Sentenza n. 82 del 1970

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SENTENZA N. 82

 

ANNO 1970

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori: Giudici

 

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

 

Prof. Michele FRAGALI

 

Prof. Costantino MORTATI

 

Prof. Giuseppe CHIARELLI

 

Dott. Giuseppe VERZI'

 

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

 

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

 

Dott. Luigi OGGIONI

 

Dott. Angelo DE MARCO

 

Avv. Ercole ROCCHETTI

 

Prof. Enzo CAPALOZZA

 

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

 

Prof. Vezio CRISAFULLI

 

Dott. Nicola REALE

 

Prof. Paolo ROSSI

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nei giudizi riuniti promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 19 novembre 1969 ed il 9 febbraio 1970, depositati in cancelleria il 25 novembre 1969 ed il 24 febbraio 1970 ed iscritti al n. 12 del registro ricorsi 1969 e ai nn. 2, 3 e 4 del registro ricorsi 1970, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dei decreti dell'assessore all'industria e commercio della regione Friuli-Venezia Giulia 9 settembre 1969, nn. 417, 418, 419 e 420, con i quali sono state costituite le commissioni per la formazione e la tenuta del ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio delle provincie di Pordenone, Udine, Gorizia e Trieste.

 

Visti gli atti di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

 

udito nell'udienza pubblica del 22 aprile 1970 il Giudice relatore Nicola Reale;

 

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avvocato Gaspare Pacia, per la Regione.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

Con quattro decreti, emanati il 9 settembre 1969, l'assessore per l'industria e il commercio della Regione del Friuli-Venezia Giulia provvedeva alla composizione delle commissioni per la formazione e tenuta dei ruoli degli agenti e rappresentanti di commercio presso le camere di commercio delle provincie di Pordenone (decreto n. 417), Udine (decreto n. 418), Gorizia (decreto n. 419) e Trieste (decreto n. 420), in applicazione - come si legge nel preambolo dei detti decreti - dell'art. 4 della legge statale 12 marzo 1968, n. 316 (concernente la disciplina della professione degli agenti e rappresentanti di commercio), del decreto 12 aprile 1969 del Ministro per l'industria e il commercio (recante norme per l'esecuzione della legge stessa), nonché in riferimento alle disposizioni dello statuto speciale ed all'art. 8 delle relative norme di attuazione, emanate con D.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116.

 

Contro tali decreti il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzioni, chiedendo dichiararsi la competenza degli organi statali a nominare i componenti delle commissioni predette e annullarsi i decreti assessoriali medesimi.

 

Nei quattro ricorsi, di analogo contenuto, e con successiva memoria, l'Avvocatura ha dedotto che nella materia dell'industria e commercio, demandata alla regione dall'art. 4, n. 6 (per quanto concerne la potestà legislativa) e dall'art. 8 dello statuto, (relativamente alle funzioni amministrative) non può essere compresa l'attuazione della citata legge statale n. 316 del 1968, la quale concerne principalmente la disciplina della professione degli agenti e rappresentanti di commercio.

 

L'attribuzione alle camere di commercio di compiti inerenti alla tenuta ed aggiornamento del detto ruolo non implica, per se stessa, ha precisato l'Avvocatura, che la competenza della regione relativamente ai detti enti, si estenda sino a comprendere la costituzione degli speciali organi camerali che al ruolo stesso sono preposti.

 

Se tale attribuzione ubbidisce, infatti, nel sistema della legge dello Stato, ad un criterio di funzionalità determinato in relazione alla provincia di residenza degli interessati (ma non di nascita; la iscrizione é consentita, invero, anche ai cittadini degli Stati membri della Comunità economica europea ed agli stranieri), non comporta, però, in ossequio al principio di cui all'art. 120, terzo comma, della Costituzione, limitazioni territoriali all'esercizio dell'attività degli agenti e rappresentanti di commercio fuori dell'ambito della provincia di iscrizione.

