Sentenza n. 6 del 1971
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SENTENZA N. 6

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 707, primo comma, e 708, terzo comma, del codice di procedura civile, e dell'art. 570 del codice penale in relazione all'art. 145 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 21 febbraio 1969 dal pretore di Bordighera nel procedimento penale a carico di Pandolfi Francesco, iscritta al n. 208 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 152 del 18 giugno 1969.

Udito nella camera di consiglio del 9 dicembre 1970 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.  

Ritenuto in fatto 

1. - A seguito di querela proposta da Luigina Intonti a carico del proprio marito Francesco Pandolfi per il delitto previsto dall'art. 570 del codice penale e precisamente "per averle fatto mancare i mezzi di sussistenza" ed in particolare per non averle mai versato l'assegno mensile di lire trentamila che il Presidente del tribunale di San Remo le aveva concesso in via provvisoria in sede di giudizio di separazione personale per colpa ed in attesa della sentenza definitiva, il pretore di Bordighera emetteva decreto di citazione a giudizio a carico del Pandolfi imputato "del reato p. e p. dall'art. 570, c.p., per essersi, serbando una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie, sottratto agli obblighi di assistenza inerenti alla sua qualità di coniuge" della querelante.

Nel dibattimento, mentre il P.M. concludeva chiedendo la condanna dell'imputato, la difesa di questo domandava la sospensione del procedimento per l'illegittimità costituzionale dell'art. 708, terzo comma, del codice di procedura civile in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, ed in subordine l'assoluzione dell'imputato.

2. - Il pretore, con ordinanza del 21 febbraio 1969, riteneva che la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale non apparisse manifestamente infondata: l'art. 707, primo comma, del codice di procedura civile, prevedendo che nel procedimento di separazione personale i coniugi davanti al Presidente debbano comparire personalmente senza assistenza di difensore, violerebbe il disposto dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto che in quella sede sono individuabili due fasi e la seconda (durante la quale possono essere emessi provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole) é di carattere squisitamente giurisdizionale e costituisce una fase senza dubbio importante del procedimento di separazione.

Riteneva altresì il pretore, e d'ufficio, che l'art. 570 del codice penale, in relazione all'art. 145 del codice civile, fosse in contrasto con l'art. 29 della Costituzione. E ciò perché l'art. 145 del codice civile tratta differentemente il marito e la moglie in ordine all'obbligo di mantenimento e siffatto trattamento sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza morale e giuridica tra i coniugi sancito dall'art. 29 della Costituzione. Da codesta disparità poi deriverebbe, in relazione all'art. 570 del codice penale, la responsabilità penale del solo marito.

Riteneva infine il pretore che la decisione delle questioni così sollevate influisse nel processo in corso, posto che l'imputato era stato tratto a giudizio per non aver versato alla moglie la somma fissata dal Presidente del tribunale a norma dell'articolo 708, terzo comma, del codice di procedura civile e posta la generica incostituzionalità dell'art. 145 del codice civile.

3. - Nessuna delle parti si é costituita davanti a questa Corte né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

E pertanto il procedimento ha seguito le forme previste dall'art. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87.  

Considerato in diritto 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe il pretore di Bordighera denuncia, per violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione la norma per la quale nel procedimento di separazione personale dei coniugi il Presidente del tribunale può dare con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole (art. 708, terzo comma, del codice di procedura civile) e nonostante che i coniugi debbano comparire davanti a lui senza assistenza di difensore (art. 707, primo comma, dello stesso codice).

La questione, così prospettata, appare alla Corte priva di rilevanza.

Non é consentito infatti di ritenere, come fa il giudice a quo, che la decisione di essa potesse e possa influire nel processo penale nel corso del quale si é avuta l'ordinanza di rimessione, "posto che l'imputato é stato tratto a giudizio per non avere versato alla moglie la somma fissata dal Presidente del tribunale a norma dell'art. 708, terzo comma, c.p.c.".

Codesta valutazione della rilevanza risulta chiaramente viziata e nell'impostazione e nel procedimento.

Il pretore, chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità ex art. 570 del codice penale di un marito che non aveva corrisposto alla moglie l'assegno temporaneo concessole dal Presidente del tribunale a sensi del citato art. 708, terzo comma, non avrebbe potuto, in funzione dell'accertamento del reato, sindacare la validità e l'esecutività dell'ordinanza presidenziale e tanto meno revocarla o modificarla, dato che avrebbe dovuto assumere codesta ordinanza come puro e semplice elemento di fatto e quindi non operare alcuna indagine circa la legittimità costituzionale delle norme già applicate per la sua emissione.

Della norma emergente dagli artt. 708, terzo comma, e 707, primo comma, é infatti prevista l'applicazione da parte del Presidente del tribunale; e quindi a questo, essendo la sua competenza di natura giurisdizionale, e sempre che ritenga non soddisfatte le garanzie dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, spetta di sollevare la relativa questione.

E per ciò la Corte (che alla conclusione ora indicata é pervenuta anche in precedente occasione, con sentenza n. 70 del 1970) non può non constatare l'evidente difetto di rilevanza per la questione come sopra sollevata e dichiararne, conseguentemente e per tale ragione, l'inammissibilità.

2. - Il pretore di Bordighera ha ritenuto inoltre che si potesse dubitare circa la legittimità costituzionale dell'art. 570 del codice penale in relazione all'art. 145 del codice civile, sotto il profilo che, disponendo quest'ultima norma che il marito ha un obbligo assoluto di provvedere al mantenimento della moglie e che la moglie, invece, ha soltanto l'obbligo di contribuire al mantenimento del marito, se questi non ha mezzi sufficienti, solo il marito - sotto il profilo della violazione degli obblighi di assistenza economico-finanziaria - potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto p. e p. dall'art. 570. E che per ciò si avrebbe una evidente ed ingiustificata disparità di trattamento tra i coniugi a cagione della differente condizione personale che violerebbe l'art. 29 della Costituzione.

La questione così posta deve dirsi infondata.

A parte il fatto che é difficile vedere come da quella premessa, e cioè dall'essere entrambi i coniugi reciprocamente tenuti, sia pure a condizioni differenti, al mantenimento, si potesse pervenire alla indicata conclusione, é preclusiva di ogni discorso circa l'opinione espressa dal giudice a quo, la circostanza che con sentenza n. 133 del 1970 di questa Corte, é stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 145 del codice civile e che conseguentemente ogni coniuge é obbligato a mantenere l'altro coniuge solo se questi non ha mezzi sufficienti.

Risulta per ciò mancante la ragione che il pretore ha richiamato a fondamento della sua denuncia.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 707, primo comma, e 708, terzo comma, del codice di procedura civile, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, proposta con l'ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara non fondata la questione (sollevata con la stessa ordinanza) di legittimità costituzionale dell'art. 570 del codice penale in relazione all'art. 145 del codice civile, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1971.