Sentenza n.58 del 1973
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SENTENZA N. 58

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni   BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, nn. 3 e 4, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Approvazione del testo di legge sul gratuito patrocinio), promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre 1970 dal giudice istruttore del tribunale di Pisa nel procedimento civile vertente tra Salvadore Aladino e Vangelisti Vasco ed altro, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971.

Udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1973 il Giudice relatore Paolo Rossi.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio civile promosso da Aladino Salvadore, attore ammesso al gratuito patrocinio, diretto a far dichiarare l'esclusiva responsabilità del convenuto nella determinazione del sinistro stradale nel quale l'attore stesso aveva riportato lesioni personali, si rendevano necessarie alcune indagini peritali, affidate al consulente d'ufficio, ed essendo risultate talune manchevolezze nella relazione tecnica, il giudice istruttore sottoponeva al consulente d'ufficio ulteriori e più specifici quesiti, diretti all'integrazione delle indagini già effettuate (articolo 196 c.p.c.).

Presa in esame l'istanza del professionista volta ad ottenere un congruo anticipo a titolo di onorari per il deposito della seconda relazione, il giudice istruttore, riconosciuta l'impossibilità giuridica di accogliere la richiesta, sollevava d'ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 11, nn. 3 e 4, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, nella parte in cui esclude che sia posto a carico dell'erario l'obbligo di anticipare, salvo ripetizione, i compensi spettanti ai consulenti per l'opera prestata, in riferimento agli artt. 3, cpv., e 24, terzo comma, della Costituzione.

Nell'ordinanza di rimessione si osserva che l'assistenza legale ai non abbienti non può più essere concepita come un ufficio onorifico ed obbligatorio delle categorie degli avvocati, procuratori, periti e consulenti, chiamati ad una prestazione gratuita della loro opera, in virtù di un dovere di solidarietà sociale che può gravare su di essi specialmente in relazione al fatto che esercitano un servizio di pubblica necessità.

Invero, secondo il giudice a quo, la normativa impugnata, imponendo tale obbligo, realizza il dettato costituzionale in maniera meramente apparente, perché la prestazione gratuita del professionista, avvocato o perito che sia, si palesa, in linea di fatto, nella comune applicazione assolutamente insoddisfacente per riconoscimento unanime di tutti coloro che abbiano potuto averne conoscenza.

Pertanto l'istituto adottato dal legislatore, mancando dei requisiti minimi richiesti al conseguimento dello scopo, si rivelerebbe in chiaro contrasto con le disposizioni costituzionali invocate.

Nessuna parte si é costituita in giudizio in questa sede.

Considerato in diritto

La Corte costituzionale deve decidere se l'art. 11, nn. 3 e 4, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, nella parte in cui esclude l'obbligo dell'erario di anticipare ai consulenti tecnici anche le somme spettanti a titolo di onorari, contrasti o meno con gli artt. 3, cpv., e 24, terzo comma, della Costituzione, che impongono al legislatore, rispettivamente, di rimuovere gli ostacoli economici che limitano di fatto l'eguaglianza dei cittadini, e di assicurare ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi in giudizio.

Nell'ordinanza di rimessione si afferma che il sistema vigente, non assicurando una pronta retribuzione professionale ai consulenti tecnici, realizzerebbe una difesa dei non abbienti del tutto insoddisfacente.

Questa Corte ha più volte esaminato il problema della adeguatezza della disciplina del gratuito patrocinio al fine garantito dalla Costituzione. Ha più volte affermato che "de lege ferenda e da un punto di vista di politica legislativa può anche auspicarsi una diversa e migliore disciplina della difesa dei non abbienti; ma dalla opinione che un diverso ordinamento del servizio potrebbe meglio corrispondere alle finalità dell'art. 24 della Costituzione, non si può trarre l'induzione della incostituzionalità dei mezzi ora esistenti, che a quelle finalità sono ugualmente diretti" (sentenza n. 114 del 1964; cfr. anche sentenza n. 97 del 1970 e 149 del 1972).

Assai recentemente - con decisione concernente gli avvocati e procuratori, ma valida, nella sua motivazione, anche per i consulenti tecnici - ha riconosciuto che le disposizioni che non assicurano un compenso al professionista non violano gli artt. 3 e 24 della Costituzione, perché il gratuito patrocinio e il complesso delle norme vigenti in materia, costituiscono "mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione" compresi nella nozione di "appositi istituti" adoperata dalla Costituzione (sentenza n. 35 del 1973).

In particolare va rilevato, per ciò che concerne l'ausilio del consulente tecnico alla difesa del litigante non abbiente, che l'anticipazione delle spese vive da parte dell'erario (art. 11 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282) rimuove, nei limiti ritenuti congrui dal legislatore, gli ostacoli di ordine economico che limitano di fatto l'uguaglianza dei cittadini in questo settore, e rappresenta uno strumento rientrante negli appositi istituti che assicurano i mezzi per agire e difendersi in giudizio (artt. 3 e 24 Cost.).

Si é provveduto infatti ad assicurare l'assistenza ai non abbienti sotto il profilo in esame, con l'anticipazione, al consulente tecnico, da parte dell'erario, delle spese di viaggio e di tutte le altre effettivamente sostenute, e con l'imposizione dell'obbligo di prestare gratuitamente la propria opera professionale. La constatazione di eventuali inconvenienti non può indurre ad ignorare che il legislatore, pur facendo legittimo affidamento sull'osservanza delle norme deontologiche proprie dell'ordine professionale, ha affidato al giudice il compito di dirigere e controllare l'opera del consulente tecnico (artt. 194 e 196 c.p.c.).

Al fine poi di garantire che il consulente tecnico presti sempre la propria opera in maniera del tutto adeguata alle necessità della fattispecie, é stata prevista la sottoposizione del professionista ad un apposito procedimento disciplinare per il caso di manchevolezze nell'espletamento dell'incarico (artt. 19 ss. disp. attuaz. c.p.c.).

Per i casi più gravi soccorrono infine, ricorrendone gli estremi, le disposizioni degli artt. 328 e 366 del codice penale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, nn. 3 e 4, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (che approva il testo di legge sul gratuito patrocinio), sollevata, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24, terzo comma, della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA

Arduino  SALUSTRI – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 9 maggio 1973.