Sentenza n. 2 del 1969

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SENTENZA N. 2

 

ANNO 1969

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

 

Prof. Giuseppe BRANCA

 

Prof. Michele FRAGALI

 

Prof. Costantino MORTATI

 

Prof. Giuseppe CHIARELLI

 

Dott. Giuseppe VERZÌ

 

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

 

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

 

Dott. Luigi OGGIONI

 

Dott. Angelo DE MARCO

 

Avv. Ercole ROCCHETTI

 

Prof. Enzo CAPALOZZA

 

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

 

Prof. Vezio CRISAFULLI

 

Dott. Nicola REALE

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, della legge regionale siciliana 10 agosto 1965, n. 21, recante "Trasformazione dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia in Ente di sviluppo agricolo", promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1967 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sul ricorso dell'Associazione generale delle cooperative italiane e della Federazione regionale siciliana dell'Associazione stessa contro l'Assessore per l'agricoltura e foreste della Regione siciliana ed altri, iscritta al n. 153 del Registro ordinanze 1967 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 221 del 2 settembre 1967 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 37 del 26 agosto 1967.

 

Visti gli atti di costituzione dell'Assessore regionale per l'agricoltura e foreste e della Federazione regionale siciliana delle cooperative, e di intervento del Presidente della Regione siciliana;

 

udita nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1968 la relazione del Giudice Angelo De Marco;

 

uditi l'avv. Mario Nigro, per la Federazione regionale siciliana delle cooperative, e il sostituto avvocato generale dello Stato Antonino Terranova, per il Presidente della Regione siciliana e per l'Assessore all'agricoltura e foreste.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

L'Associazione generale delle cooperative italiane e la Federazione regionale siciliana dell'Associazione stessa impugnavano ritualmente davanti al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana il decreto 6 aprile 1966 dell'Assessore per l'agricoltura e foreste della Regione siciliana, con il quale era stato nominato il Consiglio di amministrazione dell'Ente di sviluppo agricolo (E.S.A.).

 

A sostegno del gravame si deduceva l'illegittimità derivata dell'impugnato decreto, in quanto fondato sull'art. 18 della legge regionale 5 (rectius 10) agosto 1965, n. 21, nei confronti del quale si sollevava questione di illegittimità costituzionale sotto diversi aspetti.

 

Premesso, infatti, che il detto art. 18, disponendo circa la nomina dei componenti il Consiglio di amministrazione dell'E.S.A. prevede, fra gli altri, due rappresentanti della cooperazione, stabilendo espressamente che devono essere designati uno dalla Lega nazionale cooperative ed uno dalla Confederazione nazionale cooperative ed escludendo, così, in modo assoluto e definitivo, che nel Consiglio di amministrazione dell'Associazione generale delle cooperative italiane, si prospettavano i seguenti vizi di incostituzionalità:

 

1) Contrasto con l'art. 3 in relazione anche agli artt. 2, 18 e 39 della Costituzione, in quanto con l'inclusione nel Consiglio di amministrazione da una parte delle due Associazioni suddette e l'esclusione, dall'altra, dell'Associazione ricorrente si veniva chiaramente a violare il principio di eguaglianza.

 

2) Contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione ,in quanto, come risulta dalla sentenza della Corte costituzionale 23 marzo 1966, n. 25, se rientra nei principi di buon andamento dei pubblici uffici il disporre che determinati organi collegiali vengano composti anche con la partecipazione di membri che provengano da gruppi sociali operanti nel settore, é necessario tuttavia predisporre un sistema che assicuri la parità fra i gruppi stessi.

 

3) Contrasto con gli artt. 1, 5, 97 e con tutte le norme della Costituzione, da cui si può desumere l'esistenza di un principio di democraticità nell'Amministrazione, in quanto tale principio impone, quando si prevede la partecipazione degli interessati o dei loro rappresentanti alla gestione dei pubblici affari, di dar voce in capitolo a tutti gli interessati ed é, quindi, violato quando si includono alcuni e si escludono altri.

 

4) Contrasto con le stesse norme e lo stesso principio, in quanto nella specie, sia pure ad altri fini, l'art. 6 della legge regionale n. 21 del 1965 riconosce la rappresentatività dell'Associazione generale delle cooperative.

