Sentenza n. 67 del 1965
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SENTENZA N. 67

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5, promosso con ordinanza emessa il 7 luglio 1964 dal Conciliatore di Monsummano Terme nel procedimento civile vertente tra Lombardi Rolando ed altri ed il Comune di Monsummano Terme, iscritta al n. 130 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 212 del 29 agosto 1964.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 3 giugno 1965 la relazione del Giudice Antonio Manca;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Stefano Varvesi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Alcuni componenti della Commissione elettorale mandamentale di Monsummano Terme (nominati dal Consiglio provinciale) convennero davanti al Conciliatore l'amministrazione comunale, per ottenere il pagamento dei gettoni di presenza corrispondenti ad alcune sedute effettuate in eccedenza al numero di dodici mensili, stabilito dall'art. 3 del decreto legislativo 11 gennaio 1956, n. 5.

Il Conciliatore, accogliendo l'eccezione dedotta dagli attori, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del predetto articolo, nella parte in cui stabilisce che, per un medesimo componente o segretario, anche se facente parte di più commissioni, consigli, comitati o collegi, non può gravare a carico del bilancio di ciascuna amministrazione un numero di gettoni superiore a dodici per ogni mese: disposizione applicabile anche ai componenti delle Commissioni elettorali mandamentali, ai sensi dell'art. 18, ultimo comma, della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, concernente le norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta delle liste elettorali.

Il Conciliatore, ritenuta la rilevanza di tale questione, esprime il dubbio che la disposizione, ora ricordata, sia in contrasto con il primo comma dell'art. 36 della Costituzione. Ciò in quanto, per le sedute eventualmente effettuate in numero superiore a dodici mensili, si verificherebbe l'ipotesi di un lavoro prestato senza corrispondente retribuzione e un indebito arricchimento a favore dell'amministrazione.

L'ordinanza, dopo le prescritte formalità della notificazione e delle comunicazioni, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 1964, n. 212.

In questa sede é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato le deduzioni il 18 settembre 1964.

La difesa dello Stato deduce l'infondatezza della questione.

Osserva anzitutto che la disposizione del primo comma dell'art. 36 presuppone un rapporto di lavoro, sulla base di uno scambio tra prestazione e controprestazione, con riguardo obiettivamente alla prestazione e subiettivamente alla situazione del lavoratore. Onde non troverebbe applicazione al di fuori di tali presupposti come nel caso di specie; nel quale si tratterebbe invece dell'incarico di una pubblica funzione di carattere istituzionalmente onorifico; il quale carattere non verrebbe meno con la corresponsione di un'indennità, sostanzialmente diversa dalla retribuzione inerente al rapporto di lavoro.

Né sarebbe esatto che, in base alla disposizione impugnata, potrebbe verificarsi il caso di una prestazione di attività senza adeguato corrispettivo. Giacché la determinazione del numero massimo dei gettoni di presenza, non potendosi questi considerare come retribuzione, in senso tecnico, non importerebbe necessariamente una precisa rispondenza rispetto a tutta l'attività eventualmente svolta in concreto dai componenti della Commissione. Tale determinazione invece si ricollegherebbe piuttosto ad un giudizio e ad una valutazione, da parte del legislatore, circa la sufficienza complessiva del compenso: giudizio per sé non contrastante con il precetto costituzionale, tanto più che questo, secondo quanto già affermato da questa Corte (sentenza n. 41 del 1962), non richiederebbe, in linea assoluta e inderogabile, che, a parità di lavoro, debba corrispondere parità di retribuzione.

 

Considerato in diritto

 

L'ordinanza di rimessione, come si é in precedenza accennato, esprime il dubbio se possa ritenersi compatibile con il primo comma dell'art. 36 della Costituzione, 11 limite massimo di dodici gettoni di presenza, stabilito dall'art. 3 del decreto legislativo li gennaio 1956, n. 5, come compenso a favore di ciascun componente di commissioni, comitati o collegi: limite applicabile anche ai componenti delle commissioni elettorali mandamentali, sia per i dipendenti statali, designati dal prefetto, sia per quelli estranei all'amministrazione, designati, fra gli elettori, dal Consiglio provinciale, in base all'art. 18, ultimo comma, della legge 7 ottobre 1947, n. 1058.

Il dubbio peraltro non appare fondato se si considera il carattere particolare dell'attività, che sono chiamati a svolgere i componenti delle commissioni di cui si tratta. Attività che si inquadra fra le prestazioni volontarie di servizi nell'interesse della pubblica Amministrazione. Queste, da un lato, sono soltanto occasionalmente collegate col rapporto di impiego, se effettuate (com'é consentito dall'ordinamento) da dipendenti della pubblica Amministrazione, e, dall'altro, non impegnano l'attività professionale dei componenti estranei all'Amministrazione stessa. Esse, infatti, non costituiscono la fonte principale, o comunque ordinaria, dei loro emolumenti, e danno luogo, se comportano, come nella specie, l'assunzione di pubbliche funzioni, alla figura del funzionario onorario, tradizionalmente distinta da soggetti legati all'Amministrazione dal vincolo impiegatizio.

Nell'un caso e nell'altro quindi, trattandosi di incarichi di natura particolare e saltuaria, i compensi stabiliti dalle varie leggi, sotto diverse forme, sono generalmente e concordemente considerati come compensi speciali, istituzionalmente distinti, quale che sia il loro ammontare, dalla retribuzione, in quanto (per restare nell'ambito dell'attuale controversia) costituisce il corrispettivo dovuto, secondo le leggi organiche, per le prestazioni inerenti al pubblico impiego.

Tali compensi pertanto, anche riguardo ai componenti estranei all'Amministrazione, non comportano l'applicazione dei requisiti inscindibilmente richiesti dal primo comma dell'art. 36 della Costituzione: la rispondenza cioè alla qualità e alla quantità del lavoro prestato (rispondenza peraltro non richiesta, in via assoluta e inderogabile, neppure nel caso delle vere e proprie retribuzioni, come ha già ritenuto questa Corte con le sentenze nn. 41 del 1962 e 78 del 1964) e la sufficienza ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

Contrariamente perciò all'assunto dell'ordinanza non può ritenersi in contrasto, con il precetto costituzionale, la disposizione impugnata, in quanto, sulla base di una valutazione presuntiva, da parte del legislatore, circa la qualità e l'entità del lavoro da espletare dalle commissioni elettorali in questione, rapporta il compenso, nel massimo, ad un determinato numero di sedute, non superiore a dodici mensili per ciascun componente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto legislativo 11 gennaio 1956, n. 5, in riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 giugno 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 1965.