Sentenza n.30 del 1973
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SENTENZA N. 30

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Dott. Giuseppe  VERZÌ ,Presidente

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione dell'Umbria, notificato il 3 novembre 1972, depositato in cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 25 del registro conflitti 1972, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste 30 giugno 1972, con il quale é stata prorogata sino al 30 aprile 1973 la gestione straordinaria del Consorzio agrario provinciale di Perugia.

Visto l'atto di costituzione del Ministro per l'agricoltura e le foreste;

udito nell'udienza pubblica del 21febbraio 1973 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

uditi l'avv. Aldo Piras, per la Regione dell'Umbria, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Ministro per l'agricoltura e le foreste.

Ritenuto in fatto

Con ricorso notificato il 3 novembre 1972 il Presidente della Regione dell'Umbria ha elevato conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al decreto del Ministro per l'agricoltura e le foreste 30 giugno 1972 - pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 del 22 luglio 1972 - con il quale é stata prorogata sino al 30 aprile 1973 la gestione straordinaria del Consorzio agrario provinciale di Perugia confermandosi nell'incarico di commissario governativo il dott. Ferdinando Vitale.

La Regione ricorrente denuncia l'invasione della propria sfera di competenza e violazione dell'art. 117 Cost., in relazione agli artt. 1 e 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, rilevando che le funzioni di vigilanza e tutela esercitate dagli organi statali centrali e periferici sugli enti, consorzi, istituzioni e organizzazioni, operanti in materia di agricoltura nell'ambito territoriale di una singola Regione, sono stati trasferiti alle Regioni a statuto ordinario.

L'unico potere che lo Stato si é riservato, attribuendolo specificamente al Ministero per il tesoro, é quello di nomina di un componente del Collegio dei revisori per le ipotesi in cui negli enti in questione permangono interessi finanziari dello Stato.

Riguardo ai consorzi agrari provinciali la Regione precisa inoltre che essi, per effetto del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, hanno assunto la forma di persone giuridiche private (società cooperative a r.1.) e prevalentemente privata é l'attività dagli stessi svolta, pur potendo esplicare attività "per conto e nell'interesse dello Stato" (art. 2, n. 8, del citato decreto legislativo). In considerazione di ciò i consorzi sono soggetti alla disciplina ed ai controlli generici, propri di ogni società cooperativa, prevista dagli artt. 2514 e 2542 e segg. del codice civile. L'esclusione di ogni competenza statale riguardo alla gestione dei consorzi risulterebbe, peraltro, dall'art. 4 del d.P.R. n. 11 del 1972, nel quale non vi é traccia di una possibilità di incidenza nell'attività dei consorzi, se non in relazione a rapporti internazionali con la Comunità economica europea o nel quadro della programmazione nazionale.

Conclude pertanto la difesa della Regione chiedendo che la Corte  previa declaratoria di competenza della Regione dell'Umbria in ordine all'esercizio delle funzioni di vigilanza e di tutela, nonché dei controlli previsti dagli artt. 2542 e segg. del codice civile sul Consorzio agrario provinciale di Perugia  annulli il decreto ministeriale impugnato.

Nel presente giudizio si é costituito, su delega del Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per l'agricoltura e le foreste, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nelle deduzioni, depositate in cancelleria il 22 novembre 1972, l'Avvocatura eccepisce in via preliminare l'inammissibilità del ricorso in quanto notificato il 3 novembre 1972 e perciò tardivamente. Precisa al riguardo che il decreto impugnato é stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 luglio 1972 ed era comunque a conoscenza della Regione il 7 agosto successivo, data quest'ultima nella quale veniva adottata dalla Giunta regionale la deliberazione n. 658 di impugnativa del provvedimento.

Ai sensi dell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il termine di 60 giorni per la notifica del ricorso scadeva quindi il 20 settembre 1972 o, al più, il 6 ottobre successivo. Né potrebbe invocarsi nella specie la sospensione dei termini prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, giacché la giurisprudenza della Corte ha escluso l'applicabilità di detta sospensione per i giudizi di costituzionalità, in ossequio al principio dell'autonomia e specialità del processo costituzionale (sentenze 15 del 1967 e 18 del 1970).

Nel merito l'Avvocatura sostiene che i consorzi agrari, pur avendo dimesso il loro carattere pubblicistico per assumere la qualità di soggetti di diritto privato, continuano a svolgere prevalentemente funzioni di interesse generale. I compiti ad essi assegnati valgono a qualificarli come strumenti della politica economica dello Stato che ha riservato alla propria competenza esclusiva la materia concernente l'intervento per la regolazione del mercato agricolo (art. 4, lett. m, d.P.R. n. 11 del 1972).

