Sentenza n. 89 del 1968
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SENTENZA N. 89

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, del D.L. 29 marzo 1966, n. 128, e della relativa legge di conversione 26 maggio 1966, n. 311, concernente la proroga dell'efficacia dei piani particolareggiati di esecuzione del piano regolatore di Roma, promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1968 dal Collegio arbitrale costituito presso la Corte d'appello di Roma per la determinazione delle indennità di espropriazione in esecuzione del piano regolatore, su ricorso di Di Fani Tosca ed altri contro il Comune di Roma, iscritta al n. 25 del Registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 9 marzo 1968.

Visti gli atti di costituzione di Di Fani Tosca ed altri e del Comune di Roma, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1968 la relazione del Giudice Michele Fragali;

uditi gli avvocati Antonio Sorrentino e Giuseppe Sammartino, per la Di Fani ed altri, l'avv. Angelo Rago, per il Comune di Roma, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Piero Peronaci, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Prima di decidere su quattro ricorsi proposti per la determinazione dell'indennità di espropriazione di terreni compresi nel piano regolatore di Roma, il Collegio costituito presso la Corte d'appello ai sensi dell'art. 11, quarto comma, del R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che approva quel piano regolatore e le norme per la sua attuazione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, del successivo D.L. 29 marzo 1966, n. 128, convertito con modificazioni nella legge 26 maggio 1966, n. 311, relativo alla efficacia dei piani particolareggiati di esecuzione dello stesso piano generale e di alcune norme contenute nel citato R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981. Ha pure promosso questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico della predetta legge di conversione 26 maggio 1966, n. 311 (ordinanza 10 gennaio 1968).

Le questioni predette sono state proposte:

a) in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con riguardo all'art. 1, terzo comma, del citato D.L. 29 marzo 1966, n. 128, nella parte in cui questo rende applicabili gli artt. 4, 5, 6 e 7 del richiamato R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, alle espropriazioni connesse all'esecuzione dei piani particolareggiati indicati nel primo comma dello stesso art. 1;

b) in riferimento all'art. 102 della Costituzione e alla VI disposizione transitoria della medesima, con riguardo all'articolo unico della suddetta legge 26 maggio 1966, n. 311, nella parte in cui estende l'applicazione dell'art. 2, del sopraindicato R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, alle espropriazioni di cui si é fatta parola.

L'ordinanza ha rilevato che il D.L. 29 marzo 1966, n. 128, ha recepito nell'ambito del nuovo piano regolatore di Roma, nei limiti della conformità ad esso, quelli particolareggiati di esecuzione del piano regolatore di cui al R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, e così ha attribuito al Collegio speciale, che é giudice delle controversie sulla indennità dovuta per le espropriazioni connesse al piano regolatore del 1931, anche la cognizione di analoghe controversie connesse all'attuazione del piano regolatore vigente, e se pure potesse ritenersi che il D.L. 29 marzo 1966, n. 128, abbia semplicemente prorogato l'efficacia del piano regolatore del 1931, si ha sempre la proroga di una giurisdizione speciale, il cui crisma di legittimità costituzionale é ancorato alla data di scadenza del piano regolatore suddetto. Il Collegio ha soggiunto che si profila una disparità di trattamento perché é diversamente determinata l'indennità di espropriazione, a seconda che questa avvenga in esecuzione di piani particolareggiati recepiti dal nuovo piano o in esecuzione di piani particolareggiati nuovi.

L'ordinanza é stata notificata al Comune di Roma e al Presidente del Consiglio dei Ministri il 7 febbraio 1968; alle parti private il giorno 8 successivo. É stata comunicata ai Presidenti delle due Camere il giorno 6 dello stesso mese ed é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 9 marzo 1968 n. 65.

