Sentenza n. 24 del 1968
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SENTENZA N. 24

ANNO 1968

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Dott. Antonio MANCA

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo TRIMARCHI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 23 giugno 1965 concernente la "estensione all'Assemblea regionale siciliana dell'art. 3 della legge 9 agosto 1948, n. 1102", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 1 luglio 1965, depositato in cancelleria il 7 successivo ed iscritto al n. 15 del Registro ricorsi 1965.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1968 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Commissario dello Stato, e l'avv. Massimo Severo Giannini, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con il ricorso notificato il 1 luglio 1965 e depositato il successivo giorno 7 il Commissario dello Stato per la Regione della Sicilia ha chiesto che venga dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 23 giugno 1965, con la quale é stata estesa all'indennità ed al rimborso spese stabiliti per i deputati regionali, la disposizione contenuta nell'art. 3 della legge statale 9 agosto 1948, n. 1102.

A fondamento del ricorso, dopo aver rilevato che con la legge impugnata si é voluto applicare ai deputati regionali lo stesso regime fiscale in vigore per i membri del Parlamento, il Commissario assume che l'esenzione in tal modo introdotta viola i limiti che, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, devono essere ricavati dagli artt. 36 e 17 dello Statuto speciale. A parere del ricorrente, infatti, la norma statale richiamata dalla legge regionale, valutata nel complesso di tutte le disposizioni che regolano la materia delle indennità parlamentari, non é dissociabile da quel sistema di prerogative che la Corte in altra occasione - sent. n. 66 del 1964

 - riconobbe non estensibile ai componenti dell'Assemblea regionale: da ciò, secondo il Commissario, discenderebbe l'illegittimità dell'esenzione fiscale in contestazione, priva di valido riscontro nel sistema tributario dello Stato.

2. - Il Presidente della Regione siciliana, costituitosi con atto depositato il 27 luglio 1965, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato infondato. Nelle deduzioni il resistente sostiene che la censura mossa alla legge impugnata poggia su un motivo incoerente, perché se si parte dalla premessa che ai deputati regionali non é stato esteso l'intero corpo delle norme contenute nella legge statale n. 1102 del 1948, ma una sola disposizione, non si può affermare che si sia voluto applicare a quei soggetti il sistema delle prerogative spettanti ai membri del Parlamento. Quanto al contenuto della norma impugnata la difesa della Regione esclude che sia stata introdotta una vera e propria esenzione fiscale: a suo parere, infatti, ci si trova di fronte ad una conseguenza che discende dalla natura stessa dell'indennità, che non rappresenta un corrispettivo del lavoro prestato, anche se nel corso della storia il suo oggetto, originariamente limitato ad un rimborso delle spese, si é allargato fino a comprendere un parziale ristoro delle perdite patrimoniali conseguenti all'espletamento del mandato. Sicché - così conclude la Regione - non essendosi in presenza di un trattamento privilegiato, ma di effetti derivanti dalla natura sostanziale degli emolumenti, la censura di illegittimità costituzionale risulta priva di fondamento.

3. - In una memoria depositata il 24 febbraio 1968 l'Avvocatura dello Stato - dopo aver ricordato che la sopravvenuta legge statale 31 ottobre 1965, n. 1261, soppressa l'esenzione fissata nell'art.3 della legge 9 agosto 1948, n. 1102, ha introdotto per i membri del Parlamento un nuovo regime fiscale (art. 5) e lo ha esteso (art. 6) ai consiglieri delle Regioni a statuto speciale - afferma che la nuova legge 30 dicembre 1965, n. 44, con la quale la Regione siciliana ha parificato le indennità dovute ai deputati regionali a quelle dei parlamentari nazionali, non fa cessare la materia del contendere del presente giudizio, giacché l'esenzione introdotta con la legge impugnata decorre dall'entrata in vigore della legge 9 agosto 1948, n. 1102 e perciò, nonostante le successive statuizioni legislative, spiegherebbe effetti, ove non fosse dichiarata illegittima, da quella data fino al 31 dicembre 1965. Nel merito l'Avvocatura sostiene che l'acquiescenza della Regione alla legge statale n. 1261 del 1965, che ha ribadito la esclusiva competenza dello Stato a determinare esenzioni o privilegi a favore dei consiglieri regionali, conferma la fondatezza del ricorso, che non é scossa dalle argomentazioni svolte dalla controparte: queste, infatti, sono smentite, a suo parere, dalla distinzione che la legge pone fra indennità e rimborso spese ed anche dallo stesso regime introdotto dalle sopravvenute modifiche legislative.

