Sentenza n. 69 del 1968
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SENTENZA N. 69

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 30 ottobre 1967, depositato in cancelleria il 14 novembre successivo ed iscritto al n. 29 del Registro ricorsi 1967, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sulla competenza a decidere i ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti degli Ispettori provinciali del lavoro, emessi nel territorio della Regione stessa.

Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana; udita nell'udienza pubblica del 10 maggio 1968 la relazione del Giudice Angelo De Marco;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e gli avvocati Enrico La Loggia e Salvatore Villari, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con provvedimento in data 22 giugno 1967, l'Ispettorato del lavoro di Siracusa revocava l'autorizzazione accordata alla locale Cooperativa caricatori e stivatori S. Lucia, in forza dell'art. 5, lett. g, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, ad esercitare in appalto il facchinaggio e la pulizia nell'ambito dello stabilimento delle Cementerie di Augusta S.p.A. Rilevava, infatti, che la cooperativa appaltatrice provvedeva soltanto a fornire prestazioni lavorative, senza approntare mezzi tecnici e meccanici propri e che, quindi, l'appalto ricadeva sotto il divieto dell'art. 1 della citata legge.

Avverso tale provvedimento, sia la cooperativa, sia le Cementerie proponevano ricorso all'Assessorato del lavoro della Regione siciliana, chiedendone, anzitutto, la sospensione dell'esecuzione.

L'Assessorato adito, con decreto 19 luglio 1967, n. 3748, accoglieva la domanda di sospensione e, con nota 21 luglio 1967, trasmetteva i ricorsi all'Ispettorato del lavoro di Siracusa, chiedendo una relazione particolareggiata ai fini della decisione di merito.

Il Ministero del lavoro, venuto a conoscenza di quanto sopra, con una nota del 19 settembre 1967, indirizzata anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, rivendicava la competenza a conoscere dei ricorsi suddetti e, nel contempo, chiedeva che fosse sollevato tempestivamente il conflitto di attribuzione.

La Presidenza del Consiglio aderiva a questa richiesta e, con atto notificato il 30 ottobre 1967, proponeva ricorso a questa Corte, chiedendo che venisse dichiarata la competenza dello Stato (Ministero del lavoro) a conoscere dei ricorsi di cui sopra e, che, in conseguenza, venissero annullati il decreto 19 luglio 1967, n. 3748, dell'Assessore al lavoro e alla cooperazione della Regione siciliana, nonché il provvedimento di cui alla nota 21 luglio 1967, n. 059, diretta dall'Assessore stesso all'Ispettorato provinciale del lavoro di Siracusa.

A sostegno del gravame si deduce, - in sostanza, quanto segue:

1) nel caso in questione, si verte in materia che rientra nella competenza generale amministrativa del Ministero del lavoro, in quanto attiene alla vigilanza nell'applicazione della legislazione sociale nazionale di interesse, evidentemente, nazionale e non locale e, quindi, non trasferibile alla Regione. Tale é, infatti, il compito istituzionale dell'Ispettorato del lavoro cui fa riscontro la funzione di studio, di propulsione, di interpretazione delle leggi, di coordinamento e di controllo, propria del Ministero del lavoro, che, anche per motivi di uniformità, deve necessariamente svolgersi in campo nazionale.

Ciò si desume anche dall'art. 7 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, in forza del quale, la vigilanza sull'applicazione della legge stessa "é affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita attraverso l'Ispettorato del lavoro";

2) le norme della legislazione sociale pongono in atto complessi rapporti giuridici tra cittadini e Stato e, in caso di inosservanza, addirittura specifici rapporti punitivi.

Ora, il rapporto punitivo, in caso di inosservanza delle leggi statali, penalmente sanzionate, resta esclusivamente un rapporto tra Stato e cittadino, cosicché tutti i rapporti giuridici, che necessariamente lo presuppongono e ne condizionano il sorgere, non possono essere trasferiti sotto gli aspetti amministrativi e per gli effetti amministrativi, alla Regione;

3) le funzioni istituzionali di vigilanza sulla applicazione delle leggi statali, proprie dell'Ispettorato del lavoro rendono necessaria la dipendenza gerarchica e funzionale di quell'ufficio dal Governo centrale e, quindi, dal Ministero del lavoro.

