ragioni di opportunità della prosecuzione del giudizio di merito in relazione alle esigenze di tutela giurisdizionale e di difesa implicate dal concreto stadio processuale della controversia.

3. - L'ordinanza veniva ritualmente notificata e comunicata, e quindi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 119 del 12 maggio 1971.

Davanti a questa Corte si costituiva solo il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni in persona del Ministro in carica pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. Non spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni chiedeva che questa Corte dichiarasse non fondata la sollevata questione di legittimità costituzionale.

Pur non sottovalutando l'impegno e la convinzione che traspariscono dalle argomentazioni poste a base dell'ordinanza di rimessione, la difesa dell'Amministrazione manifestava la propria sorpresa per il fatto che fosse stata messa in dubbio la legittimità costituzionale dell'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione, che costituisce, invero, uno dei cardini del nostro ordinamento per quanto concerne i rapporti tra i poteri dello Stato e di cui é stata ribadita la vigenza anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione dalla legge 11 marzo 1953, n. 87 che espressamente dispone all'art. 37 che "restano ferme le norme vigenti per le questioni di giurisdizione". Pertanto, sotto un profilo generale con l'ordinanza stessa non sarebbe stata sufficientemente avvertita e valutata la natura del regolamento preventivo di giurisdizione che si sostanzia in un sistema di risoluzione dei conflitti tra organi di giurisdizione ovvero tra poteri giurisdizionali e la pubblica Amministrazione.

Secondo il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni l'evoluzione storico-legislativa dell'istituto dimostrerebbe che i principi che lo regolano, lungi dall'essere in contrasto con la Costituzione sono stati da questa recepiti, e ciò sarebbe comprovato dalle autorevoli interpretazioni dell'art. 134 della Costituzione, secondo cui la competenza della Corte costituzionale in ordine ai conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato sarebbe limitata a quelli di natura strettamente costituzionale e quindi la Corte di cassazione continuerebbe ad essere competente nelle ipotesi di conflitto tra organi singoli rispettivamente della giurisdizione e della amministrazione.

Passando all'esame dei singoli motivi di illegittimità dedotti dal pretore, dopo aver rilevato l'inadeguatezza della prospettiva meramente processualistica con cui si é esaminato l'istituto, ritenuto incostituzionale perché considerato uno schermo per espedienti processuali dilatori da parte dell'Amministrazione, l'Avvocatura dello Stato metteva in evidenza, a proposito del preteso contrasto con l'art. 113 della Costituzione, l'equivoco in cui é incorso il pretore, affermando che a seguito della proposizione del regolamento il giudice di merito viene a perdere ogni potere di adottare quei provvedimenti cautelari di urgenza che la causa eventualmente richieda. Infatti, l'orientamento della Corte di cassazione sarebbe nel senso opposto e cioè nel senso che la proposizione dell'istanza di regolamento non esclude il potere del giudice adito di adottare provvedimenti urgenti. Peraltro, anche in quella accademica ipotesi, la questione non sarebbe fondata perché il prospettato inconveniente non potrebbe mai assurgere a vizio di costituzionalità delle norme denunciate non essendo impedita la tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica Amministrazione. La tesi sostenuta dal pretore, poi, dovrebbe applicarsi a tutti quei casi in cui venga proposta una questione incidentale che debba essere decisa da un giudice diverso da quello adito. E si potrebbe giungere all'assurdo di considerare illegittima fino a che la norma che dispone la sospensione del giudizio nel corso del quale sia sollevata questione di legittimità costituzionale.

D'altra parte va considerato che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto da ciascuna delle parti in giudizio, e paradossalmente dovrebbe ritenersi costituzionalmente illegittimo il regolamento di giurisdizione proposto dalla pubblica Amministrazione (al quale si riferiscono le considerazioni del pretore) e non quello sollevato da una parte privata.

