Sentenza n. 198 del 1972

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SENTENZA N. 198

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404 (istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14 aprile 1971 dal tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di Donaggio Bruno ed altri, iscritta al n. 209 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971;

2) ordinanza emessa il 5 maggio 1971 dal tribunale di Venezia nel procedimento penale a carico di Pierdicchi Maurizio ed altri, iscritta al n. 224 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 del 14 luglio 1971.

Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1972 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza 14 aprile 1971 emessa nel corso di un procedimento penale a carico del minore Donaggio Bruno, imputato del reato di furto aggravato continuato, ed a carico d’altri soggetti maggiori degli anni 18, imputati del reato di ricettazione delle cose dal primo sottratte, il tribunale di Trieste ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, della disposizione contenuta nell'art. 9, secondo comma, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, la quale stabilisce lo spostamento della competenza del tribunale per i minorenni al tribunale ordinario ogni qualvolta in un procedimento a carico di minori degli anni 18 vi siano coimputati maggiori di tale età. Nella propria ordinanza il giudice a quo ricorda che la Corte, con sentenza n. 10 del 1966, ha escluso il contrasto tra l'art. 9 del citato r.d.l. e l'art. 3 della Costituzione nel caso in cui il minore sia imputato in concorso con persona maggiore degli anni 18, nel rilievo che l'unicità del procedimento é giustificata dall'esigenza d’uniformità del giudizio sull'accertamento e sulla valutazione del fatto. Questa esigenza però non ricorre nella ipotesi in cui il minore abbia commesso, come nel caso di specie, un reato distinto e diverso da quello ascritto ad altri imputati maggiorenni. In tale ultimo caso, in cui la contraddittorietà dei giudicati potrebbe comunque essere evitata facendo applicazione dell'istituto delle pregiudiziali (art. 18 c.p.p.), appare opportuno che l'autonoma azione del minore venga valutata ad opera del tribunale per i minorenni composto da elementi dotati dei requisiti necessari per procedere a tale valutazione.

L'obbligatorio ed inevitabile spostamento di competenza previsto dalla norma impugnata si pone quindi in contrasto, ad avviso del giudice a quo, sia con l'art. 3 della Costituzione poiché determina una disparità di trattamento in situazioni di fatto che sono, invece, sostanzialmente uguali, sia con l'art. 25 della Costituzione poiché sottrae al giudizio del tribunale per i minorenni il minore coimputato con maggiorenni anche in ipotesi in cui ciò non appare giustificato dal rispetto di superiori esigenze dell'economia del giudizio.

2. - L'art. 9, comma secondo, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, - é stato denunciato come costituzionalmente illegittimo anche dal tribunale di Venezia, con ordinanza 5 maggio l971 emessa nel procedimento penale a carico di tre minori un maggiore degli anni 18 tutti imputati di concorso nello stesso reato di furto aggravato. L'eccezione é stata proposta soltanto nei confronti dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione ed in proposito il tribunale rileva che nel concetto di diritto di difesa e di processo giusto rientra la struttura particolare dell'organo giudicante; da ciò l'esigenza di garantire ai minori - a prescindere da ogni relazione di connessione - il diritto di essere giudicati da un tribunale che possa valutare in pieno la personalità e la responsabilità con la sensibilità e con i mezzi, anche procedurali, forniti dalla legge e non consentiti al giudice ordinario.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte nessuno si é costituito.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze propongono questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma secondo, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, che esclude dalla competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti penali per i reati commessi dai minori degli anni 18 quando in essi vi siano coimputati maggiori di tale età. I relativi giudizi, pertanto, possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Il tribunale di Trieste ha emesso la propria ordinanza nel corso di un procedimento penale in cui sono stati portati a giudizio un minore, sotto l'imputazione di furto aggravato, ed alcuni maggiori degli anni 18 chiamati a rispondere del delitto di ricettazione per aver ricevuto dal primo parte delle cose che si assumono da lui sottratte.

Rileva il giudice a quo che la precedente sentenza (n. 10 del 1966) con la quale la Corte costituzionale ebbe ad escludere il contrasto tra l'art. 9 cpv. del r.d.l. n. 1404 del 1934 e l'art. 3 Cost. si riferiva ad ipotesi in cui imputati minori avessero commesso lo stesso reato in concorso con maggiorenni e non anche al caso, come quello in esame, in cui l'imputato minore ha commesso un reato distinto e non legato da vincoli di compartecipazione con quello ascritto ai maggiori degli anni 18.

