Sentenza n. 79 del 1971
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SENTENZA N. 79

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 24 aprile 1935, n. 740, istitutiva del Parco nazionale dello Stelvio, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14 luglio 1969 dal pretore di Tirano nel procedimento penale a carico di Vitalini Cesira, iscritta al n. 357 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 del 22 ottobre 1969;

2) ordinanza emessa il 19 febbraio 1970 dal pretore di Silandro nel procedimento penale a carico di Reinstadler Giovanni, iscritta al n. 299 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 dell'11 novembre 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1971 il Giudice relatore Michele Fragali;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Il pretore di Tirano e quello di Silandro hanno proposto questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 legge 24 aprile 1935, n. 740, istitutiva del Parco nazionale dello Stelvio, il primo (ordinanza 14 luglio 1969) in riferimento al terzo comma dell'art. 42 della Costituzione, il secondo (ordinanza 19 febbraio 1970) in riferimento a tutto detto articolo. Il pretore di Silandro ha poi contestato la legittimità costituzionale degli artt. 4, lett. a, e 5, lett. b, d.P.R. 30 giugno 1951, n. 1178, che detta disposizioni di attuazione della predetta legge 24 aprile 1935, n. 740.

A sostegno della illegittimità il pretore di Tirano nota che la norma impugnata svuota di contenuto il diritto di proprietà rendendo inutilizzabile il bene in rapporto alla sua destinazione e aggiunge che determina il venir meno o il decadimento del suo valore di scambio cosicché le limitazioni di cui si tratta espropriano senza indennizzo.

Il pretore di Silandro afferma che le limitazioni previste dalle norme da lui denunciate rendono pressoché impossibile il godimento del bene e che esse non assicurano la funzione sociale della proprietà, ma rendono i beni siti nella zona del Parco nella stessa condizione giuridica delle proprietà espropriate per motivi di interesse generale, senza prevedere un indennizzo compensativo.

2. - Innanzi a questa Corte le parti private non sono comparse; il Presidente del Consiglio dei ministri é intervenuto soltanto nella causa promossa dal pretore di Tirano.

Ha dedotto che, secondo la giurisprudenza della stessa Corte, il principio dell'indennizzo non opera nel caso di imposizione generale ed obiettiva di limiti a determinate categorie di beni identificabili a priori per caratteristiche intrinseche. Nella specie si é in presenza di uno di quei limiti amministrativi della proprietà che importano una serie di doveri negativi di non fare oppure di dovere di fare soltanto col permesso dell'autorità e con le modalità e condizioni da essa prescritte. Le limitazioni portate dalla norma denunciata riguardano tutti i beni compresi nel Parco e si rivolgono alla generalità dei loro proprietari; esse sono determinate da un preminente interesse generale che non contraddice al diritto di proprietà come configurato dal codice civile e dalla Costituzione. Nessuna delle previsioni della norma in esame integra poi una sostanziale ablazione del diritto di proprietà.

3. - All'udienza del 10 febbraio 1971 la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri ha confermato le conclusioni prese con l'atto d'intervento.  

Considerato in diritto 

1. - Le due cause possono decidersi con unica sentenza, avendo per oggetto la questione di legittimità costituzionale di una stessa norma di legge ordinaria (art. 5 legge 24 aprile 1935, n. 740, concernente costituzione del Parco nazionale dello Stelvio) e riferimento ad un medesimo precetto della Costituzione (art. 42 Cost.): il richiamo fatto dal pretore di Silandro al d.P.R. 30 giugno 1951, n. 1178, deve ritenersi informato a criteri di completezza, dato che esso non ha forza di legge.

2. - Non é esatto, come invece sostiene il giudice a quo, che la norma impugnata, non riconoscendo al proprietario il diritto di indennizzo per le limitazioni che essa prescrive, viola l'art. 42 della Costituzione.

Questo articolo non impone indennizzo quando la legge pone restrizioni all'esercizio del diritto di proprietà al fine di assicurarne la funzione sociale; lo impone solo nel caso di espropriazione per pubblico interesse. La ragione della differenza sta nel fatto che é coessenziale alla nozione giuridica di quel diritto il suo adattamento alle esigenze sociali e quindi un suo aspetto di relatività con riguardo alle esigenze stesse; così che l'interesse inerente al dominio privato non abbia a sopraffare l'interesse generale. Coerentemente la Costituzione dà, al diritto di proprietà, confini che lo inseriscono nella realtà sociale e ne armonizzano con questa le applicazioni.

É vero però che la precisazione del contenuto della proprietà nel rapporto con le istanze generali non può essere fatta in modo che essa risulti svuotata del tutto di contenuto: in tal caso non ne viene moderato l'esercizio, ma il diritto viene soppresso e la concessione di un indennizzo non può essere evitata.

3. - La legge denunziata si colloca fra quelle limitatrici del diritto di proprietà, non fra quelle di espropriazione: vuole conservare alla collettività l'ambiente naturale che si é costituito spontaneamente o mediante l'opera dell'uomo in una determinata porzione del territorio statale; vuole proteggere le formazioni geologiche che vi esistono e impedire che abbiano a turbarsi le loro spontanee manifestazioni; vuole dare tutela agli adunamenti di fauna e di flora di particolare rilevanza, alla peculiare bellezza che caratterizza il paesaggio. Questo ambiente racchiude beni che assumono un valore scientifico ed un interesse storico od etnografico, oltre che turistico; ed é chiaro che la conservazione dei medesimi é di interesse fondamentale per il complesso sociale al quale appartengono.

Le proprietà che cadono nel territorio che ha la importanza descritta, ne subiscono l'influenza insopprimibile e non sono perciò di signoria piena. Non perché le zone interessate vengono protette a mezzo di singole leggi deve escludersi che i beni incisi costituiscano una particolare categoria. Le leggi singole rispondono ad una ispirazione comune: delimitano la zona protetta, ne organizzano la protezione, determinano il contenuto dell'interesse pubblico connesso al caso concreto, forniscono gli strumenti giuridici idonei a conciliare l'interesse privato e quello pubblico. Nei limiti in cui regolano soltanto l'esercizio del diritto di proprietà insediate nel singolo complesso, concorrono a formare l'aspetto pubblicistico di quel diritto che ne coglie l'elemento sociale.

Le norme impugnate non contengono limiti di effetto ablativo. Vogliono soltanto che l'esercizio di alcuni poteri dominicali sia assoggettato ad autorizzazione della pubblica amministrazione; e l'autorizzazione deve servire soltanto ad evitare che il diritto si eserciti in modo antisociale. Il fatto che, nella specie, i limiti sono imposti da un atto amministrativo emesso in base a disposizioni regolamentari non tocca la legittimità costituzionale della norma portata all'esame della Corte: questa norma, rinviando all'atto amministrativo la individuazione dei vincoli, ha inteso disporre che si tenga conto delle circostanze del caso singolo, alle quali solo un atto amministrativo concreto può portare riguardo. Se l'atto di autorizzazione é contrario alla legge, l'interessato potrà esperire la tutela giurisdizionale che gli compete.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 24 aprile 1935, n. 740, concernente la costituzione del Parco nazionale dello Stelvio, sollevata dai pretori di Tirano e di Silandro, rispettivamente con le ordinanze 14 luglio 1969 e 19 febbraio 1970, in riferimento all'art. 42 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 26 aprile 1971.