Sentenza n. 156 del 1969
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SENTENZA N. 156

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudic:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge 5 aprile 1969, n. 119, recante conversione in legge con modificazioni del decreto legge 15 febbraio 1969, n. 9, riguardante il riordinamento degli esami di Stato di maturità, di abilitazione e di licenza della scuola media, promosso con ricorso del Presidente della Regione della Valle d'Aosta notificato il 13 maggio 1969, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 2 del Registro ricorsi 1969.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1969 il Giudice relatore Costantino Mortati;

uditi gli avvocati Feliciano Benvenuti e Vitaliano Lorenzoni, per il ricorrente, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Col decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, il Governo nazionale ha provveduto al "riordinamento degli esami di Stato di maturità, di abilitazione e di licenza di scuola media", senza dettare alcuna esplicita disposizione circa la lingua da usare nelle relative prove. La legge 5 aprile 1969, n. 119, che ha convertito con modificazioni tale provvedimento, ha invece introdotto nell'art. 5 di esso un comma il quale dispone che "nelle zone dove esistono scuole in cui l'insegnamento si svolge in lingua diversa da quella italiana, le prove saranno svolte nella rispettiva lingua. Nelle scuole delle valli ladine le prove saranno svolte, a scelta dei candidati, o in lingua italiana o in lingua tedesca".

Col ricorso introduttivo del presente giudizio, il Presidente della Regione autonoma della Valle d'Aosta, autorizzato con delibera 30 aprile 1969 della Giunta regionale e rappresentato e difeso dagli avvocati Feliciano Benvenuti e Vitaliano Lorenzoni, ha impugnato avanti a questa Corte le disposizioni della legge di conversione modificatrici degli artt. 1, 5 e 6 del decreto, nella parte in cui esse disciplinano le prove di esame in modo tale da lasciare intendere che esse debbano sempre svolgersi in lingua italiana e senza stabilire alcuna eccezione per il territorio della Valle d'Aosta dove vige, a termini dello Statuto regionale, un regime bilingue italo-francese. Si osserva nel ricorso che dall'art. 5, terzo comma, delle disposizioni di detta legge che disciplinano l'esame, si desume come la prova scritta ivi contemplata deve consistere nella trattazione di un tema "in italiano", e che siffatta regola appare implicitamente estensibile anche alla seconda prova scritta, prevista dal comma successivo, nonché al colloquio previsto dall'art. 6. La Regione denuncia quindi la violazione degli artt. 3, lett. g, 38, primo e secondo comma, e 39, ultimo comma, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, rilevando che, in base all'art. 38, primo comma, i cittadini italiani della Valle hanno diritto di sostenere gli esami disciplinati dalla legge impugnata usando come lingua per l'espressione del proprio pensiero quella francese, parificata dalla norma statutaria alla lingua italiana.

Con riferimento agli artt. 39 e 40 dello Statuto, i quali prevedono soltanto una ripartizione delle materie d'insegnamento fra le lingue italiana e francese, la difesa della Regione fa presente che la relativa disciplina concerne soltanto l'insegnamento e non anche le prove di esame tendenti all'accertamento della maturità dei candidati e che, se per la scelta delle materie da insegnare in lingua francese é stata prevista una scelta di carattere generale cui gli alunni debbono sottostare, non vi é dubbio che gli esami di maturità, che sono "esami di stato", debbano poter esser sostenuti tanto in italiano quanto in francese per effetto della norma di cui al primo comma dell'art. 38 dello Statuto.

La legge impugnata violerebbe altresì l'art. 38, secondo comma, in base al quale nella Valle gli atti pubblici possono essere redatti tanto in italiano quanto in francese, poiché l'atto conclusivo dell'esame di maturità é un atto pubblico nel quale confluiscono come parte integrante i testi delle prove scritte sostenute da ciascun candidato e le risultanze delle prove orali.

La ricorrente osserva infine che la riserva stabilita per altre lingue minoritarie dal quinto comma dell'art. 5, sopra citato, non risulta applicabile alla Valle d'Aosta, poiché in essa non esistono scuole con lingua di insegnamento diversa da quella italiana, e che se - in denegata ipotesi - si applicasse alla Valle la giurisprudenza relativa alla Provincia di Bolzano secondo la quale nella materia linguistica "esigenze di unità ed eguaglianza impongono l'esclusiva potestà del legislatore statale" (Corte cost., sent. 12 maggio 1960, n. 32), costituirebbe comunque violazione dell'art. 38 dello Statuto l'aver omesso di provvedere all'attuazione del precetto relativo alla parità linguistica in esso contenuto.

La Regione conclude quindi chiedendo che, salva l'ipotesi che la Corte costituzionale interpreti il quinto comma dell'art. 5 della legge impugnata nel senso di assicurare l'uso della lingua francese nella Valle d'Aosta, venga dichiarata l'illegittimità costituzionale delle suddette disposizioni.

