Sentenza n. 80 del 1971
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SENTENZA N. 80

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 83, commi sesto e settimo, e 112, comma primo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 21 maggio 1969 dal tribunale di Pistoia nel procedimento civile vertente tra Chiti Luigi e l'INAIL, iscritta al n. 347 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 del 22 ottobre 1969.

Visto l'atto di costituzione dell'INAIL;

udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1971 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito l'avv. Valerio Flamini, per l'INAIL.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con citazione dell'11 gennaio 1968 Luigi Chiti, quale tutore del proprio fratello David dichiarato interdetto per infermità di mente, conveniva in giudizio, davanti al tribunale di Pistoia, l'INAIL.

Premesso che David Chiti in data 31 gennaio 1946 aveva subito un infortunio sul lavoro; che a causa dei postumi residuati gli era stata concessa dall'INAIL la rendita d'invalidità permanente del 35 per cento; che dal 1 aprile 1949, in seguito a revisione, la rendita gli era stata aumentata al 44 per cento; che nel gennaio 1965 aveva avuto un ictus cerebrale con emiparesi; e che a seguito di tale fatto determinato dall'originario infortunio, la sua inabilità era divenuta totale; chiedeva la revisione della rendita nella misura del 100 per cento.

L'INAIL si opponeva alla richiesta dell'attore, esponendo in punto di fatto, tra l'altro, che nel marzo 1954 vi era stata una revisione d'ufficio senza esito, ed eccepiva l'inammissibilità della domanda perché la richiesta di revisione non era stata inoltrata in via amministrativa entro il termine di dieci anni dalla data dell'infortunio, e comunque l'intervenuta prescrizione dell'azione, non avendo il Chiti adito le vie giudiziali entro i tre anni dal marzo 1954.

Nel corso del giudizio l'attore prospettava il contrasto delle norme invocate dall'Istituto (artt. 83 e 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) con l'art. 38 della Costituzione.

Il tribunale, con ordinanza del 21 maggio 1969, riteneva rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 38, comma secondo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 83, commi sesto e settimo, e 112, comma primo, del detto decreto presidenziale n. 1124 del 1965.

L'osservanza del precetto costituzionale non sarebbe realizzata perché i detti termini (d'inammissibilità e di prescrizione) vengono fatti decorrere dalla data dell'infortunio o della costituzione della rendita anziché in caso di uno o più successivi aggravamenti della malattia, dalla data degli aggravamenti stessi e perché con ciò, viene impedito al lavoratore l'esercizio del diritto garantito dalla Costituzione "nel momento stesso in cui questo nasce (per imprevedibili aggravamenti) oltre i termini di cui ai più volte citati artt. 83 e 112".

2. - Davanti a questa Corte si é costituito solo l'INAIL, che, con le deduzioni depositate il 10 novembre 1969 e con la successiva memoria, ha chiesto che fosse dichiarata l'infondatezza della sollevata questione.

Secondo l'INAIL, il tribunale sarebbe incorso in un equivoco quando ha creduto di individuare nell'art. 83, commi sesto e settimo, un'ipotesi di decadenza. La norma "non stabilisce alcuna decadenza, ma vuole solo regolare e disciplinare l'istituto della revisione con termini dilatori". E "neppure il termine finale decennale (4+3+3) per l'esperimento della revisione può essere considerato un termine di decadenza in senso tecnico". "Invero l'art. 83 ha semplicemente fissato, in base a criteri tecnici, un momento al di là del quale le eventuali modificazioni delle condizioni dell'assicurato non sono più ritenute connesse con il danno provocato dall'infortunio". "Più precisamente, la legge ritiene, con presunzione di diritto, che le variazioni nello stato di inabilità permanente verificatesi dopo la scadenza del decennio" "non possono essere più riferibili, con certezza all'infortunio". "Il punto limite é costituito, quindi, dall'aggravamento nel decennio".

