Sentenza n. 145 del 1969
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SENTENZA N. 145

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 314/4 del Codice civile, promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1968 dal tribunale per i minorenni di Milano nel procedimento di adozione speciale del minore Bassani Daniele, iscritta al n. 232 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 329 del 28 dicembre 1968.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1969 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Il giudice tutelare di Milano che, sotto la data del 28 novembre 1967, aveva ricevuto segnalazione da parte del locale Istituto provinciale di protezione ed assistenza dell'infanzia, riferiva al tribunale per i minorenni di Milano che Daniele Bassani di Rina, nato il 17 settembre 1959 e ricoverato in quell'Istituto, era stato lasciato dai genitori privo di assistenza materiale e morale senza alcun giustificato motivo e versava in situazione di abbandono.

Sentita la madre del minore, il tribunale giudicava possibile ed opportuno che si desse corso al procedimento di dichiarazione dello stato di adottabilità; ma, avendo il P.M. espresso parere contrario giacché il minore aveva compiuto otto anni il 17 settembre 1967 ed in data successiva erano avvenute sia la segnalazione che l'informativa, con ordinanza del 14 ottobre 1968 dichiarava di concordare con quel parere, ritenendo che alla specie non potesse essere applicato l'art. 314/4, ultimo comma, del Codice civile e conseguentemente che non potesse essere dichiarato adottabile il minore nonostante che si fosse trovato in stato di abbandono prima del compimento dell'ottavo anno.

Con la stessa ordinanza, tutto ciò premesso, il tribunale dichiarava di considerare l'art. 314/4 in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e sollevava questione di legittimità costituzionale.

Ad avviso del tribunale, in base al primo comma dell'art. 314/4 unici presupposti per la dichiarazione di adattabilità sono le circostanze che il minore si trovi in stato di abbandono ingiustificato e che sia di età inferiore agli otto anni; e a tale disciplina introdurrebbe una limitazione il ripetuto ultimo comma per cui "il compimento dell'ottavo anno da parte del minore, durante il corso del procedimento, non osta alla dichiarazione di adottabilità".

Di conseguenza, dal fatto che la segnalazione della situazione di abbandono avvenga prima o dopo il compimento dell'ottavo anno di età da parte del minore, dipende per lo stesso la tutela o meno della sua "legittima aspettativa all'acquisto dello stato di minore adottabile ed all'eventuale, conseguente acquisizione di uno stato di figlio legittimo". E si verifica, pertanto, "una ingiustificata disparità di trattamento tra minori di otto anni, segnalati in stato di abbandono, e minori di otto anni segnalati, nel caso in cui, sia gli uni sia gli altri, compiano l'ottavo anno permanendo una situazione di abbandono": solo i primi, infatti, potrebbero essere dichiarati adottabili.

Ciò, secondo il tribunale, risulterebbe in modo evidente "nel caso di mancata o tardiva segnalazione da parte delle istituzioni di protezione ed assistenza" ed ancor di più nel caso in cui "il minore abbandonato compia l'ottavo anno nell'intervallo di tre mesi che intercorre tra una trasmissione dell'elenco dei ricoverati ed assistiti e la trasmissione successiva".

Il tribunale, infine, dopo aver rilevato che una dichiarazione di adottabilità di un minore a parecchi anni di distanza dal raggiungimento dell'ottavo anno di età potrebbe aversi non soltanto nel caso in cui la norma dovesse essere ritenuta illegittima, concludeva nel senso sopra indicato; ed in ordine alla rilevanza della questione, osservava che con la dichiarazione di incostituzionalità della norma dell'art. 314/4 ultimo comma si verrebbe a stabilire che "anche i minori non segnalati in stato di abbandono possono essere dichiarati adottabili dopo il compimento dell'ottavo anno di età, purché permanga lo stato di abbandono precedentemente esistente".

L'ordinanza veniva notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al P.M. presso il tribunale per i minorenni di Milano, all'I.P.P.A.I. di Milano e alla madre del minore; comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati; e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 329 del 28 dicembre 1968.

Davanti a questa Corte spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, che, con atto depositato il 16 gennaio 1969, chiedeva che fosse dichiarata infondata la questione.

Deduceva, in via pregiudiziale, che la disposizione in effetti impugnata non sarebbe costituita dal primo comma dell'articolo 314/4 sibbene dall'ultimo comma dello stesso articolo, e che, se così intesa, la proposta questione di legittimità costituzionale sarebbe inammissibile siccome irrilevante nel procedimento de quo poiché la eventuale pronuncia di illegittimità dell'ultimo comma, non consentirebbe la dichiarazione di adottabilità del minore Daniele Bassani.

