Sentenza n. 94 del 1972

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 SENTENZA N. 94

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 26 novembre 1971, depositato in cancelleria il 7 dicembre successivo ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 1971, per conflitto d’attribuzione sorto a seguito della circolare 22 marzo 1971, n. 155, del Ministero delle finanze avente ad oggetto "Istituzione di nuovi capitoli d’entrate e modifica alla denominazione d’altri capitoli nel corrente esercizio finanziario 1971".

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 aprile 1972 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

uditi gli avvocati Antonio Sorrentino e Pietro Virga, per la Regione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con decisione in data 21 aprile 1970 il Consiglio dei ministri delle Comunità europee ha stabilito di sostituire i contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità disponendo in particolare che, a decorrere dal 1 gennaio 1971, le entrate provenienti dai dazi della tariffa doganale comune costituiranno progressivamente risorse delle Comunità, fino ad essere integralmente iscritte nel bilancio comunitario a decorrere dal 1975.

Per dare attuazione alla predetta decisione il Governo italiano veniva autorizzato con legge 23 dicembre 1970, n. 1185, ad emanare decreti aventi forza di legge ordinaria ed in virtù di tale delega é stato emanato il d.P.R. 16 aprile 1971, n. 321.

In esecuzione di questi provvedimenti, con decreto del 29 aprile 1971 del Ministro per il tesoro sono state apportate alcune variazioni nello stato di previsione dell'entrata del bilancio per l'esercizio finanziario 1971 e, tra le altre, é stata modificata la denominazione del capitolo 1453 (già "Dogane e diritti marittimi", corrispondente al capitolo 1404 del bilancio regionale) in "Dazi della tariffa doganale comune (T.D.C.) ed altri diritti fissati dalle istituzioni della C.E.E. sugli scambi con i Paesi non membri".

Infine con la circolare 22 marzo 1971, n. 155, il Ministro delle finanze ha impartito istruzioni agli uffici dipendenti per la riscossione e l'esatta imputazione al capitolo così modificato delle entrate derivanti dalle operazioni doganali.

Avverso questa circolare, comunicata alla Presidenza della Regione siciliana il 27 settembre 1971, é stato proposto il ricorso, notificato il successivo 26 novembre, oggetto del presente giudizio.

La difesa della Regione precisa anzitutto che non intende sollevare questione di costituzionalità sulla devoluzione alla C.E.E. di proventi che statutariamente le erano garantiti e che il ricorso proposto riguarda soltanto il capitolo 1453.

Il fatto che le entrate di tale capitolo vengono versate direttamente alle Casse dello Stato comporterebbe la violazione di prerogative e attribuzioni garantite alla Regione dalle norme statutarie.

Sotto l'aspetto procedurale si denuncia in particolare:

1. - La violazione dell'art. 21, ultimo comma, dello Statuto siciliano, poiché i provvedimenti d’attuazione della decisione comunitaria (d.P.R. n. 321 del 1971, emanato in esecuzione dell'art. 3 della legge n. 1185 del 1970) sono stati deliberati dal Consiglio dei ministri senza l'intervento e la partecipazione con voto deliberativo del Presidente della Regione;

2. - La violazione dell'art. 39 dello Statuto e dell'art. 5 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente norme d’attuazione dello Statuto in materia finanziaria, i quali, in tema di determinazione delle tariffe doganali, per quanto interessa la Regione, stabiliscono che il Governo deve consultare previamente il Presidente della Regione, consultazione che nella specie é mancata;

3. - La violazione dell'art. 43 dello Statuto, in quanto i provvedimenti di cui trattasi avrebbero comportato una sostanziale modifica delle norme d’attuazione (d.P.R. n. 1074 del 1965), modifica avvenuta senza l'intervento della speciale commissione paritetica prevista dalla citata norma statutaria.

Per superare poi l'eventuale obiezione di tardività del ricorso sul rilievo che le predette censure avrebbero dovuto rivolgersi non alla circolare impugnata, bensì al decreto legislativo n. 321 del 1971 ed eventualmente alla stessa legge delegante n. 1185 del 1970, la difesa della Regione dichiara di impugnare, in via incidentale, le indicate disposizioni ai fini della risoluzione del conflitto.