 

Si tratterebbe, peraltro, di funzioni attinenti "ad albi regolati da apposite disposizioni", che a norma dell'art. 32 del R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, non potevano essere comprese fra le competenze ordinarie delle camere di commercio.

 

D'altra parte, in analogia con il caso deciso da questa Corte con la sentenza n. 153 del 1967, l'Avvocatura pone in rilievo che nella specie, consentendosi la iscrizione nei ruoli anche agli stranieri, in particolare ai cittadini dei Paesi del M.E.C., la disciplina della materia dimostra palesemente di incidere su interessi eccedenti la sfera regionale, oggetto del Trattato di Roma sulla Comunità economica europea, che é inteso a regolare, fra l'altro, nell'area della Comunità stessa, la libera circolazione dei prodotti e delle attività professionali.

 

La Regione Friuli-Venezia Giulia, costituitasi nei giudizi, ha sostenuto con atto di deduzioni, seguito da memoria, che la legittimazione dell'assessore regionale per l'industria e commercio a provvedere alla costituzione delle commissioni per la tenuta del ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio deriva dalla competenza statutaria in materia di ordinamento delle camere di commercio.

 

Ai sensi del citato art. 32 del R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, spetterebbe ai detti enti di curare la formazione e la conservazione dei ruoli professionali di varie categorie di operatori commerciali (stimatori e pesatori pubblici, periti ed esperti, mediatori, agenti marittimi raccomandatari), e fra tali compiti istituzionali sarebbe da comprendere altresì il servizio relativo al ruolo in questione, per il quale é istituita la speciale commissione presieduta dal presidente della stessa camera di commercio.

 

La circostanza, poi, obietta la difesa della regione, che alla commissione predetta siano demandate attribuzioni inerenti alla disciplina dello status professionale degli agenti e rappresentanti, non compresi nella potestà regionale, non ha rilievo, dovendosi ritenere assorbente la competenza organizzatoria riservata all'autonomia locale.

 

La Regione contesta, d'altra parte, che l'iscrizione nel ruolo di cui alla legge n. 316 del 1968 valga per tutto il territorio nazionale e, in merito ai riflessi di carattere politico - internazionale derivanti dalla iscrivibilità nei ruoli di operatori economici stranieri, obietta che il limite, statutariamente stabilito, di rispettare gli obblighi internazionali dello Stato, al pari dell'osservanza della Costituzione, dei principi generali dello Stato, delle norme fondamentali delle riforme economico - sociali, non determina l'esclusione della competenza regionale nelle materie ad essa riservate, giacché, se così fosse, ne rimarrebbe svuotata di contenuto la stessa autonomia costituzionalmente garantita.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

1. - I quattro ricorsi, di analogo contenuto, vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

 

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha rivendicato allo Stato la competenza a provvedere, ai sensi della legge 12 marzo 1968, n. 316, alla nomina dei componenti le commissioni per la formazione e tenuta dei ruoli degli agenti e rappresentanti di commercio; ruoli istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura delle quattro province (Trieste, Udine, Gorizia e Pordenone) della Regione Friuli-Venezia Giulia. Ed ha concluso perché questa Corte annulli i quattro decreti in data 9 settembre 1969, con i quali l'assessore per l'industria e commercio della Regione ha nominato le commissioni nelle province suddette, così esercitando i poteri che l'art. 4 della legge sopra citata attribuisce ai prefetti.

 

L'Avvocatura generale ha contestato che, ai sensi degli artt. 4 n. 6 e 8 dello statuto speciale (i quali sottopongono rispettivamente alla potestà legislativa primaria ed alla correlativa potestà amministrativa regionale la materia dell'industria e commercio), nonché ai sensi degli artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione dello statuto speciale (D.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116), possa ritenersi demandata alla Regione, come invece é da questa sostenuto, la composizione delle commissioni in questione. Ciò ancorché dalla legge statale, che le ha istituite, siano disciplinate quali organi speciali delle camere di commercio, enti pubblici locali che sono soggetti alla competenza regionale, ma solo nei limiti fissati dalle norme statutarie e di attuazione.

