Sentenza n. 140 del 1972

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 SENTENZA N. 140

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, n. 5, e 13, n. 2, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4 (trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia d’assistenza sanitaria ed ospedaliera e dei relativi personali ed uffici), promosso con ricorso del Presidente della Regione Liguria, notificato il 18 febbraio 1972, depositato in cancelleria il 23 successivo ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1972.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 maggio 1972 il Giudice relatore Angelo De Marco;

uditi gli avvocati Lorenzo Acquarone e Francesco Pulvirenti, per la Regione Liguria, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con decreto presidenziale 14 gennaio 1972, n. 4, emanato in forza della delega contenuta nell'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281, sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative statali in materia d’assistenza sanitaria ed ospedaliera.

L'art. 6, n. 5, di tale decreto contempla fra le materie per le quali resta ferma la competenza degli organi statali "l'assistenza sanitaria agli invalidi civili e agli altri soggetti di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118", per la quale, peraltro, il successivo art. 13, n. 2, dispone che l'esercizio delle relative funzioni amministrative é delegato alle Regioni.

La Giunta regionale della Liguria, in persona del suo presidente, all'uopo autorizzato, ravvisando nelle due sopra richiamate disposizioni, l'attribuzione, in punto di titolarità, almeno fino all'entrata in vigore della riforma sanitaria, alla competenza d’organi statali l'assistenza sanitaria alle categorie di cittadini di cui alla legge n. 118 del 1971 e ravvisando in tale attribuzione l'invasione della sfera di competenza regionale, con atto notificato alla Presidenza del Consiglio dei ministri il 18 febbraio 1972 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 23 febbraio, ha proposto ricorso a questa Corte, chiedendo la dichiarazione d’illegittimità costituzionale delle due norme come sopra denunciate.

A sostegno del gravame si deduce:

a) violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione nonché della relativa VIII disposizione transitoria, in quanto tutta l'assistenza sanitaria é attribuita dalla Carta costituzionale alle Regioni e non vi é né é stato addotto alcun razionale motivo per escludere da tale attribuzione l'assistenza sanitaria agli invalidi civili;

b) eccesso di delega, con violazione dell'art. 76 della Costituzione, sotto un duplice profilo, sia perché i criteri direttivi della legge di delega impongono che, nelle materie indicate nell'art. 117 della Costituzione, le attribuzioni degli organi statali debbono essere trasferite alle Regioni per settori organici, senza eccezioni, mentre allo Stato può essere conservata soltanto la competenza per le funzioni d’indirizzo e coordinamento delle attività regionali che attengono ad esigenze di carattere sanitario, esigenze che nella specie non sussistono, sia perché nello schema di quello che poi é diventato il d.P.R. n. 4 del 1972, che, ai sensi dell'art. 17 della legge n. 281 del 1970, era stato previamente sottoposto all'esame delle Regioni, la materia in questione era interamente preveduta fra quelle da trasferire alle Regioni e l’impugnata variazione é stata introdotta senza previo parere regionale.

Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con l'atto di costituzione, depositato in cancelleria il 9 marzo 1972, chiede che il ricorso della Regione venga dichiarato inammissibile o rigettato.

L’inammissibilità viene eccepita soltanto in relazione al dedotto vizio d’omissione della richiesta di parere delle Regioni sul testo del d.P.R. n. 4 del 1972 definitivamente approvato, in quanto tale vizio non attiene alla lesione di una competenza della Regione ma ad un aspetto procedurale del decreto delegato che non incide sulla materia attribuita alla Regione stessa.

Comunque, il parere in questione é obbligatorio ma non vincolante, epperò, una volta richiesto - come é stato richiesto - ben poteva il Governo statale discostarsene.

La richiesta di rigetto viene, poi, motivata assumendosi che non vi é stata né violazione dell'art. 117 della Costituzione, - né eccesso di delega, in quanto la legge n. 118 sulle provvidenze a favore degli invalidi civili contiene un piano di interventi globali a favore della categoria, del quale l'assistenza sanitaria é solo un elemento marginale, destinato, comunque, a cessare con l'entrata in vigore della riforma sanitaria (art. 3 ).

Pertanto, sia l'art. 3 della legge n. 118 del 1971, sia gli impugnati articoli del decreto delegato, costituiscono norme di raccordo tra l'attuale assetto legislativo della materia e la riforma sanitaria, cosicché non incidono sulla competenza regionale e tanto meno la limitano, ma tendono soltanto ad un’equa disciplina del periodo transitorio tra il passaggio della materia alla Regione e la definizione della riforma sanitaria.