Subordinatamente e nel merito la difesa sostiene che, anche a volere ammettere che lo Stato potesse sottrarre alla Regione proventi già attribuitile senza il rispetto dell'indicata procedura, l'adempimento degli obblighi internazionali da parte dello Stato non richiedeva affatto l'esclusione della Regione dalla fase della riscossione dei tributi. L'iscrizione delle quote dei tributi di spettanza della C.E.E. da versarsi allo Stato poteva cioé esser fatta, sia in entrata che in uscita, in apposito capitolo nel bilancio della Regione; tanto più che trattandosi, almeno per ora e sino alla data del 1 gennaio 1975, di quote percentuali gradualmente ascendenti dei tributi doganali, la Regione ha diritto a trattenere la differenza fino alla data anzidetta. Questo diritto é stato riconosciuto dallo stesso ministro delle finanze che, con nota 30 agosto 1971, n. 4202 (anch'essa oggetto della presente impugnativa quale atto d’esecuzione della circolare) ha disposto che la quota, eccedente rispetto ai versamenti da effettuarsi alla C.E.E., da devolversi alla Regione venga iscritta in apposito capitolo da istituire nello stato di previsione della spesa del bilancio statale.

Detto espediente, però, oltre ad essere in contrasto con le prerogative regionali sancite dall'art. 36 dello Statuto e dal d.P.R. n. 1074 del 1965, non soddisfa, anche sotto un profilo pratico, le esigenze della ricorrente poiché l'esperienza avrebbe dimostrato come tutte le volte in cui é stato adottato il procedimento della riscossione diretta da parte dello Stato e successiva devoluzione alla Regione, grave pregiudizio é a questa derivato per il notevole ritardo con cui é riuscita a riscuotere quanto di sua spettanza.

Conclude pertanto la difesa per l'accoglimento del ricorso.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si é costituito nel presente giudizio ed ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato.

L'inammissibilità é sostenuta sul rilievo della tardività delle censure mosse al procedimento d’approvazione della legge 23 dicembre 1970, n. 1185, nonché del d.P.R. 16 aprile 1971, n. 321, che si sarebbero dovuti impugnare entro il termine di 60 giorni dalla loro pubblicazione. Il fatto che il ricorso sia stato proposto contro una circolare, che é provvedimento esecutivo di dette norme, non é circostanza idonea a riaprire il termine per la denuncia di una lesione già avvenuta.

Queste considerazioni valgono anche per dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata in via incidentale avverso le stesse disposizioni di legge.

In ordine ai vizi procedurali denunciati dalla difesa della Regione, l'Avvocatura osserva comunque che le norme in discussione riguardano l'attuazione di un’importante fase della politica comunitaria che é di competenza esclusiva dello Stato.

Non ricorreva pertanto l'ipotesi statutaria della necessaria partecipazione del Presidente della Regione alla seduta del Consiglio dei ministri (art. 21 Statuto).

Questa partecipazione, d'altra parte, é consentita solo allorquando il Consiglio delibera provvedimenti amministrativi e non pure, come nel caso di specie, quando eserciti o concorra ad esercitare, con diritti d’iniziativa, funzione legislativa (artt. 71, 76, 87 Cost.).

In particolare poi, per quanto riguarda la legge n. 1185 del 1970, il presunto vizio procedimentale nella fase d’elaborazione del disegno di legge governativo verrebbe ad essere assorbito dall'iter parlamentare che esso ha poi subito presso le Camere. Si tratterebbe peraltro di un vizio irrilevante anche sotto il profilo della censurabilità degli interna corporis.

Del pari insussistente é la violazione degli artt. 39 e 43 dello Statuto in quanto i provvedimenti adottati dal Parlamento e dal Governo non costituiscono, dal punto di vista tecnico e sostanziale, né "modificazioni della tariffa doganale" né modificazioni delle norme d’attuazione dello Statuto.

Inammissibile ed infondata, ad avviso dell'Avvocatura é da considerarsi anche la censura di merito rivolta ai provvedimenti statali impugnati.

L'inammissibilità risulterebbe dal fatto che fin dalla data di pubblicazione del d.P.R. n. 321 del 1971 (9 giugno 1971) la Regione ebbe conoscenza che lo Stato avrebbe istituito i nuovi capitoli per gestire direttamente, sia in entrata che in uscita, le quote progressivamente crescenti dei proventi doganali destinati alla C.E.E. L'impugnativa in termini di tale decreto avrebbe dovuto avvenire entro il 9 agosto 1971 sicché l'attuale ricorso é da ritenersi tardivo.

L'infondatezza della censura discende dal mutamento della natura, oltre che della denominazione, subito dalle entrate in questione. Non ci si trova di fronte a "dazi doganali" ma ad "entrate proprie della C.E.E." ed é ovvio che nei riguardi della C.E.E. il soggetto internazionalmente rilevante, tenuto ad iscrivere nel proprio bilancio e ad amministrare e gestire entrate di tal genere, può essere solo lo Stato.