Quanto poi alla pretesa violazione dell'art. 24 sotto il profilo che, giudicando la Corte di cassazione allo stato degli atti, la norma dell'art. 41 del codice di procedura civile, consentirebbe alla callidità di una delle parti di proporre il ricorso in un momento processuale più favorevole ad essa, la difesa dell'Amministrazione osservava che il rilievo era privo di giuridico fondamento perché, a sensi dell'art. 386 del codice di procedura civile, il regolamento di giurisdizione non vincola il giudice nel decidere il merito della causa e pertanto il diritto di difesa non resta in alcun modo pregiudicato e può pienamente esplicarsi sia nella fase davanti alla Corte di cassazione e sia nel prosieguo del giudizio di merito.

Né - concludeva l'Avvocatura - é pensabile che il pretore abbia inteso considerare compromesso il diritto di difesa dal carattere di "decisione allo stato degli atti" propria del regolamento di giurisdizione, perché tale carattere é ineliminabile da qualsiasi provvedimento ordinatorio del processo.

Considerato in diritto

1. - Con ordinanza del 10 febbraio 1971 é stata sollevata dal pretore di Roma la questione di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

2. - Nonostante che nella motivazione del suo provvedimento il pretore parli di "doppia questione di costituzionalità" ed assuma che le indicate disposizioni della Costituzione siano violate dalla "disciplina complessiva del regolamento preventivo di giurisdizione" ed in subordine dalle norme contenute specificamente nell'ultima parte del primo comma dell'art. 41 e nell'art. 367 "prescriventi l'obbligo del giudice adito di sospendere il processo in corso quando sia proposto il regolamento", ad avviso della Corte si é in presenza di un'unica questione. I dubbi di legittimità costituzionale sono, infatti, rivolti contro l'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione considerato in sé e nel suo insieme, e quelli avanzati a proposito dell'obbligo di sospendere il processo sono sostanzialmente gli stessi o comunque ai primi strettamente connessi.

3. - Le norme denunciate sarebbero, anzitutto, in contrasto con il principio di garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica Amministrazione.

L'indiscriminata possibilità di bloccare il regolare corso processuale di primo grado avanti al giudice ordinario, consentita, alla parte che se ne voglia servire, dal regolamento preventivo di giurisdizione si risolve, secondo il giudice a quo, "in una temporanea esclusione di tutela tutte le volte che la questione di giurisdizione - per tale via sollevata - sia destinata ad avere soluzione affermativa: in tali casi, infatti, per tutto il tempo richiesto dalle more di questa soluzione, non potrà aversi attività processuale intesa all'accertamento di eventuali lesioni da parte della pubblica Amministrazione di eventuali diritti meritevoli di tutela in base al citato art. 113 della Costituzione; nemmeno quando si vertesse in situazioni richiedenti interventi giurisdizionali immediati ed urgenti pena il sacrificio definitivo ed irreparabile del diritto del privato".

Tale tesi, che é prospettata principalmente con riferimento all'ipotesi che l'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione sia avanzata dalla pubblica Amministrazione in caso di lesione da parte sua di diritti del privato meritevoli di tutela, é così basata sulla premessa che con la richiesta di regolamento é bloccato il corso del processo di primo grado avanti al giudice ordinario, ma, in quanto tale, non appare fondata.

Tra le questioni che con l'instaurazione del giudizio vengono portate all'esame del giudice rientra anzitutto quella relativa alla giurisdizione. Tale questione può essere decisa prima e separatamente dal merito ovvero unitamente ad esso. E però non é escluso che il processo vada avanti attraverso varie e successive fasi nel convincimento e sul presupposto che sussista in relazione alla controversia la giurisdizione del giudice adito, e che ad un dato momento, in qualunque stato e grado del processo, il difetto di giurisdizione venga rilevato anche d'ufficio (art. 37, comma primo, del codice di procedura civile). Con la conseguenza, maggiormente grave in casi come quello ora ipotizzato, che tutta l'attività processuale perda ogni rilievo e venga ad essere considerata come non svolta. Ma ad impedire o contenere ciò, soccorre il mezzo del regolamento preventivo, la cui previsione e concreta attuazione é proprio intesa ad evitare giudizi inutili ed a consentire una sollecita e definitiva pronuncia sul punto concernente la giurisdizione. Proposto, infatti, il ricorso per regolamento preventivo, a decidere al riguardo sono immediatamente legittimate le sezioni unite della Corte di cassazione.