Con memoria depositata il 12 maggio 1972, il patrocinio della Regione ricorrente, a confutazione delle eccezioni di rito e di merito contenute nell'atto di costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri, deduce, in sostanza, quanto segue:

a) la violazione dell'art. 76 della Costituzione, in riferimento alle difformità tra il testo del decreto delegato sottoposto al parere delle Regioni e quello successivamente approvato, é stata dedotta non per denunziare un vizio del procedimento, ma per dimostrare che la stessa interpretazione della legge di delega, implicita nel primo testo del decreto delegato, sta in meglio dimostrare e confermare la violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione.

Di qui l'infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso e la conferma, invece, della sua fondatezza;

b) la fondatezza in merito del ricorso e la inconsistenza delle deduzioni, al riguardo, dell'Avvocatura generale dello Stato trovano, poi, piena conferma nei principi affermati dalla Corte con la sentenza 4 marzo 1971, n. 39, nonché nell'art. 34 di quella legge 30 marzo 1971, n. 118, che viene invocata a sostegno della tesi di legittimità costituzionale delle impugnate disposizioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 4, emanato in forza della delega conferita al Governo dall'art. 17 della legge n. 281 del 1970, dispone il trasferimento delle funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di assistenza sanitaria, nelle sue fasi di intervento preventivo, curativo e riabilitativo, alle Regioni a statuto ordinario per il rispettivo territorio.

L'art. 1 di tale decreto elenca, poi, dettagliatamente le attribuzioni trasferite e, fra queste, gli artt. 2 e 3 espressamente prevedono le attribuzioni in materia di assistenza ospedaliera nonché le attribuzioni di vigilanza e tutela in ordine agli enti, consorzi, istituti ed organizzazioni locali operanti nella materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.

Senonché l'art. 6 elenca ben 23 ordini di attribuzioni per le quali restano ferme le attuali competenze degli organi statali ed, in particolare, al n. 5, quelle relative "all'assistenza sanitaria agli invalidi civili ed agli altri soggetti di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, fino all'entrata in vigore della riforma sanitaria", l'esercizio delle quali, peraltro, con l'articolo 13, n. 2, sempre fino all'entrata in vigore della riforma sanitaria, viene delegato alle Regioni, per il relativo territorio.

Come si é esposto in narrativa, la Regione Liguria ha impugnato i sopra citati artt. 6, n. 5, e 13, n. 2, del d.P.R. n. 4 del 1972 davanti a questa Corte, chiedendone la dichiarazione di illegittimità costituzionale: a) per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, nonché della relativa VIII disposizione transitoria, in quanto tutta la materia dell'assistenza sanitaria é attribuita dai citati articoli della Carta costituzionale alle Regioni e non vi é né é stato addotto alcun razionale motivo per escludere da tale attribuzione l'assistenza sanitaria agli invalidi civili; b) per eccesso di delega, con violazione dell'art. 76 della Costituzione, sia perché il trasferimento non é stato effettuato "per settore organico" come prescritto dall'art. 17, lett. b), della legge n. 281 del 1970, sia perché lo schema di quello che poi é diventato il d.P.R. n. 4 del 1972, sottoposto al parere della Regione, prescritto dal citato art. 17, non conteneva le norme impugnate, che vennero, quindi, introdotte senza tale parere; c) per contraddittorietà, in quanto la delega alla Regione, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, dell'esercizio di funzioni che lo Stato si é riservato, denunzia chiaramente che quelle funzioni ben possono essere esercitate dalla Regione, jure proprio e non per delega.

2. - Poiché, in seguito alla eccezione di inammissibilità del ricorso, per quanto attiene alla difformità tra lo schema del decreto n. 4 del 1972, sul quale é stato chiesto il parere delle Regioni a statuto ordinario, ed il testo definitivo, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, il patrocinio della Regione ha chiarito di aver denunziato quella difformità al solo fine di rafforzare la tesi della violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, con la circostanza di fatto che, in un primo tempo, lo stesso Governo non aveva posto, evidentemente perché ne ammetteva la illegittimità, quei limiti contro i quali la Regione é insorta e di fronte a questo chiarimento l'Avvocatura dello Stato non vi ha insistito, quell’eccezione può ritenersi superata sull'accordo delle parti e si può, quindi, passare all'esame del ricorso, nei termini che risultano da quanto precede.

3. - Prima di procedere a tale esame é necessario richiamare taluni principi che questa Corte ha già affermati con la sentenza n. 39 del 1971 e confermati ulteriormente, chiarendoli e precisandoli, con le sentenze n. 138 e n. 139 del 1972.

Anzitutto si é chiarito (sentenza n. 39 del 1971) quale sia il significato da attribuire alle norme di delega contenute nelle lettere a) e b) dell'art. 17 della legge n. 281 del 1970 e specie al concetto di trasferimento "per settori organici di materia".

Fermo rimanendo il principio che il trasferimento deve riferirsi alle intere materie contemplate nell'art. 117 della Costituzione, evitando quel frazionamento che é sempre fonte di incertezze e di contestazioni, si é chiarito che si deve, peraltro, assicurare l'unità d'indirizzo che sia di volta in volta richiesta dal prevalere - conforme alla Costituzione - di esigenze unitarie che debbono bensì essere coordinate, ma non sacrificate agli interessi regionali.