4. - Ad avviso della difesa regionale - che ha depositato una memoria in data 27 febbraio 1968 - la legge statale 31 ottobre 1965, n. 1261, ha modificato la natura sostanziale dell'indennità parlamentare, che solo ora assume il carattere di retribuzione del lavoro prestato: e a questo nuovo regime si é uniformata la Regione con la successiva legge 30 dicembre 1965, n. 44, la quale, in quanto sostituisce integralmente la disposizione impugnata, fa venir meno la materia dell'intendere, perché non ha senso discutere della legittimità costituzionale di una deliberazione che non si é tradotta in legge a causa della impugnativa e non potrà più diventare legge a causa dell'entrata in vigore del nuovo provvedimento che la sostituisce. Dal che consegue, secondo la difesa, che la situazione anteriore alla legge n. 44 del 1965 torna ad essere quale essa era prima della deliberazione della legge impugnata, vale a dire una situazione di fatto nella quale l'indennità dovuta ai membri dell'Assemblea era congegnata a similitudine delle indennità parlamentari: e perciò l'amministrazione finanziaria, se ha qualche pretesa da vantare, può farla valere nelle vie ordinarie e non già attraverso un giudizio di legittimità costituzionale che non ha più ragion d'essere. Dopo aver considerato che se sussistesse un obbligo tributario tutto si risolverebbe in una partita di giro fra Assemblea e Regione, la difesa conclude chiedendo che venga dichiarata cessata la materia del contendere.

5. - Nell'udienza pubblica le parti costituite hanno illustrato le rispettive tesi e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - La legge regionale siciliana 23 giugno 1965 con lo stabilire che all'indennità ed al rimborso spese spettanti ai deputati regionali si applica il disposto dell'art. 3 della legge statale 9 agosto 1948, n. 1102, estende a tali emolumenti: a) il particolare regime fiscale vigente per le indennità mensili e le diarie dovute ai membri del Parlamento; b) il divieto di rinuncia, cessione, sequestro o pignoramento. Per l'esatta individuazione dell'oggetto del presente giudizio va tenuto presente che il ricorso del Commissario dello Stato, nonostante la conclusione con la quale si chiede genericamente la dichiarazione di illegittimità della citata legge senza distinzione fra le sue statuizioni, in realtà - come dimostra la motivazione, rivolta unicamente a contestare il potere della Regione di introdurre una esenzione fiscale - investe il provvedimento solo per la parte in cui esso si riferisce alla prima delle due disposizioni contenute nell'art. 3 della legge statale. In questi limiti, perciò, deve essere condotto l'esame devoluto alla Corte.

2. - Successivamente alla posizione del ricorso la legge statale 9 agosto 1948, n. 1102, é stata abrogata dalla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, la quale, dopo aver stabilito un nuovo trattamento tributario per le indennità parlamentari (art. 5), ne ha disposto l'applicazione anche "alle indennità ed agli assegni spettanti ai consiglieri delle Regioni a statuto speciale" (art. 6); la Regione siciliana, a sua volta, ha emanato la legge 30 dicembre 1965, n. 44, con la quale le disposizioni del citato provvedimento statale, ad eccezione di alcune di esse che qui non interessano, vengono estese ai deputati regionali. Ad avviso della difesa della Regione ciò comporta la cessazione della materia del presente giudizio.

La Corte ritiene che tale conclusione non possa essere accolta. Ed infatti nei giudizi principali di legittimità costituzionale la materia del contendere viene meno solo nel caso, quale fu quello deciso con sentenza n. 87 del 1965, in cui una legge approvata dopo quella impugnata impedisca ogni effetto di questa: e per raggiungere siffatto risultato non é sufficiente che il nuovo provvedimento abbia il medesimo oggetto, ma é necessario che lo disciplini con la stessa decorrenza cronologica della precedente legge. Ciò non si verifica nella presente fattispecie, perché, mentre la legge impugnata stabilisce che il regime tributario disposto dalla legge statale n. 1102 del 1958 si applica ai deputati regionali "con la stessa decorrenza" (e, quindi, dal momento in cui quella entrò in vigore), le successive leggi dello Stato e della Regione non si riferiscono, né esplicitamente né implicitamente, ai rapporti ad esse anteriori: sicché é certo che la legge regionale 23 giugno 1965, ove non se ne dichiari l'illegittimità costituzionale, é destinata a produrre effetti in ordine alle indennità percepite dai deputati regionali fino al momento nel quale sono entrate in vigore le nuove disposizioni.