 

I ricorsi sono fondati.

 

3. - La legge 12 marzo 1968, n. 316, la cui applicazione, per quanto attiene alle commissioni predette, dà luogo al presente conflitto di attribuzioni, é volta a stabilire, come si evince dai lavori preparatori (ed in ispecie dalle relazioni alle proposte di legge di iniziativa parlamentare, che, congiuntamente discusse, hanno condotto all'approvazione del testo attuale), una efficace ed organica regolamentazione della professione degli agenti e rappresentanti di commercio, idonea a soddisfare varie aspettative, comprese quelle della categoria, e ad integrare la disciplina, ritenuta insufficiente, risultante dalla legislazione in vigore. In particolare, la legge in esame ha inteso tutelare gli interessi professionali degli agenti e rappresentanti di commercio e, al tempo stesso, gli interessi di quanti partecipano ai settori della produzione e degli scambi. Ha creato, infatti, un sistema che non é diretto soltanto a dare pubblica notizia dei soggetti esercenti l'attività intermediaria, costituente, come é scritto nella relazione ad una delle proposte di legge (documento n. 539, 4a legislatura, Camera dei deputati), "importante anello di congiunzione tra le fonti di produzione e l'apparato commerciale di distribuzione", ma é volto principalmente ad accertare i requisiti di idoneità morale e tecnica dei soggetti predetti. Ciò, come sembra evidente, in considerazione sia del carattere fiduciario dell'attività da essi svolta nell'interesse degli imprenditori e della pubblica fede, sia delle esigenze del mercato internazionale, in particolar modo di quello della Comunità economica europea, nei cui confronti vigono per lo Stato italiano speciali impegni.

 

L'accertamento summenzionato, nel sistema della legge, ha natura giuridica di atto avente funzione costitutiva della legittimazione all'esercizio dell'attività professionale e si estrinseca nella delibera di iscrizione nel ruolo articolato in due elenchi, l'uno transitorio, l'altro effettivo.

 

Per l'iscrizione nel ruolo, istituito presso la camera di commercio di propria residenza, occorrono nel richiedente (e, quando si tratti di società, nei legali rappresentanti di essa) la qualità di cittadino italiano, o, se straniero, l'appartenenza a Stato membro della C.E.E., ovvero la residenza in Italia, nonché il godimento dei diritti civili, il non essere interdetto o inabilitato, fallito o condannato per determinati gravi reati, il possesso del titolo di studio di scuola secondaria. É inoltre prevista qualche incompatibilità e preclusione (artt. 5 e 6 della legge). La prima iscrizione ha luogo nell'elenco transitorio; la seconda in quello effettivo, dopo il decorso di un biennio dalla prima e la dimostrazione da parte dell'interessato di avere effettivamente svolto l'attività di agente o rappresentante.

 

Come emerge dall'art. 9 della legge, che nel terzo comma prevede per i contravventori sanzioni penali, é fatto divieto, a chi non é iscritto nel ruolo, di esercitare le attività predette e sono, del pari, "vietati i contratti di agenzia o rappresentanza nei quali l'agente o il rappresentante non sia iscritto nel ruolo".

 

La formazione e la conservazione del ruolo provinciale é demandata alle commissioni sopra ricordate, alle quali é attribuito il potere, non discrezionale, di ricognizione dei titoli il cui possesso é richiesto dalla legge per l'iscrizione, con effetti i quali incidono sul diritto alla esplicazione delle attività lavorative. Diritto suscettibile, sotto l'aspetto pubblicistico, soltanto di controlli autoritativi iniziali, al momento della iscrizione, e di controlli successivi, a seguito dei quali può anche essere disposta la cancellazione dal ruolo (art. 7, commi quarto, quinto e sesto).

