Sentenza n. 49 del 1968
 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 49

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147, istitutivo delle sezioni del Tribunali amministrativi regionali per il contenzioso elettorale, promossi con due ordinanze emesse il 4 aprile 1967 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione V - rispettivamente sul ricorso di Moretto Giuseppe ed altri contro Calvanese Angelo ed altri e di Amadori Celso contro Roberti Enzo, Patrimoni Vincenzo ed altri, iscritte ai nn. 96 e 97 del Registro ordinanze 1967 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 144 del 10 giugno 1967 e n. 157 del 24 giugno 1967.

Visto l'atto di costituzione di Patrimoni Vincenzo; udita nell'udienza pubblica del 28 febbraio 1968 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

udito l'avv. Antonio Stoppani, per Patrimoni Vincenzo.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - A conclusione d'un giudizio, nel quale era intervenuto il sig. Vincenzo Patrimoni in merito alla regolarità di certe operazioni elettorali, il Consiglio di Stato riteneva che avrebbe dovuto rimettere gli atti alla sezione anconetana del Tribunale amministrativo per il contenzioso elettorale istituito con recente legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (sostitutiva dell'art. 83 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570). Ma, se l'art. 2 di questa legge dovesse essere incostituzionale, il Consiglio di Stato sarebbe esso stesso competente in primo grado nelle controversie relative alle operazioni elettorali; perciò, sospettando di illegittimità quella norma, sollevava questione presso la Corte costituzionale con ordinanza 4 aprile 1967 in riferimento agli artt. 101, 102, 108 e 81 della Costituzione.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata e pubblicata.

Il sospetto si fonda innanzi tutto sulla natura di questi collegi, che non sarebbero sezioni ordinarie di Tribunali, poiché i Tribunali amministrativi di cui faranno parte non sono ancora istituiti, né sarebbero sezioni specializzate di organi giudiziari ordinari (le uniche ad essere legittime ex art. 102 della Costituzione); poi sulla loro struttura, poiché nessuno dei componenti é magistrato mentre l'art. 102 richiede che lo siano almeno alcuni; infine sulla loro composizione sia perché due del cinque membri sono funzionari statali la cui indipendenza dal Governo non sarebbe garantita dalla brevità dell'incarico, durante il quale conservano il proprio stato giuridico e la carriera continua ad essere regolata dalla loro amministrazione (artt. 101 e 108); sia perché gli altri tre componenti, essendo eletti dai consigli provinciali, non sarebbero indipendenti da essi e dai partiti politici che vi sono rappresentati: il terzo comma dell'art. 102 della Costituzione prevede, sì, la partecipazione di giudici popolari alla funzione giurisdizionale, ma purché siano cittadini dotati di particolari requisiti e la nomina avvenga con una particolare procedura, garanzia, come l'estrazione a sorte, di idoneità e imparzialità del prescelti: cosa che non può dirsi di quei tre membri elettivi che, essendo designati dai consiglieri provinciali, possono essere espressione di "volontà politica della maggioranza del consigli" e risentire di questa loro provenienza.

La legge, infine, contrasterebbe con l'art. 81 della Costituzione: infatti non prevede la copertura delle spese di retribuzione del due funzionari, a cui spetta il trattamento economico di referendario e rispettivamente di consigliere di Stato, e dei tre membri elettivi, che hanno diritto a gettoni di presenza.

Il sig. Patrimoni si é costituito con atto depositato il 1 luglio 1967, richiamando l'ordinanza di rinvio a questa Corte.

2. - Negli stessi giorni della prima e con uguale contenuto é stata emanata, notificata e pubblicata una seconda ordinanza su eccezione proposta dinanzi al Consiglio di Stato dai ricorrenti Giuseppe Moretto e altri.

3. - Nella discussione orale la difesa del Patrimoni ha illustrato i motivi contenuti nell'ordinanza di rimessione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due cause, avendo ad oggetto la stessa questione di legittimità costituzionale, vanno decise con un'unica sentenza.

2. - Si é denunciato l'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo) in riferimento agli artt. 101, 102, 108 e 81 della Costituzione.

Col primo motivo si avanza il sospetto che, non essendo stati ancora creati i Tribunali amministrativi regionali, gli organi del contenzioso elettorale non possano essere riguardo ad essi né sezioni ordinarie né sezioni specializzate: sarebbero dunque giudici speciali di nuova istituzione, il che contrasterebbe col precetto dell'art. 102 della Costituzione.

La denuncia non può essere accolta. I Tribunali amministrativi per il contenzioso elettorale sono stati concepiti come parte degli istituendi Tribunali amministrativi regionali: infatti hanno competenza nell'ambito della Regione, giudicano su attività di natura amministrativa (regolarità delle operazioni elettorali), sono giudici regionali di primo grado rispetto al Consiglio di Stato (artt. 103 e 125 della Costituzione). É singolare che siano stati creati prima di quei Tribunali di cui devono costituire altrettante sezioni; ma ciò non é motivo di illegittimità poiché mancano norme o principi costituzionali che vietino la gradualità nell'introduzione del nuovi organi di giustizia amministrativa: e poco importa che le Regioni non siano state ancora istituite se si pensa che quei collegi giudicanti sono collegati, prima che alla Regione come ente giuridico, alla Regione come entità territoriale e sociale determinatasi storicamente.