3. - Nel merito la questione sollevata dal Commissario dello Stato é fondata: la legge denunziata, infatti, ha stabilito una vera e propria esenzione fiscale e nel disporla ha oltrepassato quei limiti entro i quali in forza dell'art. 36 dello Statuto la Regione può legittimamente provvedere.

Quanto al primo punto, non si può accogliere la tesi prospettata dalla resistente, secondo la quale l'inapplicabilità di ogni tributo e la non computabilità agli effetti dell'accertamento del complessivo reddito e della determinazione delle aliquote di imposta sarebbero conseguenza del carattere non retributivo degli emolumenti, dei quali la legge 23 giugno 1965 definirebbe indirettamente la natura. Ed invero ciò vale, certo, per le somme stabilite a titolo di rimborso di spese, ma non anche per le indennità alle quali la legge stessa, espressamente distinguendole dalle prime, mostra di assegnare una funzione affatto diversa: di tal che risulta evidente che ci si trova di fronte ad un vero e proprio reddito percepito dai deputati regionali a causa della carica ricoperta. Non si vuole con ciò negare che le indennità fisse mensili possano in parte essere attribuite anche per le spese che il parlamentare deve sostenere al di là di quelle necessarie per partecipare alle sedute dell'Assemblea (e a ciò corrisponde la disciplina ora stabilita dalla legge statale 31 ottobre 1965, n. 1261 e, per relationem, dalla legge regionale siciliana 30 dicembre 1965, n. 44); quel che si vuol dire é che esse non hanno né possono avere solo quella finalità. In un regime democratico a larga base popolare e nell'ambito del quale il potere non é riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio il legislatore ha l'obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per consentire anche ai non abbienti l'accesso alle cariche pubbliche e l'esercizio delle funzioni a queste connesse. In attuazione di questo indirizzo, che si ricava dal principio generale formulato nel secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, sia la Costituzione (art. 69) sia alcuni Statuti speciali espressamente assicurano ai membri del Parlamento ed ai componenti del consigli regionali la corresponsione di una indennità, demandandone alla legge la determinazione: sicché essa, almeno nella misura in cui non é destinata a coprire le spese, assume l'indubbio carattere di reddito.

Accertato in tal modo che l'esclusione dell'imposizione tributaria, riferita all'intero importo delle indennità, si risolve in una esenzione fiscale, resta da vedere se la Regione avesse il potere di disporla.

Per decidere la questione sotto questo ulteriore aspetto é sufficiente far riferimento alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, nell'esercizio della competenza attribuita dall'art. 36 dello Statuto, la Regione siciliana non può introdurre agevolazioni od esoneri tributari che non trovino riscontro in un corrispondente tipo esistente nella legislazione statale. Nel caso in esame si deve escludere che la legge regionale 23 giugno 1965 per il fatto di aver stabilita una disciplina identica a quella dettata dalle norme statali per i membri del Parlamento possa in questo trovare la sua giustificazione costituzionale. In proposito non é affatto necessario accertare se, come si afferma nel ricorso, l'esenzione disposta nella legge statale 9 agosto 1948, n. 1102, vada collocata nel quadro delle prerogative spettanti ai componenti della Camera del deputati e del Senato della Repubblica, ma é sufficiente rilevarne il carattere eccezionale. Al Parlamento nazionale, infatti, deve essere riconosciuta una posizione costituzionale del tutto peculiare (cfr. sentenza n. 66 del 1964), in ragione della quale le norme che si riferiscono ad esso od ai suoi membri sono da qualificare come diritto singolare: e perciò quelle che qui interessano non sono idonee a costituire un "tipo" di esenzione al quale la Regione possa legittimamente richiamarsi.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 23 giugno 1965 e concernente la "estensione alla Assemblea regionale siciliana dell'art. 3 della legge 9 agosto 1948, n. 1102", limitatamente alla parte in cui dispone che l'indennità parlamentare stabilita per i deputati regionali é esente da ogni tributo e non può essere comunque computata agli effetti dell'accertamento del reddito imponibile e della determinazione dell'aliquota per qualsiasi tributo dovuto sia allo Stato che ad altri enti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 1968.

 

 

Aldo SANDULLI - Antonio MANCA - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo TRIMARCHI

 

 

Depositata in cancelleria il 17 aprile 1968.