Sentenza n. 115 del 1972

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 SENTENZA N. 115

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 40 e 6 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (istituzione dei tribunali amministrativi regionali), promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 12 gennaio 1972, depositato in cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 1 del registro ricorsi 1972.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1972 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso del 12 gennaio 1972 il Presidente della Giunta regionale della Sicilia ha chiesto che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui, per il combinato disposto degli artt. 6 e 40, essa attribuisce, in prima istanza, al tribunale amministrativo regionale e, in grado di appello, al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana la competenza a conoscere delle controversie in materia d’operazioni per l'elezione del Consiglio regionale.

Ad avviso del ricorrente, poiché l'art. 3 dello Statuto rinvia - ai "principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche", si deve ritenere che alla disciplina delle elezioni regionali, attribuita in via esclusiva alla Regione, si applichi il principio fondamentale, statuito dall'art. 66 della Costituzione a proposito delle due Camere del Parlamento, secondo il quale lo stesso organo eletto é competente in tema di controversie concernenti l'elezione dei propri membri. Coerentemente con l'art. 3 dello Statuto, la Regione, nell'esercizio della sua competenza legislativa in materia (che deve uniformarsi, come la giurisprudenza costituzionale ha accertato, non ai principi stabiliti nelle leggi elettorali statali, ma a quelli fissati dalla Costituente), ha riservato all'Assemblea regionale - art. 61 legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 - la convalida delle elezioni ed il giudizio "definitivo" sulle controversie elettorali. Nello stesso senso ebbe a provvedere la legge statale, la quale statuì che, fino all'approvazione del regolamento interno dell'Assemblea, dovessero trovare applicazione, per la convalida degli eletti, le norme vigenti per l'Assemblea costituente (art. 3 D.L.C.P.S. 25 marzo 1947, n. 204). Dal complesso di siffatte statuizioni, statali e regionali, risulterebbe la parificazione nella materia de qua della posizione dell'Assemblea regionale e del Parlamento, poi confermata dagli artt. 30, 41 e 45 del Regolamento interno della prima. Si deve pertanto ritenere - così prosegue il ricorso - che la "definitività" del giudizio attribuito all'organo eletto ha carattere sostanziale ed esclude pertanto la possibilità che siano aditi gli organi giurisdizionali, ed in tal senso le norme ricordate sono state sempre e pacificamente applicate.

La difesa regionale trae infine argomento dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, la quale, estendendo alle elezioni dei Consigli regionali a statuto ordinario le disposizioni della legge n. 1147 del 1966, prova che per le Regioni ad autonomia speciale deve valere l'opposto principio della competenza definitiva del Consiglio eletto.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri - costituitosi a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato con deduzioni del 27 gennaio 1972 - ha chiesto che il ricorso sia respinto.

L'Avvocatura mette in rilievo che questa Corte con la fondamentale sentenza n. 66 del 1964 ha già respinto la tesi dell'equiparazione dell'Assemblea regionale siciliana al Parlamento nazionale e con successive pronunce ha messo in particolare risalto l'esigenza dell'osservanza dell'art. 24 Cost. (sent. n. 143 del 1968) e la necessità della subordinazione dello Statuto ai principi generali e fondamentali della Costituzione (sent. n. 6 del 1970). Né hanno valore le argomentazioni che la Regione deduce dalla legislazione ordinaria: il D.L.C.P.S. n. 204 del 1947 ebbe carattere transitorio e, comunque, va raccordato con i principi della sopravvenuta Costituzione; a sua volta, la "definitività" della pronunzia dell'Assemblea, desunta da norme legislative e regolamentari regionali, non può essere intesa nel senso che sia esclusa una successiva fase giurisdizionale, soprattutto perché una siffatta interpretazione condurrebbe all'incostituzionalità della disciplina per contrasto con gli artt. 24 e 113 della Costituzione.

Con specifico riferimento alla competenza che la legge impugnata attribuisce ai tribunali amministrativi regionali la difesa dello Stato ricorda che la sentenza n. 49 del 1968, relativa alle sezioni per il contenzioso elettorale istituite dalla legge n. 1447 del 1966, ritenne che l'illegittimità riguardasse solo il modo di formazione e di provvista dei nuovi organi giurisdizionali e non già la loro competenza sulle operazioni elettorali; rileva, infine, che dalla legge n. 108 del 1968 altro non si può dedurre se non la generale esigenza dell'osservanza dell'inderogabile precetto della tutela giurisdizionale.