 

Il Consiglio di giustizia amministrativa, con ordinanza 22 febbraio 1967, dopo averne affermata la rilevanza, ai fini della decisione del ricorso davanti ad esso proposto, riteneva non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale sollevata sotto il profilo di violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, affermando che anche l'asserito contrasto con il principio di democraticità, si risolve, in sostanza, in un altro aspetto della Violazione del principio di eguaglianza.

 

In sostanza, nella scelta in via permanente di due sole, su tre associazioni di categoria e l'esclusione, sempre in via permanente, dell'altra per l'esercizio del diritto di designazione di due membri del Consiglio di amministrazione dell'E.S.A., con l'ordinanza suddetta, si ravvisa una violazione del principio di eguaglianza, in quanto, mentre in mancanza di specifica motivazione, il criterio di tale scelta non può ravvisarsi che nella maggiore rappresentatività, non può escludersi che l'Associazione esclusa, alla scadenza del termine di durata in carica del Consiglio di amministrazione, al quale si riferisce il decreto impugnato, possa avere avuto un incremento tale da avere maggiore rappresentatività di una o di entrambe le associazioni prescelte.

 

Dopo le comunicazioni, notificazioni e pubblicazioni di legge, la questione viene ora portata alla cognizione della Corte.

 

Si sono costituite in giudizio, da un lato, la Federazione regionale siciliana dell'Associazione generale delle cooperative italiane (A.G.C.I.), dall'altro, il Presidente della Regione siciliana e l'Assessore per l'agricoltura e le foreste della Regione siciliana, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato.

 

Con la memoria di costituzione il patrocinio della Federazione si é richiamata alla ordinanza di rimessione ed alle deduzioni svolte davanti al Consiglio di giustizia amministrativa, chiedendo che la Corte dichiari fondata la questione, con tale ordinanza sollevata.

 

Alla sua volta l'Avvocatura generale dello Stato, sia nell'interesse del Presidente, quanto in quello dell'Assessore per l'agricoltura e foreste della Regione siciliana, con le memorie di costituzione ha eccepito l'infondatezza della questione, in quanto non sussisterebbe il denunziato contrasto tra la norma impugnata e l'art. 3 della Costituzione, tenuto conto che la individuazione dei due organismi da parte del legislatore costituirebbe la risultante dell'apprezzamento compiuto in ordine alla maggiore rappresentatività, del resto non contestata, degli organismi prescelti mentre la mancata previsione di un sistema di adeguamento alla misura della rappresentatività non attiene al contenuto del giudizio di eguaglianza, dato che spetta, se mai, al futuro legislatore di procedere in modo analogo a quanto operato con la norma impugnata.

 

Questi stessi concetti vengono, poi, richiamati e sviluppati con una memoria depositata il 2 ottobre 1968, con la quale si aggiunge che, come affermato nella sentenza di questa Corte n. 25 del 1966, richiamata ad altri fini nell'ordinanza di rinvio, non si può ravvisare violazione del principio di eguaglianza quando il legislatore ha provveduto in conformità della concreta situazione di fatto esistente nel momento dell'emanazione della legge.

 

Con ampia memoria, depositata il 10 ottobre 1968, il patrocinio della Federazione regionale siciliana delle cooperative, sostiene che, attraverso un'indagine intima e penetrante dell'ordinanza di rinvio, quale la Corte ha ritenuto esserle consentita con le sentenze 20 dicembre 1962, n. 108, 13 luglio 1963, n. 132, 13 gennaio 1963, n. 3, ben può ritenersi che nella specie, nonostante possa apparire il contrario, in base ad un esame meramente formale e sommario, la questione proposta non sia limitata al solo profilo del contrasto con l'art. 3 della Costituzione ma si estende anche al contrasto con l'art. 97 e con il principio di democraticità dell'amministrazione.

 

In base a questa premessa ed attraverso l'esame della motivazione dell'ordinanza di rinvio si sostiene che l'illegittimità della norma impugnata sussiste sotto tutti e tre i profili sopra esposti e cioé non soltanto per contrasto con l'art. 3 ma anche per contrasto con l'art. 97 della Costituzione e con il principio della democraticità dell'amministrazione.

