Sentenza n. 208 del 1971
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SENTENZA N. 208

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 8 dicembre 1970, n. 996, contenente norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità e sulla protezione civile, promosso con ricorso del Presidente della Regione del Trentino- Alto Adige, notificato il 15 gennaio 1971, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 1971.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1971 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

udito l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ricorso notificato il 15 gennaio 1971 e depositato il successivo 22 gennaio, il Presidente della Giunta regionale del Trentino - Alto Adige ha impugnato per violazione degli artt. 4, n. 8, 5, n. 2, 11, n. 14, e 13 dello Statuto di quella Regione la legge 8 dicembre 1970, n. 996, contenente norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità e sulla protezione civile.

Sotto un primo profilo, intendendo cioè la operatività della legge statale limitata alle calamità da considerarsi per il loro ambito o per la loro gravità di carattere nazionale, la normativa di cui all'art. 5 sarebbe illegittima perché prevede il riconoscimento del carattere della calamità o della catastrofe con decreto del Presidente del Consiglio, previa proposta del Ministro dell'interno, ma senza alcuna consultazione della Regione e perché dispone, inoltre - sempre senza alcuna intesa con la Regione - la nomina di un Commissario, che assuma sul posto la direzione dei servizi ed attui le direttive generali ed il coordinamento degli interventi, avvalendosi comunque della collaborazione degli organi regionali e degli enti locali interessati. Ne conseguirebbe, infatti, un contrasto con le indicate norme statutarie, che attribuiscono alla Regione una competenza legislativa primaria in materia di servizi antincendi e ripartita in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, e alle province di Trento e Bolzano una competenza legislativa primaria in materia di opere di pronto soccorso per calamità pubbliche, nonché alla prima come alle seconde le corrispondenti potestà amministrative negli stessi settori. Nell'esercizio della predetta competenza primaria la Regione avrebbe, per di più, legiferato, istituendo corpi di vigili del fuoco permanenti e volontari alla esclusiva dipendenza della Giunta regionale per il tramite dell'Assessorato competente (legge regionale 20 agosto 1954, n. 24 e successive modificazioni).

Nell'ipotesi, poi, in cui la legge impugnata sia da interpretare come riferentesi anche alle calamità e catastrofi di carattere regionale o locale, ne deriverebbe una ancora più grave invasione delle prerogative statutarie per l'assenza di qualsiasi competenza statale in argomento; o quanto meno per il fatto che l'intervento statale é ivi disciplinato, senza prevedere una iniziativa in forma esclusiva o se non altro un concerto od una intesa con la Regione interessata. Ed in questo caso un'ulteriore questione di legittimità costituzionale potrebbe sorgere, consentendo la stessa legge la presenza attiva nell'ambito regionale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, le cui finalità, precisate dalla legge statale 13 maggio 1961, n. 469, coinciderebbero con quelle considerate dalla anzidetta legislazione della Regione.

Le conclusioni della parte ricorrente sono, quindi, intese ad ottenere una declaratoria di illegittimità della legge, nei limiti e per i motivi innanzi esposti.

2. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 3 febbraio 1971, nelle quali, precisato che la legge n. 996 del 1970 concerne unicamente le calamità nazionali che per il loro rilievo trascendono la sfera regionale e provinciale e delineati i diversi significati delle espressioni "protezione civile", "servizi antincendi" ed "opere di pronto soccorso in caso di pubbliche calamità", sostiene l'infondatezza della questione, argomentando anche dalla sentenza 9 maggio 1968 n. 50 della Corte costituzionale.

Stabilire un concorso eventuale nell'accertamento - anziché la esclusiva dichiarazione - di calamità naturale ad opera della Regione non implicherebbe la vanificazione delle competenze di questa, mentre la partecipazione degli organi regionali all'azione di coordinamento ed all'attuazione delle direttive generali per i servizi di pronto soccorso risulterebbe sufficientemente assicurata anche attraverso il Comitato regionale per la protezione civile. La collaborazione degli organi locali con il Commissario nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri non importerebbe, infine, l'instaurazione di un rapporto gerarchico tra lo Stato, la Regione e gli altri Enti locali, ma soltanto di un rapporto di dipendenza funzionale, reso del resto necessario dagli eventi.

