Sentenza n. 65 del 1972

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SENTENZA N. 65

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori giudici

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof.  Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZI

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 15, 171, lett. b, e 180, primo e secondo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, recante "protezione del diritto d’autore ed altri diritti connessi al suo esercizio", promosso con ordinanza emessa il 2 aprile 1970 dal pretore di Chioggia nel procedimento penale a carico di Boscolo Giuseppe e Luigi, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 150 del 17 giugno 1970.

Visti l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione di Boscolo Luigi;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1972 il Giudice relatore Angelo De Marco;

uditi l'avv. Roberto Cianolio, per il Boscolo, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel procedimento penale a carico di Luigi Boscolo, imputato del reato di cui all'art. 171, lett. b, della legge 22 aprile 1941, n. 633, per avere ripetutamente fatto eseguire in due sale da ballo da lui gestite in Chioggia musica leggera d’autori rappresentati dalla SIAE rifiutandosi di pagare i relativi diritti e per avere organizzato manifestazioni danzanti senza il permesso della stessa SIAE, il pretore di Chioggia, accogliendo analoga richiesta della difesa dell'imputato, con ordinanza 2 aprile 1970, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, 171, lett. b, e 180, primo e secondo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento agli artt. 3, 24, 41 e 113 della Costituzione, disponendo, in conseguenza, la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti a questa Corte.

Dopo una premessa tendente ad affermare che la SIAE ha il carattere d’Ente pubblico economico, al quale sono state affidate in via esclusiva e, quindi, in regime di monopolio, le funzioni di natura privatistica di assistere autori ed editori nella percezione di proventi derivanti dall’utilizzazione delle opere protette, con la potestà, almeno nel campo della musica leggera, di imporre il pagamento di diritti d’utilizzazione fissati di suo arbitrio e senza alcun controllo pubblico, con l'aggravante che, in forza dell'art. 72 della legge di p.s., il rilascio della licenza d’esecuzione nei pubblici esercizi è subordinato al nulla-osta della SIAE, la non manifesta infondatezza della sollevata questione nell'ordinanza di rinvio, viene così motivata:

1) L'esclusiva d’intermediazione conferita alla SIAE dall'art. 180 della legge n. 633 del 1941, l'incontrollata ed incontrollabile potestà ad essa spettante nella determinazione delle tariffe, rafforzata dal divieto di rilascio della licenza d’esercizio senza suo nulla-osta, la sanzione penale in caso d’utilizzazione abusiva, pongono alla libertà dell'iniziativa privata di chi intende dedicarsi professionalmente all’esecuzione delle opere protette, limiti non giustificati da ragioni d’utilità sociale di tale intensità da essere manifestamente in contrasto con l'art. 41 della Costituzione.

2) Dall’esposta disciplina risulta violato il principio d’eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione sotto i seguenti profili:

a) in quanto attribuisce al diritto d’autore, considerato come base suscettibile di valutazione economica una protezione più intensa rispetto agli altri diritti patrimoniali che non trova razionale giustificazione, tanto più che è rafforzata da tutela penale l'imposizione di un prezzo discrezionalmente ed unilateralmente stabilito dal creditore;

b) mentre l'interesse patrimoniale degli autori di musica leggera ad essere compensati per il loro lavoro è analogo e non più meritevole di protezione di quello di un qualsiasi esercente di commercio o industria, con le norme impugnate si attribuisce all'autore di musica leggera la facoltà di determinare ed imporre le condizioni del contratto e di denunziare penalmente l'altro contraente se questi, anche per giustificato motivo, non accetta le condizioni impostegli;

c) anche fra autori (ed utilizzatori) di musica leggera e gli autori (ed utilizzatori) d’altre opere dell'ingegno, per effetto delle norme denunziate, vi è disparità di trattamento, in quanto, soltanto ai primi è accordato il potere di determinare discrezionalmente ed unilateralmente il corrispettivo per l'utilizzazione dell'opera.

