Sentenza n.210 del 1972

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 SENTENZA N. 210

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge regionale della Valle d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6 (norme per la protezione della flora spontanea nel territorio della Valle d'Aosta), promossi con quattro ordinanze emesse il 27 novembre 1970 dal pretore di Aosta nei procedimenti penali rispettivamente a carico di Ciolino Giuseppe, Politano Francesco ed altro, Semenzin Luigi e Conte Giovanni ed altri, iscritte ai nn. 23, 24, 25 e 26 del registro ordinanze 1971 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 87 del 7 aprile 1971 e nel Bollettino Ufficiale della Valle d'Aosta n. 2 del 27 febbraio 1971.

Udita nella camera di consiglio del 24 ottobre 1972 la relazione del Presidente Giuseppe Chiarelli.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale in corso davanti al pretore di Aosta a carico di tale Giuseppe Ciolino, imputato della contravvenzione di cui all'art. 12 della legge della Regione Val d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6, per essere stato sorpreso a estirpare piante spontanee dichiarate protette ai sensi della detta legge, il difensore d'ufficio sollevava questione di legittimità costituzionale, in quanto con tale legge la Regione avrebbe legiferato in materia penale.

Il pretore, ritenutane la non manifesta infondatezza, con ordinanza 27 novembre 1970 rimetteva a questa Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge citata per contrasto con gli artt. 3, 5 e 25, secondo comma, della Costituzione.

La stessa questione il pretore sollevava d'ufficio, con ordinanze di pari data e di identico contenuto, nei giudizi penali a carico di Francesco Politano e Giuseppe Sabatino, di Giovanni Conte e altri e di Luigi Semenzin.

Non essendosi costituita nel presente giudizio nessuna delle parti, le cause sono state decise in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

 

Considerato in diritto

 

1. - Data l'identità delle questioni, le cause possono essere decise con unica sentenza.

2. - Oggetto dell'impugnativa é l'art. 12 della legge regionale 8 novembre 1956, n. 6 (Norme per la protezione della flora spontanea nel territorio della Valle d'Aosta), il quale stabilisce nel primo comma che i contravventori alle norme della legge stessa "sono puniti a mente delle sanzioni previste dal codice penale".

L'ordinanza del pretore di Aosta si richiama preliminarmente al principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che le Regioni non sono legittimate a emettere norme penali. Da tale principio deduce l'affermazione che é necessario che la norma penale statuale si riconnetta a norme regionali già entrate in vigore, perché l'intervento legislativo dello Stato é legittimo solo se opera in vista delle esigenze di garanzia dell'unità dello Stato (art. 5 Cost.) e dell'eguaglianza dei cittadini (art. 3, primo comma, Cost.), così da ottemperare al principio della irretroattività della legge penale (art. 25, secondo comma, Cost.); conseguentemente essa non potrebbe assumere i requisiti della norma in bianco.

Nella specie, prosegue l'ordinanza, la normativa in questione si inquadra nel più ampio contesto dell'art. 734 cod. pen., che, com'é noto, stabilisce la pena dell'ammenda per "chiunque, mediante costruzioni, demolizioni o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità": tale norma va configurata come norma penale in bianco, in quanto, per la sua applicabilità, presuppone un atto amministrativo con cui l'autorità riconosce in un immobile una bellezza della natura e, come tale, lo sottopone alla speciale protezione giuridica.

La Regione Valle d'Aosta, sempre secondo l'ordinanza, ha il potere di effettuare il riconoscimento, penalmente rilevante, delle bellezze naturali; ma ad essa non spettano le valutazioni concrete che, a integrazione e specificazione di quel riconoscimento, accertano quali azioni penalmente illecite debbano impedirsi in quanto lesioni della bellezza naturale.

La norma impugnata sarebbe illegittima, non soltanto perché difetterebbe del presupposto del provvedimento istitutivo del vincolo, ma perché, operando una valutazione di una specifica condotta deturpatrice delle bellezze paesaggistiche, che dovrebbe essere affidata al libero apprezzamento giudiziale, integrerebbe un’autonoma fattispecie di reato. Essa pertanto contrasterebbe col principio della esclusiva appartenenza allo Stato della potestà penale, quale si desume dai citati articoli 3, 5 e 25 della Costituzione.

3. - La questione non é fondata.