3. - In una memoria del 13 aprile 1972 la difesa regionale contesta la validità delle argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato.

Dalla sentenza n. 66 del 1964 - si osserva - si può solo desumere che in generale le prerogative del Parlamento non possono essere automaticamente riconosciute all'Assemblea regionale. Occorre, tuttavia - come risulta dalla successiva sentenza n. 143 del 1968, pronunziata a proposito del controllo della Corte dei conti sugli atti del Consiglio regionale -, di volta in volta verificare se sotto specifici profili e con riferimento a singole competenze un'assimilazione sia voluta e consentita dalla vigente disciplina costituzionale e legislativa: ed infatti nel caso attuale la competenza della Regione a provvedere in via esclusiva in ordine al giudizio di ammissione dei consiglieri eletti viene rivendicata in base alla legge costituzionale n. 2 del 1948, che rinvia i principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche. Nessun senso ha il richiamo alla sentenza n. 6 del 1970, perché proprio il rinvio a quei principi opera un raccordo fra Statuto e Costituzione attraverso l'attribuzione all'Assemblea regionale degli stessi poteri decisori che l'art. 66 della Costituzione riconosce al Parlamento: decisiva nello stesso senso appare l'esclusività della competenza regionale in tema di legislazione elettorale, nell'esercizio della quale la legge regionale n. 29 del 1951 conferì all'Assemblea i poteri di cui si discorre.

La difesa regionale sostiene infine che del tutto inconferenti sono gli argomenti che l'Avvocatura crede si possano trarre dal carattere transitorio del D.L.C.P.S. n. 204 del 1947 e dai principi enunciati da questa Corte nella sentenza n. 49 del 1968.

4. - Nella discussione orale le parti costituite hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi ed hanno insistito nelle rispettive conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Gli artt. 6 e 40 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, sono stati impugnati dalla Regione siciliana limitatamente alla parte in cui tali disposizioni attribuiscono al tribunale amministrativo regionale e, in secondo grado, al Consiglio di giustizia amministrativa la competenza a decidere sui ricorsi relativi a controversie concernenti le operazioni per le elezioni regionali. Nel proporre la relativa questione di legittimità costituzionale, la ricorrente assume che in base allo Statuto quella competenza spetta in via definitiva ed assoluta - e con la conseguente esclusione di ogni ingerenza degli organi giurisdizionali dello Stato - alla stessa Assemblea regionale, così come, in forza dell'art. 66 della Costituzione, appartiene esclusivamente a ciascuna delle due Camere del Parlamento il giudizio sui titoli di ammissione dei propri componenti.

2. - La Corte ritiene di dover in primo luogo ribadire, secondo i principi enunciati fin dalla sentenza n. 66 del 1964, che nel sistema costituzionale il Parlamento e l'Assemblea regionale siciliana occupano posizioni nettamente diversificate, sicché le peculiari prerogative che abbiano a riconoscersi al primo non si estendono per ciò stesso alla seconda. Sulla validità di questa premessa, del resto, la Regione non muove obiezioni, giacché, relativamente alla materia in esame, essa rivendica un identico regime non già in virtù di una generica equiparazione dell'Assemblea regionale alle Assemblee legislative nazionali, sibbene in forza di una ben determinata statuizione statutaria - quindi, di rango costituzionale - dalla quale, a suo avviso, discenderebbe l'applicabilità alla Regione di quella stessa riserva di giudizio sui titoli di ammissione dei consiglieri regionali che l'art. 66, per quanto riguarda deputati e senatori, attribuisce rispettivamente alle due Camere. Più specificamente, la ricorrente ritiene di poter rinvenire nel disposto dell'art. 3 del suo Statuto la ragione di fondo dell'illegittimità costituzionale dell'impugnata legge statale: rinviando ai "principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche" quella norma statutaria non si limiterebbe ad assegnare alla Regione la competenza legislativa esclusiva in tema di elezioni regionali, ma renderebbe operante per l'Assemblea regionale il principio dell'insindacabilità, anche giurisdizionale, delle determinazioni adottate da quel corpo deliberante, nello stesso modo in cui ex art. 66 Cost. quell'insindacabilità caratterizza le analoghe attribuzioni del Parlamento.

