Sentenza n. 8 del 1970
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SENTENZA N. 8

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. D. 18 giugno 1931, n. 773, promosso con ordinanza emessa l'8 luglio 1968 dal pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Chioetto Augusto, iscritta al n. 288 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52 del 26 febbraio 1969.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1969 il Giudice relatore Michele Fragali;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Oggetto della presente causa é la questione di legittimità costituzionale dell'art. 86 delle leggi di pubblica sicurezza, nella parte in cui, secondo una certa interpretazione, sancisce l'obbligo della previa autorizzazione di pubblica sicurezza per la detenzione, in pubblico esercizio, di apparecchi per calcio da tavolo. La questione é stata promossa dal pretore di Padova con ordinanza 8 luglio 1968 in relazione agli artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione.

Premesso che, secondo una tendenza dottrinale e giurisprudenziale, per gli apparecchi da trattenimento non sussisterebbe l'obbligo della previa licenza della pubblica sicurezza, il pretore rileva che tale veduta é conforme all'ordinamento, oltre che per i motivi illustrati dalla dottrina, anche perché non sussistono interessi di polizia tali da imporre la limitazione in esame. É possibile prevenire ogni abuso avendo gli agenti di pubblica sicurezza libertà di ingresso nei pubblici esercizi e può la licenza di pubblico esercizio contenere prescrizioni accessorie speciali; infine la norma accenna ad apparecchi da giuoco e non da trattenimento. Tuttavia un recente progetto di riforma del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, commentando la proposta di introdurre la licenza per gli apparecchi da trattenimento, ha dato alla futura norma valore interpretativo in relazione ad una prassi anteriore, così ponendo il quesito della costituzionalità dell'art. 86 predetto con riguardo agli apparecchi da trattenimento.

Il pretore ritiene che l'interpretazione favorevole alla licenza farebbe dell'autorizzazione di esercizio un ingiusto ostacolo al libero svolgimento dell'attività economica privata di produzione, noleggio e commercio di tali apparecchi; porrebbe inoltre indirettamente remore generiche alla libertà della persona umana e al pieno sviluppo della medesima; e indirettamente avvilirebbe il diritto al lavoro, inteso quale diritto del produttore, del noleggiatore, del pubblico esercente, dell'utente e degli operai dipendenti dal produttore.

Il pretore afferma, a proposito del calcio da tavolo, essere ius receptum che si resti nell'ambito del trattenimento tecnicamente inteso laddove vi sia corrispettività fra prezzo costituito dalla monetina che si introduce per ottenere il funzionamento dell'apparecchio e controprestazione costituita dalle biglie o dalle palline poste a disposizione dell'utente.

2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale, con deduzioni depositate il 18 marzo 1969, ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile o quanto meno non fondata.

Egli preliminarmente osserva che il pretore ha inteso prescindere dalle concrete esigenze processuali e prevenire invece le decisioni dei giudici dell'eventuale fase di impugnazione. Nel merito rileva che la norma denunciata ha riguardo genericamente al fatto che, in un pubblico esercizio, si offra agli avventori la possibilità di trattenersi a fare giuochi; e non sembra che, in questa sede, l'indagine interpretativa possa spingersi fino ad accertare se una determinata attività sia da considerarsi di giuoco, come fa il pretore quando esclude che quella di trattenimento sia di giuoco.

La norma denunciata non contrasta con l'art. 41 della Costituzione. Già la Corte, nella sua sentenza 28 giugno 1963, n. 125, ha sottolineato che é permesso al legislatore ordinario di porre norme che possano risolversi in limitazioni alla produzione e al commercio allorché mirino ad assicurare la tutela delle esigenze di interesse pubblico. L'imposizione della licenza per l'uso, nei pubblici esercizi, degli apparecchi per giuoco rappresenta il doveroso coordinamento fra le libertà economiche e le necessità sociali, in ordine ad attività che, pur lecite, sono tuttavia tali da potere, in determinate condizioni soggettive ed ambientali, dar luogo a sviluppi antisociali: può esservi la necessità di controllare preventivamente l'adeguatezza dei locali nei quali gli apparecchi da giuoco vengano installati, il pubblico che generalmente li frequenta, la moralità del gestore, in modo da escludere il pericolo che i congegni siano usati in modo difforme da quello consentito e che se ne faccia strumento, fra l'altro, di scommesse fra i giocatori.

