Sentenza n. 80 del 1964
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SENTENZA N. 80

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 7 della legge 12 giugno 1962, n. 567, promosso con ordinanza emessa il 24 marzo 1964 dalla Sezione specializzata agraria del Tribunale di Oristano nel procedimento civile vertente tra Lasiu Benedetto ed il Comune di Nurachi, iscritta al n. 76 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 126 del 23 maggio 1964.

Udita nella camera di consiglio del 22 ottobre 1964 la relazione del Giudice Aldo Sandulli.

 

Ritenuto in fatto

 

In un procedimento civile tra Benedetto Lasiu ed il Comune di Nurachi, avente ad oggetto la perequazione del canone di un affitto in corso tra le parti, la Sezione specializzata agraria del Tribunale di Oristano, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata un'eccezione del convenuto, ha sollevato, con ordinanza del 24 marzo 1964, questione di legittimità costituzionale delle disposizioni contenute negli artt. 1, 2, 3 e 7 della legge 12 giugno 1962, n. 567, in riferimento ai principi enunciati negli artt. 24 e 102 della Costituzione.

Secondo il Tribunale le citate disposizioni svuoterebbero di contenuto la funzione giurisdizionale, poiché sottrarrebbero al giudice la disponibilità della prova e lo costringerebbero ad attingere gli elementi per la soluzione delle controversie in materia di perequazione dei canoni d'affitto di fondi rustici, non dalla legge o dalla diretta valutazione dei fatti, accertati con gli strumenti predisposti dal rito civile, bensì dall'atto amministrativo di una Commissione tecnica. E ciò anche quando le "tabelle" compilate dalle Commissioni fossero da ripudiare o da correggere, perché erronee, o perché influenzate da considerazioni e fattori estranei ad una pura valutazione tecnica e frutto di compromesso fra i componenti delle Commissioni stesse, i quali, non godendo di una posizione super partes, non sono in grado di garantire un giudizio sereno ed obiettivo.

Né, prosegue il Tribunale, può dirsi che alle parti sia dato di far valere le rispettive ragioni, attraverso l'esercizio del diritto di difesa loro assicurato nel processo civile, posto che, proprio nella fase di formazione delle "tabelle", e cioè nella fase preminente nell'iter di ricerca dell'equo canone, esse sono escluse dal contraddittorio.

L'ordinanza é stata notificata alle parti in causa rispettivamente il 28 e il 29 aprile 1964 ed al Presidente del Consiglio dei Ministri il 28 aprile; é stata comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento; é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 23 maggio 1964, n. 126.

Nessuna delle parti si é costituita nel giudizio davanti a questa Corte.

 

Considerato in diritto

 

Con la sentenza n. 40 del corrente anno, questa Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 12 giugno 1962, n. 567, per contrasto col principio dell'indipendenza dei giudici garantito dall'art. 101 della Costituzione.

Affermò allora la Corte che le "tabelle" contemplate dall'art. 3 della legge, compilate dalle Commissioni tecniche previste dall'art. 2, e cui, ai sensi dell'art. 1, i canoni degli affitti di fondi rustici debbono uniformarsi, sono dei veri e propri atti normativi: onde non contrasta col principio della indipendenza dei giudici il fatto che questi ultimi, aditi nel caso di inosservanza di quelle "tabelle", siano obbligati dall'art. 7 a farne applicazione, uniformandosi tassativamente ai limiti minimi e massimi da esse indicati.

Le questioni, in un certo senso analoghe, ora proposte dal Tribunale di Oristano, sono ugualmente infondate.

Secondo l'ordinanza di questo Tribunale, i riferiti artt. 1, 2, 3 e 7 della legge si risolverebbero nel conferimento alle Commissioni tecniche di "attribuzioni proprie del giudice", e perciò contrasterebbero con l'art. 102 della Costituzione, il quale riserva ai giudici la funzione giurisdizionale, e con l'art. 24 della Costituzione, il quale garantisce ai cittadini il diritto alla tutela giurisdizionale.

Entrambe le affermazioni sono però inesatte.

Poiché le "tabelle" sono - come fu affermato nella sentenza n. 40 - degli atti normativi, e non degli atti di giurisdizione, non é esatto che alle Commissioni tecniche siano state conferite delle "attribuzioni proprie dei giudici".

Siccome poi, a parte ciò - e anche questo é stato già affermato nella sentenza n. 40 -, oltre al ricorso officioso contemplato dall'art. 5, contro le "tabelle" sono aperti tutti i rimedi giuridici consentiti agli interessati dalla Costituzione e dalle leggi nei confronti degli atti amministrativi illegittimi, non é neppure esatto che con l'attribuirne l'emanazione a organi amministrativi sia stato violato il diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale, garantito dall'art. 24 della Costituzione.

Né quest'ultimo diritto risulta violato sotto il profilo - adombrato nella parte finale dell'ordinanza - della mancanza di un contraddittorio nella fase di formazione delle "tabelle". Non essendo, queste, atti di giurisdizione, é chiaro che per esse non trova applicazione il diritto di difesa, enunciato nell'art. 24 della Costituzione, altre essendo le garanzie accordate dalla Costituzione ai singoli nei confronti dei provvedimenti di natura non giurisdizionale. Comunque non va taciuto che delle Commissioni tecniche fanno parte - proprio perché possano far presenti le rispettive ragioni - rappresentanze paritetiche delle varie categorie interessate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe, degli artt. 1, 2, 3 e 7 della legge 12 giugno 1962, n. 567, contenente norme in materia di affitto di fondi rustici, in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 12 novembre 1964.