Le conclusioni dell'Avvocatura dello Stato si sostanziano perciò in una richiesta di reiezione del ricorso.

3. - Nella pubblica udienza le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - Per ben delimitare le questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Regione del Trentino - Alto Adige nei confronti della legge 8 dicembre 1970, n. 996, sulla protezione civile, é necessario stabilire preliminarmente quale sia la esatta portata della legge medesima per quanto concerne la sua applicabilità alla Regione ricorrente.

Ora, é certo, ed é altresì pacificamente ammesso tra le parti, che tale applicabilità é subordinata all'ipotesi di calamità naturali o catastrofi che "per la loro natura o estensione debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari". Così testualmente si esprime l'art. 1 della legge; mentre per il successivo art. 2, ultimo comma, sono fatte salve le competenze legislative ed amministrative delle Regioni a statuto speciale in materia di servizi antincendi e di opere di pronto soccorso per calamità pubbliche, ove previste dagli statuti speciali: come, appunto, é il caso dello statuto della Regione del Trentino - Alto Adige, che attribuisce i servizi antincendi alla Regione e le opere di pronto soccorso alle Province di Bolzano e di Trento, alle quali ultime perciò - superandone il tenore letterale - detta norma deve senza dubbio ritenersi estensibile per identità di ragioni. Il principio, infine, é ulteriormente richiamato e ribadito dall'art. 5, che, nel disciplinare la dichiarazione di catastrofe o calamità naturale, reca l'inciso "salvo i casi di evento non particolarmente grave, cui provvedono gli organi locali elettivi e gli organi ordinari della protezione civile".

Ciò premesso, le questioni di legittimità costituzionale, sulle quali questa Corte é chiamata a pronunciarsi, sono, anzitutto, quelle relative all'art. 5 della legge n. 996 del 1970, nelle parti in cui - ricorrendo l'ipotesi di calamità naturali che trascendano la sfera regionale, nel senso di cui alle testé riferite disposizioni della legge predetta - prescrive che la relativa dichiarazione sia fatta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro per l'interno (primo comma) e che con il medesimo decreto sia nominato un Commissario straordinario, che assuma sul posto la direzione dei servizi di soccorso, avvalendosi della collaborazione degli organi regionali e degli enti locali interessati (commi terzo e quarto).

Tali disposizioni sono censurate dalla Regione ricorrente perché non prevedono alcuna consultazione con la Regione, per la dichiarazione di calamità naturale o catastrofe e per la nomina del Commissario, né prevedono che alla elaborazione delle direttive da osservarsi concorrano gli organi regionali, posti, per contro, come si sostiene, "alle dirette dipendenze del Commissario". Ne sarebbe violata, stando all'assunto del ricorso, l'autonomia costituzionalmente riconosciuta alla Regione e alle Province di Trento e Bolzano: la prima, avendo potestà legislativa ed amministrativa in materia di servizi antincendi (artt. 4, n. 8, e 13 dello Statuto) nonché di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (artt. 5, n. 2, e 13), e le seconde, a norma degli artt. 11, n. 14, e 13, potestà legislativa ed amministrativa in materia di "opere di pronto soccorso per calamità pubbliche".

Un'ulteriore questione ha per oggetto le disposizioni dell'art. 6 concernenti l'impiego del corpo nazionale dei vigili del fuoco per gli interventi tecnici urgenti e l'assistenza di primo soccorso alle popolazioni. Secondo la difesa della Regione, "se e quando la legge n. 996 venga interpretata nel senso che il corpo nazionale anzidetto debba essere presente ed operante nel Trentino - Alto Adige", si avrebbe violazione della competenza della Regione in materia di servizi antincendi, prevista dai rammentati artt. 4, n. 8, e 13 dello Statuto, e concretamente esplicata con la legge regionale 20 agosto 1954, n. 24, e successive modificazioni. In questo ordine di idee, sono altresì censurati, genericamente, gli artt. 8 e seguenti della legge statale, contenenti disposizioni organizzative del corpo nazionale vigili del fuoco.

