Sentenza n. 132 del 1968
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SENTENZA N. 132

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 422 del Codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse dal Tribunale di Ferrara, rispettivamente, il 10 dicembre 1966 nel procedimento penale a carico di Formaggi Mario ed il 24 novembre 1967 nel procedimento penale a carico di Marchioni Dismo, iscritte al n. 6 del Registro ordinanze 1967 ed al n. 13 del Registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38 dell'11 febbraio 1967 e n. 50 del 24 febbraio 1968.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1968 la relazione del Giudice Vincenzo Michele Trimarchi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel procedimento penale a carico di Mario Formaggi, il Tribunale di Ferrara, con ordinanza del 10 dicembre 1966, rilevava che per l'udienza di apertura del dibattimento, in violazione dell'art. 408 del Codice di procedura penale, non era stato citato Luigi Pareschi, il quale rivestiva la qualità di persona offesa e di querelante; che ciò, a sensi dell'art. 412 stesso Codice, comportava la nullità del decreto di citazione a giudizio, ma che tale nullità, per altro, era stata sanata non essendo stata eccepita dal pubblico ministero a termini dell'art. 422 del Codice di procedura penale e cioè immediatamente dopo compiute le formalità di apertura del dibattimento.

Riteneva poi che, in conseguenza di ciò, il Pareschi non si sarebbe potuto più costituire parte civile (essendo state compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento) e non avrebbe potuto quindi far valere più il suo diritto con la costituzione di parte civile in quel procedimento; e per tanto ravvisava esistente un contrasto tra l'art. 422 del Codice di procedura penale e l'art. 24 della Costituzione, perché non solo l'offeso dal reato e querelante non può costituirsi parte civile, ma anche perché la parte civile già costituita viene ad essere pregiudicata, in dipendenza della sanatoria della nullità del decreto di citazione (per mancata citazione di essa parte civile costituita o dell'offeso dal reato e del querelante) a causa dell'inattività del pubblico ministero e senza colpa della parte civile o dell'offeso dal reato e del querelante.

Il Tribunale, infine, dichiarava che la questione, nei termini sopraddetti, era rilevante ai fini della decisione del giudizio, e non manifestamente infondata.

L'ordinanza veniva regolarmente notificata e comunicata, e veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 38 dell'11 febbraio 1967.

2. - In altro procedimento penale, pendente davanti allo stesso Tribunale di Ferrara, a carico di Dismo Marchioni, la Società cooperativa comunale di consumo di Bondeno, la quale si era costituita parte civile ma non lo aveva potuto fare tempestivamente a causa della mancata citazione di essa parte offesa dal reato, ed il pubblico ministero rilevavano il contrasto tra l'art. 422 del Codice di procedura penale e l'art. 24 della Costituzione. Il Tribunale di Ferrara, ritenuto che la dedotta questione aveva carattere pregiudiziale e determinante per la valutazione degli effetti della mancata citazione della parte lesa, e (conseguentemente) della intempestiva costituzione di parte civile; e che la stessa appariva non manifestamente infondata, specie considerando che l'accertamento dei fatti oggetto del procedimento penale, ai sensi dell'art. 28 del Codice di procedura penale fa stato erga omnes e quindi anche nei confronti della parte lesa, e questa in caso di mancata citazione per il dibattimento, si troverebbe praticamente, in sede civile, privata di tutta la fase relativa all' an debeatur in tutti i gradi del giudizio, con ordinanza del 24 novembre 1967 sollevava la detta questione di legittimità costituzionale.

L'ordinanza veniva notificata e comunicata, ed infine pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 24 febbraio 1968.

3. - Nessuna parte si costituiva o spiegava intervento nel giudizio promosso nel secondo procedimento penale (contro il Marchioni). In quello, invece, promosso nel primo procedimento penale (contro il Formaggi) spiegava intervento con atto depositato il 3 marzo 1967 e a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri.

