Sentenza n. 148 del 1969
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SENTENZA N. 148

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 222 e 223 del Codice di procedura penale promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 novembre 1968 dal tribunale di Treviso nel procedimento penale a carico di Aliprandi Bernardino ed altri iscritta al n. 274 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 del 12 febbraio 1969;

2) ordinanza emessa il 13 novembre 1968 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento penale a carico di Morato Ezio ed altri, iscritta al n. 5 del Registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52 del 26 febbraio 1969;

3) ordinanza emessa il 21 gennaio 1969 dal pretore di Cassano d'Adda nel procedimento penale a carico di Nazzarri Bruno ed altri, iscritta al n. 67 del Registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 26 marzo 1969.

Udito nell'udienza pubblica del 29 ottobre 1969 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza dell'11 novembre 1968, emessa nel procedimento penale a carico di Bernardino Aliprandi ed altri, il tribunale di Treviso ha rimesso all'esame di questa Corte "l'art. 222 Cod. proc. pen. in relazione con l'art. 223 Cod. proc. pen.", denunziandone il contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Rilevato che nella fattispecie oggetto del suo giudizio i verbalizzanti avevano proceduto ad accertamenti sui campioni di vino sequestrato, il tribunale sostiene che le garanzie previste dagli artt. 304 e 304 bis, ter e quater devono essere estese anche alle indagini preliminari, dal momento che gli atti di polizia giudiziaria sono atti del procedimento.

2. - In un procedimento penale contro Ezio Morati ed altri, già condannati dal tribunale in base all'art. 6 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041, per lo spaccio di una sostanza che il laboratorio di igiene, in varie relazioni di analisi allegate al rapporto della squadra mobile, aveva qualificato come canapa indiana, la Corte di appello di Milano con ordinanza del 13 novembre 1968 ha sollevato una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 223 del Codice di procedura penale, nella parte in cui questa disposizione "prevede la possibilità di effettuare operazioni tecniche senza l'intervento della difesa". Nell'ordinanza si osserva che se l'operazione tecnica di cui parla la norma impugnata ha natura e finalità peritali, i diritti di difesa garantiti dall'art. 24 della Costituzione vengono lesi perché si priva l'interessato della facoltà di presenziare all'accertamento e di farsi assistere da un consulente di fiducia: sicché l'art. 223 del Codice di procedura penale - così conclude la Corte - é illegittimo per gli stessi motivi per i quali con sentenza n. 86 del 1968 venne dichiarata la parziale illegittimità costituzionale degli artt. 232 e 225 dello stesso Codice.

3. - Lo stesso art. 223 é stato impugnato dal pretore di Cassano d'Adda in un procedimento a carico di Bruno Nazzarri ed altri. Nell'ordinanza di rimessione, emessa il 21 gennaio 1969, si sostiene che le operazioni tecniche di polizia giudiziaria dovrebbero consistere esclusivamente in una riproduzione di dati e di elementi oggettivi: senonché la genericità della norma denunciata consente di far rientrare in quelle operazioni atti di vere e proprie perizie, in relazione alle quali é necessario assicurare il contraddittorio e l'intervento della difesa. In base a tali considerazioni il pretore chiede che questa Corte si pronunzi, in riferimento all'art. 24 della Costituzione sulla legittimità costituzionale dell'art. 223 del Codice di procedura penale "laddove non precisa il concetto di operazione tecnica e non prevede l'intervento della difesa".

4. - Le tre ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Innanzi a questa Corte nessuna delle parti si é costituita e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze del tribunale di Treviso, della Corte di appello di Milano e del pretore di Cassano d'Adda propongono sostanzialmente la stessa questione di legittimità costituzionale. I relativi giudizi vengono quindi riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Per effetto della sentenza n. 86 del 1968 tutti gli atti di polizia giudiziaria compiuti o disposti dal Procuratore della Repubblica in forza dei poteri conferitigli dall'art. 232 del Codice di procedura penale devono essere assistiti, quando trovino corrispondenza negli atti contemplati negli artt. 304 bis-quater, dalle stesse garanzie difensive predisposte per questi ultimi. Allo stesso regime devono sottostare gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria in base all'art. 225, vale a dire l'interrogatorio dell'imputato, le ricognizioni, le ispezioni ed i confronti.

"Accertamenti dello stato delle cose" ed "operazioni tecniche" sono invece previsti non nell'art. 225 ma negli artt. 222, secondo comma, e 223, primo comma, ora denunziati. La Corte ritiene che tali disposizioni incorrano nella stessa parziale illegittimità costituzionale che fu accertata, nella precedente decisione, a proposito degli artt. 225 e 232.

3. - Gli "accertamenti" comprendono indubbiamente le ispezioni dei luoghi per le quali, se compiute in istruttoria, l'art. 304 quater, a presidio di un minimo di difesa dell'imputato, prevede il deposito dei verbali; "accertamenti" ed "operazioni tecniche", nella genericità delle loro espressioni, consentono l'espletamento di veri e propri atti peritali (tanto é vero che l'art. 223 stabilisce che la polizia possa avvalersi, se necessario, di persone idonee), corrispondenti a quelli per i quali gli artt. 304 bis-quater dispongono adeguati interventi difensivi. I verbali concernenti le attività espletate dalla polizia ai sensi dell'art. 223 possono essere letti nel dibattimento - ultimo comma art. 463 - senza che occorra il consenso delle parti e si acquisiscono così al processo elementi probatori di indubbia rilevanza. Non si può negare, dunque, l'interesse dell'indiziato ad esplicare, in relazione ad atti che possono avere un peso decisivo per le sorti del giudizio, quella stessa difesa che gli é consentita nella fase istruttoria e, per effetto della sentenza n. 86 del 1968, anche nelle indagini preliminari disposte dal Procuratore della Repubblica: tanto più che, essendo a tali atti la polizia abilitata solo quando ci sia fondato timore che lo stato delle cose o le tracce del reato si alterino o si disperdano (condizione enunciata nell'art. 222, ma che riguarda indubbiamente anche le ulteriori specificazioni contenute nell'art. 223), si tratta di operazioni che il più delle volte non sono ripetibili e, quindi, non suscettibili di essere verificate e controllate nell'ulteriore corso del processo.