Questo ragionamento vale anche per le quote di dette entrate che sino a tutto il 1974 restano ancora attribuite alla Regione dato che il frazionamento per quota non importa mutamento della natura del tributo. Né giova addurre che il sistema adottato é di pregiudizio per la Regione poiché comporta ritardo nella riscossione delle quote. Tale rilievo infatti rappresenterebbe un inconveniente che non incide affatto sulla legittimità costituzionale della ripartizione delle competenze disposta dai provvedimenti impugnati.

La difesa della Regione ha depositato in data 29 marzo 1972 una memoria nella quale ha ulteriormente svolto i motivi del ricorso, confermando le conclusioni già enunciate.

 

Considerato in diritto

 

Il presente ricorso per la risoluzione di un conflitto d’attribuzione fra la Regione siciliana e lo Stato trae origine dalla circolare 22 marzo 1971, n. 155, del Ministero delle finanze, direzione generale delle dogane, avente ad oggetto l'istituzione di nuovi capitoli d’entrata e modifica della denominazione d’altri capitoli dell'esercizio finanziario 1971.

La censura di fondo che il patrocinio della Regione muove alla citata circolare é che con essa lo Stato avrebbe unilateralmente modificato il regime concernente la ripartizione delle entrate tributarie fra Stato e Regione sottraendo a questa ultima dei cespiti provenienti da dazi doganali, già attribuitile con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, senza la collaborazione e partecipazione degli organi regionali o degli organi misti all'uopo preordinate dalle norme statutarie (artt. 21, ultimo comma, 39 e 43) a garanzia dell'autonomia regionale.

A giudizio della Corte il ricorso va dichiarato inammissibile poiché non é dalla circolare impugnata che deriva l'asserita violazione di competenze regionali costituzionalmente garantite.

Con la circolare in questione, trasmessa alla Regione il 27 settembre 1971, la direzione generale delle dogane si é limitata ad impartire ai dipendenti uffici alcune istruzioni in materia di bilancio, intese ad applicare le norme concernenti il regime delle risorse proprie delle Comunità europee di cui alla decisione del Consiglio dei ministri delle Comunità in data 21 aprile 1970. Con tale decisione, ratificata ed attuata nel territorio nazionale con la legge 23 dicembre 1970, n. 1185, e successivo decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 1971, n. 321, si era stabilito di sostituire i contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità disponendosi, in particolare, che, a decorrere dal 1 gennaio 1971, le entrate provenienti dai dazi della tariffa doganale comune dovevano progressivamente costituire le risorse delle Comunità, fino ad essere integralmente iscritte nel bilancio comunitario a decorrere dal 1975.

In applicazione della decisione anzidetta, il citato d.P.R. n. 321 del 1971 ha demandato al Ministero delle finanze l'accertamento e la riscossione delle "risorse proprie" delle Comunità (art. 1) e ha autorizzato il Ministro per il tesoro a provvedere, con propri decreti, alle variazioni di bilancio occorrenti per l’iscrizione nello stato di previsione dell’entrata dei proventi costituenti dette risorse (art. 4).

In puntuale esecuzione di quest'ultima norma il Ministro per il tesoro, con decreto n. 131895 del 29 aprile 1971, registrato alla Corte dei Conti l'8 giugno successivo, ha quindi provveduto alle necessarie variazioni di bilancio nello stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 1971 disponendo, tra l'altro, quella modifica di denominazione del cap. 1453 in "dazi della tariffa doganale comune ed altri diritti fissati dalle Istituzioni della Comunità economica europea", che ha avuto come conseguenza il versamento su tale capitolo anche dei tributi doganali riscossi in Sicilia, versamento del quale la Regione si duole perché avrebbe determinato l'invasione della sua sfera di competenza.

Ora é di tutta evidenza che l'impugnativa avrebbe dovuto avere ad oggetto il decreto di variazione del Ministro per il tesoro e non la circolare del direttore generale delle dogane.

Quest'ultima, infatti, rappresenta un atto meramente esplicativo del decreto che ha disposto le variazioni poiché, come già rilevato, con essa sono state semplicemente impartite ai dipendenti uffici le opportune istruzioni in ordine alle operazioni da eseguire per curare l'esatto versamento dei proventi riscossi e da riscuotere ai nuovi capitoli d’entrata istituiti, nonché ai capitoli ai quali era stata apportata la modifica di denominazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto d’attribuzione proposto dal Presidente della Regione siciliana avverso la circolare 22 marzo 1971, n. 155, del Ministero delle finanze, Direzione generale dogane e imposte indirette, concernente "Istituzione di nuovi capitoli d’entrate e modifica della denominazione d’altri capitoli nel corrente esercizio finanziario 1971".

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Giovanni Battista BENEDETTI

Depositata in cancelleria il 18 maggio 1972.