Sentenza n. 56 del 1964
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SENTENZA N. 56

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Trentino-Alto Adige 28 dicembre 1963, n. 33, recante "Associazione della Regione all'Istituto trentino di cultura" promosso con ricorso del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, notificato il 27 febbraio 1964, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 5 marzo successivo ed iscritto al n. 3 del Registro ricorsi 1964.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione Trentino-Alto Adige;

udita nell'udienza pubblica del 3 giugno 1964 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Provincia di Bolzano, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per la Regione Trentino-Alto Adige.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con legge 28 dicembre 1963, n. 33, la Regione Trentino-Alto Adige autorizzò l'associazione dell'amministrazione regionale, in qualità di socio fondatore, all'Istituto trentino di cultura creato con legge della Provincia di Trento 29 agosto 1962, n. 11, ed autorizzò il versamento a questo Istituto di un contributo annuo di lire venti milioni (art. 1).

Contro questa legge ha mosso ricorso la Provincia di Bolzano con atto depositato il 5 marzo 1964, lamentando che essa violi gli artt. 4, 5,11, 59 e seguenti, 70 e 82 dello Statuto Trentino-Alto Adige. La legge, infatti, non troverebbe fondamento in alcuna delle competenze legislative della Regione, previste dagli artt. 4 e 5 dello Statuto, e nemmeno in quella relativa all'ordinamento degli enti pararegionali, prevista dall'art. 4, n. 2, stante la specifica natura di ente paraprovinciale dell'Istituto trentino di cultura. La legge, viceversa, si fonderebbe sulla competenza prevista dal n. 4 dell'art. 11 dello Statuto - "usi e costumi locali, istituzioni culturali aventi carattere provinciale" -, cioè su una competenza primaria della Provincia che esclude la possibilità di qualsiasi ingerenza, sia della Regione, sia dello Stato, anche in adesione allo spirito dell'allegato IV del Trattato di pace.

La violazione degli ora ricordati articoli dello Statuto comporterebbe la violazione delle norme statutarie in materia finanziaria. Sarebbe principio fondamentale - desumibile anche dall'art. 119 della Costituzione, oltre che dalle norme del titolo IV dello Statuto -, che le entrate "proprie" attribuite agli enti costituzionali locali devono essere destinate esclusivamente alle funzioni dell'ente, al quale tali entrate sono assegnate, non, come nel caso, al perseguimento di fini specifici delle Province, o addirittura particolari di una di esse.

Ritiene la Provincia di Bolzano che, qualora si avverta la necessità di integrare i mezzi finanziari delle Province perché esse possano raggiungere i fini loro propri, bisogna far ricorso all'istituto dell'assegnazione annuale da parte del Consiglio regionale di una quota delle entrate tributarie della Regione in proporzione del gettito ricavato rispettivamente dalle due Province ai sensi dell'art. 70 dello Statuto speciale.

Infine, il fatto che la Regione abbia destinato una somma a un ente paraprovinciale, che persegue fini propri di una soltanto delle due Province in deroga ai principi e alle norme degli artt. 59 e seguenti, 70 e seguenti dello Statuto, configurerebbe una violazione del principio di parità tra i gruppi linguistici (art. 82 dello Statuto) e del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), che si applicherebbe anche agli enti pubblici, quando la Costituzione o la legge abbia attribuito loro, come nel caso delle due Province della Regione Trentino-Alto Adige, una posizione paritaria.

2. - Resiste al ricorso la Regione che si é costituita nel presente giudizio con atto di deduzioni depositato il 18 marzo 1964, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato.

La difesa regionale eccepisce in primo luogo l'irricevibilità del ricorso perché proposto decorso il termine di 30 giorni previsto dall'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che, giusta il successivo art. 36, si applicherebbe anche ai ricorsi proposti dalle Province contro leggi della Regione. Non si potrebbe invocare l'applicazione del termine di 60 giorni previsti dall'art. 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per i ricorsi proposti da una Regione contro le leggi di un'altra Regione, perché il rapporto Provincia-Regione é assimilabile a quello Regione-Stato, non già all'altro Regione-Regione.

In secondo luogo l'Avvocatura eccepisce l'inammissibilità del ricorso per due motivi: 1) perché la sua proposizione non é stata deliberata dal Consiglio provinciale (art. 5, secondo comma, D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574) bensì dalla Giunta provinciale, senza che risulti alcun motivo di urgenza, che, ad ogni modo, non escluderebbe la necessità della ratifica da parte del Consiglio; 2) perché non é ipotizzabile un invasione da parte della legge impugnata, limitata nei suoi effetti al territorio della Provincia di Trento, della sfera di competenza della Provincia di Bolzano, sicché questa non sarebbe legittimata al ricorso e, comunque, sarebbe carente d'interesse.

In terzo luogo, il ricorso sarebbe infondato, perché la legge non detta norme nella materia indicata nell'art. 11 , n. 4, dello Statuto, ma si limita a consentire la partecipazione ad un ente esistente o a versare ad esso un contributo annuo. Non si potrebbe negare alla Regione (come allo Stato e ad altri enti pubblici minori), la facoltà di aderire ad enti o società che perseguono fini di pubblica utilità e di interesse generale; né potrebbe trascurarsi la circostanza che l'ente al quale la Regione ha aderito persegue finalità turistiche e sociali rientranti lato sensu nella competenza regionale (artt. 4, nn. 12 e 17, 5, n. 2, e 6 dello Statuto T.-A. A.).