L'Avvocatura, dopo avere rilevato gli orientamenti della giurisprudenza e della dottrina sulla nullità ex art. 412 del Codice di procedura penale e sulla sanatoria della stessa ex art. 422 stesso Codice, deduceva che l'esercizio dell'azione civile nell'ambito del processo penale costituisce una facoltà accordata, e non un onere imposto, alla persona offesa dal reato; che l'interesse che determina l'intervento della parte civile nel processo penale non concerne l'azione penale ma di natura esclusivamente civile; che la persona offesa dal reato può sempre esercitare l'azione civile per la restituzione ed il risarcimento separatamente dal procedimento penale; che la soluzione del problema dell'esercizio dell'azione civile nel processo penale adottata dalla nostra legge processuale "non costituisce necessaria applicazione di alcun principio costituzionalmente garantito, tanto meno di quello previsto dall'art. 24 della Costituzione": l'accordare o meno anche la facoltà di esercitare l'azione civile nel processo penale al cittadino, offeso da un reato, che ha garantita la possibilità di tutelare i propri diritti avanti al giudice civile, resta un problema di mera politica legislativa; che ciò e comprovato dal fatto che sia pure eccezionalmente (procedimenti davanti ai tribunali militari; procedimenti e giudizi di accusa dinanzi alla Corte costituzionale) quella possibilità non é accordata; Che il pregiudizio conseguente all'improponibilità dell'azione Civile per effetto della pronuncia emessa nei confronti dell'imputato, non é da ricollegare alla mancata partecipazione al processo penale della persona offesa dal reato, ma al risultato del processo medesimo per l'efficacia che la pronuncia penale ha sull'azione civile, efficacia dovuta al sistema di coordinamento fra le diverse giurisdizioni; e conclusivamente, che il problema di assicurare alla persona offesa, che non abbia ricevuto la notificazione del decreto di citazione, la possibilità di intervenire nel processo penale oltre i limiti di tempo indicati nell'art. 422 del Codice di procedura penale é un problema di mera politica legislativa che non incide sul diritto garantito dall'art. 24 della Costituzione.

L'Avvocatura chiedeva, per tanto, che la dedotta questione venisse dichiarata infondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Data l'identità delle questioni sollevate con le ordinanze in epigrafe, i due giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. In entrambe le ordinanze, infatti, si considera non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 422 del Codice di procedura penale, e precisamente della parte di codesta norma che prevede la sanatoria (anche) della nullità (conseguente alla omissione della citazione della parte lesa dal reato) comminata dagli artt. 408 e 412 del Codice di procedura penale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

2. - Il Tribunale di Ferrara, con le due ordinanze, di fronte alla stessa specie (mancata citazione dell'offeso dal reato, che, in uno dei due casi, era anche querelante e mancata deduzione della relativa nullità, immediatamente dopo compiute le formalità d'apertura del dibattimento, da parte del P. M.) ha ritenuto di dover interpretare, con riferimento ai casi sottoposti al suo esame, l'art. 422 in relazione agli articoli 408 e 412 del Codice di procedura penale nel senso che é obbligatoria la citazione a comparire davanti al Tribunale per il dibattimento, nei confronti dell'offeso dal reato e del querelante; che, in caso di mancata citazione di dette persone, il decreto di citazione é nullo, e che codesta nullità é sanata se non é dedotta dal P.M. immediatamente dopo compiute le formalità d'apertura del dibattimento.

3. - Per il Tribunale di Ferrara, a seguito della mancata deduzione da parte del P. M. della nullità ex artt. 408 e 412 del Codice di procedura penale, la persona offesa dal reato, non essendo stata sanata né essendo più sanabile codesta nullità, si sarebbe venuta a trovare nell'impossibilità di costituirsi parte civile e cioè di esercitare l'azione civile nel processo penale; ed a causa di ciò, avrebbe subito una violazione del proprio diritto di azione e di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione.

Posta in tali termini, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 422 del Codice di procedura penale appare fondata.

Alla persona offesa dal reato spetta l'azione (civile) per le restituzioni e per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (artt. 2043 e segg. del Codice di procedura civile e 185 del Codice di procedura penale). E tale azione può essere proposta contro chi ha commesso il reato e quando e sia il caso anche contro il responsabile civile davanti al giudice civile o amministrativo ovvero nel procedimento penale, mediante la costituzione di parte civile.