Ora, le norme che integrano l'istituto de quo non sono in contrasto con l'art. 113 della Costituzione, perché al legislatore ordinario é consentito di regolare i modi della tutela giurisdizionale (sentenze nn. 87 del 1962 e 47 del 1964) e perché tali norme attengono all'individuazione dell'organo giurisdizionale competente in ordine al quale é ben possibile che si discuta (sentenza n. 15 del 1964). Si é in presenza di una disciplina, rientrante tra i modi della tutela giurisdizionale, dettata da concrete esigenze e da apprezzabili interessi.

Il fine sopra rilevato di evitare giudizi inutili, esprime un'esigenza giustamente avvertita e figura coerentemente tutelato. Per cui non può ritenersi, come fa il giudice a quo, che da codesta tutela possa derivare il moltiplicarsi di altri giudizi inutili ed in particolare venga causato quello davanti alle sezioni unite, perché attraverso la pronuncia della Corte di cassazione si realizza un'effettiva economia di attività processuale.

Ci sarebbe, anzi, da osservare come la già indicata esigenza, di diffusa portata, non trovi nel nostro sistema processuale generale, un riscontro nelle forme e nella misura che sarebbero augurabili, dato che il regolamento preventivo di giurisdizione é solo facoltativo in materia civile e amministrativa, e non é previsto per il processo penale.

Il regolamento preventivo di giurisdizione, in conclusione, nell'ambito del sistema vigente, é un istituto certamente positivo e rappresenta quindi ben altro che una disarmonia, e per giunta, "priva di intima ragionevolezza".

Il controllo del rispetto dei limiti esterni di giurisdizione é operato dalla Corte di cassazione, in modo vario e articolato e sempre con la dovuta considerazione, entro i confini segnati dalla specialità del procedimento, del rapporto prospettato dalle parti a fondamento delle rispettive pretese.

5. - Per le altre domande ed eccezioni delle parti, non si può dire che, nelle more del giudizio davanti alla Corte di cassazione, ci sia (temporanea) carenza di tutela giurisdizionale. Se, infatti, il giudice adito difetta di giurisdizione e le sezioni unite si pronuncino in tal senso, é ovviamente fuor di luogo anche la semplice prospettazione del problema. Nel caso opposto, anche se medio tempore i diritti del privato lesi dalla pubblica Amministrazione non godono in fatto della ripetuta tutela, ciò ha luogo senza alcun sostanziale pregiudizio per il privato e quindi senza che concretamente la garanzia ex art. 113 soffra limitazioni o subisca ostacoli nella sua attuazione.

Deve ammettersi, in contrasto con quanto assume il pretore di Roma, che il giudice di primo grado, dopo la proposizione del ricorso per cassazione ed anche dopo l'emissione dell'ordinanza non impugnabile di sospensione del processo, é legittimato, per il disposto dell'art. 48, comma secondo, del codice di procedura civile - dettato per il regolamento di competenza e applicabile, secondo l'orientamento prevalente della dottrina e la dominante giurisprudenza di merito e della Corte di cassazione al regolamento di giurisdizione - ad autorizzare il compimento degli atti ché ritiene urgenti (e tra i quali dovrebbero essere compresi quelli di istruzione preventiva, in base all'art. 699 dello stesso codice) e che, per altro, non siano comunque connessi alla pronuncia sulla giurisdizione.

