Sentenza n. 8 del 1965
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SENTENZA N. 8

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige il 13 maggio 1964 in materia di "Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 3 giugno 1964, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 12 successivo ed iscritto al n. 10 del Registro ricorsi 1964.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione Trentino-Alto Adige;

udita nell'udienza pubblica del 2 dicembre 1964 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'avv. Giorgio Franco, per il Presidente della Regione Trentino-Alto Adige.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato alla Regione autonoma del Trentino-Alto Adige il 3 giugno 1964 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge, riapprovata all'unanimità dal Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige nella seduta del 13 maggio 1964, in materia di "Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico". Tale impugnativa venne poi ratificata nella riunione del Consiglio dei Ministri del 5 giugno 1964.

Il ricorso é stato depositato nella cancelleria della Corte il 12 giugno e pubblicato nel Bollettino regionale della Regione del Trentino-Alto Adige, n. 26, del 23 giugno, e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157, del 27 giugno 1964.

L'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, premette nel ricorso che la impugnativa é proposta, in applicazione dell'art. 127 della Costituzione, dell'art. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e degli artt. 5, 82 e 95 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige e conclude perché sia dichiarata la illegittimità costituzionale, con conseguente annullamento, del disegno di legge impugnato, che afferma viziato sotto un duplice aspetto.

Anzitutto esso avrebbe oltrepassato i limiti posti dall'art. 5 dello Statuto regionale all'attività legislativa complementare della Regione, essendo in contrasto con i principi stabiliti dalle leggi dello Stato, e in particolare dal decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468, per la "Disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico".

Questo regola in modo diverso le vendite a prezzo unico e quelle al minuto, attribuendo la competenza a rilasciare le licenze relative alle prime ai prefetti anziché ai sindaci; il disegno di legge impugnato unifica invece la disciplina in materia, tanto per ciò che concerne tali attribuzioni, quanto nei riguardi della competenza ad esaminare i ricorsi amministrativi proposti dagli interessati.

In secondo luogo la Regione non avrebbe potuto disporre il trasferimento ad altri organi di compiti e poteri spettanti ad organi statali, cioè ai prefetti, senza che ciò fosse preceduto dalle relative norme di attuazione previste nell'art. 95 dello Statuto regionale, richieste anche dalla necessità di un coordinamento atto a salvaguardare i principi, cui si ispira la disciplina della materia.

La Regione autonoma del Trentino-Alto Adige, in persona del suo presidente dott. Luigi Dalvit, con la rappresentanza e la difesa dell'avv. Feliciano Benvenuti, si é costituita in giudizio per resistere al ricorso, con memoria depositata in cancelleria il 20 giugno 1964.

La difesa della Regione osserva anzitutto che questa ha ritenuto opportuno disciplinare la materia del rilascio delle licenze per la gestione dei magazzini di vendita a prezzo unico, dopo avere già provveduto a disciplinare quella del rilascio delle licenze commerciali con la legge regionale 7 febbraio 1952, n. 2; questa legge era stata approvata senza provocare alcuna impugnazione od eccezione da parte dello Stato, cosicché si poteva ritenere pacifico che la competenza della Regione in materia derivasse dalle norme di attuazione contenute nel titolo IV, "Industria e commercio", del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574.

D'atra parte, l'Amministrazione regionale si é convinta che le due forme di vendita, quella delle licenze generiche e quella delle licenze a prezzo unico, costituiscono un unico sistema nella organizzazione del mercato di distribuzione, sicché non é possibile avere un armonico ed ordinato sviluppo di quel sistema se non vi sia anche una disciplina unitaria del settore e la riconduzione di essere ad una visione generale altrettanto unitaria.

Non sarebbe neppure esatto - secondo la difesa della Regione - che il disegno di legge impugnato abbia oltrepassato i limiti posti dall'art. 5 dello Statuto, nel senso che la disciplina delle vendite a prezzo unico, attribuita al prefetto, sarebbe diversa da quella della vendita al minuto, affidata al sindaco, in quanto dettata su un piano più generale e unitario: la competenza del prefetto era stata determinata dal fatto che allora (nel 1938) il prefetto era presidente del Consiglio provinciale delle corporazioni, ma oggi, posto che nella Regione del Trentino-Alto Adige i ricorsi in materia di licenze commerciali devono essere proposti alla Commissione regionale istituita dalle norme di attuazione citate (art. 27 del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574), se le competenze in materia di magazzini a prezzo unico rimanessero ai prefetti verrebbe meno proprio la unitarietà del settore e del controllo relativo.