Si sono costituite tutte le parti dei giudizi di merito; é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

2. - Nelle deduzioni depositate il 9 marzo 1968, i proprietari espropriati hanno osservato che, sebbene la rubrica del decreto legge in esame parli di proroga di disposizioni anteriori, il primo ed il secondo comma del suo articolo unico stabiliscono che le previsioni dei piani particolareggiati esistenti hanno efficacia fino all'approvazione di quelli del nuovo piano ed in ogni caso per non oltre tre anni dalla sua approvazione, limitatamente alle parti conformi alle linee e alle prescrizioni di zona del nuovo piano regolatore e, per le zone A e C, per quanto riguarda le previsioni e i vincoli attinenti alle opere pubbliche. Ciò vuol dire che i piani particolareggiati del cessato piano regolatore, quando sono coincidenti con le previsioni del nuovo piano, e nelle parti in cui tale coincidenza si verifica, hanno efficacia nell'ambito di questo, con decorrenza dalla data della sua approvazione; ed é perciò chiaro che i piani particolareggiati anteriori sono stati assunti nel piano regolatore nuovo come strumento della sua attuazione. Ma é anche chiaro che, essendosi stabilito (terzo comma di detto articolo unico) che, per le espropriazioni occorrenti all'attuazione dei piani particolareggiati esistenti e per l'imposizione dei relativi contributi di miglioria, si applicano gli artt. 4, 5, 6 e 7 del R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, dalla sua data di approvazione e fino a tre anni da essa, il nuovo piano regolatore é assoggettato a due distinte disciplina legislative, l'una per le espropriazioni attuative dei piani esistenti, che é quella del predetto R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, e l'altra per le espropriazioni inerenti ai piani nuovi, che é quella prevista. nell'art. 37 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, e nella legge 25 giugno 1865, n. 2359. Ora i due sistemi hanno adottato criteri notevolmente differenti per la determinazione della indennità di espropriazione; e così il proprietario di un fondo compreso nel perimetro del cessato piano che sia espropriato in attuazione del piano nuovo, sarà grandemente favorito, pure essendo in identica situazione del proprietario di fondi compresi nel perimetro del cessato piano, espropriato in base a piani esistenti. Inoltre, proprietari di immobili compresi nel medesimo piano particolareggiato, con identica destinazione ed assoggettati al medesimo vincolo, forse anche limitrofi, subiranno un trattamento diverso, a seconda che la espropriazione sia pronunciata prima o dopo la scadenza del triennio; e non si tratta di un effetto della successione di leggi nel tempo, perché le due norme coesistono fin dal momento dell'approvazione del nuovo piano. l'una essendo applicabile subito e l'altra essendo applicabile alla scadenza del triennio. La diversità dei criteri é evidente. L'art. 37 della legge urbanistica rimanda all'art. 39 della legge generale sulle espropriazioni per pubblica utilità, nel quale si impone il pagamento del giusto prezzo che l'immobile avrebbe avuto in una libera trattativa di compravendita; l'art. 4 del R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, invece, per le espropriazioni di aree con caratteristiche di fabbricabilità comprese nel piano del 1909 e per gli edifici e le aree annesse e pertinenti anche se esterni al detto piano, prevede il criterio della media tra il valore venale e l'imponibile netto alla data della pubblicazione del decreto, capitalizzato dal 3,50 al 7 per cento, e, considerato il secondo termine della media, che si riporta ad un tempo assai lontano, in modo da scinderlo dalla data di espropriazione, essa comporta un dimezzamento effettivo del valore venale, ulteriormente ridotto per il fatto che non devesi tener conto di incrementi di valore dipendenti dal piano; per le aree destinate a strade, piazze o spazi di uso pubblico esterne al piano del 1909 o da queste vincolate, é poi dovuto il puro valore venale indipendentemente dall'edificabilità, divenuto di efficacia falcidiatrice dei valori. Vengono fatte esemplificazioni a dimostrazione dello assunto di disparità.

Quanto alla violazione dell'art. 102 della Costituzione e della VI disposizione transitoria, affermato che il Collegio speciale non può dirsi una sezione specializzata della giurisdizione ordinaria, i proprietari espropriati osservano che, con 'approvazione del nuovo piano regolatore, avvenuta il 16 dicembre 1966, quello del 1931 era automaticamente venuto meno, con tutte le relative implicazioni, fra le quali il ripristino della competenza ordinaria per il giudizio sulle opposizioni alle indennità di espropriazione; tanto vero che, per la sopravvivenza del vecchio piano regolatore é dovuto intervenire il legislatore e che, in sede di conversione del decreto legge, si ritenne di chiarire espressamente il dubbio: la proroga o il conferimento di un'altra attività ad un organo speciale di giurisdizione é istituzione ex novo di esso. Essendo i vecchi piani recepiti nell'ambito di quello nuovo, l'espropriazione di cui si contende é avvenuta in applicazione di quest'ultimo e quindi non si tratterebbe di una perpetuazione della speciale giurisdizione; già per altro di per sé illegittima.