Resterebbe sospesa la decisione circa le altre richieste delle parti che si basino su esigenze non bisognevoli di pronta o comunque di non differita tutela. Ma tale ritardo non risulta ingiustificato e quindi la normativa che lo consente, appare adeguata e razionale. Se, infatti, si vuole che il punto concernente la giurisdizione venga deciso con priorità nei confronti di altri ed in maniera definitiva, é giocoforza dover prevedere che la decisione di altre questioni, in particolare di quelle che non rivelino esigenze indifferibili di tutela, sia sospesa per il tempo occorrente per il completamento della fase incidentale davanti alla Corte di cassazione. D'altra parte, come giustamente rileva l'Avvocatura dello Stato, questa ipotesi di sospensione del processo, con il conseguente rallentamento del relativo corso, ha riscontro in tutte le altre in cui venga proposta una questione incidentale che debba essere decisa da un giudice diverso da quello adito. Ed in ipotesi del genere, ed a maggior ragione in quella di sospensione del processo in dipendenza di un incidente di legittimità costituzionale, e per ciò che dal ritardo nella concreta attuazione della tutela giurisdizionale possa derivare nocumento ad alcuna delle parti, é affatto logico ritenere che per le ragioni dette non ricorra alcun vizio di incostituzionalità.

L'art. 113 non risulta, infine, violato per il fatto che, in dipendenza della sospensione necessariamente obbligatoria del processo, al giudice di primo grado é inibito, nel disporre tale sospensione, di "valutare eventuali valide ragioni richiedenti la prosecuzione del processo anche in esito ad un esame meramente delibativo della sussistenza in concreto delle condizioni minime di ammissibilità del ricorso, quali almeno un ragionevole dubbio sulla giurisdizione": stante l'automatismo con cui ipso iure la questione concernente la giurisdizione é (da un punto di vista puramente descrittivo del fenomeno) sottratta alla cognizione del giudice adito e devoluta a quella delle sezioni unite della Corte di cassazione, non é ravvisabile la temporanea esclusione di tutela giurisdizionale da ultimo profilata, poiché l'intera questione (di giurisdizione) é riservata alla Corte di cassazione, e davanti alle sezioni unite, nei limiti e modi consentiti dalla sede e dall'oggetto del processo, trova piena attuazione la tutela giurisdizionale.

6. - Strettamente connessa alla precedente, é la denuncia di asserito contrasto delle norme di cui si tratta, con l'art. 24 della Costituzione.

Le ragioni a sostegno del dubbio di incostituzionalità affacciato dal pretore di Roma risiederebbero nel rischio per la parte resistente, di una decisione allo stato degli atti da parte della Corte di cassazione (essendo detta parte, privata "della possibilità di integrare le proprie difese con nuove acquisizioni - testimonianze, interrogatori, giuramenti - in ipotesi dirette a fornire elementi di giudizio utili e forse anche decisivi, proprio ai fini della soluzione favorevole della questione di giurisdizione, magari sollevata da controparte per via preventiva con maliziosa preordinazione in relazione ad un momento che la vedeva favorita sul piano del materiale probatorio già parzialmente raccolto") e nel rischio, sempre per la parte resistente, "di non potere più, dopo la decisione eventualmente favorevole della questione di giurisdizione, acquisire a prova del proprio diritto quegli elementi di fatto corroborativi di cui avrebbe potuto disporre se il procedimento non fosse stato sospeso".