Il ricorso, debitamente notificato il 13 maggio 1969 e depositato nella cancelleria della Corte il 22 dello stesso mese, é stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 18 giugno 1969.

Si é costituito per resistere alla domanda il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato come per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale, nell'atto di costituzione depositato il 31 maggio 1969 e nella memoria illustrativa del 2 ottobre successivo, conclude per il rigetto del ricorso, pur dando atto che, in ossequio al principio di parità linguistica di cui all'art. 38 dello Statuto valdostano, il Ministero della pubblica istruzione ha disposto con circolare 30 aprile 1969, n. 3288, che nella Valle i candidati possano sostenere le prove scritte ed il colloquio in italiano o in francese a loro scelta e, con altra successiva circolare, che la lingua francese sia compresa fra le quattro materie oggetto del colloquio.

Ciò posto, mentre da un lato l'Avvocatura accenna ad un possibile difetto d'interesse della Regione a coltivare il ricorso, dall'altro ne deduce l'infondatezza, affermando che le norme statutarie invocate riguardano la materia dell'insegnamento e dell'istruzione, ma non l'esame di stato previsto dall'art. 33, quinto comma, della Costituzione, di cui fa applicazione la legge impugnata.

Questo esame ha una sua autonomia concettuale e pratica rispetto all'insegnamento, corrispondente alla distinzione fra il momento didattico ed il momento autoritativo dell'istruzione, e, poiché spiega i suoi effetti in tutto il territorio dello Stato e può essere affrontato in qualunque parte di esso, non potrebbe essere disciplinato diversamente con riferimento al territorio della Valle d'Aosta senza violazione dell'esigenza di assicurare la parità di tutti i cittadini di fronte all'esame stesso. Ai relativi atti, pertanto, non sarebbe applicabile né il primo, né il secondo comma dell'art. 38 dello Statuto valdostano.

Anche l'Avvocatura rileva che l'art. 5, quinto comma, della legge impugnata non é applicabile alla Valle d'Aosta, nella quale non esistono scuole pubbliche con insegnamento praticato soltanto nella lingua francese ed esclude quindi che possa farsi luogo all'interpretazione adeguatrice adombrata dalla ricorrente.

La difesa della Regione ha presentato anch'essa, ma fuori termine, una memoria illustrativa dei motivi dedotti nel ricorso.

Nella discussione orale le parti hanno svolto le deduzioni di cui alle scritture ed hanno insistito nelle conclusioni prese.

 

Considerato in diritto

 

1. - Si presenta anzitutto il quesito se la legge 5 aprile 1969, n. 119, di conversione, con modificazione, del decreto legge 15 febbraio 1969, n. 9, riguardante il riordinamento degli esami di Stato di maturità, nel disporre, con l'emendamento aggiuntivo al quarto comma dell'art. 5, che nelle zone dove esistono scuole medie nelle quali l'insegnamento si svolge in lingua diversa dall'italiano le prove di maturità saranno effettuate nella rispettiva lingua, possa ritenersi applicabile anche alla Valle d'Aosta. La risposta non può non essere negativa, dato che le sole disposizioni costituzionali le quali consentano l'esistenza nel territorio nazionale di scuole con lingua d'insegnamento diversa dall'italiana sono quelle previste, per la provincia di Bolzano, dall'art. 15 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, mentre ben diverso é il regime vigente nella Valle d'Aosta, caratterizzato dalla presenza di un unico tipo di scuola, con insegnamento nelle due lingue italiana e francese. Mentre in un caso, muovendosi dal presupposto di una lingua materna degli alunni diversa dall'italiana, si consente che l'intero insegnamento venga impartito nella lingua stessa, viceversa nell'altro caso é appunto la mancanza di una lingua materna propria di alcuni e non di altri che conduce a consentire il diverso trattamento costituito dall'uso promiscuo delle due lingue.

Discende da tali rilievi l'impossibilità di una interpretazione adeguatrice della norma impugnata, qual é stata prospettata dalla difesa della Regione e sembra fatta propria anche dall'Avvocatura. Per le stesse ragioni esposte si deve ritenere che la circolare del Ministero della pubblica istruzione in data 30 aprile 1969 la quale autorizza i candidati a sostenere le prove di esame in una delle due lingue a loro scelta, non vale ad escludere la persistenza dell'interesse a ricorrere da parte della Regione, contrariamente a quanto viene asserito dalla stessa Avvocatura.