3. - Le deduzioni del Comune di Roma, depositate il 28 marzo 1968, affermano anzitutto che il nuovo piano regolatore di Roma, approvato con decreto del Capo dello Stato 16 dicembre 1965, registrato alla Corte dei conti il 2 febbraio 1966, é entrato in vigore con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'11 febbraio 1966, n. 36, il deposito alla casa comunale, la pubblicazione sul foglio degli annunzi legali e l'affissione dei manifesti (art. 10 della legge urbanistica).

Il Comune rileva inoltre che le disposizioni impugnate hanno natura transitoria e sono rivolte a regolare quelle situazioni pregiudizievoli che si creano inevitabilmente a seguito di un mutamento di regime giuridico; é da escludere pertanto ogni ipotesi di recezione o di inserimento dei piani particolareggiati anteriori in quello nuovo.

La disparità di trattamento non sussiste. Non si può porre a confronto colui che sia stato espropriato in forza del piano regolatore del 1931 con colui che sarà espropriato in forza del piano regolatore del 1935. La valutazione della rilevanza della diversità di situazione non può non essere riservata alla discrezionalità del legislatore, e la parità deve ritenersi osservata quando tutti i cittadini siano trattati alla stessa stregua.

Al giudice speciale, dopo l'entrata in vigore del nuovo piano regolatore, continuano ad essere devolute le stesse vertenze che erano nella sua competenza, per effetto della proroga della validità dei piani particolareggiati del 1931. La giurisdizione speciale non può dirsi cessata con l'entrata in vigore del nuovo piano perché, oltre alle numerose vertenze tuttora pendenti, di cui il collegio é investito, questo é, in ogni caso, tenuto a pronunziarsi, sia sulle opposizioni alle espropriazioni disposte prima dell'entrata in vigore del nuovo piano, sia sulle opposizioni ai contributi di migliorie accertati, a norma dell'art. 1 della legge 4 giugno 1936, n. 1310, entro i cinque anni dall'ultimazione delle opere pubbliche eseguite in attuazione del piano del 1931. La nuova legge urbanistica, che é successiva a quella sul piano regolatore di Roma, troverà applicazione soltanto quando si darà attuazione al nuovo piano regolatore con i piani particolareggiati emanati in base alla legge predetta. Il funzionamento delle giurisdizioni speciali anteriori alla Costituzione é legittimo, perché il divieto costituzionale relativo ai giudici speciali vale soltanto per impedire che ne vengano creati nuovi, e il termine di cui alla disposizione VI non é perentorio.

4. - Il Presidente del Consiglio, nelle sue deduzioni depositate il 29 marzo 1968, rileva, prima di tutto, che l'ordinanza di rimessione non é immune da perplessità, perché ha proposto le questioni oggi in esame, dichiarandole non manifestamente infondate soltanto ove si ritenga che le norme impugnate abbiano recepito nel nuovo piano regolatore i piani particolareggiati elaborati in precedenza. Detti piani vengono presi in considerazione dalla nuova legge come piani di attuazione, non di quello nuovo, ma di quello del 1931, e di essi é semplicemente prorogata l'efficacia per un periodo transitorio e determinato; le opere cui si dà attuazione sono quelle previste dal piano del 1931, attuabile ancora adesso in base all'accertata compatibilità con le previsioni del nuovo piano, e, secondo le nuove disposizioni, il nuovo piano regolatore ha soltanto il carattere di limite per l'accertamento dell'incompatibilità. Ciò basta ad esaurire il fondamento dell'ordinanza di rimessione.

La disparità non sussiste. Per quanto concerne i piani particolareggiati esistenti, l'incidenza della previsione urbanistica sulla proprietà privata si é prodotta fin dal 1931, là dove per i piani futuri detta incidenza prenderà grado dal 1965.

Non sussiste nemmeno la violazione dell'art. 102 della Costituzione: le controversie che si fondano sull'applicazione della legge impugnata non riguardano l'esecuzione del nuovo piano regolatore del 1965, ma sebbene l'esecuzione del piano del 1931. La giurisdizione dello speciale collegio é determinata in relazione all'oggetto, che é costituito dalle controversie nascenti dagli espropri per l'esecuzione del 1931, e tale giurisdizione il collegio conserva fino al momento in cui dette controversie vengono decise; pertanto il richiamo fatto dalla legge impugnata all'art. 11 del R.D.L. del 1931 ha valore di una mera precisazione.