Del resto secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 48 del 1965 e n. 3 del 1964) in mancanza di esplicite disposizioni di legge al riguardo, può ritenersi principio acquisito quello, secondo il quale, la competenza a decidere i ricorsi gerarchici, nel campo di attività delle singole Amministrazioni statali spetta ai Ministri e non agli Assessori regionali.

Resiste al ricorso il Presidente della Regione siciliana, il cui patrocinio, con la memoria di costituzione, eccepisce quanto segue:

1) la materia disciplinata dalla legge n. 1369 del 1960 rientra indubbiamente nella legislazione sociale, riguardante i rapporti di lavoro, per la quale, ai sensi dell'art. 17, lett. f, dello Statuto é accordata alla Regione siciliana potestà legislativa, concorrente e, corrispondentemente, ai sensi dell'art.20, comma primo, dello stesso Statuto competenza amministrativa.

Queste norme hanno piena attuazione, in forza del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1952, n. 1138. L'art. 1 di tale decreto esplicitamente dispone, che nella materia suddetta le attribuzioni del Ministero del lavoro, nel territorio della Regione siciliana, sono svolte dall'Amministrazione regionale e l'art. 2, primo comma, dispone che, per l'esercizio delle funzioni amministrative, spettanti alla Regione di cui al primo comma dell'art. 1, sopra riportato, gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, esistenti nel territorio della Regione, dipendono da questa.

Poiché gli Ispettorati provinciali del lavoro rientrano indubbiamente tra detti uffici non vi é dubbio che anch'essi dipendono dalla Regione e ne dipendono non soltanto funzionalmente, ma, in quanto esercitano funzioni di competenza regionale, anche gerarchicamente. Di qui la competenza regionale per i ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti emanati nelle materie suddette.

Né vale opporre che la funzione ispettiva rientra fra le attribuzioni generali di direttive, di coordinamenti, di controlli, che necessariamente spettano allo Stato, perché carattere generale e di interesse generale, specie in materia sociale, hanno tutte le attribuzioni ministeriali, epperò, se si adottasse un siffatto criterio e non quello della materia, adottato dallo Statuto regionale, nessun margine di competenza amministrativa rimarrebbe alla Regione.

2) nella specie la Regione non é intervenuta in un rapporto "punitivo", perché tale non può considerarsi quello derivante dalla pura e semplice revoca di un atto amministrativo;

3) la dipendenza dalla Regione degli uffici periferici del Ministero del lavoro, in quanto esercitino funzioni amministrative trasferite alla competenza regionale é sancita dall'art. 2 del decreto Presidenziale di attuazione dello Statuto e tale dipendenza implica quel potere di revisione dell'operato dell'organo dipendente che si attua attraverso la decisione del ricorso gerarchico.

Nell'interesse della Regione si conclude, chiedendo il rigetto del ricorso e la dichiarazione della competenza dell'Assessore del lavoro e della cooperazione della Regione siciliana a decidere sui ricorsi avverso i provvedimenti degli Ispettori provinciali del lavoro emessi in applicazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369.

Con successive memorie, sia l'Avvocatura dello Stato, nell'interesse del Presidente del Consiglio dei Ministri, sia il patrocinio del Presidente della Regione siciliana, ampiamente illustrano, confermandole, le rispettive tesi sopra riassunte.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione, che é sottoposta all'esame di questa Corte, può così riassumersi: se spetti all'Assessore del lavoro e della cooperazione della Regione siciliana, in forza degli artt. 17, lett. f, e 20 dello Statuto, degli artt. 1 e 2 del D. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138, contenente le norme di attuazione dello Statuto stesso, nonché dell'art. 10 del D.P.R. 10 marzo 1955, n. 520, la competenza a conoscere dei ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti emessi dagli Ispettorati provinciali del lavoro, in forza dell'art. 5, lett. g della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, sul "Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina sull'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi".