3) Per effetto delle norme denunziate, chi intende utilizzare opere di musica leggera è costretto, se non vuole rinunziare ad aprire il proprio locale e nello stesso tempo intenda tutelarsi in via giurisdizionale contro l'atto impostogli dalla SIAE, a pagare incondizionatamente, giacché egli è costretto a sottoscrivere il permesso se non vuole incorrere nel reato di cui all'art. 171, lett. b, ossia, in concreto, è posto in essere un vero e proprio "solve et repete", con evidente violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

È intervenuto nel giudizio, così promosso, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con l'atto d'intervento, deduce, in sostanza, quanto segue:

1) Dopo una premessa tendente a chiarire quale sia la natura giuridica della SIAE nonché quella delle funzioni ad essa attribuite dalla legge, si giunge alla conclusione che, anche ammesso che nella determinazione della misura dei diritti dovuti agli autori dagli utenti di musica leggera alla SIAE sia attribuita una certa discrezionalità, non si esce dal campo di quella discrezionalità che ogni produttore di beni di qualsiasi natura ha nello stabilire il prezzo dei beni stessi, liberi, beninteso, gli utenti, nel noto gioco della domanda e della offerta, di accettarli o no.

Di qui le seguenti conseguenze:

a) Chi voglia intraprendere un’attività che implichi l’utilizzazione in pubblico di opere di musica leggera sa benissimo che, attraverso la SIAE, deve pagare un corrispettivo; se questo corrispettivo gli sembra troppo elevato nessuno lo obbliga ad accettarlo, alla stessa guisa che nessuno può obbligare ad accettare l'imprenditore di un'attività commerciale di scarpe o di legname i prezzi richiesti dai rispettivi fornitori: la nota legge economica della domanda e della offerta finirà sempre col determinare il prezzo conveniente.

Se l'imprenditore non riesce a trovare conveniente tale prezzo e, quindi, rinunzia all'impresa non può, per questo, sostenere che sia stata compressa la sua libertà d'iniziativa economica.

Di qui l'inesistenza della denunziata violazione dell'art. 41 della Costituzione;

b) Sempre partendo dal principio che, in sostanza, ci si trova nelle condizioni di un proprietario che ha piena libertà di stabilire il prezzo di vendita del suo bene che l'eventuale compratore è liberissimo di non accettare, viene negata l'esistenza della denunziata violazione del principio di eguaglianza sotto i vari profili denunziati con l'ordinanza di rinvio.

Per quanto, in particolare, riguarda l'assunto che l'obbligo di accettare il prezzo stabilito unilateralmente e discrezionalmente dalla SIAE è rafforzato addirittura da sanzione penale, si oppone che tale sanzione riguarda non il rifiuto di accettazione di quel prezzo, ma l'utilizzazione dell'opera senza aver pagato alcun prezzo, il che, rimanendo nel campo del paragone con altri imprenditori sopra fatto, equivale ad un proprio e vero furto di scarpe o di legname.

2) Poiché come già si è detto non vi è un obbligo di pagare un prezzo che non si intende accettare e poiché nessuna norma proibisce di intraprendere azione nelle forme di legge nei confronti della SIAE per ottenere una previa determinazione di equo prezzo, evidentemente, non può parlarsi di solve et repete e, quindi, di violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

Nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei ministri si chiede pertanto che le questioni sollevate vengano dichiarate infondate.

Si è costituito in giudizio il Boscolo, il di cui patrocinio, con memoria depositata il 7 luglio 1970, riportandosi alla motivazione dell'ordinanza di rinvio chiede che le questioni con la medesima prospettate vengano dichiarate fondate.

Con altra memoria depositata il 12 febbraio 1972, il patrocinio del Boscolo, a confutazione delle deduzioni della Avvocatura dello Stato, oppone, in sostanza, quanto segue:

La SIAE opera nel settore del mercato della musica leggera in regime di monopolio di fatto e di diritto o, quanto meno, in posizione dominante ex lege.

