Sentenza n. 128 del 1972

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 SENTENZA N. 128

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo comma, dell'allegato B del r.d.l. 15 novembre 1937, n. 1924 (provvedimenti vari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari), promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1970 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Ghisoni Lino e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 300 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 dell'11 novembre 1970.

Visti gli atti di costituzione di Ghisoni Lino e dell'Amministrazione finanziaria dello Stato e l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 aprile 1972 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

uditi l'avv. Enrico Biamonti, per il Ghisoni, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per l'Amministrazione finanziaria e per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

L'art. 2 dell'Allegato B annesso al r.d.l. 15 novembre 1937, n. 1924, stabilisce, tra l'altro, che i contratti verbali di appalto d’ogni specie sono soggetti a registrazione in base a denunzia, con il pagamento della tassa stabilita nel precedente art. 1.

Il successivo art. 6, al primo comma, prevede che, in mancanza di presentazione di tale denunzia, per procedere d'ufficio é sufficiente che l'esecuzione dell'appalto risulti da fatti, da atti o da scritti o da ogni altro elemento informativo adeguato, i quali facciano presumere il negozio giuridico, salva la prova contraria, esclusa la testimoniale.

Con ordinanza 10 luglio 1970, emessa nel procedimento civile vertente tra Ghisoni Lino e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, il tribunale di Genova, accogliendo l'eccezione dell'attore, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del surriportato art. 6, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui esclude la prova testimoniale contraria.

Nel giudizio avanti questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e si é costituito il Ghisoni.

 

Considerato in diritto

 

L'ordinanza del tribunale di Genova denunzia, per violazione degli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, il primo comma dell'art. 6 del r.d.l. 15 novembre 1937, n. 1924, che, in merito al pagamento dell'imposta di registro sui contratti di appalto di lavori in caso di mancata presentazione della prescritta denunzia, dispone che, per procedere di ufficio, é sufficiente che l'esecuzione del contratto risulti "da fatti, da atti o da scritti, o da ogni altro elemento informativo adeguato che facciano presumere il negozio giuridico", ma, per il contribuente, pur ammettendo la prova contraria, esclude quella testimoniale. Deriverebbe da ciò una ingiustificata discriminazione fra la pubblica Amministrazione ed il contribuente rispetto ai mezzi di prova ammessi in giudizio.

La questione é fondata.

La Corte non può aderire alla tesi sostenuta dall'Avvocatura generale dello Stato che la presunzione della esistenza di un contratto di appalto, essendo prevista e regolata da una norma di legge, rientri nella categoria delle presunzioni legali, la cui legittimità in materia fiscale é stata riconosciuta da varie sentenze di questa Corte. Ed invero, la norma impugnata, che vuol stabilire in quali casi l'ufficio può procedere per la riscossione dell'imposta di registro, indica alcune circostanze che possono avere un effetto dimostrativo senza voler dare ad esse effetto probatorio assoluto. Anche, quindi, a volere ammettere che il termine "si presumono" non sia usato impropriamente, si può trattare di una presunzione semplice, onde esattamente l'ordinanza di rimessione richiama l'art. 2729 del codice civile, per cui le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.

Il solo fatto della esclusione di un mezzo di prova come quello della testimonianza non costituisce di per se stesso violazione del diritto di difesa. In molti casi, e specie nella materia contrattuale (artt. 2721, 2722, 2723 c.c.), la prova per testimoni é guardata con disfavore e, perciò, esclusa o limitata per motivi, che il legislatore può apprezzare in piena discrezionalità. Ma, nel caso in esame, l'illegittimità deriva dal trattamento differenziato fatto alle parti in giudizio: alla pubblica Amministrazione é consentito di provare l'esistenza di un contratto di appalto con qualsiasi mezzo, compreso ogni elemento informativo adeguato, e quindi compresa la prova testimoniale, mentre al contribuente non é concesso di provarne con testimoni la inesistenza. Di fronte alla ampia tutela giurisdizionale accordata alla pubblica Amministrazione sta la limitazione della stessa tutela per il contribuente, limitazione che appare tanto più grave in quanto nella varietà dei rapporti contrattuali, nei quali una delle prestazioni consiste nella esecuzione di un lavoro, l'accertamento del fatto obbiettivo dell'adempimento di siffatta prestazione non porta necessariamente alla conseguenza di dover ritenere che sia stato stipulato e realizzato un contratto di appalto.

La discriminazione fra le parti, che dinanzi al giudice dovrebbero trovarsi in condizioni di perfetta uguaglianza, non appare giustificata dall'interesse generale della pubblica Amministrazione nella riscossione dei tributi contro ogni tentativo di evasione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 6 dell'Allegato B al r.d.l. 15 novembre 1937, n. 1924 (provvedimenti vari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari), limitatamente alle parole "esclusa la testimoniale".

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ

Depositata in cancelleria il 12 luglio 1972.