L'esigenza di evitare la contraddittorietà dei giudicati e di valutare unitariamente il fatto, che la Corte ha giustamente addotto a motivo della sua precedente decisione, non ricorrerebbe nel caso sottoposto al giudizio del tribunale in cui l'azione del minore degli anni 18, proprio in ragione della sua autonomia e diversità da quella dei maggiori di tale età, é giusto che sia valutata nell'adatta sede ad opera di quell'organo composto da elementi dotati dei requisiti necessari per procedere a tale valutazione.

3. - La questione é fondata.

Nel primo comma dell'art. 9 della legge istitutiva del tribunale per i minorenni viene enunciata la regola generale della competenza di detto tribunale per tutti i procedimenti penali "per reati commessi dai minori degli anni 18"; nel capoverso dello stesso articolo é prevista l'eccezione a tale regola per il caso in cui "nel procedimento vi sono coimputati maggiori degli anni 18".

Evidente é la stretta relazione che intercorre tra le locuzioni "reati commessi dai minori" e "coimputati maggiori".

L'ipotesi prevista é soltanto quella della compartecipazione del maggiore allo stesso reato compiuto dal minore: il caso tipico del concorso di più persone nel medesimo reato. Nella previsione normativa non rientrano altre forme di connessione.

Questa interpretazione é d'altronde giustificata dallo stesso contenuto della disposizione in esame. Essa prevede una eccezione alla generale competenza del tribunale per i minorenni ed in tema di deroghe non sono consentite interpretazioni estensive.

Diversa é, però, l'interpretazione data dalla giurisprudenza alla norma impugnata.

Al termine coimputato é stato infatti costantemente attribuito un significato ampio e generico in modo da ricomprendervi non solo colui che é imputato di concorso nel reato commesso da altri contro cui si procede, ma anche colui che é imputato di un reato connesso a quello per il quale si procede a carico di altri. Ed é stato conseguentemente affermato che la competenza del giudice ordinario sussiste non solo nel caso in cui debba procedersi per un reato commesso da un minore degli anni 18 e un maggiore in concorso tra loro, ma anche in ogni altro caso di connessione di procedimenti.

Così interpretata ed applicata la disposizione denunciata vive nella realtà concreta in modo incompatibile col principio di uguaglianza enunciato dall'art. 3 della Costituzione

La necessità del simultanens processus, che la Corte nella sua precedente decisione ha posto a giustificazione della deroga alla competenza del tribunale per i minorenni per l'ipotesi di procedimenti contro minori e maggiori coimputati dello stesso reato, non ricorre quando il reato commesso dal minore - come nel caso sottoposto al giudizio del tribunale - sia distinto e diverso da quello compiuto dal maggiore degli anni 18, anche se fra tali reati sussista connessione. Non v'é sostanziale differenza tra questa seconda ipotesi e quella relativa ad un minore che commetta da solo un reato; in entrambi i casi l'azione del minore ha un'autonomia tutta propria sicché si giustifica l'identità della loro disciplina.

La sussistenza del denunciato contrasto con l'art. 3 Cost. della norma impugnata - nella parte in cui non limita la competenza del giudice ordinario al caso di procedimenti nei quali minori e maggiori degli anni 18 siano coimputati dello stesso reato - dispensa la Corte dall'esame dell'altro motivo di incostituzionalità prospettato in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

4. - Il tribunale di Venezia ha invece emesso la propria ordinanza in un procedimento penale instaurato a carico di tre minori degli anni 18 ed un maggiore di tale età, tutti imputati di concorso nello stesso reato di furto aggravato continuato, ed ha ritenuto che la norma impugnata sia in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione in quanto al concetto di diritto di difesa non sarebbe estranea la struttura particolare dell'organo giudicante.

La questione non é fondata.

É invero di tutta evidenza che non può essere lamentata la lesione del diritto di difesa quando viene garantita l'effettiva possibilità di tutela delle proprie ragioni. La deroga alla competenza del tribunale per i minorenni, disposta con la norma impugnata, non preclude, né limita in alcun modo il diritto di farsi assistere dal difensore nel procedimento dinanzi al giudice comune.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma secondo, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, sull'istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni, nella parte in cui non limita la deroga alla competenza del tribunale per i minorenni alla sola ipotesi nella quale minori e maggiori degli anni 18 siano coimputati dello stesso reato;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma secondo, del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404, sollevata, in riferimento all'art. 24, comma secondo, della Costituzione, con ordinanza 5 maggio 1971 del tribunale di Venezia.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Giovanni Battista BENEDETTI

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1972.