Considerato, inoltre, che il legislatore avrebbe potuto prevedere la corresponsione di una indennità in capitale per il risarcimento di postumi permanenti derivanti da infortunio o adottare un sistema di rendita immodificabile e irrivedibile, il fatto che, preferendo il sistema, più favorevole all'assicurato, del risarcimento in rendita e prevedendo la normale rivedibilità della rendita, lo stesso legislatore abbia posto alla revisione il (solo) limite costituito dal compimento del decennio dalla costituzione della rendita, non può condurre a far ritenere incostituzionale la norma denunciata.

Tale termine, del resto, é fissato sulla base dell'esperienza sanitaria secondo cui, in genere, nell'indicato periodo massimo di tempo i postumi dell'infortunio si assestano in senso immodificabile, e quindi su esclusive basi di carattere scientifico. E la presunzione di immodificabilità dei postumi appare collegata ad un periodo di tempo, la cui ampiezza é tale da far fondatamente ritenere che allo scadere del termine almeno nella grande maggioranza dei casi, le conseguenze dell'infortunio si siano definitivamente consolidate, anche per quanto riguarda la misura dell'inabilità.

D'altra parte, fissare un termine di rivedibilità della rendita é necessario per dare, ad un dato momento, certezza al rapporto giuridico previdenziale e per eliminare, tra istituto assicuratore ed assicurato, motivi di contrasto che col passare del tempo divengono sempre più difficilmente eliminabili.

Infine va tenuto presente che "agli infortunati sul lavoro le norme vigenti riservano un trattamento di particolare favore, e che per l'invalidità non derivante da un fatto lavorativo, o che non può essere a tale fatto certamente collegata, provvedono altre forme previdenziali".

Secondo l'INAIL, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 112, comma primo, relativa alla data di inizio della prescrizione del diritto alla revisione, non ha ragione di essere. "Per il diritto alla revisione della rendita, che sorge a seguito dell'aggravamento e solo dalla data di questo, la giurisprudenza ha stabilito che il dies a quo del termine prescrizionale non possa che decorrere dalla data dell'aggravamento", facendo riferimento al principio legislativamente consacrato secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

Stante poi l'esistenza dei termini dilatori di cui agli anzidetti commi sesto e settimo dell'art. 83, la speciale prescrizione - prima annuale, ora triennale - "comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto alla revisione della rendita può essere fatto valere, e cioé dal giorno in cui viene meno la causa ostativa costituita dalla pendenza dei termini dilatori sopraccennati".

3. - All'udienza pubblica del 10 febbraio 1971 l'avvocato Valerio Flamini per l'INAIL ha insistito nelle precedenti ragioni e richieste.

Considerato in diritto 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, del tribunale di Pistoia, si ritiene che siano in contrasto con l'art. 38, comma secondo, della Costituzione la norma dell'art. 83, commi sesto e settimo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), secondo cui il termine di dieci anni per richiedere la revisione della rendita di inabilità permanente decorre dalla data della costituzione della rendita, e la norma dell'art. 112, comma primo, dello stesso d.P.R., secondo cui il termine di prescrizione di tre anni decorre dalla data dell'infortunio.

2. - A proposito della prima questione, é da rilevare, come lo stesso INAIL ammette, che il termine di dieci anni dalla data di costituzione della rendita per inabilità permanente, implicitamente previsto dall'art. 83, commi sesto e settimo, non risulta posto a pena di decadenza, né tanto meno comporta, con l'inutile suo decorso, l'estinzione per prescrizione del diritto alla revisione. Esso ha portata dilatoria, per ciò che quel diritto, in sede di seconda revisione, non può essere esercitato se non dopo la sua scadenza. Ma nel contempo, segna il momento finale del periodo durante il quale l'aggravamento delle condizioni dell'assicurato fa sorgere il diritto alla revisione della rendita.

Dovendosi esaminare la questione sotto il profilo da ultimo indicato, di essa risulta, in modo abbastanza evidente, la non fondatezza.