Con le sentenze n. 138 e n. 139 del 1972 questi concetti sono stati ulteriormente precisati e possono riassumersi nella formula che il criterio fondamentale di identificazione del "settore organico di materia" sia quello che alle Regioni spettino solo poteri inerenti ad interessi a livello regionale.

Nell'applicazione concreta, peraltro, questa formula, in apparenza tanto chiara, incontra notevoli difficoltà, in quanto presuppone una esatta ricognizione, non sempre agevole, del contenuto sostanziale e funzionale, e non semplicemente nominalistico, delle materie da trasferire.

Se ne ha prova nel decreto in esame che, come sopra si é notato, all'art. 6 contiene l'elencazione di ben 23 ordini di attribuzioni, che restano riservate allo Stato e che, in linea generale, sembrerebbero riguardare funzioni effettivamente riferibili ad interessi unitari, non limitabili all'ambito del territorio regionale.

Come se non bastasse, la materia sanitaria nel suo complesso forma oggetto di una vasta riforma, notoriamente in corso, che, indubbiamente, dovrebbe contenere una più razionale e funzionale ripartizione delle sfere di competenza statale e regionale, in relazione ai rispettivi interessi unitari o locali.

Il legislatore delegato si é trovato, quindi, nella necessità di evitare, nei limiti del possibile, sostanziali mutamenti allo status quo, suscettibili di essere travolti da quella riforma, all'entrata in vigore della quale, del resto, va limitata la validità delle norme adottate.

In conformità con gli esposti principi e nel quadro della razionale distribuzione che ne deriva, alla stregua di quanto si é premesso, vanno esaminate le questioni che formano oggetto del presente giudizio.

4. - La legge n. 118 del 1971 - che pur é ispirata a tale rispetto delle autonomie regionali da disporre, all'art. 34, che le sue disposizioni, limitatamente alle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, cesseranno di avere efficacia in corrispondenza e all'atto dell'entrata in vigore della legislazione regionale nelle materie medesime - contiene un complesso organico di norme che, oltre ad interessare le sfere di competenza di ben tre Ministeri (Interno, Lavoro e previdenza sociale, Sanità), in modo non facilmente scindibile, sono tra di loro connesse in guisa tale da costituire un sistema razionalmente articolato e diretto al fine di recuperare ed inserire nella vita sociale gli invalidi civili e le altre persone in essa contemplate, attraverso tutti i mezzi possibili, che vanno da cure sanitarie altamente specializzate e dall'applicazione di sistemi educativi del pari altamente specializzati, fino alla concessione di una particolare pensione.

Anche se la parte attinente all'assistenza sanitaria, contrariamente a quanto assume l'Avvocatura generale dello Stato, ben lungi dall'essere marginale, é forse la più importante, essa presenta, tuttavia, più delle altre, una esigenza di alta specializzazione, che richiede la predisposizione di particolari istituti, attualmente non in tutte le Regioni esistenti, tanto che l'art. 3, primo comma, prevede l'avviamento degli assistiti a centri di recupero di altra Regione viciniore a quella di appartenenza, sia pure soltanto in casi di comprovata necessità.

Dunque, ci si trova di fronte ad una materia della quale lo Stato non soltanto ha riconosciuto un carattere unitario tale da addossarsene, almeno allo stato della legislazione, l'onere finanziario non indifferente, ma che soprattutto, ripetesi, presenta esigenze e caratteristiche tali che non tutte le Regioni attualmente sono in grado di soddisfare.

Tanto, comunque, in base ai principi sopra richiamati, basta ad escludere che le norme impugnate violino gli artt. 117 e 118 della Costituzione e relativa VIII disposizione transitoria, nonché l'art. 76 della Costituzione, in riferimento all'art. 17 della legge n. 281 del 1970.

In particolare, per quanto riguarda la denunziata violazione dell'art. 118 della Costituzione, sotto il profilo della contraddittorietà, deve rilevarsi che, una volta riconosciuta la legittimità costituzionale della riserva allo Stato di determinate attribuzioni, il fatto che ne sia stato delegato alla Regione l'esercizio concreto, nell'ambito del territorio regionale, rientra nei limiti della potestà attribuita allo Stato dal secondo comma della norma costituzionale di cui si lamenta la violazione e, ben lungi dal contraddirla, conferma la titolarità statale di quelle attribuzioni.

Il ricorso, pertanto, dev'essere dichiarato infondato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, n. 5, e 13, n. 2, del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1972, n. 4, sul trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e dei relativi personali ed uffici, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 nonché 76 della Costituzione e relativa VIII disposizione transitoria, dalla Giunta regionale della Liguria con il ricorso di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Angelo DE MARCO

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1972.