L'assunto dell'Avvocatura dello Stato secondo il quale ci si trova di fronte ad una situazione analoga a quella di un qualsiasi imprenditore che debba rifornirsi del materiale necessario per l'attuazione della sua impresa e deve, quindi, accettare il prezzo richiesto dal produttore di tale materiale non regge, in quanto manca il presupposto della libera concorrenza in forza della quale il prezzo è la risultante della ferrea legge della domanda e dell'offerta.

Nel caso della SIAE, invece, la posizione dominante attribuitale dalla legge, consente l'imposizione del prezzo da essa richiesto, con la possibilità di abusi, contro i quali, chi intende esercitare un'impresa di utilizzazione della musica leggera non ha la possibilità legale di opporsi.

Di qui la denunziata violazione delle richiamate norme costituzionali sotto i vari profili prospettati con l'ordinanza di rinvio.

S'insiste, pertanto, nel chiedere che venga dichiarata la fondatezza delle prospettate questioni di illegittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1. - Come si è esposto in narrativa, il presupposto logico e giuridico, sul quale poggiano le questioni prospettate con l'ordinanza di rinvio, consiste nell'assunto che, in forza delle denunziate norme della legge n. 633 del 1941 (nonché dell'art. 72 del t.u. delle leggi di p.s., richiamato ma non denunziato), la SIAE opererebbe, nel settore del mercato della musica leggera, in regime di monopolio di fatto e di diritto o quanto meno in posizione dominante, con la possibilità di creare, per le sue caratteristiche obbiettive, situazioni di abuso e quindi illecite, avverso le quali gli interessati non avrebbero alcun rimedio giuridico per insorgere.

Questo presupposto è, peraltro, errato.

Anzitutto non può parlarsi di monopolio neppure di fatto, poiché l'esclusiva dell'attività di intermediario accordata dal denunziato art. 180 della legge n. 633 del 1941 alla SIAE non preclude all'autore, che ne abbia la volontà e la possibilità, la protezione e l'esercizio diretto dei propri diritti, anche nel settore della musica leggera, particolarmente difficoltoso, in quanto non è certo agevole controllare esecuzioni, che si svolgono nei luoghi più disparati e remoti, senza quella adeguata organizzazione capillare, di cui dispone la SIAE e che soltanto pochi autori particolarmente dotati e, soprattutto, affermati, potrebbero, sia pure in misura ridotta, permettersi.

Ma non può contestarsi che quella esclusiva ponga la SIAE in un’indubbia posizione di preminenza, resa necessaria, peraltro, come risulta del resto da quanto si è testé rilevato dalle difficoltà che in molti casi presenta il controllo delle attività che hanno per oggetto l'utilizzazione economica di opere protette.

Questa posizione di preminenza, però, come la Corte ha avuto occasione di affermare con la sentenza n. 25 del 1968, pronunziata in altro giudizio, nel quale la legittimità dello stesso art. 180 della legge n. 633 del 1941 veniva contestata in riferimento all'art. 18 della Costituzione, trova piena e razionale giustificazione nella esigenza di interesse generale e, quindi, pubblico, di adeguata protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi, che il legislatore ha riconosciuto talmente rilevante da dover preordinare, al fine di soddisfarla, particolari mezzi di difesa e di tutela sia penali sia civili.

Tra questi ultimi va compresa l’istituzione stessa della SIAE definita appunto "Ente di diritto pubblico per la protezione e l'esercizio del diritto di autore".

Sennonché questa innegabile e rilevante esigenza di difesa e di tutela non può giungere fino a giustificare l'attribuzione, sia pure ad un Ente di diritto pubblico, di poteri arbitrari e, comunque, incontrollabili.

