Sentenza n. 38 del 1971
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SENTENZA N. 38

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 15, n. 7, del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1969 dal tribunale di Ancona sul ricorso elettorale di Carboni Sante contro Trifogli Alfredo, iscritta al n. 194 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 152 del 18 giugno 1969.

Visti gli atti di costituzione di Carboni Sante e di Trifogli Alfredo;

udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 1970 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per il Trifogli, e l'avv. Luciano Ventura, per il Carboni.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ordinanza emessa il 7 marzo 1969 sul ricorso elettorale proposto da Carboni Sante avverso la convalida della elezione a consigliere comunale di Trifogli Alfredo, il tribunale di Ancona ha sollevato questione di legittimità costituzionale relativamente alla norma di cui all'art. 15 n. 7 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, (t.u. per le leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), per contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione.

Sotto il profilo della rilevanza, il tribunale chiarisce che il Trifogli, al momento delle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Ancona (17-18 novembre 1968), si trovava ad essere, unitamente ai suoi fratelli, socio di fatto della "Tipografia Trifogli Osvaldo Eredi" che aveva in corso con quel comune sin dal 29 luglio 1964 un rapporto contrattuale per la stampa della "Rivista di Ancona": rapporto della durata di un anno tacitamente prorogabile per uguale periodo di tempo, salvo disdetta di tre mesi prima della sua scadenza. Di qui l'applicabilità, ai fini della decisione sul caso in esame, della norma oggetto di impugnazione che esclude la eleggibilità per "coloro i quali, direttamente o indirettamente, hanno parte in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni ed appalti nell'interesse del comune, o in società ed imprese aventi scopo di lucro, sovvenzionate in qualsiasi modo dal medesimo".

Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo aggiunge che il Trifogli all'epoca della presentazione delle liste dei candidati - ed a fortiori alla data delle elezioni - si trovava nell'impossibilità giuridica di dissociare la sua posizione da quella degli altri coeredi, essendo già scaduto il termine utile per l'intimazione della disdetta. Il dubbio di legittimità costituzionale verte, pertanto, sulla compatibilità della norma anzidetta con i principi costituzionali dell'eguaglianza fra tutti i cittadini, sia generica sia in specifico riferimento al diritto di accedere alle cariche elettive, per il fatto che essa sancisce condizioni di ineleggibilità che non possono essere rimosse dalla volontà del soggetto interessato.

2. - Si sono costituiti nel presente giudizio il ricorrente sig. Carboni Sante e il sig. Trifogli Alfredo, con deduzioni depositate rispettivamente il 1 e il 7 luglio 1969. Il primo contesta, in punto di fatto, che il ricorrente si fosse trovato nella impossibilità di eliminare la sua oggettiva posizione di ineleggibilità e conclude, comunque, in punto di diritto, per la infondatezza della questione. Il secondo afferma preliminarmente che ogni considerazione di fatto deve considerarsi superata dalla impostazione data alla questione di legittimità costituzionale nell'ordinanza di rinvio. Nel merito, rileva che al diritto elettorale passivo del cittadino é apprestata una tutela preferenziale e primaria nei confronti di qualunque altro interesse pubblico che non abbia rilievo costituzionale, con la conseguente illegittimità di una normativa che impedisca l'esercizio di quel diritto, stabilendo condizioni di ineleggibilità che non possano essere rimosse dalla volontà dell'interessato. Di qui il contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione in quanto la norma denunciata stabilisce una identica situazione di ineleggibilità per tutti coloro che versino in rapporti di affari con il comune, senza distinguere le situazioni, tra loro diverse, di coloro che possono e di coloro che invece non possono sciogliersi da tali rapporti.

Nella pubblica udienza i difensori delle parti hanno ribadito le rispettive conclusioni.  

Considerato in diritto 

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Ancona in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione concerne l'art. 15, n. 7, del t.u. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, e cioè in realtà, l'art. 15, n. 7, del t.u.lgs. n. 203 del 1951, con specifico riferimento all'ipotesi in cui le cause di ineleggibilità ivi previste non possano essere rimosse dalla volontà dell'interessato (ipotesi che, con apprezzamento insindacabile in questa sede, l'ordinanza assume ricorrere nella concreta fattispecie).