Rilevava però l'Avvocatura che in effetti l'ordinanza indicava quale norma impugnata l'intero art. 314/4 e che attraverso la denuncia si tendeva a raggiungere un preciso scopo: stabilire che anche i minori non segnalati in stato di abbandono possono essere dichiarati adottabili dopo il compimento dell'ottavo anno di età, purché permanga lo stato di abbandono precedentemente esistente. In sostanza, attraverso la pronuncia di illegittimità si vorrebbe modificare l'articolo in discussione nel senso che il limite di otto anni riferito dal testo vigente della norma alla dichiarazione di adottabilità, dovrebbe invece riferirsi allo stato di abbandono. Ma codesta modifica, a parte il fatto che snaturerebbe le finalità della legge istitutiva dell'adozione speciale, non rientra, a parere dell'Avvocatura, nell'ambito dei poteri che a questa Corte sono conferiti dall'art. 136 della Costituzione e dagli artt. 27 e 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

L'istituto dell'adozione speciale, continuava ancora l'Avvocatura, é diretto a provvedere ad inserire il fanciullo abbandonato nella famiglia degli adottanti: egli acquista lo stato di figlio legittimo dei coniugi che lo adottano, e viene reciso ogni suo legame con la famiglia d'origine. Ed a tale fine sono stabiliti due presupposti: lo stato di abbandono ed il limite massimo di età; ed é evidente che anche questo secondo presupposto attiene all'essenza stessa dell'istituto.

Il limite massimo di età ha un senso quindi solo se riferito alla dichiarazione di adottabilità. Se esso venisse riferito, come auspica il tribunale, alla situazione di abbandono, l'istituto dell'adozione speciale risulterebbe applicabile anche ad adulti di cui sarebbe impossibile l'inserimento nella famiglia adottiva, e ciò sarebbe in contrasto con gli scopi della legge e creerebbe una non spiegabile disparità di trattamento con altri minori, ai quali, in quanto abbandonati solo dopo l'ottavo anno di età, sarebbe applicabile la sola adozione ordinaria.

Così inquadrato il problema - sempre secondo l'Avvocatura - non si determina alcun contrasto tra il primo comma dell'art. 314/4 e l'art. 3 della Costituzione, atteso il costante orientamento di questa Corte, secondo cui la diversità di trattamento é legittima quando si riferisca a situazioni oggettivamente diverse, secondo il razionale potere discrezionale del legislatore ordinario.

Né il contrasto può essere profilato in relazione all'ultimo comma dello stesso articolo, in quanto la deroga in esso contenuta si giustifica razionalmente con l'esigenza di tutelare la legittima aspettativa creatasi nel minore con l'inizio del procedimento di adottabilità.

D'altra parte le eventuali ed ipotetiche situazioni limite prospettate nell'ordinanza di rimessione, non rilevano al fine di impostare diversamente il problema, ove si consideri che in tutti i casi in cui il legislatore fissi massimi o minimi di età é inevitabile che si determinino in fatto inconvenienti pratici, di portata marginale, ma non sufficienti ad intaccare la validità del sistema che sia stato scelto.

All'udienza del 15 ottobre 1969, l'Avvocatura generale dello Stato insisteva nelle precedenti deduzioni e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il tribunale per i minorenni di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314/4 del Codice civile in riferimento all'art. 3 della Costituzione, assumendo che, in funzione dell'acquisto da parte dei minori in situazione di abbandono dello "stato di adottabile", sussisterebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che siano e coloro che non siano stati segnalati prima del compimento dell'ottavo anno.

2. - La questione é ammissibile - non potendo essere accolta la contraria eccezione prospettata dall'Avvocatura dello Stato, poiché la rilevanza é stata sufficientemente motivata - ma non é fondata.

Con la legge 5 giugno 1967, n. 431, istitutiva dell'adozione speciale, il legislatore ha voluto ampliare e migliorare la tutela per i minori che si trovino in situazione di abbandono materiale e morale, prevedendo che gli stessi, dichiarati in stato di adottabilità, possano essere adottati, con la forma speciale, da coniugi ed acquistare lo stato di figlio legittimo di costoro.

Avvertita altresì l'esigenza di tutelare anche la famiglia legittima o naturale di detti minori, ha predisposto condizioni e procedimenti tali da rendere possibile l'adozione speciale, con i relativi effetti giuridici, solo nei confronti dei minori, di cui, con le opportune garanzie, sia accertata l'esistenza della già indicata situazione di abbandono materiale e morale.