Questa Corte ha già avuto occasione di affermare, per quanto riguarda il collegamento della competenza legislativa regionale con la potestà penale riservata allo Stato, che non é esatto che la norma penale statuale si debba riconnettere a norme legislative già entrate in vigore (sent. n. 142 del 1969). Il principio della riserva penale dello Stato non richiede che questo intervenga di volta in volta sulla produzione legislativa regionale per integrarla, ove occorra, con la disciplina penale; il che, oltre tutto, renderebbe inoperante la legge regionale fino all'emanazione della legge statale. Il principio, invece, é osservato quando la Regione, nel regolare una materia di sua competenza, rimanda alla preesistente disciplina penale statale ad essa applicabile. In tal modo l'autonomia legislativa attribuita dalla Costituzione alle Regioni si armonizza col principio dell'unità dello Stato, nel suo aspetto di unità dell'ordinamento penale, e col principio dell'eguaglianza dei cittadini, ed é ottemperato il principio della irretroattività della legge penale, giacché la legge regionale, nel richiamarsi alla norma statale, disponendo per il futuro non attribuisce a questa alcuna efficacia retroattiva.

Né gli accennati principi escludono che la legge regionale possa richiamare una norma penale in bianco, la quale, com'é proprio della sua natura, sarà applicabile in quanto integrata nella sua parte precettiva.

Sulla base di queste precisazioni, che dimostrano l'infondatezza delle premesse da cui muove l'ordinanza, va esaminata la questione se l'art. 12 impugnato, col richiamare le norme del codice penale, e implicitamente l'art. 734 di esso, abbia violato il principio della riserva statale in materia penale.

4. - L'art. 734 cod. pen. rientra, come l'ordinanza afferma, nella categoria delle c.d. norme in bianca, non solo in quanto la sua applicazione richiede un atto dell'autorità che abbia dichiarato la bellezza naturale di un luogo, ma in quanto il suo contenuto precettivo si integra con le disposizioni che stabiliscono la "speciale protezione" delle bellezze naturali. Il precetto in esso racchiuso colpisce pertanto l'opera di distruzione, o comunque di alterazione dello stato di un luogo, compiuta in violazione delle norme che assicurano tale protezione: in sostanza, in violazione della legislazione protettiva delle bellezze naturali.

Nel caso in esame la Regione, con suo atto legislativo, ha dichiarato bene da tutelare, sottoponendolo a speciale protezione, la flora spontanea della Valle d'Aosta, "in quanto concorre a creare la bellezza naturale dei luoghi e l'aspetto e le caratteristiche naturali ed ambientali di particolari zone e località alpine" (art. 1).

É fuori contestazione la competenza esclusiva della Regione in materia di "tutela del paesaggio", ai sensi dell'art. 2, lett. q), dello Statuto. Ed é anche fuori dubbio che il campo della protezione delle bellezze naturali si estende alla vegetazione, com'é confermato dall'art. 9, secondo comma, n. 1, Reg. 3 giugno 1940, n. 1357 (di applicazione della legge statale 29 giugno 1939, n. 1497), che del resto é aderente all'art. 812 del codice civile.

Ma la tutela della vegetazione spontanea come bellezza naturale, e in particolare di quella aperta alla disponibilità del pubblico, richiede che siano determinati i modi di protezione di essa. Vale a dire, richiede che, nello stabilirne la protezione, siano determinate le condizioni perché ad essa sia conservato il carattere di elemento costitutivo della bellezza naturale, e, conseguentemente, richiede l’individuazione dei fatti che, secondo le valutazioni della legge che ne stabilisce la speciale protezione, possono produrre l'alterazione o la distruzione di tale carattere.

Pertanto, con lo stabilire la protezione della flora spontanea alpina e col vietare atti valutati come produttivi di distruzione o alterazione del suo carattere di bellezza naturale, riportandosi alle sanzioni previste dal codice penale, la legge regionale non ha creato una nuova fattispecie di reato in aggiunta a quella prevista dall'art. 734, ma ha individuato una serie di comportamenti che in essa rientrano, specificando il contenuto precettivo della norma, in relazione a quella speciale protezione a cui essa stessa rinvia.

Né, così operando, il legislatore regionale ha invaso il campo di apprezzamenti riservati al potere giurisdizionale, come 1amenta l'ordinanza, giacché al potere giurisdizionale appartiene l'applicazione della norma completa nel suo contenuto.

Può aggiungersi a questo proposito che la determinazione legislativa dei comportamenti che cadono sotto le sanzioni del codice penale, in quanto contrastanti con la speciale protezione della bellezza naturale a cui l'art. 734 fa riferimento, assicura, con la sua efficacia generale, l'eguale applicazione della disciplina protettiva, nell'ambito del territorio regionale, sottraendola a valutazioni caso per caso, ed eventualmente fra loro difformi, della idoneità dei singoli atti a costituire lesione della bellezza naturale protetta.

Dalle esposte considerazioni deriva che la norma impugnata non viola il principio della esclusiva competenza dello Stato in materia penale, né contraddice alle norme della Costituzione invocate nell'ordinanza a fondamento di tale principio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge regionale della Valle d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6 (Norme per la protezione della flora spontanea nel territorio della Valle d'Aosta), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 5 e 25, secondo comma, della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe indicate.

 Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1972.