2. - Le questioni non sono fondate.

É evidente, in primo luogo, che il riferimento del ricorso all'art. 5, n. 2, dello Statuto é fuori proposito: la legge impugnata non incide affatto sulle attribuzioni spettanti alla Regione in ordine alle "istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza", le quali sono e rimangono comunque sottoposte - ove esista - alla disciplina legislativa regionale, ed in mancanza alla preesistente legislazione statale, come pure all'esercizio dei poteri dall'una o dall'altra, secondo i casi, legittimamente demandati nei loro confronti all'amministrazione regionale, e potranno e dovranno, nei limiti dei rispettivi scopi istituzionali, concorrere anch'esse all'assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali secondo i piani e programmi predisposti (come prevede, infatti, l'art. 7, sul quale si tornerà in prosieguo).

Ma é altresì da escludere (e già discende, sostanzialmente, da quanto si é premesso al punto 1 in ordine alla sfera di applicazione della legge n. 996 del 1970) che sussista lesione delle competenze della Regione e delle Province nelle materie, rispettivamente, dei servizi antincendi e delle opere di pronto soccorso per calamità pubbliche: sempre che e fino a quando si tratti di eventi che, per la loro localizzazione e minor gravità, si esauriscano nel territorio regionale.

Come questa Corte ha avuto occasione di affermare, pronunciandosi con la sentenza n. 50 del 1968 sopra un conflitto di attribuzione che involgeva questioni in parte analoghe, dette competenze hanno, infatti, carattere settoriale ed oggetti limitati, esplicandosi su piani distinti e diversi da quello della protezione civile, intesa come predisposizione ed attuazione di un complesso globale di interventi e provvidenze di soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi.

I servizi antincendi, in particolare, sono essenzialmente e primariamente rivolti - come risulta dalla stessa loro denominazione - alla prevenzione ed estinzione, appunto, degli incendi, anche se per costante tradizione, si estendono altresì all'apporto "di soccorsi tecnici in genere" in occasione di eventi calamitosi di altra natura, e sempre comunque limitatamente "ai compiti di carattere strettamente urgente", per far posto in un secondo momento agli "organi tecnici competenti" (cosi come testualmente e correttamente dispone l'articolo 27, ultimo comma, della legge reg. 20 agosto 1954, n. 24, in precedenza ricordata, nel testo modificato dalle successive leggi reg. 12 luglio 1961, n. 4, e 22 gennaio 1962, n. 7, invocato nel presente giudizio dalla difesa della Regione).

É certo poi che la legge n. 996 non incide affatto sulla organizzazione dei vigili del fuoco dettata dalla competente legislazione regionale, il rispetto della quale é, oltre tutto, anche formalmente consacrato nel già citato ultimo comma dell'art. 2; ed é altrettanto certo che le previsioni dell'art. 6, concernenti l'impiego del corpo nazionale vigili del fuoco, presuppongono, come d'altronde l'intera legge secondo si é detto all'inizio, il verificarsi di grandi calamità nazionali, cui deve sopperire l'intervento dello Stato e non implicano perciò - fuori di questa ipotesi - alcuna illegittima sovrapposizione di organismi statali ai corpi provinciali esistenti ed operanti nella Regione alla stregua degli ordinamenti da questa stabiliti e alle dipendenze degli organi regionali e provinciali a ciò destinati.

Quanto, infine, alle opere di pronto soccorso per pubbliche calamità, non può non essere qui ribadito quel che la Corte ebbe a ritenere nella menzionata sentenza n. 50 del 1968, vale a dire che la parola "opere" va assunta nel significato tecnico, tradizionalmente proprio della espressione "opere pubbliche" (si tratta, invero, di una sottospecie di opere pubbliche caratterizzate da particolari presupposti e particolari finalità) e che tale significato "non può essere dilatato fino a comprendere tutte le attività occorrenti per far fronte alla calamità".

Le due materie, dunque, dei servizi antincendi e delle opere di pronto soccorso per calamità naturali non sono suscettibili di identificarsi con quella che é ora disciplinata dalla legge n. 996 del 1970, pur potendo, sotto certi aspetti, con quest'ultima interferire.