Qualora l'azione civile non sia stata proposta davanti al giudice civile anteriormente al procedimento penale (come nella specie) ovvero, se proposta in sede civile, non sia stata ancora trasferita nel processo penale, la persona alla quale il reato ha recato danno é libera di operare l'anzidetta scelta. In particolare, ha la facoltà di costituirsi parte civile sia durante l'istruzione formale o sommaria che durante le formalità di apertura del dibattimento o anteriormente (arg. ex art. 98 del Codice di procedura penale) e cioè "nel procedimento di primo grado fino a che non siano compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento" (art. 93, comma secondo, Codice di procedura penale).

Sennonché tale facoltà appare ostacolata o compressa dal disposto dell'art. 422 in relazione a quello degli artt. 408 e 412 del Codice di procedura penale, perché l'offeso dal reato si vede preclusa la possibilità di costituirsi parte civile durante le formalità di apertura del dibattimento, non essendo stato formalmente informato circa il luogo, il giorno e l'ora della comparizione e circa l'autorità davanti alla quale si deve comparire (a causa della omessa citazione a comparire), e del pari quella di procedervi successivamente, previa declaratoria della nullità ex art. 312 del Codice di procedura penale (non essendo stata la stessa nullità dedotta a sensi dell'art. 422 del Codice di procedura penale e a causa quindi della relativa sanatoria).

É quindi evidente la violazione dell'art. 24 della Costituzione, secondo cui "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi" e "la difesa é diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento". Perché, come si é rilevato, all'offeso dal reato non é consentito, in dipendenza di fatti a lui non imputabili (omessa citazione in giudizio e mancata deduzione della nullità entro il termine utile), di determinarsi e di procedere alla costituzione di parte civile, per e in tutto il tempo ammesso dalla legge (a seguito della discrezionale e razionale valutazione degli interessi in gioco).

Né vale in contrario osservare che, a seguito della sanatoria della nullità ex art. 422 del Codice di procedura penale, l'offeso dal reato può esercitare l'azione per le restituzioni e per il risarcimento del danno davanti al giudice civile (proponendola, proseguendola o riproponendola) ed assumere che per questo non viene in sostanza a subire alcun pregiudizio, perché in dipendenza di quanto fin qui osservato, non ha modo, come parte civile, di esercitare i poteri che a questa vengono riconosciuti e che rilevano, anche se limitatamente, e agli effetti civilistici ed a quelli penalistici, e soprattutto, anche per le relazioni tra giudicato penale ed azione civile (specie nei termini previsti dagli artt. 25 e 27 del Codice di procedura penale), non può praticamente influire sull'accertamento della responsabilità.

4. - Le ragioni che inducono a ritenere illegittimo, in riferimento all'art. 24, comma primo, della Costituzione, l'articolo 422 del Codice di procedura penale in quanto, ove non venga eccepita, risulta sanata la nullità del decreto di citazione per omessa notifica dello stesso all'offeso dal reato, valgono egualmente a proposito dell'altra ipotesi, cumulativamente considerata con la prima nell'ordinanza del 10 dicembre 1966, e relativa alla sanatoria della nullità del decreto di citazione non notificato al querelante. E ciò perché nelle due ipotesi il presupposto, ai fini della conoscenza del processo e della possibilità di parteciparvi quale parte civile é comune, in quanto concretandosi nell'interesse ad agire in sede penale per l'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno, e perché comunque esiste un interesse autonomo del querelante.

5. - La dedotta questione appare, infine, egualmente fondata sotto il profilo, implicitamente prospettato, della mancata citazione (mediante notifica del relativo decreto) dell'offeso dal reato gia costituitosi parte civile, e del pregiudizio al diritto di difesa (art. 24, comma secondo, della Costituzione) di questa in conseguenza della sanatoria ex art. 422 del Codice di procedura penale della nullità del decreto. Alla parte civile, infatti, viene precluso il compimento di tutta una serie di atti, nell'esercizio dei relativi poteri, ed in particolare vengono addirittura impediti la precisazione e lo svolgimento delle conclusioni a sensi dell'art. 468 del Codice di procedura penale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 422 del Codice di procedura penale nella parte in cui prevede la sanatoria della nullità di cui all'art. 412 del Codice di procedura penale, in relazione al precedente art. 408, anche nei confronti della parte civile, dell'offeso dal reato e del querelante.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1968.

 

Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1968