Si afferma poi che il disegno di legge non ha disposto il trasferimento di compiti e poteri spettanti ad organi statali, ma la assunzione di poteri da parte di una Regione abilitata dallo Statuto all'esercizio delle funzioni amministrative nella materia, con la automatica conseguenza della assunzione, da parte della Regione, dei propri poteri.

Si insiste infine sul punto che le norme di attuazione dettate in materia di industria e commercio hanno determinato il passaggio delle relative funzioni dallo Stato alla Regione, e che il silenzio di esse sul punto dei magazzini all'ingrosso non può avere altro valore se non quello che lo Stato non ha ritenuto di dover dare disposizioni particolari nella materia. Sostiene anzi la difesa della Regione che le norme di attuazione esistono anche in questo caso, poiché debbono intendersi tali non soltanto le proposizioni positive ma anche quelle negative, le quali si limitano a dire che non vi é bisogno di una speciale disciplina per le materie non considerate.

L'Avvocatura generale dello Stato ha depositato in data 30 settembre 1964 una memoria, intesa anzitutto a porre in luce le differenze rilevabili fra la disciplina legislativa statale del rilascio delle licenze di commercio, a seconda che riguardino le vendite in genere ovvero quelle dei magazzini a prezzo unico: le prime affidate ad organi locali (sindaco, con eventuale ricorso alla Giunta provinciale amministrativa), le seconde esclusivamente ad organi dello Stato (prefetto, con ricorso al Ministero dell'industria e commercio), quindi in sede centrale, su di un piano più generale ed unitario, appunto perché tali magazzini interessano non solo l'economia locale, ma anche quella nazionale.

Essa insiste poi sulla considerazione che le norme di attuazione dello Statuto regionale trasferiscono alla Commissione prevista dall'art. 27 del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, esclusivamente le attribuzioni già demandate alla Giunta provinciale amministrativa in materia di licenze comunali. Conclude quindi perché la Corte dichiari costituzionalmente illegittimo e conseguentemente annulli il disegno di legge regionale impugnato.

Le conclusioni enunciate negli scritti difensivi sono state riaffermate all'udienza dai patroni dello Stato e della Regione.

 

Considerato in diritto

 

La Corte ritiene fondate le censure mosse al disegno di legge impugnato.

Non sembra contestabile, infatti, che né le norme di attuazione contenute nel D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, né altri testi legislativi statali, hanno disposto la attribuzione alla Regione del Trentino-Alto Adige della competenza a disciplinare la materia dei magazzini di vendita a prezzo unico, regolata da una apposita legge dello Stato (decreto-legge 21 luglio 1938, n. 1468); e che, comunque, la disciplina dettata nel disegno di legge regionale é in evidente contrasto con i principi, ai quali si é inspirata la legislazione statale.

La tesi sostenuta dalla difesa della Regione, che le norme di attuazione dettate in materia di industria e commercio (Titolo IV del D.P.R. n. 574 del 1951) avrebbero determinato il passaggio delle relative funzioni dallo Stato alla Regione, e che il silenzio di esse sul punto dei magazzini all'ingrosso (più esattamente, di vendita a prezzo unico) non potrebbe avere altro valore se non quello che lo Stato non ha ritenuto di dover dare disposizioni particolari nella materia, non può essere accolta. L'esercizio della potestà legislativa complementare delle Regioni é condizionata all'emanazione di norme di attuazione statali; né sarebbe consentito desumere dal silenzio del legislatore statale una presunzione della volontà di questi di conferire alla Regione il potere di estendere la propria disciplina legislativa a tutte le materie non previste specificamente, neppure argomentando dall'art. 5, n. 3, dello Statuto, che attribuisce alla Regione Trentino-Alto Adige la potestà di emanare norme legislative "nei limiti... dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato" in materia di "incremento della produzione industriale e delle attività commerciali". Questa norma infatti contiene un accenno alla materia del commercio, ma, per la sua stessa formulazione generica, non ne delimita la parte assegnata alla Regione, che può desumersi soltanto dal confronto con la disciplina dettata nelle leggi statali per i singoli tipi di rapporti giuridici.