Infatti, anche se il regolamento per l'esecuzione della legge n. 633 del 1941, approvato con r.d. 18 maggio 1942, n. 1369, nel Capo II, relativo alla determinazione dei compensi ed agli accertamenti tecnici, non contiene disposizioni particolari per la musica leggera, non per questo può ritenersi che l'operato della SIAE in materia sia incontrollabile.

Intanto, poiché quale ente di diritto pubblico la SIAE è soggetta a vigilanza governativa (in base all'art. 182 della legge n. 633 del 1941 del Ministero della cultura popolare, ora della Presidenza del Consiglio dei ministri), i suoi atti sono soggetti ai comuni gravami in via amministrativa.

Comunque, resta sempre aperta la via giurisdizionale sia amministrativa, ove si ritenga che la potestà di determinare i compensi incida su semplici interessi legittimi, sia ordinaria, ove si ritenga invece che incida su diritti perfetti.

Infine è bene chiarire che la sanzione penale preveduta dal denunziato art. 171, lett. b, della legge n. 633 del 1941 colpisce non il rifiuto di accettare il compenso determinato e richiesto dalla SIAE ma l'esecuzione dell'opera senza aver corrisposto alcun compenso.

2. - Dimostrato che il presupposto, sul quale poggiano le questioni in esame, è errato, è facile trarre le seguenti conseguenze.

a) Poiché da quanto precede risulta che, ove il compenso richiesto dalla SIAE per l'esecuzione di musica leggera a chi intenda intraprendere tale attività sia ritenuto eccessivo, l'imprenditore ha i mezzi legali per far valere le proprie ragioni, se questi tali mezzi non usa oppure, avendoli usati, dette ragioni siano state dichiarate infondate, è evidente che l'imprenditore che persista nel non voler ritenere congruo tale compenso, non può pretendere di intraprendere egualmente quella attività senza ledere il diritto dell'autore e, quindi, non può lamentare che sia lesa la sua libertà di iniziativa privata.

Di qui l'inesistenza della denunziata violazione dell'art. 41 della Costituzione.

b) La riconosciuta non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 180 della legge n. 633 del 1941, l'applicabilità dell'art. 171, lett. b, della stessa legge non alle sole opere di musica leggera, le particolari difficoltà del controllo dell'esecuzione di tali opere, il costante riconoscimento che non può ravvisarsi violazione del principio di eguaglianza quando a posizioni differenziate corrisponda una disciplina differenziata, escludono che possa ritenersi violato l'art. 3 della Costituzione sotto i vari profili prospettati con l'ordinanza di rinvio.

c) L'art. 72 della legge di p.s. è una delle tante norme, comuni specie alle leggi fiscali, che subordinano l'emanazione di taluni atti amministrativi alla dimostrazione dell'avvenuto adempimento degli obblighi imposti da altre leggi.

Come tale non pone alcun limite alla difesa dei propri diritti, perché se, per avventura, l'obbligo all'adempimento del quale è subordinato non sussiste oppure è illegittimo, il richiedente può, dimostrandolo, impugnare nelle forme e nei modi di legge il rifiuto di rilascio dell'atto richiesto.

La situazione è, quindi, ben diversa da quella che si riassume nel principio del solve et repete, in base al quale non si può procedere in via giudiziaria contro l'imposizione di un obbligo (di solito fiscale) se prima tale obbligo non sia stato soddisfatto, salvo ad ottenere la relativa riparazione, in caso di vittoria.

Anche la denunziata violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, sotto il profilo che l'art. 72 della legge di p.s. porrebbe in essere un Vero e proprio caso di solve et repete, risulta, pertanto, insussistente.

3. - Nessuna delle censure di illegittimità costituzionale sopra esaminate investe specificatamente, poi, l'art. 15 della legge n. 633 del 1941, che pure nell'ordinanza di rinvio risulta menzionato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, 171 lett. b, e 180, primo e secondo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633 "Protezione del diritto di autore ed altri diritti connessi al suo esercizio", proposta, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 24, 41 e 113 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

Deposito in cancelleria: 19 aprile 1972