Sentenza n. 10 del 1966
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SENTENZA N. 10

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, prima parte, del R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, concernente l'istituzione e il funzionamento del Tribunale dei minorenni, promosso con ordinanza emessa il 12 gennaio 1965 dal Pretore di Iseo nel procedimento penale a carico di Ferrari Paolo e Donati Remigio, iscritta al n. 7 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52 del 27 febbraio 1965.

Udita nella camera di consiglio del 18 novembre 1965 la relazione del Giudice Michele Fragali.

 

Ritenuto in fatto

 

Un'ordinanza emessa il 12 gennaio 1965 dal Pretore di Iseo ha prospettato a questa Corte l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, capoverso, prima parte, del R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, relativo all'istituzione e al funzionamento del Tribunale dei minorenni.

La disposizione denunciata esclude dalla competenza del Tribunale predetto i procedimenti penali per i reati commessi dai minori degli anni diciotto quando in essi vi siano coimputati maggiori di tale età; e il Pretore solleva il dubbio che tale esclusione violi l'art. 3 della Costituzione, perché fa esercitare la competenza specializzata non su tutti i minorenni, ma soltanto su alcuni di essi, benché pure gli altri si trovino nella stessa obbiettiva condizione della minore età. Il Pretore osserva che l'opportunità del simultaneus processus non giustifica l'eccezione perché, a differenza di quanto avviene per effetto delle norme sulla connessione, non trasferisce la cognizione del reato da uno ad un altro giudice ordinario, ma sottrae un minore al giudice per esso precostituito e rende financo possibile che egli venga difeso da un professionista non idoneo a comprendere l'opera rieducativa che lo Stato esercita verso i minorenni, secondo i requisiti richiesti dall'art. 12 del citato R.D.L. del 1934.

L'ordinanza é stata notificata all'imputato Ferrari Paolo il 22 gennaio 1965 ed il 28 successivo all'altro imputato Donati Remigio; al Pubblico Ministero il giorno 21 precedente, al Presidente del Consiglio dei Ministri il 22 dello stesso mese. É stata poi comunicata ai Presidenti delle due Camere il 30 gennaio 1965.

Non v'é stata costituzione di parti.

 

Considerato in diritto

 

La sentenza di questa Corte del 4 luglio 1963, n. 130, ha deciso che non contrasta con l'art. 25 della Costituzione la deroga alla competenza generale del Tribunale dei minorenni, quando siano coimputati maggiori e minori dei diciotto anni; e ciò sotto il riflesso che essa é ispirata alla necessità del simultanens processus per ogni caso di connessione, che é alla base di uno dei criteri fondamentali di attribuzione della competenza giurisdizionale.

Questa deroga non contraddice nemmeno alla norma dell'art. 3 della Costituzione, come ora invece dubita il Pretore di Iseo.

Non vi contraddice perché la circostanza che il minore degli anni diciotto sia imputato in concorso con persone di età maggiore, causa una situazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, e rende inevitabile una normativa particolare. L'unicità del procedimento é, in questo caso, giustificata dalla esigenza di uniformità nel giudizio sull'accertamento del fatto e sulla sua valutazione; che é una regola razionale di scelta legislativa, a preferenza dell'altra implicante la separazione dei procedimenti, la quale crea rischio di incoerenze e di contrasti di decisioni, oppure soltanto di incompletezza nell'esame dei fatti. Presupposta la necessità di precostituire la competenza di uno solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero potuto avere l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre il minore nella competenza del giudice precostituito per il maggiore degli anni diciotto, anziché portare quest'ultimo innanzi al giudice dei minorenni, sulla base di una valutazione della concreta idoneità dei due organi all'esplicazione della rispettiva funzione del procedimento unico. Questa Corte, nella citata sentenza del 4 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che la scelta compiuta dalla legge non può formare oggetto di sindacato di legittimità costituzionale; e il giudizio così espresso deve ora essere confermato, sia perché il simultanens processus potrebbe talora essere imposto proprio da una esigenza di eguaglianza fra i coimputati ove si consideri il pericolo già accennato di difformità di giudizio sulle medesime ipotesi di fatto, sia perché la legge istitutiva del Tribunale dei minorenni dà la possibilità della separazione dei processi ove l'unico processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma che permette tale divisione fu dichiarata illegittima con la suddetta sentenza 4 luglio 1963, soltanto nella parte in cui affidava al Procuratore generale della Corte di appello ogni decisione sull'opportunità dello spostamento di competenza, e gli dava poteri espressamente qualificati come esenti da qualsiasi sindacato. La stessa sentenza faceva "salva una nuova disciplina della materia"; ma la mancanza attuale di questa nuova normativa né include l'illegittimità costituzionale del principio di separabilità dei procedimenti, né travolge nell'illegittimità costituzionale la regola che unifica il processo innanzi all'organo ordinario, ove debba essere ritenuto inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre di intendere il sistema nella sua completezza, per decidere se esso, quando, nella singola fattispecie, l'unione non si giustifichi, solleciti l'ordinaria competenza del giudice a pronunciare sulla necessità della scissione, per meglio realizzare la volontà della legge istitutiva del Tribunale dei minorenni.

Non si vede pertanto come il principio di eguaglianza resti compromesso dalla norma denunciata, che contiene in sé un temperamento al rigore della regola di connessione. Quando questo temperamento non risulta attuabile, la diversità di trattamento che il minore riceve rispetto ad altri minori dipende, sia quanto alla competenza sia quanto al procedimento e quindi alla specializzazione della difesa (sulla quale particolarmente si sofferma l'ordinanza di rimessione), da una diversità sostanziale della situazione che si determina quando sono coimputati maggiori e minori di diciotto anni rispetto a quella che si concreta quando gli imputati hanno tutti una età minore dei diciotto anni. Questa diversità va considerata anche se implica il sottrarre competenza ad un giudice specializzato, perché i principi della connessione non concernono soltanto problemi di ripartizione di competenza tra giudici ordinari, come invece ritiene il Pretore di Iseo (arg. art. 49 del Codice di procedura penale).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, prima parte, del R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, concernente l'istituzione e il funzionamento del Tribunale dei minorenni, proposta dal Pretore di Iseo con ordinanza del 12 gennaio 1965, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO  

 

 

Depositata in cancelleria il 8 febbraio 1966.