La Corte ritiene che siffatta tesi sia da respingere. Vero é che l'art. 3 dello Statuto, fissato il numero dei deputati regionali e posta la regola che essi debbano essere eletti a suffragio "universale, diretto e segreto", affida alla Regione la competenza legislativa sulle elezioni della propria Assemblea. E, tuttavia, é appunto dalla identificazione dei limiti obiettivi di siffatta materia - prima ancora che dai principi costituzionali ai quali la sua regolamentazione deve portar rispetto - che discendono conclusioni contrarie a quelle prospettate dalla difesa regionale. Non si vuol certo disconoscere che una qualche connessione esista fra "elezioni" e "giurisdizione sulle elezioni" né si contesta che nella storia della legislazione tale connessione si é manifestata talvolta nell'inclusione in un unico testo legislativo di entrambe le discipline. Ma ciò non toglie che si tratta di materie affatto diverse, le quali possono appartenere a diverse sfere di attribuzioni, come inevitabilmente deve accadere quando a qualche Regione sia stato conferito il potere legislativo attinente alla materia elettorale. É, infatti, principio fermo nella giurisprudenza della Corte che alle Regioni, anche se a statuto speciale, non spetta competenza alcuna in tema di giurisdizione (salvo le ben limitate attribuzioni che nella sentenza n. 4 del 1956 furono riconosciute alla Regione del Trentino-Alto Adige a proposito dei masi chiusi e con specifico riferimento alle peculiarità di tale istituto). E perciò non può revocarsi in dubbio che, in applicazione di tale principio, come non sono ammissibili leggi regionali sulla giurisdizione, Così non é ammissibile che leggi regionali escludano la giurisdizione, giacché anche questa esclusione si risolverebbe in un’interferenza su materia che alla Regione non appartiene.

É nell'ambito di queste premesse che va interpretato il rinvio operato dall'art. 3 dello Statuto siciliano ai "principi fissati dalla Costituente in materia di elezioni politiche", al quale non si può assegnare altro significato che non sia quello di circoscrivere il quadro entro il quale deve essere esercitata la competenza legislativa in materia elettorale. Una diversa interpretazione - non suffragata dalla formulazione letterale della disposizione statutaria - non solo dovrebbe prescindere dalla suddetta, precisa individuazione della materia attribuita alla Regione, ma si porrebbe in sicuro contrasto col principio costituzionale secondo il quale la tutela giurisdizionale é a tutti garantita (art. 24 Cost.) ed é affidata agli organi previsti dagli artt. 101 e seguenti della Costituzione.

3. - Siffatta conclusione - che é l'unica che sia idonea ad assicurare la necessaria coerenza fra Statuto siciliano e Costituzione (secondo una esigenza affermata da questa Corte a fondamento delle statuizioni contenute nella sent. n. 6 del 1970) - non é infirmata dalle considerazioni che la Regione svolge a proposito delle norme legislative e regolamentari pertinenti alla materia de qua. Ed infatti, una volta ribadito che le Regioni non hanno competenza in tema di giurisdizione (né per regolarla né per escluderla) e che la Regione siciliana anche nell'esercizio delle sue attribuzioni sulle elezioni deve rispettare i principi costituzionali, le disposizioni contenute nella legge statale che disciplinò le prime elezioni regionali (D.L.C.P.S. 25 marzo 1947, n. 204), nella legislazione regionale (legge reg. 20 marzo 1951, n. 29) e nel Regolamento interno dell'Assemblea (specialmente nell'art. 41) devono essere interpretate in un modo che le renda compatibili con la Costituzione: di tal che il "giudizio definitivo" sui reclami elettorali, la "convalida delle elezioni", la "incontestabilità" della pronunzia finale e così via sono tutte espressioni che correttamente vanno riferite alla fase conclusiva del complesso procedimento elettorale e che qualificano come definitivi gli atti relativi nel senso che questi concludono, appunto, quel procedimento: non certo nel senso della preclusione di una successiva fase giurisdizionale, nella quale le situazioni subiettive degli interessati possano trovare quella tutela che la Costituzione a tutti riconosce.

4. - Risultando pertanto che con le disposizioni impugnate lo Stato ha esercitato una competenza propria senza recar lesione alla sfera di attribuzioni spettanti alla Regione siciliana, il ricorso deve essere respinto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 40 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei "tribunali amministrativi regionali", promossa, col ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione siciliana, in riferimento all'art. 3 dello statuto ed all'art. 66 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Francesco Paolo BONIFACIO

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1972.