Sentenza n. 140 del 1970
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SENTENZA N. 140

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 19 novembre 1969, depositato in cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 1969, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia 8 settembre 1969, n. 98, che approva il regolamento per l'esecuzione della legge regionale 24 luglio 1969, n. 17, relativa all'esercizio dell'uccellagione nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia.

Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1970 il Giudice relatore Giuseppe Chiarelli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avvocato Gaspare Pacia, per la Regione.  

Ritenuto in fatto 

Il Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, con decreto 8 settembre 1969, n. 98, emanava il Regolamento per l'esecuzione della legge regionale 24 luglio 1969, n. 17, relativa all'esercizio dell'uccellagione nel territorio della Regione.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione con ricorso ritualmente notificato e depositato il 25 novembre 1969. In esso si sostiene che il detto decreto ha esorbitato dai limiti della competenza regionale e ha invaso quella dello Stato, in quanto avrebbe violato la riserva di legge penale a favore di quest'ultimo, con l'abolire ipotesi di reato previste dalla legislazione statale e col depenalizzare ipotesi di condotta da questa ritenute perseguibili penalmente, in violazione degli artt. 25, secondo comma, della Costituzione e 4, n. 3, dello statuto speciale.

Nel ricorso si precisa che non si contesta la legittimità formale del regolamento impugnato, ma si denuncia la illegittimità del suo contenuto. E poiché tale contenuto é conforme alla legge regionale 24 luglio 1969, n. 17, si profila l'opportunità che nel presente giudizio sia sollevato dalla stessa Corte un incidente di legittimità costituzionale di detta legge.

É intervenuto il Presidente della Giunta regionale, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, con deduzioni depositate il 6 dicembre 1969. In esse si eccepisce l'inammissibilità del ricorso, sostanzialmente rivolto contro la legge regionale n. 17 del 1969. Poiché il Consiglio dei ministri non ritenne a suo tempo di promuovere la questione di legittimità costituzionale in via principale, non é ammissibile - si sostiene dalla difesa della Regione - un gravame rivolto al medesimo scopo, con elusione della norma dell'art. 29 dello statuto sul punto della legittimazione ad agire (Presidente del Consiglio in luogo del Consiglio dei ministri) e sul punto del termine perentorio ivi stabilito.

Nel merito si osserva che il principio della riserva di legge in materia penale non esclude una limitata competenza della Regione nelle materie in cui la disciplina legislativa ha un necessario contenuto di precetti e divieti e di disposizioni penali, come quella sulla caccia.

Nella memoria depositata il 24 marzo 1970, la difesa del Presidente del Consiglio ha controdedotto, sull'eccezione di inammissibilità del ricorso, che nel presente giudizio per conflitto di attribuzione non esiste una preclusione a sollevare l'incidente di legittimità costituzionale della legge regionale, di cui l'atto impugnato costituisce il regolamento di esecuzione, data l'autonomia di tale atto rispetto alla legge che formerebbe oggetto del giudizio incidentale di legittimità costituzionale.

Nel merito, la medesima memoria e quella depositata dalla difesa della Regione il 26 marzo 1970 hanno ribadito le tesi delle due parti, che sono state successivamente svolte nella discussione orale.  

Considerato in diritto 

1. - Col ricorso del Presidente del Consiglio é stato sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Friuli - Venezia Giulia, in relazione al decreto del Presidente della Giunta regionale 8 settembre 1969, n. 98, che approvava il Regolamento per l'esecuzione della legge regionale sulla uccellagione 24 luglio 1969, n. 17. Col ricorso si chiede altresì che la Corte rimetta previamente davanti a se stessa, in via incidentale e ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale della detta legge regionale. Secondo l'assunto del ricorrente, la legge e il regolamento contrasterebbero con gli artt. 4, n. 3, dello statuto speciale, e 25, comma secondo, della Costituzione, in quanto avrebbero sovrapposto, anche in materia penale, la normativa regionale a quella generale e non derogabile dello Stato.