La libertà e la dignità umana sono vieppiù assicurati proprio da norme che, come quella denunciata, tendono ad impedire che l'attività dei cittadini possa svolgersi in modo antisociale; cosicché debbono ritenersi giustificate anche le presunte indirette incidenze del limite legale nella esplicazione del lavoro del produttore degli apparecchi, degli esercenti e dei loro dipendenti, se pure tali incidenze sono in concreto ipotizzabili.

3. - All'udienza del 12 novembre 1969 l'avvocato dello Stato si é riportato alle tesi svolte nell'atto d'intervento.

 

Considerato in diritto

 

L'ordinanza in esame é stata emessa dal pretore di Padova nell'occasione di un procedimento penale contro Chioetto Augusto, imputato, fra l'altro, di contravvenzione all'art. 86 del testo unico di pubblica sicurezza, per aver, nel suo pubblico esercizio, usato un apparecchio di calcio da tavolo senza l'autorizzazione di polizia.

Come si é detto nell'esposizione di fatto, il pretore ha giudicato che la norma citata non richiede alcuna licenza per la detenzione in pubblico esercizio degli apparecchi di trattenimento, in cui ha incluso il calcio da tavolo; e si é detto pure che il pretore ha rafforzato tale convincimento con l'osservare che, ove venisse accolta una proposta, già presentata al Parlamento, di modificare la predetta norma allo scopo di comprendere nell'obbligo di licenza gli apparecchi da trattenimento, la modificazione avrebbe dovuto reputarsi innovativa. Poste tali premesse, il giudice a quo, secondo logica, avrebbe dovuto assolvere l'imputato, senza proporre alcuna questione di illegittimità costituzionale del divieto di cui si tratta, perché quelle premesse escludevano che il divieto fosse implicato nella res iudicanda e fosse opponibile all'imputato. Viceversa il pretore ha promosso la questione, avendo rilevato l'esistenza di un'interpretazione della norma non coincidente con quella che egli riteneva fondata. E ha sottoposto la norma al sindacato di questa Corte perché, come si legge nel dispositivo dell'ordinanza, "secondo una certa interpretazione" essa fin da ora impone l'obbligo della licenza di polizia; avendo presente cioè una interpretazione che egli aveva prima qualificato priva di fondatezza.

Vi é nell'ordinanza, come si scorge, la collocazione su basi ritenute certe di un giudizio che nega l'obbligo dell'imputato di provvedersi di licenza; ma in simultaneità v'é la affermazione che l'imputato aveva quest'obbligo, a meno che fosse stata dichiarata illegittima in parte qua la norma denunciata. Non può non esservi contrasto sostanziale fra l'una e l'altra posizione; ed esattamente perciò la Presidenza del Consiglio rileva che la questione é stata proposta, non perché creduta utile al giudizio di merito, ma per prevenire decisioni contrarie alla tesi preferita da parte del giudice dell'eventuale impugnazione. L'ordinanza si é cioé fondata su ipotesi, su previsioni o su congetture; su considerazioni, vale a dire, che altra volta questa Corte (sentenza 16 dicembre 1968 n. 134) ha giudicato inidonee a giustificare la proposizione di un processo costituzionale.

Del resto, una interpretazione giudicata inattendibile non poteva dar regole di giudizio per la decisione della controversia di merito, cosicché la verifica della legittimità costituzionale della norma che ne é oggetto, prima facie manca di qualsiasi rilevanza; e comunque il dubbio di interpretazione che il giudice a quo non ha risolto (se dubbio di tal genere il pretore, nella specie ha voluto esprimere) denota una sua incertezza sulla individuazione della norma da applicare, che inficia irrimediabilmente l'esame della rilevanza della questione di legittimità proposta alla Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, proposta dal pretore di Padova con ordinanza 8 luglio 1968, per la parte in cui, secondo una certa interpretazione, sancisce l'obbligo della previa autorizzazione di pubblica sicurezza per la detenzione, in pubblico esercizio, di apparecchi per calcio da tavolo, e in riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 28 gennaio 1970.