2. - Come si é esposto in narrativa, col ricorso si nega tale competenza sotto tre aspetti:

a) la vigilanza nell'applicazione della legislazione sociale nazionale é d'interesse nazionale e non locale, spetta istituzionalmente all'Ispettorato del lavoro e il suo esercizio comporta precise responsabilità, anche d'ordine penale, per gli Ispettori. Non sembra, quindi, che, in questa materia, alla competenza generale amministrativa del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, possa essere subentrata, in Sicilia, una competenza della Regione, che si sia aggiunta a quella riguardante l'attuazione della legislazione regionale.

In particolare, poi, per l'art. 7 della legge 23 ottobre 1960, la vigilanza sull'applicazione di tale legge "é affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita attraverso l'Ispettorato del lavoro";

b) le norme della legislazione sociale pongono in atto complessi rapporti giuridici tra cittadino e Stato e, in caso d'inosservanza, "addirittura specifici rapporti punitivi, che, come tali, restano esclusivamente rapporti tra Stato e cittadino, cosicché tutti i rapporti giuridici, che necessariamente li presuppongono e ne condizionano il sorgere, non possono essere trasferiti sotto gli aspetti e per gli effetti amministrativi alla Regione";

c) le funzioni istituzionali di vigilanza sull'applicazione delle leggi statali, proprie dell'Ispettorato del lavoro, rendono necessaria la dipendenza gerarchica e funzionale dal Governo centrale e, quindi, dal Ministero del lavoro.

Prima di esaminare in particolare le tre tesi prospettate col ricorso, occorre stabilire quali siano il contenuto ed i limiti della competenza amministrativa, spettante in materia di legislazione sociale alla Regione siciliana.

3. - Per l'art. 17, lett. f, dello Statuto, la Regione siciliana ha competenza legislativa concorrente e non esclusiva, per quanto attiene alla legislazione sociale, in materia di "rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato". Nella stessa materia, poi, per l'art. 20 dello Statuto, la Regione ha competenza esecutiva ed amministrativa ed, in forza dell'art. 1 delle norme di attuazione (D.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138) esercita, nel territorio regionale, le attribuzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Infine, ai sensi dell'art. 2, primo comma, delle citate norme di attuazione, per l'esercizio delle funzioni amministrative, spettanti alla Regione nella materia di cui sopra, gli uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, esistenti nella Regione, "dipendono da questa".

Dall'armonico contenuto di tali norme, risulta, quindi, in modo incontestabile che la Regione, in materia di a rapporti di lavoro", a parte la potestà legislativa concorrente, ha una competenza amministrativa, che consiste nell'esercizio, nel territorio regionale, delle attribuzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Questa competenza, evidentemente, non ha altro limite di estensione, che non sia quello determinato dalla materia amministrativa.

Nella materia del "rapporti di lavoro", però, non c'é nella legislazione, che ne disciplina l'attribuzione alla competenza amministrativa della Regione, alcun addentellato che possa far ritenere riservato un margine di competenza al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e pertanto le attribuzioni di quest'ultimo, ripetesi, senza alcuna distinzione o riserva, nel territorio regionale, sono esercitate dalla Regione.

É ben vero che, con la sentenza n. 120 del 1963, questa Corte ha affermato che la legge 23 ottobre 1960, n. 1369, ha voluto instaurare un sistema di garanzie, per impedire l'elusione delle norme protettive del lavoro attraverso l'intermediazione (il marchandage du travail colpito anche dalle legislazioni straniere), ma la Corte ha pure affermato nella stessa sentenza che, per ciò stesso, la legge ha per oggetto la tutela del rapporto di lavoro.

