Sentenza n.221 del 1972

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 SENTENZA N. 221

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), promosso con ordinanza emessa l'11 aprile 1970 dal pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra Cioni Giuseppe e l'Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze, iscritta al n. 306 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 dell'11 novembre 1970.

Visti gli atti di costituzione dell'Arcispedale di Santa Maria Nuova e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1972 il Giudice relatore Costantino Mortati;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il pretore di Firenze, con ordinanza emessa l'11 aprile 1970, nel corso di un procedimento civile promosso da Giuseppe Cioni contro l'Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604, nella parte in cui provvede in ordine al "rapporto di lavoro a tempo indeterminato, intercedente con datori di lavoro privati o con enti pubblici", qualora per enti pubblici si dovessero intendere solo gli enti pubblici economici, in riferimento agli artt. 3, 4, 25 e 35 della Costituzione.

Tale interpretazione restrittiva deriva dalla sentenza 23 maggio 1969, n. 1811, con cui la Corte di cassazione ha affermato il principio che il dipendente a contratto d’ente pubblico non economico, il quale voglia fare accertare l'illegittimità del licenziamento per inesistenza di giustificato motivo, deve proporre la domanda al giudice amministrativo e non al pretore.

Il giudice a quo, pur non condividendo una simile interpretazione, ritiene che la delimitazione, ormai di fatto operante, dell'ambito della legge ai soli enti pubblici economici determini una disparità di trattamento giurisdizionale tra dipendenti egualmente privi della garanzia della stabilità del rapporto di lavoro, a seconda che il loro datore di lavoro sia un ente pubblico economico ovvero un ente pubblico non economico. Sarebbe pertanto violato il principio costituzionale d’eguaglianza, il quale non sembra consentire che fra due lavoratori che si trovino nella stessa sostanziale situazione d’instabilità del posto di lavoro, uno possa ottenere giustizia presso il giudice più vicino, col rito più agile che si conosca, mentre l'altro debba ricorrere al Consiglio di Stato, con tutte le contrapposte implicazioni, cui va aggiunta quella della perdita di un grado di giudizio.

Il pretore di Firenze inoltre sottolinea che, se la citata sentenza della Cassazione ha per ora riflessi diretti e immediati solo in punto di giurisdizione, l'interpretazione così accolta potrebbe avere in secondo tempo effetti anche sul piano sostanziale, in quanto sarebbe possibile, data la premessa, pervenire all'affermazione del principio che la tutela accordata dalla legge n. 604 spetti soltanto, per il medesimo criterio discriminante, ai dipendenti degli enti pubblici economici e non anche a quelli degli altri enti pubblici.

Il pretore ha anche richiamato il principio del giudice naturale nonché i precetti di cui agli artt. 4, 35 Cost., i quali conterrebbero un preciso indirizzo a favore del lavoratore, indubbiamente contrastato dalla soluzione interpretativa dell'art. 1 della legge n. 604 del 1966 data dalla Corte suprema.

L'anzidetta questione é stata sollevata dopo che l'ente convenuto aveva proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. Il pretore ha in proposito osservato che un simile ricorso non priva il giudice di merito del potere di decidere, condizionando soltanto la validità degli atti compiuti al riconoscimento della giurisdizione da parte delle sezioni unite della Cassazione. Ha anche rilevato che la questione di legittimità costituzionale deve ritenersi pregiudiziale ad ogni altra, potendosi dubitare in caso contrario della costituzionalità dell'art. 41 del codice di procedura civile che prevede e disciplina il regolamento preventivo di giurisdizione.

2. - L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

Si é costituito l'Arcispedale di Santa Maria Nuova, rappresentato e difeso dall'avv. Lucia Bracco deducendo in primo luogo l'inammissibilità della questione ed in subordine la sua infondatezza.

Quanto all'eccezione processuale si osserva che il giudice a quo ha emesso l'ordinanza di remissione dopo che il convenuto aveva proposto regolamento preventivo di giurisdizione, quando, cioé, da un lato il procedimento sarebbe stato sospeso di diritto, in attesa della pronuncia delle sezioni unite della Corte di cassazione, e dall'altro il pretore non avrebbe avuto più modo di pronunziarsi sulla propria competenza giurisdizionale.

In ogni caso la questione proposta sarebbe irrilevante sia per il motivo appena esposto, sia perché il pretore nega di poter condividere l'interpretazione data dalla Cassazione contro cui solleva questione di legittimità costituzionale, sia perché comunque la competenza funzionale del pretore sarebbe esclusa in controversie come quella di specie relative non al licenziamento, ma alla corresponsione dell'indennità d’anzianità.

Passando al merito della questione, l'Arcispedale nega il contrasto tra la norma denunziata e gli artt. 3, 4, 25 e 35 Cost. in base alle seguenti considerazioni.

In primo luogo, non sussisterebbe l'asserita violazione del principio d’eguaglianza essendo obiettivamente diverse le rispettive situazioni giuridiche poste alla base del criterio discriminativo della giurisdizione, nei rapporti di lavoro con enti pubblici economici e non economici (art. 429 n. 3 cod. proc. civ.).

D'altro canto sarebbe la stessa Carta costituzionale ad attribuire alla giurisdizione del Consiglio di Stato, nelle particolari materie indicate dalla legge, la cognizione di diritti soggettivi e non solo d’interessi legittimi.

Nella specie pertanto giudice naturale sarebbe il Consiglio di Stato ed una disparità di trattamento verrebbe a verificarsi rispetto a tutti gli altri dipendenti d’enti pubblici non economici, se fosse accolta la tesi che giudice delle controversie dei dipendenti a contratto sia invece il pretore. Infine, l'unicità del grado di giudizio non comporterebbe alcuna disparità di trattamento, essendo questa la regola generale in materia di pubblico impiego.

3. - Nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

Anche l'Avvocatura eccepisce l'inammissibilità della questione, poiché, essendo stato proposto dal convenuto regolamento di giurisdizione, il pretore avrebbe dovuto sospendere il processo con ordinanza non impugnabile, a norma dell'articolo 367 del codice di procedura civile. La sospensione, secondo la giurisprudenza ormai consolidata della suprema Corte, opererebbe di diritto non essendo consentito al giudice di derogarvi; egli invero, sino alla sentenza delle sezioni unite, sarebbe spogliato della potestas iudicandi ed in questa dovrebbe ritenersi compresa anche il potere del giudice di pronunciarsi in merito alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale.

In subordine la difesa dello Stato chiede che la questione venga dichiarata infondata dato che la diversità di tutela giurisdizionale (giudice amministrativo anziché giudice ordinario) accordata dalla legge n. 604 del 1966 ai dipendenti d’enti pubblici non economici troverebbe una giustificazione razionale proprio nella diversa struttura giuridica di questi enti rispetto a quelli economici. Questi ultimi infatti esercitano un'attività imprenditoriale diretta alla produzione di beni o di servizi o intermediaria negli scambi ponendosi sullo stesso piano con i privati svolgenti analoghe attività, allo scopo di realizzare direttamente un fine di lucro ed indirettamente una finalità pubblica.

Quanto, infine, alla pretesa violazione del principio d’eguaglianza sul piano sostanziale, suggerita dal pretore di Firenze sulla base di una possibile interpretazione discriminatrice della legge n. 604 in danno dei dipendenti degli enti pubblici non economici, una siffatta questione non sarebbe prospettabile. Infatti, non sussistendo allo stato alcuna interpretazione giurisprudenziale in tal senso, apparirebbe fuori di luogo sostenere la violazione del precetto costituzionale invocato.

4. - Nelle memorie successivamente depositate l'Arcispedale di Santa Maria Nuova, dopo aver ribadito le precedenti eccezioni e difese, sottolinea che nelle more del giudizio é entrata in vigore la legge 6 dicembre 1971, n. 1034, che; istituendo i tribunali amministrativi regionali, garantisce un doppio grado di giurisdizione per controversie come quella di specie. Anche sotto questo ulteriore e nuovo profilo la questione dovrebbe ritenersi infondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il pretore di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge n. 604 del 1966 (che richiede la giusta causa per la validità dei licenziamenti individuali dei prestatori d'opera nei rapporti a tempo indeterminato), nella parte in cui viene a limitare, secondo l'interpretazione datane dalla Cassazione, la competenza pretorile a conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della legge stessa solamente quando riguardano dipendenti da enti pubblici economici, escludendola nei confronti di quelli appartenenti ad altri enti pubblici, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto induce a carico di questi ultimi l'onere di far ricorso a rimedi giurisdizionali meno rapidi e più dispendiosi, e con violazione altresì degli artt. 4, 25 e 35 della Costituzione. Ritiene il pretore di essere abilitato a sollevare la detta questione (rilevante per il giudizio di merito) nonostante fosse stato in precedenza proposto dall'ente convenuto ricorso per regolamento di giurisdizione, poiché, mentre tale ricorso non determinerebbe l'automatica sospensione del corso della causa, la questione stessa deve ritenersi logicamente antecedente e prevalente, in quanto pregiudiziale, rispetto ad ogni altra.

2. - Le deduzioni dell'ordinanza per ultimo riferite circa la ammissibilità della questione non sono da accogliere. Infatti risulta dagli artt. 41 e 367 del codice di procedura civile che la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Cassazione, per lo stesso carattere preventivo da essa rivestito, obbliga il giudice davanti a cui pende la causa a disporre, con ordinanza non impugnabile, l'immediata sua sospensione. Non é il caso di indugiare sui dubbi prospettati dal giudice a quo circa l'automaticità della sospensione e la sorte degli atti che fossero compiuti in deroga all'obbligo di disporre la sospensione stessa, poiché, comunque tali rilievi si apprezzino, é certo che il ricorso spoglia il giudice stesso d’ogni competenza a conoscere o a disporre della o sulla questione giurisdizionale. Non é dubbio che richiedere alla Corte una pronuncia sulla eccezione di costituzionalità costituisce atto d'esercizio di quella competenza, che é invece precluso.

Ciò ai sensi del citato art. 41, in ordine al quale non é stata sollevata alcuna eccezione d’incostituzionalità, tale non potendosi ritenere il generico accenno contenuto solo nella motivazione dell'ordinanza in forma del tutto eventuale e senza alcuna indicazione delle norme costituzionali cui la disposizione stessa contrasterebbe.

Il carattere pregiudiziale attribuito alla eccezione stessa avrebbe giustificato la sua proposizione in limine litis, e comunque anteriormente al ricorso per regolamento. Ma, una volta intervenuto quest'ultimo, il potere ad essa relativo deve ritenersi trasferito alla Corte di cassazione.

Da quanto precede si deve argomentare anche il difetto di rilevanza dato che la pronuncia che la Corte emanasse sulla questione nessun effetto potrebbe avere sull'ulteriore corso del giudizio avanti al pretore. Infatti la prosecuzione del medesimo si renderebbe possibile esclusivamente in virtù del riconoscimento della giurisdizione che fosse fatto da parte della suprema Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile, perché sollevata dopo la proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), proposta con l'ordinanza di cui in epigrafe in riferimento agli articoli 3, 4, 25 e 35 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Costantino MORTATI

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1972.