In termini più generali, ma sempre alla stregua delle medesime norme della Costituzione cui ora si richiama il tribunale di Ancona, analoga questione era stata dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 42 del 1961, poi ribadita da successive ordinanze e non contraddetta - come sostiene invece la difesa di una delle parti - dalla più recente sentenza n. 46 del 1969. In tutte le accennate occasioni, la Corte ha costantemente affermato che né l'art. 3 né l'art. 51 della Costituzione si oppongono a che la legge stabilisca, per categorie generali ed astratte, cause di ineleggibilità a consigliere comunale, rivolte alla tutela di interessi generali che si riconnettono alla duplice esigenza di assicurare la libera e genuina espressione del voto popolare e l'obiettivo ed imparziale esercizio delle funzioni demandate agli amministratori locali. Ché anzi, proprio nella sentenza n. 46 del 1969, al punto quinto della motivazione, la Corte ha ulteriormente precisato che tale possibilità risulta testualmente dall'art. 51, laddove riserva alla legge di determinare i requisiti di volta in volta necessari per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche pubbliche elettive: tra i quali requisiti ben può rientrare quello di non trovarsi in situazioni di oggettiva incompatibilità con la posizione di candidati alle elezioni.

Vero é che quest'ultima sentenza ebbe a dichiarare la illegittimità costituzionale di una normativa che, nell'interpretazione affermatasene in pratica, protraeva la situazione di ineleggibilità oltre quanto ragionevolmente necessario al soddisfacimento dei fini di pubblico interesse testé richiamati, facendone per di più dipendere la cessazione da una estranea volontà, ampliamente discrezionale almeno in ordine al "quando". Ma la situazione di coloro che, prima delle elezioni, abbiano dato le dimissioni dagli uffici incompatibili, astenendosi effettivamente da qualsiasi attività ad essi inerente, é diversa da quella - cui si riferisce il tribunale di Ancona - di chi, per qualsiasi ragione, non sia stato in grado di far cessare in quel momento il rapporto con il comune che la legge configura come causa di ineleggibilità.

In sede di giudizio di costituzionalità della norma che prevede determinate cause di ineleggibilità o di incompatibilità non rileva la maggiore o minore difficoltà, o addirittura la impossibilità legale, di rimuoverle in tempo utile, una volta accertato che queste non sono, di per sé, in contrasto con le norme degli artt. 3 e 51 della Costituzione.

Muovendo da quest'ultima premessa, una diversa conclusione, nell'ordine di idee prospettato dall'ordinanza, sarebbe intrinsecamente contradittoria e fonte di ingiuste sperequazioni tra soggetti che versano nelle identiche condizioni previste dalla norma denunciata. Giacché ineleggibili sarebbero coloro che, pur potendolo legalmente, non avessero tuttavia posto fine al rapporto considerato ostativo; ed eleggibili, invece - malgrado e, paradossalmente anzi, proprio a causa del necessario perdurare del rapporto medesimo - gli altri, cui una siffatta possibilità non era data per la struttura e le peculiari caratteristiche del rapporto che li lega al Comune, alla stregua della disciplina dettatane dal diritto positivo.

Con il che, quella che la legge assume come situazione oggettiva di ineleggibilità verrebbe a trasformarsi, nei confronti dei primi, in una sorta di misura sanzionatoria, che sarebbe, oltre tutto, priva di giustificazione, una volta ammesso che la giuridica impossibilità di una tempestiva cessazione del rapporto non influirebbe sulla eleggibilità dei secondi.

É da soggiungere che, trattandosi di elettorato amministrativo, l'ineleggibilità opera limitatamente a quel solo comune con il quale sussistono le relazioni indicate nell'art. 15, n. 7, piena ed intera restando la capacità elettorale passiva dei soggetti interessati nei confronti di ogni altra amministrazione locale, oltre che, ovviamente, in sede di elezioni politiche.

Deve concludersi pertanto per la infondatezza della questione anche sotto il nuovo profilo risultante dall'impostazione datale nell'ordinanza del tribunale di Ancona.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, n. 7 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, testo unico sulla composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali (art. 15, n. 7, d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203), sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 4 marzo 1971.