La materia "rapporti di lavoro", come sopra si é posto in rilievo, rientra nella previsione di cui alla lett. f dell'art. 17 dello Statuto siciliano; dunque é materia nella quale la Regione ha competenza legislativa concorrente, in forza della quale potrebbe addirittura, ove se ne manifestasse la opportunità, emanare anche norme dirette a soddisfare particolari esigenze regionali, compatibili con l'interesse nazionale, ed in conseguenza, per l'art. 20 dello Statuto, piena competenza amministrativa.

Ovviamente, poi, così la vigilanza, come la tutela rientrano nell'attività amministrativa, secondo quanto risulta dall'art. 3 delle più volte citate norme di attuazione. Quando una materia é attribuita alla competenza amministrativa di un Ente, non é possibile scindere da essa, senza una espressa norma di legge che lo disponga e che nella specie manca, una sfera di attività, come quella di vigilanza, che in essa rientra, per ritenerla riservata ad altro Ente, sia pure lo Stato.

Concludendo, l'attività istituzionale di vigilanza degli Ispettorati del lavoro, quindi, per quanto attiene alla materia "rapporti di lavoro" ben s'inquadra tra quelle attribuzioni del Ministero del lavoro che, come sopra si é dimostrato, nel territorio regionale, sono esercitate dalla Regione e che, sempre per quanto attiene alla materia del "rapporti di lavoro", gli Ispettorati provinciali del lavoro vanno compresi tra gli Uffici periferici del Ministero del lavoro, esistenti nella Regione, che "dipendono da questa", in forza dell'art. 2 delle norme di attuazione.

Ed allora, se tali Ispettorati esercitano funzioni di competenza regionale ed, in quanto le esercitano, dipendono dalla Regione, non può dubitarsi che sui loro atti e provvedimenti, emessi nell'esercizio di dette funzioni, la Regione, che nel suo territorio, esercita le attribuzioni del Ministero del lavoro, a buon diritto esercita anche quella attività di controllo di legittimità e di merito, che si attua attraverso il ricorso gerarchico.

4. - Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, ad escludere la fondatezza del ricorso sotto tutti gli aspetti con esso prospettati:

a) come si é visto, col fatto stesso che é stata trasferita alla competenza regionale, la materia "rapporti di lavoro" non presenta alcun aspetto di interesse nazionale, così rilevante, da rendere necessaria una riserva di attribuzioni statali. Del resto, nella specie, questa riserva non é preveduta dalla legge e non può desumersi da alcun principio generale.

Né a contrario avviso può condurre la formulazione dell'art. 7 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, che riserva la vigilanza all'Ispettorato del lavoro, giacché, evidentemente, tra le attribuzioni del Ministero del lavoro, devolute, per il territorio regionale, alla Regione sono comprese anche quelle di vigilanza, esercitate a mezzo dell'Ispettorato stesso;

b) che, poi, l'inosservanza di taluni precetti delle leggi sociali costituisca reato, non basta ad attribuire carattere diverso, da quello meramente amministrativo, alle attribuzioni degli uffici preposti alla vigilanza per l'osservanza di tali leggi: il rapporto tra cittadino e Stato a carattere punitivo sorge solo come effetto della constatazione dell'inosservanza della legge, verificatasi nell'esercizio della funzione di vigilanza e non é presupposto di tale funzione;

c) infine non a proposito sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 3 del 1964 e n. 48 del 1965, in quanto a differenza delle singole fattispecie con quelle sentenze esaminate, nel caso presente, come sopra si é dimostrato, le norme di attuazione delimitano, senza possibilità di dubbio, le sfere di attribuzioni, che sono state trasferite dallo Stato alla Regione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinge il ricorso di cui in epigrafe e dichiara che spetta all'Assessore del lavoro e della cooperazione della Regione siciliana il potere di decidere i ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti degli Ispettorati provinciali del lavoro in materia di rapporti di lavoro, emessi nel territorio della Regione stessa.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 maggio 1968.

 

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 17 giugno 1968.