2. - Si presenta come preliminare l'indagine sull'ammissibilità del ricorso, negata dalla difesa della Regione.

In proposito va osservato che nel ricorso si riconosce la "natura meramente esecutiva ed applicativa del regolamento impugnato, che ripete il contenuto sostanziale delle sue disposizioni proprio dalla legge regionale". Tale affermazione trova conferma nel confronto dei due testi, e in particolare delle disposizioni che si assume contrastino con norme costituzionali.

Infatti l'art. 1 del regolamento trova rispondenza nell'art. 2 della legge, il quale consentiva l'uccellagione con i mezzi ivi indicati, e rinviava al regolamento stabilire le modalità d'impiego dei detti mezzi: ciò che il regolamento ha fatto, limitando e non estendendo l'esercizio dell'uccellagione, ammesso dalla legge. L'art. 2 del regolamento precisa i compiti del Comitato provinciale della caccia nell'esercizio della facoltà di autorizzare deroghe, ad esso attribuita dall'art. 6 della legge, e pone le cautele da questo previste ad evitare abusi. Gli artt. 9, 10 e 11 del regolamento riguardano l'applicazione delle sanzioni stabilite dall'art. 14 della legge, regolandone (artt. 10 e 11) il procedimento di irrogazione e prevedendo i mezzi di difesa dell'interessato. Egualmente all'esecuzione della legge attengono tutte le altre norme del regolamento.

Esattamente pertanto si afferma nel ricorso che il regolamento de quo collima con la legge regionale, e si precisa che, rispetto ad esso, "non si contesta la legittimità del potere regolamentare quanto alla sua fonte e alla sua forma, ma quanto al suo contenuto", soggiungendo che, corrispondendo tale contenuto alla precettiva sostanziale della legge, "é questa che si pone in contrasto con le norme dello statuto e della Costituzione".

Se non che da queste stesse affermazioni risulta che l'atto impugnato non presenta quel carattere di provvedimento autonomo, che condiziona la proponibilità del ricorso per conflitto di attribuzione.

Secondo quanto la Corte ha avuto ripetute occasioni di rilevare, perché possa configurarsi tale conflitto occorre vi sia stata una manifestazione concreta e autonoma di un potere di cui si contesta l'appartenenza (sent. n. 12 del 1957; n. 164 del 1963), e si é ulteriormente precisato che si richiede ricorra l'ipotesi dell'illegittimo esercizio di un potere altrui, da cui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate ad altro soggetto (sent. n. 110 del 1970).

Vengono invece a mancare i termini del conflitto se l'atto impugnato é meramente strumentale o esecutivo di altro atto, e non viene contestata la competenza a emanare l'atto esecutivo, giacché in tal caso il giudizio sul conflitto così proposto sarebbe inidoneo a ristabilire l'ordine delle competenze, secondo la destinazione propria del giudizio costituzionale per conflitto di attribuzione (v. sent. n. 32 del 1958 e n. 63 del 1965).

Nel caso presente non si nega dal ricorrente la competenza della Regione a emanare il regolamento esecutivo di una legge della stessa regione in materia di caccia e pesca, di sua competenza, né si deducono vizi intrinseci dell'atto impugnato; ma sostanzialmente e dichiaratamente si afferma che l'illegittimo esercizio di un potere dello Stato si é concretato nella legge che ha preceduto il regolamento. In tal modo l'oggetto del giudizio si sposta dal regolamento alla legge e alla sua legittimità costituzionale, e si palesa pertanto improponibile il ricorso per conflitto di attribuzione.

3. - La mancanza di una questione sulla competenza, riferibile all'atto impugnato come atto autonomo, esclude altresì la possibilità della introduzione nel presente giudizio di un giudizio incidentale di legittimità costituzionale.