L'art. 38, comma secondo, della Costituzione, che é immediatamente operante nell'ordinamento giuridico e rilevante, in particolare, ai fini del sindacato di costituzionalità sulle leggi ordinarie, attribuendo valore di principio fondamentale al diritto dei lavoratori a che siano "preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria", impone che in caso di eventi, i quali incidono sfavorevolmente sull'attività lavorativa, siano ai lavoratori assicurate provvidenze atte a garantire la soddisfazione delle loro esigenze di vita (sent. n. 22 del 1969).

Ma codesta disposizione non va intesa in senso letterale e con valore assoluto. É il sistema delle assicurazioni nel suo complesso, infatti, che é chiamato a far fronte e obbedisce alle esigenze garantite dal precetto costituzionale. Per cui questo non appare violato se, come nell'ipotesi prevista dalla norma oggetto della denuncia, in maniera specifica siano poste regole, con cui, nel rispetto degli altri precetti e principi costituzionali, viene condizionata l'insorgenza di dati diritti o di questi é disciplinato l'esercizio.

L'art. 83, commi sesto e settimo, non appare per ciò in contrasto con l'art. 38, comma secondo, della Costituzione.

Non é negato in modo assoluto o irrazionale il diritto alla revisione della rendita; né é reso impossibile o difficoltoso l'esercizio di codesto diritto. C'é solo la previsione, ai fini dell'acquisto di esso da parte dell'infortunato, che le condizioni richieste si verifichino in un dato periodo di tempo. E ciò rientra nei modi legittimi di esercizio della funzione legislativa. La fissazione di quel tempo in dieci anni dalla costituzione della rendita e non in un periodo diverso, non costituisce il risultato di una mera scelta, arbitraria o ingiustificata; oltre che rispondere al bisogno di certezza dei rapporti giuridici, ha riscontro nel dato di rilievo sanitario e statistico, secondo cui, nella grande maggioranza dei casi, entro il decennio dalla costituzione della rendita, le condizioni dell'infortunato si stabilizzano e la misura dell'inabilità raggiunge il più alto livello.

3. - Questa Corte, con sentenza n. 116 del 1969, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 112, comma primo, del d.P.R. n. 1124 del 1965, solo nella parte in cui stabiliva che l'azione diretta a conseguire la rendita per inabilità permanente si prescriveva col decorso del termine di tre anni dalla data della manifestazione della malattia professionale, anche quando la riduzione dell'attitudine al lavoro in misura almeno pari al minimo indennizzabile si fosse prodotta, non entro il termine prescrizionale, ma dopo.

Con l'ordinanza de qua si prospetta ora l'illegittimità della norma, deducendosi che, per il diritto alla revisione della rendita per inabilità permanente, il detto termine prescrizionale decorrerebbe dalla data dell'infortunio o da quella di costituzione della rendita, e non invece, come vorrebbe l'art. 38 della Costituzione, dalla data dell'aggravamento della malattia.

La questione così sollevata, che é per ciò diversa da quella già esaminata e decisa, non é fondata.

L'art. 112, comma primo, fa decorrere il triennio " dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia", riferendosi espressamente all'ipotesi di azione diretta a conseguire le prestazioni assicurative.

Ma considera pure l'ipotesi in relazione alla quale l'attuale questione viene prospettata e cioè quella della prescrizione del diritto alla revisione della rendita permanente a seguito di aggravamento della malattia.

Ora, considerato che, secondo un orientamento giurisprudenziale a cui aderisce anche l'INAIL, e soprattutto dopo la anzidetta dichiarazione di incostituzionalità parziale, la norma sostanzialmente dispone che il ripetuto termine comincia a decorrere dalla data in cui si verifichi il fatto costitutivo del diritto, la Corte é dell'avviso che, derivando il diritto alla revisione della rendita dall'aggravamento della malattia, il relativo termine decorre dalla data in cui (entro dieci anni dalla manifestazione della malattia) si produce tale aggravamento.

Così la giusta interpretazione della norma conduce allo stesso risultato al quale si perverrebbe con la dichiarazione di incostituzionalità richiesta dal tribunale di Pistoia.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 83, commi sesto e settimo, e, nei limiti di cui in motivazione, dell'art. 112, comma primo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevate, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 38, comma secondo, della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 26 aprile 1971.