E per il tramite dei consorzi agrari che lo Stato attua la propria politica di mercato, sia per quanto riguarda gli interventi di sua diretta competenza, sia per quanto concerne le iniziative e le attività necessarie per l'applicazione dei regolamenti comunitari relativi all'organizzazione dei mercati, alla prestazione dei servizi, allo scambio dei prodotti e dei beni strumentali per l'esercizio dell'agricoltura e alla politica di sostegno dei prezzi.

Conclude, pertanto, l'Avvocatura chiedendo che la Corte voglia dichiarare inammissibile o, subordinatamente, respingere il ricorso in oggetto.

In data 8 febbraio 1973 la difesa della Regione ha depositato in cancelleria una memoria nella quale respinge l'eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso sollevata dall'Avvocatura osservando che i principi affermati dalla Corte sull'inapplicabilità ai propri giudizi della sospensione dei termini nel periodo feriale sono riferibili soltanto ai giudizi relativi alla impugnazione di una legge e non anche a quelli per conflitto di attribuzione nei quali oggetto dell'impugnativa é un atto amministrativo.

I termini per produrre ricorso nei conflitti di attribuzione sono disposti con legge ordinaria (legge 11 marzo 1953, n. 87) rispetto alla quale la legge sulla sospensione dei termini si presenta come omogenea sia dal punto di vista della gerarchia delle fonti, sia per la natura delle situazioni regolate. Nei conflitti la discussione verte sulla legittimità o meno di un atto amministrativo: trattasi cioè di ipotesi analoga a quella che si verifica dinanzi ai giudici amministrativi in sede di impugnativa di atti amministrativi.

In ogni caso, ritiene la difesa, la sospensione del processo durante le ferie é diritto dell'esercente le professioni legali e solo questi può rinunciarvi svolgendo la propria attività nel relativo periodo.

Insiste, pertanto, sull'accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1. - L'Avvocatura generale dello Stato ha in via preliminare eccepito l'inammissibilità del ricorso della Regione dell'Umbria perché proposto fuori termine. Dopo aver ricordato che in tema di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni l'art. 39, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, stabilisce che il termine per produrre ricorso é di sessanta giorni a decorrere dalla notificazione, pubblicazione ovvero dalla conoscenza dell'atto impugnato, l'Avvocatura rileva che detto termine nella specie é stato superato in quanto il decreto impugnato figura pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 22 luglio 1972 ed era comunque a conoscenza della Regione il 7 agosto successivo, data nella quale la Giunta regionale deliberava di impugnarlo, mentre il ricorso risulta notificato il 3 novembre 1972. Aggiunge l'Avvocatura che ad escludere la tardività del ricorso non gioverebbe richiamare la legge 7 ottobre 1969, n. 742, sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale giacché la Corte ha avuto modo di escludere l'applicabilità di dette sospensioni ai propri giudizi di costituzionalità (sentenze n. 15 del 1967 e n. 18 del 1970).

2. - L'eccezione é fondata.

Con le precedenti decisioni la prima relativa ad un giudizio di legittimità costituzionale di una legge dello Stato proposta in via diretta dalla Regione Trentino-Alto Adige e la seconda relativa ad un giudizio per conflitto di attribuzione sorto fra lo Stato e la Regione della Sardegna  questa Corte ha ritenuto di dovere escludere l'applicabilità ai propri giudizi della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale prevista dalla legge 14 luglio 1965, n. 818. E ciò in relazione alla peculiarità dei giudizi di costituzionalità, alla autonomia della loro disciplina processuale, all'esigenza della loro rapida definizione.

Questa pronuncia va confermata e ribadita nei confronti della nuova legge n. 742 del 1969 che viene ora in esame poiché la formulazione letterale dell'art. 1 - molto più precisa di quella adottata nel corrispondente articolo della legge n. 818 del 1965 - non lascia ombra di dubbio che il legislatore abbia inteso escludere i giudizi di costituzionalità dall'ambito di applicazione della normativa sulla sospensione dei termini. Si specifica invero nel citato articolo che la sospensione si riferisce al "decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative".

Sulla base di siffatta chiara disposizione sono da disattendere le argomentazioni addotte dalla difesa della Regione in ordine all'applicabilità della legge di cui trattasi ai giudizi per conflitto di attribuzione davanti alla Corte e va conseguentemente dichiarata l'inammissibilità del ricorso indicato in epigrafe.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile per tardività il ricorso proposto dal Presidente della Regione dell'Umbria con atto notificato al Presidente del Consiglio dei ministri in data 3 novembre 1972 avverso il decreto 30 giugno 1972 del Ministro per l'agricoltura e le foreste, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 del 22 luglio 1972, con il quale é stata prorogata fino al 30 aprile 1973 la gestione straordinaria del commissario governativo del Consorzio agrario provinciale di Perugia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1973.

Giuseppe VERZÌ – Giovanni BATTISTA BENEDETTI – Francesco PAOLO BONIFACIO – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA.

         Arduino  Salustri – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 marzo 1973.