4. - Tanto premesso, appare certo che le due disposizioni in esame non garantiscono alcun diritto di difesa a chi sia indiziato del reato al quale "accertamenti" ed "operazioni tecniche" si riferiscono. Vero é che l'art. 222 dispone che "per quanto é possibile" siano osservate le norme sulla istruzione formale: non si può tralasciare di considerare, tuttavia, che questo rinvio - che pur dovrebbe essere interpretato in coerenza coi principi costituzionali che presidiano l'ordinamento - resta nella prassi del tutto inoperante. Né varrebbe osservare che trattandosi di atti per definizione urgenti si cadrebbe nella ipotesi nella quale lo stesso giudice istruttore, in forza dell'ultimo comma dell'art. 304 ter, può omettere l'avviso al difensore. Vale la pena di osservare in proposito che siffatta facoltà non preclude ogni garanzia difensiva (il difensore conserva il diritto di intervenire agli atti previsti nel primo comma dell'art. 304 bis ed i verbali concernenti tali atti e quelli indicati nell'art. 304 quater devono pur sempre essere depositati), ed é di notevole rilievo il fatto che il suo valido esercizio viene condizionato, "a pena di nullità", ad una specifica motivazione circa l'urgenza.

Si può perciò concludere che la dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale delle norme denunziate é il solo mezzo idoneo a conseguire il risultato di assicurare che la polizia giudiziaria - pur conservando integro l'essenziale potere di intervenire con assoluta immediatezza in caso di motivata urgenza - proceda, quando vi sia un indiziato del reato (cfr. art. 78, secondo comma, Cod. proc. pen.) col rispetto di quelle garanzie che lo stesso ordinamento conferisce all'interessato nella formazione delle prove utilizzabili nel giudizio sulla sua colpevolezza.

5. - Sebbene l'impugnativa proposta dalle ordinanze di rimessione riguardi solo gli accertamenti e le operazioni tecniche, la Corte ritiene di dover estendere, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dichiarazione di parziale illegittimità a quella parte del secondo comma dell'art. 222 che abilita la polizia giudiziaria a procedere al sequestro del corpo del reato, con la conseguente applicabilità dell'art. 304 quater.

6. - Considerato che l'art. 224 Cod. proc. pen. già impone l'osservanza dell'art. 304 ter nelle perquisizioni personali e domiciliari e che l'art. 226, primo comma, concerne solo particolari modalità da osservarsi nel sequestro di carte sigillate (sicché, questo, per quanto riguarda le garanzie difensive, soggiace alla disciplina dell'art. 222, secondo comma, quale risulta a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità). Si può concludere che, in conseguenza delle statuizioni contenute nella sentenza n. 86 del 1968 e nella presente decisione, a tutti gli atti preistruttori che la polizia giudiziaria compia nei confronti di un indiziato di reato si estendono le garanzie di difesa che gli artt. 304 bis, ter e quater predispongono per i corrispondenti atti istruttori.

7. - Poiché le ragioni della parziale illegittimità costituzionale degli artt. 222, secondo comma, 223, primo comma, e 225 Cod. proc. pen. - fondate come sono sull'efficacia che gli atti ivi contemplati possono spiegare nel processo - valgono, come la Corte già riscontrò (sent. n. 86 del 1968) a proposito dei poteri conferiti al procuratore della Repubblica dall'art. 232, anche quando gli stessi atti sono compiuti o disposti dall'autorità giudiziaria nella fase delle indagini preliminari, la dichiarazione di parziale illegittimità viene estesa, in forza dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all'art. 231, primo comma, relativo agli atti del pretore, ed all'art. 234, concernente gli atti del procuratore generale presso la Corte. di appello.

8. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve essere estesa anche a quella parte dell'art. i 34, secondo comma, Cod. proc. pen. che fa divieto agli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria di ricevere la nomina del difensore di fiducia. Ed infatti, se le garanzie di difesa ora applicabili agli atti della polizia giudiziaria riguardano tutte, in vario modo, l'intervento del difensore e ne presuppongono quindi la possibilità di nomina, quel divieto diventa sicuramente incompatibile con la nuova disciplina alla quale la materia in esame deve sottostare.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 222, secondo comma, e dell'art. 223, primo comma, del codice di procedura penale nella parte in cui si esclude che agli accertamenti ed alle operazioni tecniche della polizia giudiziaria si applichino gli artt. 390, 304 bis, ter e quater del Codice di procedura penale;

ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara altresì la illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni dello stesso codice: 1) art. 222, secondo comma, nella parte in cui esclude che al sequestro si applichino gli artt. 390 e 304 quater; 2) art. 231, primo comma, nella parte in cui esclude che agli atti di polizia giudiziaria compiuti o disposti dal pretore si applichino gli artt. 390, 304 bis, ter e quater; 3) art. 234, nella parte in cui esclude che agli atti di polizia giudiziaria compiuti o disposti dal procuratore generale presso la Corte di appello si applichino gli artt. 390, 304 bis, ter e quater; 4) art. 134, secondo comma, nella parte in cui fa divieto agli ufficiali ed agli agenti della polizia giudiziaria di ricevere la nomina del difensore di fiducia.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

Depositata in cancelleria il 3 dicembre 1969.