Di codesta disciplina fa parte la previsione del procedimento che ha inizio a decorrere dal momento in cui l'organo giurisdizionale (giudice tutelare o tribunale per i minorenni) é messo in grado di avere conoscenza delle situazioni di abbandono, di minori di età inferiore agli anni otto, e termina con la dichiarazione dei minori in stato di adottabilità. Nell'ambito di detto procedimento che crea un presupposto per l'affidamento preadottivo, hanno rilievo la denuncia della situazione di abbandono (art. 314/5 del Cod. civile) da effettuarsi prima che ciascun minore abbia compiuto l'ottavo anno, e l'istanza diretta alla dichiarazione dei minori in stato di adottabilità. Dall'esistenza della prima consegue il necessario e doveroso compimento da parte del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, di attività ed atti, e, presentata l'istanza, dell'eventuale dichiarazione di adottabilità come atto finale del procedimento (in una sua prima fase).

3. - Ora, a proposito della questione di cui si discute nei termini sopra indicati, alla denuncia é ricollegata dall'ordinanza di rimessione l'asserita portata discriminatoria nei confronti dei minori di età inferiore agli anni otto privi di assistenza materiale e morale.

Ma la tesi non é accettabile.

É nella logica del procedimento e risponde alla sua natura e funzione che l'inizio di esso sia ricondotto alla conoscenza del fatto da accertare.

D'altra parte l'istituto dell'adozione speciale risponde alla esigenza di consentire e favorire l'adozione del minore nei primi anni di vita, che sono ritenuti i più adatti per il migliore inserimento del minore stesso nella famiglia adottiva.

In sé, quindi, codesta disciplina, la cui concreta determinazione va per altro ricondotta alla discrezionalità di pertinenza del legislatore, appare certamente appropriata. Con il citato art. 314/5, tenuto conto delle possibili situazioni di abbandono dei minori, é dettata una serie di norme in virtù e in forza delle quali tutti coloro che di quelle situazioni siano o vengano a conoscenza, possono o debbono informarne, direttamente o meno, il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni; ed é così previsto un insieme di strumenti e di modi che ragionevolmente dovrebbero essere idonei e sufficienti per assicurare la conoscenza o conoscibilità di tutte le situazioni di abbandono relative ai minori di età inferiore agli anni otto.

Tutto ciò, ovviamente, non può escludere in fatto che un minore, pur trovantesi in quella situazione, non venga segnalato: ma sembra evidente come da una eventualità del genere non possa dedursi l'esistenza dell'asserita disparità di trattamento giuridico.

4. - Fino al compimento dell'ottavo anno, tutti i minori privi di assistenza materiale e morale (e sempre che la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore) godono sul terreno legislativo di uno stesso trattamento: la situazione di abbandono in cui si trovano, può e deve essere oggetto di denuncia e quindi la possibilità di essere dichiarati adottabili é aperta a tutti.

Come si é già rilevato, il riferimento che con gli artt. 314/4 e 314/5 vien fatto alla denuncia ed al termine massimo entro cui essa può aver luogo, appare sicuramente logico e razionale. E d'altra parte non é censurabile in questa sede che il legislatore abbia scelto come necessaria la via dell'accertamento, ad opera del tribunale per i minorenni, della situazione di abbandono, e non ne abbia ritenuto sufficiente altra tra quelle astrattamente possibili.

Né può influire a favore della contraria tesi il fatto che l'acquisto di una posizione giuridica di vantaggio, per i minori che siano segnalati, ed il mancato acquisto della stessa posizione da parte dei non segnalati, dipendano dal compimento o meno di un dato atto (denuncia) ad opera di soggetti diversi da quelli che siano direttamente e personalmente interessati. Il sistema prescelto, tenuta presente l'età dei soggetti meritevoli di tutela, e valutati gli interessi e le esigenze in considerazione, appare razionale. É previsto come possibile e doveroso l'intervento di chi ha la rappresentanza di quei soggetti o attende alla loro cura o assistenza, ed é previsto pure come possibile l'intervento di chiunque sia a conoscenza di situazioni di abbandono relative a minori di età inferiore agli anni otto; ed é anche ammesso che la segnalazione venga effettuata, con l'istanza di cui al primo comma dell'art. 314/4, dal pubblico ministero, dalle istituzioni per l'infanzia e da chiunque abbia interesse. Si sono, così, tenute presenti le più varie, ampie ed articolate vie di informazione; ed é perciò ragionevole ritenere che l'interesse di tutti i minori in situazione di abbandono sia adeguatamente tutelato e salvaguardato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314/4 del Codice civile, sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 3 dicembre 1969.