Non vi é dubbio che la Corte possa sollevare davanti a se stessa, in un giudizio per conflitto di attribuzione, un incidente di costituzionalità di una legge sulla quale si basi l'atto impugnato (v. ord. n. 22 del 1960; n. 57 del 1961; n. 73 del 1965). Ma occorre che si sia in presenza di un conflitto di attribuzione validamente proposto; occorre cioé che la questione relativa alla competenza a emanare l'atto impugnato sia autonoma e distinta dalla questione di legittimità costituzionale della legge, anche se dalla pronuncia su quest'ultima può discendere come conseguenza la pronuncia sulla prima (art. 27 legge 11 marzo 1953, n. 87). Tali sono i casi (come quelli precedentemente sottoposti alla Corte) in cui col ricorso per conflitto si deduce che l'atto impugnato esorbita dalla competenza del soggetto che lo ha emesso e subordinatamente si prospetta l'ipotesi che, ove l'atto sia stato emesso nell'esercizio di un potere attribuito da una legge, questa sia costituzionalmente illegittima. In questi casi la Corte é chiamata a decidere, in via principale, sulla questione di competenza, eventualmente risolubile indipendentemente dall'altra questione di legittimità costituzionale della legge, e in via incidentale, ove ne ricorrano gli estremi, su quest'ultima, nella quale ipotesi vi sarà rapporto di conseguenzialità tra le due pronunce.

Nel caso in esame, la legge regionale non é attributiva di competenze, e nell'emanazione del regolamento la Regione non ha fatto uso di un potere da essa derivante. Secondo l'assunto del ricorrente, come si é già rilevato, l'asserito esercizio di un potere statale si é concretato non nel regolamento, ma nella legge, così che la domanda di risoluzione del conflitto di competenza si identifica con la domanda di pronuncia sulla legittimità costituzionale della legge ed é da essa assorbita. Sostanzialmente, col ricorso si solleva non un conflitto di attribuzione, ma una questione di legittimità costituzionale di una legge a suo tempo non impugnata.

Ma, com'é noto, l'impugnativa in via principale delle leggi della Regione da parte dello Stato (o dello Stato o di altra Regione da parte della Regione) é sottoposta dall'ordinamento dei giudizi costituzionali a termini perentori.

La ragione della inderogabilità di tali termini sta nella esigenza che il tempestivo intervento dei soggetti legittimati a proporre l'impugnativa eviti l'indefinito protrarsi di una situazione di incertezza sulla legittimità costituzionale delle leggi.

É vero che il ricorso incidentale da parte di terzi può sempre portare alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge; ma se ciò é ammesso a garanzia dei destinatari delle leggi, a garanzia, nei loro stessi confronti, della certezza del diritto si richiede che Stato e Regione intervengano in termini tassativamente fissati a promuovere direttamente il giudizio di legittimità costituzionale.

Tale garanzia verrebbe meno se, con la possibilità di sollevare conflitti di attribuzione per atti meramente esecutivi o applicativi, restasse aperta indefinitamente nel tempo la possibilità della impugnativa delle leggi da parte di soggetti che hanno omesso di proporla in via diretta, nei termini stabiliti dalle norme che regolano l'azione dei soggetti e degli organi costituzionali al fine di assicurare il rispetto della Costituzione e l'unità dell'ordinamento giuridico positivo.

Le esposte considerazioni impediscono di scendere al merito della questione di legittimità costituzionale della legge regionale 24 luglio 1969, n. 17, che potrà sempre formare oggetto di impugnativa, in via incidentale, in eventuali giudizi davanti alla Autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri con atto del 25 novembre 1969 contro la Regione Friuli-Venezia Giulia per la risoluzione del conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente della Giunta regionale 8 settembre 1969, n. 98, che approva il regolamento per l'esecuzione della legge regionale 24 luglio 1969, n. 17, relativa all'esercizio dell'uccellagione nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1970.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1970.