5. - Nella memoria del 29 maggio 1968 i proprietari espropriati hanno osservato che, anche se fossero esatte le ragioni esposte dal Comune e dal Presidente del Consiglio in tema di rapporto fra piano del 1931 e piano del 1965, non é ammissibile che in una stessa città, nello stesso tempo, per una medesima finalità, si abbia un trattamento diverso. Il potere discrezionale del legislatore nell'apprezzamento della eguaglianza e della differenza delle situazioni non é senza limiti; ed é arbitrario un trattamento così fortemente differenziato. Non é il piano regolatore del 1931 che ha dato una determinata destinazione alla proprietà, ma i piani particolareggiati successivi.

Viene ribadito che l'attribuzione di efficacia ai piani particolareggiati del 1931 per le parti conformi al nuovo piano non può essere intesa che nell'ambito del nuovo piano: se il legislatore ha dato quell'efficacia, vuol dire che era venuto meno il titolo del piano del 1931, e, se esso ha limitato quell'efficacia alle parti conformi al nuovo piano, vuol dire che i piani preesistenti sono stati assunti come strumenti di attuazione del nuovo piano. L'art. 18 della legge impugnata, nel regolare il passaggio dal piano regolatore del 1909 a quello del 1931, mantenne in vigore per due anni il piano generale, non quelli particolareggiati, non potendosi concepire questi senza quello, e assoggettò il periodo di proroga alla nuova disciplina per evitare le sperequazioni che oggi si lamentano; la legge impugnata peraltro non conferisce efficacia ai piani particolareggiati, ma alle previsioni di essi. Il carattere transitorio delle norme poteva esonerare dall'obbligo di rispettare i precetti costituzionali.

Quanto alla lesione del principio che fa divieto di istituire giudici speciali, si osserva che la disposizione VI non permette di prorogare la durata della legge anteriore relativa all'istituzione del collegio, e non vale in contrario il fatto che questo deve sopravvivere per le controversie in corso.

Si riconferma l'assunto che la legge impugnata non é di proroga, osservandosi che, se si fosse trattato di una proroga, non sarebbe stato necessario disporre espressamente l'applicazione degli artt. 4, 5, 6, 7 e il del decreto del 1931.

6. - Anche il Comune e il Presidente del Consiglio dei Ministri hanno presentato memorie, in data 29 maggio 1968.

Il Comune insiste nella tesi del carattere transitorio della legge impugnata; afferma che non vi é identità fra la situazione di cui ai piani particolareggiati e quella relativa al piano regolatore nuovo, essendo le espropriazioni che possono essere disposte in base ad esso, subordinate all'adozione di nuovi piani particolareggiati, la cui approvazione equivale a dichiarazioni di pubblica utilità e determina il vincolo; contesta la pertinenza degli esempi fatti dai proprietari espropriati, e deduce che, secondo la relazione alla legge di conversione del decreto legge del 1966, le norme con esso emanate erano destinate ad eliminare qualsiasi disparità di trattamento nell'ambito dello stesso piano regolatore; considera che é insostenibile l'assunto per cui, con la proroga, si sia devoluta al collegio speciale una materia nuova, essendo le nuove controversie connesse a vincoli sorti prima dell'entrata in vigore del nuovo piano regolatore. Il Comune insiste inoltre nel ritenere che la giurisdizione speciale non é cessata e afferma che, se con una norma costituzionale si é riconosciuta la possibilità della proroga delle giurisdizioni speciali esistenti, e se il termine previsto da tale norma non é perentorio, non é configurabile l'illegittimità di una norma che si é limitata a mantenere in vita temporaneamente il collegio.

Il Presidente del Consiglio riconferma la tesi del carattere transitorio della legge e quindi dell'indipendenza dei piani del 1931 da quello del 1965; rileva che le situazioni da comparare non sono quelle relative ai soggetti interessati dai piani prorogati rispetto a quelli interessati dalla prescrizione del nuovo piano regolatore, sebbene rispetto agli interessati al piano regolatore del 1931; e soggiunge che é proprio della normativa transitoria assoggettare a disciplina particolare le situazioni non ancora esaurite all'atto del passaggio da un ordinamento ad un altro.