3. - In realtà i futuri Tribunali amministrativi regionali e le sezioni del contenzioso elettorale non sono organi di giurisdizione ordinaria e non soggiacciono a tutte le norme del titolo IV della Costituzione. Sono organi di giustizia amministrativa, che l'art. 103 ricollega al Consiglio di Stato, rispetto al quale s'é detto che costituiscono giurisdizioni di primo grado: e che il Consiglio di Stato sia organo di giurisdizione speciale non può esservi dubbio se l'art. 103 distingue la giustizia amministrativa dalla giurisdizione ordinaria (art. 102), mentre la disposizione VI colloca proprio il Consiglio di Stato fra gli "organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti"; tanto che vi si può accedere anche senza concorso e che esso é sottratto al governo del Consiglio superiore della magistratura, in cui hanno rappresentanza tra i magistrati solo quelli ordinari (art. 104). Perciò le c.d. sezioni del contenzioso elettorale rientrano nelle giurisdizioni speciali consentite dalla Costituzione: il divieto posto dall'art. 102 non le coglie perché si tratta di "organi di giustizia amministrativa" che dovevano e devono essere istituiti (artt. 103 e 125), mentre la disposizione VI non le ricorda accanto al Consiglio di Stato perché si riferisce alle sole giurisdizioni speciali già esistenti.

4. - Con ciò si é respinto anche il secondo motivo col quale si nega, in virtù dell'art. 102, che un collegio giudiziale possa essere composto interamente da cittadini estranei alla magistratura. Una volta escluso che le sezioni del contenzioso elettorale siano giurisdizioni ordinarie, l'art. 102, dettato solo per queste, rimane fuori campo, facendo al caso un'altra norma che invece non pone limiti alla partecipazione di "laici", ma piuttosto esige garanzie (art. 108). Nella "sezione specializzata" una parte dei componenti devono essere magistrati ordinari; ma ciò accade proprio perché si tratta di sezione d'un tribunale ordinario. Invece il collegio che giudica sulle operazioni elettorali, essendo un'articolazione di Tribunale amministrativo, non richiede la presenza di giudici "togati", così come non sembra che la richieda questo stesso Tribunale; del resto non mancano giurisdizioni speciali composte esclusivamente di "estranei", e, se esse dovranno essere sottoposte a revisione, ciò accadrà solo perché sia garantita l'indipendenza dell'organo e dei suoi componenti (art. 108 e disp. VI). Tuttavia, a parere della Corte, una più sicura indipendenza del collegio si otterrà se vi parteciperanno anche persone che abbiano già lo status professionale di giudice o lo acquistino dopo la nomina.

5. - Fondato é invece il terzo motivo che, richiamandosi agli artt. 101 e 108, nega alla composizione del collegio giudicante l'idoneità ad assicurare la indipendenza del giudici e l'imparzialità del giudizio.

Infatti due dei cinque componenti sono funzionari statali (prefetti o vice prefetti) e vengono scelti e nominati su proposta del Presidente del Consiglio con decreto del Capo dello Stato. La nomina governativa di per sé non sarebbe ragione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 1 del 1967) se i funzionari, appena nominati, acquistassero indipendenza rispetto al Governo e alla pubblica amministrazione. Essi, invece, sebbene collocati fuori ruolo, continuano ad appartenerle, beneficiano dei miglioramenti o avanzamenti di carriera, ritornano nei ruoli allo scadere del quinquennio o eventualmente, col proprio consenso, anche prima: situazione di dipendenza del Governo che innegabilmente é accentuata dal possibile o sperato rinnovo della nomina. Solo la definitiva rottura del rapporto di servizio e l'assunzione dello status professionale di giudici renderebbe indipendenti i funzionari nominati dal Governo. Perciò la norma impugnata viola l'art. 108, secondo comma, della Costituzione.

Gli altri tre componenti sono designati, con votazione a maggioranza, dal consiglio regionale o dall'assemblea dei consiglieri provinciali della regione. Questo tipo di scelta di per sé non sarebbe illegittimo (come s'é visto che non sarebbe illegittima la nomina governativa), anche perché il legislatore, non consentendo più d'una designazione per votante, si é preoccupato di evitare che delle designazioni disponessero le sole maggioranze. Preclusioni costituzionali all'uno o all'altro modo di scelta non sussistono, una volta stabilito che si tratta di giurisdizioni speciali, mentre il concorso é prescritto per i soli giudici ordinari (art. 106 della Costituzione), e tenuto conto del fatto che i giudici scelti secondo la legge denunciata non coprono tutta l'area del collegio. Né si può dimenticare che, per una parte, i giudici della stessa Corte costituzionale e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sono eletti e, rispettivamente, designati da organi politici, la garanzia essendo data, nell'uno e nell'altro caso, non dalla fonte della scelta, ma dall'indipendenza del collegio e del giudice.

Sennonché l'indipendenza degli "estranei" designati dai consigli provinciali non é del tutto assicurata dall'art. 2 della legge 1966 n. 1147: e ciò, non perché essi siano in certo senso giudici "in causa propria" (infatti sono persone estranee ai consigli che li hanno designati e portano la volontà di tutta la popolazione regionale); ma perché, al cessare del quinquennio, la designazione può essere rinnovata: la sola prospettiva del reincarico basta a escludere l'indipendenza di costoro dai consigli provinciali o regionali. Come dire che la legge, pur volendoli normalmente inamovibili, é in contrasto con l'art.108 e 101 della Costituzione.

6. - Ne deriva che ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, va dichiarata la illegittimità costituzionale delle disposizioni sulla procedura davanti alla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale contenute nel titolo II del R.D. 26 giugno 1924, n. 1058, le cui norme, in quanto applicabili ai Tribunali regionali amministrativi, non vennero comprese nella dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 30 del 1967.

7. - Resta assorbito l'ultimo motivo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147, recante modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo; dichiara, inoltre, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale delle disposizioni sulla procedura davanti alla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, contenute nel titolo II del R.D. 26 giugno 1924, n. 1058, recante "Approvazione del T.U. delle leggi sulle Giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale".

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 1968.

 

 

Aldo SANDULLI - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ -  Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 27 maggio 1968.