 

In relazione alle accennate finalità, l'avere il legislatore affidato la tenuta dei ruoli provinciali alle commissioni predette, aventi sede presso le camere di commercio, risponde semplicemente ad un criterio generale di organizzazione dei relativi servizi e di opportuna ripartizione, su base territoriale, degli accennati compiti di accertamento e vigilanza sui componenti la categoria professionale, residenti nella provincia.

 

Non mancano, d'altra parte, nella legge in esame, e ciò é molto significativo, norme volte ad assicurare la uniforme applicazione della disciplina professionale nel territorio della Repubblica, garantendo a tutti gli interessati parità di trattamento, nel rispetto dei principi di legalità amministrativa, in ordine all'esercizio della propria attività professionale, anche fuori dell'ambito regionale.

 

Agli stessi interessati, infatti, é accordato il diritto di proporre, contro le deliberazioni non definitive delle commissioni provinciali, e che negano la iscrizione o dispongono la cancellazione, ricorso alla commissione centrale presso il Ministero dell'industria (art. 8 della legge). Ed alla stessa esigenza di uniformità risponde, altresì, l'attribuzione al prefetto, quale rappresentante del Governo nella provincia, del compito di nominare, con suo decreto, il presidente (che é lo stesso presidente della camera di commercio o un suo delegato) ed i membri effettivi e supplenti delle commissioni provinciali, scelti fra agenti e rappresentanti di commercio, che siano in possesso dei requisiti per la iscrizione nel ruolo effettivo, su designazione delle organizzazioni provinciali aderenti alle organizzazioni nazionali firmatarie degli accordi economici collettivi della categoria.

 

Ovviamente (come é confermato dalla prassi che viene citata dalla stessa difesa regionale) nell'esercizio delle attribuzioni affidategli il prefetto agisce in base a direttive impartite dal Ministero dell'industria.

 

4. - Le precedenti considerazioni dimostrano che la materia della disciplina della professione di agente e rappresentante di commercio, dettata in modo unitario ed organico dalla legge statale in esame, risponde alla tutela di interessi generali che spetta soltanto allo Stato di perseguire, secondo i precetti di cui agli artt. 3 e 120, terzo comma, della Costituzione: interessi tali che non possono essere oggetto di provvedimenti diversi da regione a regione. La materia esula, quindi, dall'ambito regionale e deve ritenersi che non possa essere compresa ed inquadrata nelle attribuzioni, legislative e amministrative, della Regione Friuli-Venezia Giulia: precisamente in quelle concernenti l'industria e commercio, di cui all'art. 4, n. 6, in correlazione con l'art. 8 dello statuto speciale ed agli artt. 8 e seguenti delle norme di attuazione più volte citate.

 

5. - Non valgono in contrario gli argomenti che la difesa regionale, richiamandosi anche al disposto dell'art. 32 n. 3 del testo unico approvato con R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, sui consigli provinciali dell'economia (ora camere di commercio), fonda sull'asserto che vari ruoli, elenchi ed albi di operatori economici sono tenuti presso le camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia da commissioni costituite con provvedimenti degli organi della regione. Si tratterebbe di professioni, come quelle degli stimatori e pesatori pubblici, dei periti ed esperti, dei mediatori, degli agenti marittimi, degli spedizionieri, aventi, secondo la difesa regionale, affinità con quella di agente o rappresentante di commercio.

 

Orbene tali situazioni hanno rilievo di mero fatto e non possono, quindi, fornire argomenti per la soluzione, nel senso indicato dalla Regione, del presente conflitto.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara che spetta allo stato la nomina delle commissioni prevista dall'art. 4 della legge 12 marzo 1968, n. 316, concernente la disciplina della professione di agente e rappresentante di commercio;

 

annulla pertanto i decreti dell'assessore per l'industria e commercio della Regione Friuli-Venezia Giulia, nn. 417,418, 419 e 420, in data 9 settembre 1969.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1970.

 

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1970.