Sentenza n. 3 del 1971
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 3

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 76, primo comma, del D.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 26 febbraio 1969 dal tribunale di Vicenza nel procedimento penale a carico di Bracesco Terenzio ed altri, iscritta al n. 156 dei registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 128 del 21 maggio 1969;

2) ordinanza emessa il 16 aprile 1969 dal tribunale di Trani nel procedimento penale a carico di Chieppa Nicola ed altri, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell'11 giugno 1969;

3) ordinanza emessa il 14 novembre 1969 dal tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di Berti Walfredo, iscritta al n. 445 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 del 7 gennaio 1970;

4) ordinanza emessa il 13 giugno 1969 dal tribunale di Alba nel procedimento penale a carico di Pena Franco, iscritta al n. 121 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 113 del 6 maggio 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 1970 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con le ordinanze in epigrafe dei tribunali di Vicenza, Trani, Alba e Firenze è stata proposta questione di legittimità costituzionale dell'art. 76, primo comma, del D.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti), in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

Nelle ordinanze si deduce che l'art. 76, primo comma, del citato decreto presidenziale - che è una legge delegata - per avere, nelle operazioni di vinificazione o di manipolazione dei vini, vietato e penalmente sanzionato l'impiego di zuccheri o materie zuccherine non provenienti dall'uva, non si sarebbe conformato ai principi e ai criteri direttivi della legge delegante 9 ottobre 1964, n. 991, la quale, nell'art. 2, disponeva che il decreto avrebbe dovuto tener conto della disciplina legislativa degli Stati aderenti alla CEE e delle norme riguardanti l'attuazione della politica agricola comune. Proibendo il c.d. zuccheraggio, il decreto non avrebbe tenuto conto della disciplina vigente nei detti Stati e di quella comunitaria, perché in esse l'impiego dello zucchero e delle materie zuccherine sarebbe invece consentito.

Inoltre, nel n. 2 dello stesso comma della legge delegante, si disponeva che il decreto avrebbe dovuto indicare, in materia di preparazione e conservazione dei mosti, vini e aceti, le aggiunte e i trattamenti consentiti e fissare le modalità degli altri trattamenti ed aggiunte che potranno di volta in volta essere consentite; il che, secondo le ordinanze, il decreto avrebbe omesso di fare.

Nel giudizio promosso con l'ordinanza del tribunale di Vicenza si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale, con atto di intervento del 9 giugno 1969, ha chiesto che venga dichiarata inammissibile o comunque infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale.

Preliminarmente l'Avvocatura rileva che il giudice a quo non fornisce alcun elemento circa la rilevanza della questione ai fini della decisione del procedimento penale, omettendo, tra l'altro, anche la indicazione del capo di imputazione.

Nel merito l'Avvocatura contesta sotto diversi profili che la norma impugnata esorbiti dai limiti della legge delegante: innanzi tutto, si osserva, essa non vieta in modo assoluto il c.d. zuccheraggio, ma si limita soltanto a proibire l'uso indiscriminato di zuccheri e materie zuccherine; in secondo luogo, il Governo non era tenuto a seguire pedissequamente la disciplina legislativa in vigore negli Stati aderenti alla CEE, perché la norma denunciata non pone un obbligo tassativo, ma segna soltanto un indirizzo; infine, secondo l'Avvocatura, il tribunale di Vicenza dà per certo, senza, per altro, fornire più precise indicazioni sulle fonti normative degli Stati aderenti alla CEE, che in questi sia consentito il c.d. zuccheraggio con materie diverse da quelle di cui all'art. 76 del D.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162.

Considerato in diritto

Poiché le cause hanno per oggetto le medesime questioni, esse possono essere riunite e decise con unica sentenza.

Va preliminarmente disattesa la richiesta dell'Avvocatura sulla inammissibilità delle proposte questioni di costituzionalità per insufficienza del giudizio sulla rilevanza.

Invero non può non ritenersi sufficiente, per esprimere quel giudizio, l'affermazione contenuta in ciascuna delle ordinanze, e secondo la quale "il giudizio in corso non può essere definito indipendentemente dalla decisione dell'eccezione (di costituzionalità) perché detta questione involge la sussistenza del reato addebitato agli imputati". Né la mancata indicazione della norma penale che quel reato configura, facilmente rilevabile dagli atti in quella stessa norma che forma oggetto della sollevata eccezione di costituzionalità, inficia il giudizio in tal modo espresso sulla rilevanza di essa.