7. - All'udienza dell'11 giugno 1968 le parti hanno illustrato le relative deduzioni; il Comune ha altresì sostenuto che il collegio speciale é una sezione specializzata della Corte di appello di Roma.

 

Considerato in diritto

 

1. - Non sussiste, nell'ordinanza di rimessione, quella perplessità che ha creduto di ravvisarvi la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L'asserto si basa sul rilievo che l'ordinanza usò la forma ipotetica nel delineare i presupposti delle questioni prospettate, osservando che esse non apparivano manifestamente infondate "ove" si fosse ritenuto che il decreto-legge 26 marzo 1966, n. 128, avesse recepito, nel nuovo piano regolatore di Roma, quelli particolareggiati redatti in base al decreto-legge 6 luglio 1931, n. 981; ma, da tutto il complesso dei motivi adottati dal giudice a quo, si arguisce che egli usò quella forma, per riportarsi al carattere non preclusivo degli argomenti ai quali viene affidata ogni denuncia di illegittimità costituzionale. Essi, nella sede della definitiva pronuncia di merito, potrebbero infatti essere disattesi per una diversa impostazione della controversia.

2. - Il dubbio esposto nell'ordinanza prese corpo perché il collegio speciale non intese congruamente la lettera e la sostanza del decreto-legge denunciato.

Questo altro non fece che determinare l'influenza del nuovo piano regolatore su quelli particolareggiati ancora in pendenza di esecuzione. Ora, regolare l'incidenza di un sistema normativo nuovo su una nuova situazione giuridica costituitasi in precedenza, non vuol dire distaccare la stessa dal suo nesso di derivazione, neanche se alla medesima viene estesa l'applicazione della legge nuova. Tanto più in quanto, come nella specie, la situazione é mantenuta in collegamento con la legge anteriore, sia pure entro certi limiti, come risulta dal terzo comma dell'art. 1 del decreto-legge in esame, che ha lasciato sotto il regime di quello del 1931 i piani particolareggiati suddetti, nelle parti non difformi da alcune prescrizioni del nuovo piano. In tal modo l'ordinamento ha rivelato la volontà di non novare la fonte giuridica dei piani, pur riducendone il contenuto; e ha escluso che l'approvazione del nuovo piano regolatore abbia causato la caducazione di quello precedente, salva la più ristretta efficacia dei piani particolareggiati che vi si appoggiavano.

Il piano generale del 1965 trovò in fase avanzata di esecuzione quello del 1931; sul fondamento di quest'ultimo già da tempo si erano costituiti vincoli alla proprietà privata, e il decreto-legge del 1966 non poteva non tenerli fermi fino al massimo possibile, ad evitare il pregiudizio che avrebbe potuto derivare, all'interesse pubblico, dal vuoto giuridico che, nel caso in cui i piani particolareggiati pendenti fossero divenuti in tutto inefficaci, si sarebbe prodotto fino a quando non avessero avuto effetto quelli nuovi: di regola, del resto, ogni situazione giuridica é governata dalla legge del tempo in cui ebbe a costituirsi.

Non é sostenibile, come invece si é sostenuto, che il decreto-legge impugnato ha inteso negare efficacia a tali piani per il fatto di essersi riferito unicamente ad alcune e non a tutte le loro previsioni, o che esso ha voluto estinguere gli effetti del precedente piano regolatore generale non avendo nominato questo piano, come in altra occasione aveva fatto l'art. 18 del decreto-legge del 1931. Il richiamo solo ad una parte del contenuto dei piani esecutivi ben si spiega: essi venivano parzialmente tenuti in vita, e comunque era sostanzialmente richiamo a tali piani, tanto vero che ai medesimi il decreto-legge impugnato ritorna a riferirsi nel terzo comma del suo art. 1. L'affermazione della persistente efficacia del piano regolatore del 1909, invece che dei suoi piani esecutivi, contiene per implicito l'enunciazione del continuato effetto dei piani medesimi; senza dire che, attorno al 1909, i piani regolatori erano soltanto particolareggiati.