 

Si insiste, pertanto, nel chiedere che questa Corte dichiari fondata la questione proposta.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

Non occorre, anzitutto, accertare la fondatezza dell'assunto del patrocinio della Federazione regionale siciliana delle cooperative, secondo il quale, attraverso una indagine penetrante sulla esatta estensione della questione di legittimità costituzionale, sollevata con l'ordinanza di rinvio, si dovrebbe giungere a ritenere che l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 della legge regionale siciliana 10 agosto 1965, n. 21, sarebbe stata sollevata non soltanto in riferimento all'art. 3 della Costituzione, ma anche in riferimento all'art. 97 ed al principio della democraticità dell'Amministrazione, essendo assorbente il rilievo che tale questione risulta fondata, sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione.

 

Come é stato affermato, tra le altre, dalla sentenza di questa Corte n. 25 del 1966, richiamata ad altri fini nell'ordinanza di rinvio, il principio di eguaglianza deve essere osservato non soltanto nei confronti delle persone fisiche, ma, in quanto sia possibile, anche nei confronti delle persone giuridiche.

 

Se, pertanto, una legge - come nelle specie - dispone che debbono essere chiamati a far parte di un organo amministrativo i rappresentanti di talune categorie, sindacalmente organizzate, é evidente che - salvo a stabilire, in astratto, quali siano i criteri in base ai quali, quando le organizzazioni di categoria siano in numero superiore a quello dei componenti da nominare, questi ultimi debbono essere di volta in volta prescelti e designati - la legge stessa deve assicurare a tutte le organizzazioni di categoria, allo stesso modo, la possibilità astratta di essere rappresentate nella composizione di quell'organo.

 

Ove avvenga altrimenti é chiaro che il principio della parità di trattamento viene violato.

 

Nella specie, su tre organizzazioni di categoria esistenti ed operanti nella Regione siciliana, la norma impugnata ne ha esplicitamente ammesse due e implicitamente esclusa una, senza che ne risultino le ragioni e senza che siano previste per l'avvenire possibilità di avvicendamento.

 

Anche ammesso che, in siffatta previsione normativa, il legislatore regionale si sia ispirato - così come suole fare il legislatore statale - al criterio della maggiore rappresentatività, é evidente che per diverse considerazioni il principio di eguaglianza risulta del pari violato.

 

Anzitutto, la rappresentatività é, per sua natura, soggetta a variazioni sia in aumento sia in diminuzione e, quindi, non si può, in base a quel criterio, perpetuare una situazione che, invece, si deve considerare contingente.

 

Non vale in secondo luogo, obbiettare, come fa l'Avvocatura generale dello Stato, che la legge ben può essere ancorata alla situazione esistente al momento in cui si é provveduto alla prima composizione dell'organo, salvo ad emanarne una nuova, quando, all'atto delle successive composizioni, si dovesse constatare una variazione nella rappresentatività. A parte il fatto che la legge impugnata non contiene - come si é detto - alcun limite di tempo per la statuizione di cui trattasi, non bisogna dimenticare, infatti, che, specie in simili condizioni, la designazione di una associazione e l'esclusione di un'altra viene a creare alla prima una situazione di privilegio, suscettibile di non trascurabili effetti psicologici sugli appartenenti alla categoria, con evidenti possibilità di ripercussione sull'orientamento di essi verso l'una o l'altra associazione, e deformazione del naturale evolvere della loro consistenza, e quindi del loro titolo alla partecipazione a organi come quelli di cui ora si controverte.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, della legge regionale siciliana 10 agosto 1965, n. 21, recante "Trasformazione dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia in Ente di sviluppo agricolo", nella parte in cui, relativamente alla nomina dei due rappresentanti della cooperazione, da effettuarsi su designazione degli organismi regionali, stabilisce: "uno dalla Lega nazionale delle cooperative, uno dalla Confederazione nazionale delle cooperative".

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 1969.

 

Aldo SANDULLI  -  Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -   Costantino MORTATI  -   Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE

 

 

Depositata in cancelleria il 24 gennaio 1969.