Dalle disposizioni emanate dallo Stato nei riguardi delle aziende commerciali risulta nel modo più chiaro che il legislatore ha considerato la materia dei magazzini a prezzo unico come nettamente distinta da quella degli altri spacci di vendita, e tale da richiedere una propria e diversa disciplina giuridica; e ciò per una serie di considerazioni, della cui ragionevolezza non si può dubitare, le quali attengono alla cospicua entità dei capitali investiti, all'osservanza rigorosa dei prezzi fissi, al numero dei dipendenti, all'ampiezza delle zone in cui operano tali aziende, collegate solitamente a catena, alle ripercussioni della loro apertura e del loro esercizio anche oltre i limiti dei rioni e persino delle città ove hanno sede, per l'attrazione che esse possono esercitare su talune categorie di acquirenti, modificando i termini ordinari delle situazioni di concorrenza.

Ogni giudizio sulla questione, se la apertura in una data località di nuovi grandi magazzini del genere contribuisca all'incremento delle attività commerciali in senso ampio e comprensivo, o possa, al contrario, recarvi detrimento, danneggiando gravemente le aziende commerciali minori già operanti e determinando situazioni di monopolio o di oligopolio, é delicato e difficile; ed é ragionevole che lo Stato abbia voluto riservarlo ai propri organi, e precisamente ai prefetti, con eventuale ricorso al Ministro per l'industria e il commercio (D.L. 21 luglio 1938, n. 1468).

Poiché la legislazione statale appare informata a così chiari principi, non é consentito ammettere che una Regione possa disporre diversamente, sulla base di considerazioni del tutto diverse, fondate sulla supposizione della esistenza di un sistema unico del mercato di distribuzione, e possa attribuirsi i poteri sopra indicati.

Il precedente, allegato dalla difesa della Regione e non contestato dall'Avvocatura generale dello Stato, concernente la disciplina del rilascio delle licenze commerciali, rispetto alla quale era stato provveduto con la legge regionale 7 febbraio 1952, n. 2, non può essere validamente invocato in causa. Come si é rilevato, la legislazione statale é fondata sul presupposto che la licenza commerciale per i magazzini a prezzo unico deve essere concessa o no in base a principi diversi, e quindi con procedimenti diversi, da quelli propri delle licenze concesse alle aziende ordinarie. Perciò il fatto che lo Stato non abbia mosso critiche alla legge regionale n. 2 del 1952 é ben comprensibile, mentre sarebbe stato singolare che esso non si fosse opposto a che il sistema proprio di quella legge venisse esteso ai magazzini a prezzo unico.

Del resto, non é neppure possibile sostenere che le norme di attuazione dettate in materia di industria e commercio (D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, Tit. IV) presentino incertezze o lacune, le quali debbano essere colmate ricorrendo ad analogie. Esse hanno trasferito alla Regione, con tutta chiarezza, talune attribuzioni, che si é ritenuto opportuno trasferirle, e in particolare quelle relative alle Camere di commercio; in quanto alla Commissione regionale prevista nell'art. 27: "fino a quando non sia diversamente disposto con legge dello Stato. . .", e pertanto solo in via transitoria, il legislatore si é anche preso cura di disporre la devoluzione al suo giudizio delle decisioni dei ricorsi in materia di commercio ambulante (art. 28); e ciò conferma la conclusione che altrettanto voluta e consapevole é stata la omissione di qualsiasi disposizione diretta a modificare il sistema adottato per i magazzini a prezzo unico, o a consentirne la modificazione da parte della Regione.

Infine, non si può desumere alcun argomento a favore della tesi della Regione del Trentino-Alto Adige dal fatto che la legge statale designasse "il Prefetto, presidente del Consiglio provinciale delle corporazioni" (art. 1 del R.D.L. 21 luglio 1938, n. 1468), sia perché le attribuzioni conferite al prefetto in tale veste sono state chiaramente assegnate al precetto sic et simpliciter dall'art. 1 del D.L. C. P. S. 13 aprile 1947, n. 630, sia anche perché la presidenza di tale Consiglio spettava al prefetto come organo dello Stato, e come tale egli può continuare ad esercitarle fino a che altre eventuali norme di attuazione dello Statuto regionale non intervengano a regolare diversamente la materia.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando sul ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro la Regione del Trentino- Alto Adige, riguardante il disegno di legge 13 maggio 1964 sulla disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico:

dichiara la illegittimità costituzionale del detto disegno di legge.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 febbraio 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 1965.