Sentenza n. 99 del 1964
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SENTENZA N. 99

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIEACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 105 del R. D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1964 dal Tribunale di Palermo nel procedimento penale a carico di Farinella Mario e Fidora Etrio, iscritta al n. 106 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27 giugno 1964.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 21 ottobre 1964 la relazione del Giudice Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale contro Farinella Mario e Fidora Etrio, il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 30 aprile 1964, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 105 dell'Ordinamento giudiziario (R. D. 30 gennaio 1941, n. 12), per il quale - in caso di mancanza od impedimento di un giudice - il Presidente del Tribunale può costituire il collegio, chiamando, quando non può provvedere altrimenti, un vice pretore della stessa sede (e quindi anche un magistrato onorario). Questa norma sarebbe in contrasto con il secondo comma dell'art. 106 della Costituzione, secondo il quale "La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli".

Con una precedente ordinanza lo stesso Tribunale aveva dichiarato infondata la questione sopraindicata, facendo richiamo al primo comma della VII disposizione transitoria della Costituzione, per cui "fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell'ordinamento vigente". Ma dopo la pubblicazione della sentenza di questa Corte n. 156 del 5 dicembre 1963, la quale ha deciso che, una volta avvenuta la revisione, sia pure parziale, dell'ordinamento preesistente, anche le norme conservate non possono sfuggire al sindacato di legittimità costituzionale, il Tribunale ha revocato la precedente ordinanza, ha ritenuto non manifestamente infondata la stessa questione riproposta dalla difesa e, disponendo la sospensione del giudizio, ha ordinato la trasmissione degli atti a questa Corte. Nel dispositivo dell'ordinanza, si é fatto riferimento oltre che all'art. 106 anche all'art. 23 della Costituzione.

L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 157 del 27 giugno 1964.

Nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nelle deduzioni depositate in cancelleria e nella memoria del 6 ottobre 1964, l'avvocato generale dello Stato premette che il richiamo all'art. 23 della Costituzione é evidentemente errato, non discutendosi affatto, nella fattispecie, di prestazioni personali o patrimoniali; ed aggiunge che potrebbe intendersi richiamato l'art. 25, sotto il profilo della sottrazione del giudicabile al proprio giudice naturale attraverso l'istituto della supplenza. A questo proposito, rileva che, già con sentenza n. 156 del 1963, questa Corte ha riconosciuto la legittimità di tale istituto, perché la norma dell'art. 25 - pur comportando che la competenza del giudice debba essere determinata in via generale, con adeguate garanzie in casi di deroga, e pur significando che la costituzione degli organi giudicanti non debba avere luogo in vista del singolo processo - non esclude tuttavia che ai vuoti determinatisi negli organi giudicanti si faccia fronte, di volta in volta, o in via permanente oppure in via temporanea, con la supplenza, la sostituzione e l'applicazione.

Per quanto attiene al riferimento all'art. 106 della Costituzione, l'Avvocatura dello Stato osserva che - se si ritiene legittima la supplenza, e cioè che un giudice singolo ordinario possa esercitare temporaneamente ed eccezionalmente le funzioni di componente di un collegio giudicante - la questione posta dalla ordinanza deve ritenersi infondata in quanto il detto articolo consente che dal magistrato onorario siano esercitate tutte le funzioni del giudice singolo e quindi anche quelle temporanee ed eccezionali di supplenza.

Peraltro, il precetto costituzionale ha riguardo propriamente alla nomina del magistrato onorario, ossia alla costituzione del suo status normale nell'ordinamento giudiziario. Ciò non può essere confuso con la possibilità del conferimento di un incarico di mera supplenza presso un organo collegiale, in quanto tale incarico non incide affatto sulla posizione istituzionale del magistrato onorario in ordine alla titolarità ed all'ambito delle ordinarie funzioni attribuitegli con l'atto di nomina.

Pertanto l'Avvocatura dello Stato conclude per la infondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Palermo.

 

Considerato in diritto

 

Il Tribunale di Palermo - con la suindicata ordinanza - ritiene che dal secondo comma dell'art. 106 della Costituzione derivi che il vice pretore onorario possa esercitare soltanto le funzioni ordinarie del pretore, e non quelle eccezionali e temporanee di supplenza; e ritiene pertanto che questo precetto sia violato dall'art. 105 dell'Ordinamento giudiziario, secondo il quale il Presidente del Tribunale - quando manchi o sia impedito un giudice - e non sia possibile provvedere con giudici di altre sezioni - delega, nell'ordine, un pretore, un aggiunto giudiziario od un vice pretore.

La questione non é fondata.

L'art. 106 stabilisce che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso; tuttavia, le funzioni del giudice singolo (pretore e conciliatore) possono essere esercitate da magistrati onorari. Questo essendo il significato della norma in esame, la quale non tratta dell'esercizio delle funzioni giudiziarie e tanto meno della attribuzione di funzioni a determinati organi, non sembra dubbio che la frase: "per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli" debba intendersi come indicazione generica dell'ufficio nel quale i magistrati onorari possono essere ammessi ad esercitare funzioni giudiziarie.

Anche senza tenere conto dell'argomento letterale (la frase "tutte le funzioni" comprenderebbe non soltanto quelle ordinarie, ma anche le funzioni temporanee ed eccezionali derivanti da un incarico di supplenza), per decidere la questione, é sufficiente rilevare che risolvendosi "la nomina" nella costituzione dello stato giuridico del magistrato nell'ambito dell'ordinamento giudiziario, la possibilità di un temporaneo incarico di supplenza presso un collegio giudicante non può essere confusa con un precetto riguardante detto "stato". E già questa Corte ha avuto occasione di affermare che i provvedimenti, i quali, per ragioni contingenti, facciano luogo alla temporanea destinazione di un magistrato ad una sede oppure ad una funzione diversa da quelle alle quali egli sia assegnato, non incidono sullo "stato" dei magistrati (sentenza n. 156 del 1963).

La norma impugnata che pertanto non viola l'art. 106 della Costituzione risponde altresì ad esigenze eccezionali dell'amministrazione della giustizia, che si verificano sopratutto nei piccoli Tribunali, nei quali non é possibile talvolta comporre il collegio giudicante per mancanza di un giudice. Ed il vice pretore onorario può essere chiamato per singole udienze o singoli processi dopo il pretore e l'aggiunto giudiziario, secondo l'ordine fissato dallo stesso art. 105.

Nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione é indicato anche l'art. 23 della Costituzione, ma tale articolo non può essere preso in considerazione perché l'indicazione é errata, non essendo in questione alcuna prestazione personale o patrimoniale, e perché inoltre il riferimento non é sorretto da alcun cenno di motivazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 105 del R. D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) sollevata dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 30 aprile 1964, in riferimento agli artt. 23 e 106 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 1964.