3. - Così essendo, non si può discorrere di estensione della giurisdizione del collegio speciale a controversie nuove, a parte il decidere se controversie nuove possono ritenersi, a tal fine, quelle che potessero proporsi a proposito del piano regolatore nuovo. Le controversie che il decreto-legge denunciato mantiene nella sfera della potestà giurisdizionale del collegio riguardano sempre gli indennizzi per le espropriazioni disposte in dipendenza del piano regolatore del 1931; tanto più che ogni contesa circa i limiti ditale riduzione non rientra nella competenza del collegio speciale, non avendo per oggetto una questione di indennità. Inutilmente perciò il comune ha sollevato il dubbio sulla natura del collegio speciale; dubbio, del resto, infondato, perché non basta a fare ritenere che quell'organo giurisdizionale sia stato inserito nella struttura della Corte d'appello di Roma la circostanza che esso é "funzionante presso" la medesima e che il suo presidente é "designato" dal primo presidente della stessa.

Le indennità poi che, secondo la legge di conversione, devono essere liquidate sulla base delle regole stabilite nel decreto-legge del 1931, riguardano ugualmente le espropriazioni disposte in forma dei piani particolareggiati dipendenti da quello regolatore approvato con detto decreto, perché il terzo comma del decreto-legge del 1966, nel testo modificato in sede di conversione, applica gli artt. 4, 5, 6, 7 e 11 del decreto del 1931 "alle espropriazioni occorrenti alle attuazioni dei piani particolareggiati di cui ai commi precedenti", e quindi ai piani del 1931 rimasti in vigore o ridotti di effetto, non a quelli che derivano dal piano nuovo. Il quale entra in giuoco unicamente come misura dell'effetto ulteriore dei primi, per la relation che si fa ad esso entro un ambito determinato.

Al postutto, se pure i piani particolareggiati del 1931 fossero stati attratti in quello generale del 1965, vi starebbero in posizione a sé stante, tanto che, non solo le previsioni conformi al piano nuovo vi rimarrebbero, ma anche le altre che, pur contrastando con questo, non sarebbero 'fra quelle alle quali il primo comma del decreto-legge denunciato ha tolto valore. E non é, d'altronde, in sé assurdo che, per uno stesso piano regolatore generale, si contemplino trattamenti differenziati in corrispondenza a situazioni ritenute diverse: nella specie non sarebbe assurdo che i piani particolareggiati pendenti al tempo dell'approvazione di quello generale del 1965, fossero ritenuti in esso innestati con l'intero assetto che ricevevano secondo il decreto-legge del 1931, perché l'inserzione si dovrebbe ravvisare rivolta a porre i piani pendenti nella cornice dei limiti ai quali si intendeva farli sottostare, e non altro che a questo. Cosicché pure sotto questo profilo l'inserzione stessa, né farebbe divenire materia relativa al nuovo piano quella che ha per oggetto le controversie sull'indennità dovuta per le espropriazioni di immobili compresi nel piano antico, perché nessuna norma dettata per il piano nuovo regola la liquidazione delle indennità, né differenzierebbe irrazionalmente i criteri stabiliti per tale liquidazione, se diverso é il tempo al quale si deve far risalire l'imposizione dei vincoli di piano esecutivo, a seconda che essi si sorreggano su quello generale del 1931 e sull'altro del 1965.

La deduzione dei proprietari espropriati circa una pretesa irrisorietà dell'indennizzo previsto dal decreto- legge del 1931, non solo in se stesso, ma anche nel confronto con i criteri applicabili al piano del 1965, non forma oggetto dei profili prospettati dal collegio speciale, e non può essere discussa nell'odierno giudizio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta con ordinanza 10 gennaio 1968 dal collegio costituito presso la Corte d'appello di Roma ai sensi dell'art. 11, quarto comma, del R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 marzo 1932, n. 355, che approva il piano regolatore di tale città e le norme per la sua attuazione:

a) in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con riguardo all'art. 1, terzo comma, del decreto-legge presidenziale 29 marzo 1966, n. 128, convertito con modificazioni nella legge 26 maggio 1966, n. 311, per la parte in cui rende applicabili gli artt. 4, 5, 6, 7 del citato R.D.L. 6 luglio 1931, n. 981, alle espropriazioni connesse alle esecuzioni dei piani particolareggiati indicati nel primo comma del suddetto art. 1;

b) in riferimento all'art. 102 della Costituzione e alla VI disposizione transitoria della medesima, con riguardo all'articolo unico della suddetta legge 26 maggio 1966, n. 311, per la parte in cui estende, alle espropriazioni di cui é parola, l'applicazione dell'art. 11 del sopra indicato R.D. L. 6 luglio 1931, n. 981.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 1968.

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI 

 

Depositata in cancelleria il 5 luglio 1968.