3. - Ma, anche se così non fosse, resterebbe pur sempre la diversità quantitativa (che, al limite, diventa qualitativa) tra le grandi calamità, che formano oggetto della legge de qua, e le calamità aventi dimensioni locali.

Come la stessa difesa della Regione finisce per riconoscere, in presenza di calamità che abbiano malauguratamente ad assumere più vaste proporzioni, direttamente o indirettamente coinvolgendo la collettività nazionale, l'esigenza di assicurare - nel corso della fase operativa, successivamente, cioè, al verificarsi dell'evento - effettiva unità di indirizzo e di azione non può non prevalere - legittimamente - su ogni altra considerazione, pur se rispettabile. In presenza di catastrofi che commuovono la pubblica opinione, anche internazionale, reclamando la massima concentrazione di energie umane e di mezzi materiali, ivi compresi quelli di cui soltanto lo Stato é in grado di disporre, non vi é più luogo a sottili dosaggi di poteri ed a complicazioni di procedure, che potrebbero ritardare, se non addirittura compromettere, la tempestività e l'efficacia del soccorso, cui tutti devono animosamente cooperare, nell'adempimento di quei "doveri inderogabili di solidarietà... sociale" che l'art. 2 della Costituzione ha solennemente posto a base dell'ordinamento vigente e che non concernono i soli individui, ma incombono del pari sui gruppi organizzati e gli enti di qualsiasi specie.

Non sono perciò meritevoli di censura le disposizioni dell'art. 5, che, mentre includono le Regioni tra i soggetti abilitati a richiedere la dichiarazione di pubblica calamità e prevedono che la nomina del Commissario possa cadere anche su amministratori regionali, non subordinano però la dichiarazione medesima e la nomina del Commissario a previa intesa con la Regione ricorrente.

Né può ravvisarsi violazione dell'autonomia regionale nella norma del quarto comma dello stesso art. 5, a termini della quale il Commissario, nel dirigere i servizi di soccorso, si avvale della collaborazione degli organi regionali (e degli enti locali interessati): giacché i rapporti di dipendenza che, durante l'opera di soccorso, possono costituirsi tra l'organo statale cui ne spetta la responsabilità e gli organi regionali chiamati ad intervenire, oltre ad essere strettamente limitati nel tempo, hanno carattere funzionale e sono comunque largamente giustificati dalle preminenti esigenze unitarie poc'anzi accennate.

Deve soggiungersi che, entro i limiti consentiti da tali esigenze, la stessa legge impugnata ha tenuto conto, specie (ma non soltanto) per quanto concerne la fase preventiva della organizzazione e programmazione degli interventi, della nuova realtà regionale. Così, l'art. 7 stabilisce che in ogni capoluogo di regione sia istituito un Comitato regionale per la protezione civile, presieduto dal Presidente della Giunta o da un suo delegato, con il compito - tra l'altro - di predisporre "programmi intesi a dare... il contributo della Regione e degli enti locali ai soccorsi alle popolazioni colpite e a fornire, in particolare, ogni utile apporto per quanto concerne l'assistenza generica, sanitaria ed ospedaliera e per il rapido ripristino della viabilità, degli acquedotti e delle altre opere pubbliche d'interesse regionale". E più in generale, poi, dal combinato disposto del medesimo art. 7 e del terzo comma dell'art. 3 ai Comitati regionali per la protezione civile risultano conferiti compiti rilevanti di studio e programmazione, "sulla base anche delle indicazioni e delle proposte formulate dalla Regione", in ordine alle misure di prevenzione delle calamità naturali, ai "piani di emergenza per l'attuazione dei provvedimenti immediati da assumersi al verificarsi dell'evento", e alla predisposizione degli interventi governativi da adottare durante e dopo lo stato di emergenza.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondate, in riferimento agli artt. 4, n. 8, 5, n. 2, 11, n. 14, e 13 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (Statuto Regione Trentino - Alto Adige), le questioni di legittimità costituzionale sollevate con il ricorso di cui in epigrafe nei confronti della legge 8 dicembre 1970, n. 996 (Norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità - Protezione civile).  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1971.

Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1971.