La legge 6 ottobre 1964, n. 991, delegava il Governo ad emanare norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti e all'art. 2 stabiliva che, nell'emanare il decreto, si sarebbe dovuto "tener conto" della disciplina legislativa della materia negli Stati aderenti alla Comunità economica europea e delle norme riguardanti l'attuazione della politica agricola comune.

Quanto alla legislazione degli Stati appartenenti alla CEE, l'obbligo di tener conto di tale legislazione non poteva certo significare, così come nelle ordinanze si sostiene, che le emanande disposizioni dovevano recepire in tutto, o anche soltanto in parte, la normativa in essa contenuta, ma faceva soltanto carico al Governo di averla presente nel formulare quelle disposizioni, al più per prendere da essa ispirazione in quelle parti che sembravano attagliarsi alle necessità di regolamentazione della produzione vinicola nazionale.

Pertanto, se è vero che il decreto, allorché ha sancito e sanzionato il divieto del c.d. zuccheraggio, non si è uniformato su tale punto - che era poi uno soltanto di quelli da regolare - alla legislazione di quegli Stati, che in casi determinati lo consente, ciò non contraddice alla legge delegante che, come si è visto, null'altro prescriveva se non che di quella legislazione fosse tenuto conto, e cioè che se ne avesse notizia e conoscenza ai fini delle decisioni da assumere in merito alla emanazione della legge delegata.

Quanto alla legislazione comunitaria vera e propria, e cioè degli organi della Comunità economica europea, cui pure nell'art. 2 della legge delegante si fa riferimento, il discorso potrebbe essere diverso, o almeno più complesso, stante l'obbligatorietà dei relativi regolamenti in tutti gli Stati membri (art. 161, comma secondo del Trattato di Roma, reso esecutivo con la legge 14 ottobre 1957, n. 1203). Ma tale discorso non può essere, nel caso, proseguito perché, alla data della legge delegante come di quella delegata, mancavano norme comunitarie di riferimento, in quanto non erano ancora stati emanati i due regolamenti CEE 28 aprile 1970, n. 816 e 817 che hanno regolato, sul piano tecnico, la materia di una disciplina comune del mercato vitivinicolo, sulla base di un anteriore regolamento del 4 aprile 1962, che conteneva però soltanto norme di carattere organizzativo.

Peraltro, in tali regolamenti del 1970, benché lo zuccheraggio sia, in casi determinati, consentito, si dispone che esso può effettuarsi soltanto "nelle regioni viticole in cui sia tradizionalmente o eccezionalmente praticato, conformemente alla legislazione esistente alla data di entrata in vigore" del regolamento CEE n. 816 che tale disposizione contiene all'articolo 19, n. 3.

Il decreto quindi non solo non contrasta, né lo poteva, con le norme comunitarie in materia, perché queste, alla data della sua pubblicazione, non erano state ancora emanate, ma non contrasta nemmeno con quelle emanate successivamente, perché queste rispettano, sul punto, le normative anteriori dei singoli Stati membri della Comunità.

Alla stregua delle suesposte considerazioni deve perciò concludersi che sono infondate le censure contenute nelle ordinanze in epigrafe, perché la legge delegata non ha sul punto disatteso i criteri della legge delegante e l'art. 76 della Costituzione non risulta pertanto violato.

Parimenti infondata è l'altra censura relativa a un preteso contrasto tra l'art. 76 del decreto e l'art. 2 della legge di delega.

Si sostiene ai riguardo nelle ordinanze che, mentre quest'ultima disposizione stabiliva che il decreto avrebbe dovuto indicare "le aggiunte e i trattamenti consentiti e quelli che potranno essere di volta in volta consentiti" nel corso della produzione e conservazione dei vini, il decreto nulla avrebbe disposto, quanto meno in ordine ai trattamenti eventualmente da consentirsi in via eccezionale.

Ma un tale assunto è chiaramente resistito dal testo stesso della normativa contenuta nel decreto. Dispone infatti in proposito l'art. 5 n. 2 del decreto che il Ministro per l'agricoltura e foreste, di concerto con quelli per l'industria e il commercio e per la sanità, è autorizzato a consentire tutti gli altri trattamenti ed aggiunte di volta in volta riconosciuti rispondenti a criteri di razionale tecnica enologica ed a procedere "in relazione a nuove acquisizioni tecnico-scientifiche ed igienico - sanitarie, all'aggiornamento dei trattamenti e delle aggiunte previste" nello stesso articolo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 76, comma primo, del D.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti) proposte con le ordinanze in epigrafe dei tribunali di Vicenza, Trani, Alba e Firenze, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1971.