2. - Passando al merito, la Corte ritiene che il ricorso sia fondato. Infatti la parificazione della lingua francese a quella italiana disposta con il primo comma dell'art. 38 dello Statuto é fondata sulla constatazione di una situazione di pieno bilinguismo sussistente di fatto nella Regione, dalla quale si sono fatti discendere effetti costituzionalmente garantiti circa l'eguale uso delle due lingue, in modo da escludere che nella Valle sia da attribuire la qualifica di "ufficiale" all'una o all'altra (diversamente da quanto accade nella provincia mistilingue di Bolzano, dove, secondo l'art. 84 dello Statuto, lingua ufficiale é considerata l'italiano).

Se quella indicata é la ratio ispiratrice del primo comma citato se ne può dedurre che la disposizione del secondo comma dello stesso articolo (che consente la redazione degli atti pubblici in una delle due lingue, ad eccezione di quelli giurisdizionali da effettuare solo in italiano), nonché l'altra dell'articolo 39, ultimo comma (secondo cui nelle scuole di ogni ordine e grado l'insegnamento in lingua francese é limitato solo ad alcune materie) non possono essere invocate a sostegno di una interpretazione restrittiva della portata del comma precedente, rivestendo invece evidente carattere di eccezioni alla regola della parità, al di là delle quali questa deve necessariamente riprendere pieno vigore così da consentire l'uso dell'una o dell'altra a scelta dei soggetti interessati.

Tale regola non può non trovare applicazione anche nei confronti degli esami di maturità. Ciò non già per il motivo fatto valere dalla difesa regionale, secondo cui l'applicazione della legge impugnata farebbe venire meno la facoltà garantita dal secondo comma dell'art. 38 di redigere in francese l'atto pubblico di conferimento del diploma, dato l'asserito obbligo di conformarsi alla lingua con cui furono sostenute le prove, le quali costituirebbero parte integrante del diploma stesso (poiché, anche ad ammettere l'esistenza di un rapporto di integrazione che leghi le une all'altro, nulla osterebbe alla differenziazione di espressione linguistica fra i due, in modo non diverso da quello che potrebbe accadere, per esempio, nel caso di sentenze che sono da redigere sempre in italiano anche se siano basate su un complesso di elementi raccolti e verbalizzati in lingua francese), bensì sulla base della diversa considerazione, fatta prima valere, del carattere tassativo da conferire alle deroghe al principio di parità, non estensibili a situazioni diverse da quelle testualmente previste. A nulla vale opporre, come fa l'Avvocatura, che l'esame di Stato proietta i suoi effetti al di là dell'ambito della Regione ed oltre il settore dell'istruzione secondaria, essendo chiaro che la pratica utilizzazione nel campo professionale del titolo così conseguito al di là del territorio regionale si renderà possibile solo a patto che l'interessato dimostri il pieno possesso della lingua italiana; possesso che, del resto, dovrebbe essere presunto, se si tiene conto della prescrizione dell'art. 39, primo comma, per cui all'insegnamento delle due lingue deve essere dedicato in tutte le scuole di ogni ordine e grado un eguale numero di ore settimanali. Analogamente nessun valore é da attribuire all'altra asserzione della difesa dello Stato, secondo cui la materia dell'esame de quo esula dalla competenza regionale, dato che l'uso delle lingue nella Regione trascende l'ambito di quella competenza, riferendosi anche a rapporti con autorità non regionali sedenti nella Valle. Infatti quello che solo importa, al fine di assicurare la condizione messa in rilievo dall'Avvocatura, della perfetta eguaglianza di tutti i candidati, quale che sia la parte del territorio in cui le prove siano sostenute, é che queste si svolgano in modo uniforme sulla base di norme e di programmi stabiliti dallo Stato: esigenza questa che per la Valle é pienamente assicurata dall'art. 40 dello Statuto, il quale testualmente richiama le une e gli altri.

Elementi di giudizio per la risoluzione della controversia in senso diverso non possono trarsi neppure dalla norma statutaria che disciplina le modalità dell'uso delle lingue per quanto riguarda l'insegnamento (art. 39 ultimo comma) poiché l'esame di Stato attiene ad una sfera del tutto diversa da quella dell'insegnamento. D'altra parte, anche se un parallelismo fra l'uno e l'altro si potesse porre, esso condurrebbe a richiedere non già la piena applicazione della norma impugnata, così com'é ritenuto dall'Avvocatura ma, al più, che lo svolgimento delle prove nelle varie materie dovrebbe avvenire nella stessa lingua in cui era stato impartito l'insegnamento delle medesime.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, terzo e quarto comma, e dell'art. 6, primo, secondo e terzo comma, del decreto legge 15 febbraio 1969, n. 9 (modificati dall'articolo unico della relativa legge di conversione 5 aprile 1969, n. 119), nella parte in cui prescrivono che le prove d'esame ed il colloquio per gli esami di Stato nella Regione della Valle d'Aosta siano da effettuare obbligatoriamente con l'uso della lingua italiana.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1969.