Pur dovendosi riconoscere come pacifico che la garanzia costituzionale del diritto di difesa non può non riferirsi anche alle attività processuali intese alla raccolta di elementi favorevoli di giudizio, si deve del pari precisare che, essendo riconosciuto dall'art. 113 della Costituzione, al legislatore ordinario, come si é sopra rilevato, di regolare i modi della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica Amministrazione ed essendo la relativa garanzia costituzionale strettamente connessa a quella della difesa in giudizio, se la disciplina legislativa del regolamento preventivo di giurisdizione integra un modo, costituzionalmente legittimo, della detta tutela, il rispetto della garanzia della difesa in giudizio va ricercato nell'ambito di quella normativa. Vano é quindi osservare - come fa il pretore di Roma - che alla parte nei cui confronti sia proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, non é consentito di provare davanti al giudice adito l'improponibilità del relativo ricorso. E non hanno parimenti rilievo i riferimenti ai ricordati rischi a cui detta parte andrebbe incontro. Come, infatti, la prima assenta impossibilità rientra esattamente nella logica del sistema, del quale é stata ammessa la conformità a Costituzione, così le altre impossibilità evidenziate sotto il profilo dei presunti rischi in effetti non ricorrono o almeno non nella misura sufficiente perché si debba riconoscere limitato o ostacolato il diritto di difesa sul piano probatorio. A quest'ultimo riguardo basta considerare che il rischio connesso alla decisione allo stato degli atti (peraltro non adottata dalle sezioni unite sulla base della pura e semplice prospettazione operata dalle parti), é relativo, dovendosi da un lato ammettere che davanti alla Corte di cassazione le parti possono fornire nuove prove documentali e dovendosi, dall'altro, considerare che detta Corte é anche giudice dei presupposti di fatto sulla base dei quali la giurisdizione si determina e che, conformemente a quanto osservato dall'Avvocatura dello Stato, il decidere allo stato degli atti é carattere proprio di ogni provvedimento ordinatorio del processo, e una decisione del genere non vincola quella del merito (art. 386 del codice di procedura civile). E che alla configurabilità del secondo presunto rischio sono di ostacolo la sopra rilevata possibilità che, durante le more del procedimento in cassazione, vengano dal giudice di primo grado concessi ed eseguiti provvedimenti di natura urgente e tra gli altri anche atti di istruzione preventiva, e l'alea di non potere più in un dato momento provare quel che si sarebbe potuto provare in un tempo precedente, é insita in ogni procedimento e collegata alle vicende di esso sul piano probatorio (per esempio, per mancata ammissione di un mezzo istruttorio in un dato grado del processo e ammissione dello stesso mezzo in un grado successivo). E va infine considerato che codesti rischi, così ridimensionati, costituiscono in sostanza dei semplici inconvenienti pratici, che possono aversi in ogni processo e pur comportando eventualmente pregiudizi per alcuna delle parti, sono connaturali "a qualsiasi normativa di carattere generale" (sentenza n. 47 del 1969) come quella in esame e non integrano perciò in alcun modo profili o punti di incostituzionalità del sistema.

7. - Le considerazioni che precedono, sono sufficienti a dimostrare come i dubbi avanzati dal pretore di Roma circa la legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile, non siano fondati.

E per concludere, deve comunque dirsi privo di pregio in contrario l'assunto del pretore di Roma che la prospettata illegittimità costituzionale risulti in modo (ancor più) evidente quando parte in causa sia la pubblica Amministrazione, potendo questa, convenuta in giudizio, utilizzare sistematicamente il ricorso al regolamento preventivo e potendo la stessa strumentalizzarlo "in funzione di ingiustificato privilegio", qualora abbia effettivamente leso un altrui diritto e voglia ritardare e rendere difficile e dispendioso l'accertamento delle sue responsabilità. Per tutti gli istituti giuridici, infatti, non é escluso che si prospettino o rilevino abusi o strumentalizzazioni, ma di tali eventualità, anche quando siano logicamente ipotizzabili, in sede di valutazione della conformità alla Costituzione del singolo istituto, non é consentito tener conto. Per il regolamento preventivo di giurisdizione, poi é, a maggior ragione, da escludersi che i lamentati abusi e strumentalizzazioni possano avere un qualche rilievo, stante il disposto dell'art. 97, comma primo, della Costituzione e non potendosi logicamente prefigurare un comportamento della pubblica Amministrazione che non sia coerente con il principio del buon andamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 113 e 24 della Costituzione, dal pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 maggio 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 giugno 1973.