Infine non sarebbero invocati a proposito i principi di parità linguistica e di eguaglianza perché la Commissione legislativa regionale per le finanze, nell'approvare la legge all'unanimità, prese atto delle dichiarazioni dell'Assessore che la Giunta regionale intendeva non soltanto parificare ed eguagliare le partecipazioni e gli investimenti di carattere patrimoniale della Regione nelle due Province, ma aveva in animo di favorire le eventuali analoghe iniziative culturali della Provincia di Bolzano.

3. - La difesa della Provincia ha depositato il 21 maggio 1964 una memoria, nella quale respinge le tre eccezioni pregiudiziali sollevate dall'Avvocatura.

L'eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso non dovrebbe essere accolta perché la fissazione del termine entro il quale deve essere proposta l'impugnazione avviene di regola con riferimento al tipo di atto che forma oggetto dell'impugnazione, non con riferimento al soggetto legittimato a proporla. La diversità perciò dei due termini fissati dagli artt, 32 e 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, discende dal fatto che, in un caso, oggetto dell'impugnativa é la legge statale, nell'altro la legge regionale. Da che la conseguenza che nel caso presente, in cui impugnata é una legge regionale, il termine che deve essere osservato é di 60, non di 30 giorni. Questa tesi troverebbe conferma nell'art. 36 della medesima legge n. 87 del 1953 che estende alle Province quel che é stabilito in questa materia per la Regione. Comunque, ove questo argomento non fosse sufficiente a eliminare ogni dubbio, si dovrebbe tener presente che, trattandosi di un termine di decadenza, si deve propendere per il termine più lungo, di 60 giorni, che, del resto, é quello normalmente imposto, nei casi di decadenza, laddove dovrebbe considerarsi eccezionale quello di 30.

La seconda eccezione dovrebbe essere respinta richiamando l'art. 48, n. 7, dello Statuto, che consente alla Giunta di adottare in caso di urgenza i provvedimenti di competenza del Consiglio, salvo ratifica del Consiglio stesso nella sua prima seduta successiva; cosa che é accaduta, nel caso, con delibera n. 10/150 del 20 marzo 1964 del Consiglio provinciale di Bolzano.

La conclusione sarebbe avvalorata dall'art. 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il quale dispone: "la questione, previa deliberazione della Giunta regionale (o provinciale), é proposta dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale".

Nel caso si accogliesse la contraria conclusione, si dovrebbe sollevare la questione di costituzionalità dell'art. 5, secondo comma, del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, per violazione dell'art. 48, n. 7, dello Statuto e dell'art. 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e si dovrebbe lamentare la violazione del principio costituzionale di eguaglianza, stante che tale disposizione varrebbe solo per il Trentino-Alto Adige, non per le altre Regioni.

La Provincia respinge anche l'ultima eccezione di inammissibilità per carenza di interesse che ritiene strettamente connessa con la questione di merito, perché il carattere esclusivo della competenza ex art. il, n. 4, toglie che essa competenza possa essere in alcun modo turbata. Si dovrebbe porre mente al carattere specializzato delle competenze proprie della Regione, che vietano a questa di prendere iniziative in materie che non rientrano esplicitamente nei suoi fini istituzionali. Se si tiene conto che la legge regionale invade obiettivamente la competenza provinciale, indipendentemente dall'utilità che la Provincia può ricavare da una maggiore disponibilità di fondi, appare chiaro quale sia l'interesse della Provincia ad ottenere la dichiarazione di incostituzionalità della legge, e cioè quello di tutelare "il principio dell'intangibilità delle competenze provinciali".

4. - Anche l'Avvocatura ha depositato il 30 aprile 1964 una memoria nella quale, ribadite le eccezioni pregiudiziali, sostiene l'infondatezza del ricorso - oltre che con gli argomenti esposti nelle deduzioni e col richiamo a una lunga prassi legislativa regionale in materia di interventi e sovvenzioni finanziarie -, anche con riferimento a un'ulteriore finalità dell'Istituto trentino di cultura, quella cioè di istituire una facoltà di scienze sociali; il che confermerebbe che la Regione con la legge impugnata ha perseguito finalità sue proprie in materia di assistenza sociale, turismo e incremento della produzione.

5. - All'udienza del 3 giugno 1964, le difese della Regione e della Provincia hanno ribadito le loro tesi sul merito del ricorso e insistito nelle conclusioni prese con gli atti scritti.

 

Considerato in diritto

 

1. - Nessuna delle tre eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione é fondata; tutte, anzi, sono state già respinte dalla Corte in occasione di precedenti giudizi.

In primo luogo il termine fissato alla Provincia per ricorrere contro la legge regionale é di 60 giorni, non già di trenta, ed esso risulta dall'interpretazione coordinata degli artt. 33 e 36 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (sentenza n. 57 del 1957).

In secondo luogo, é vero che legittimato a proporre ricorso contro la legge regionale é il Consiglio provinciale, come é stabilito, prima ancora che dall'art. 5, secondo comma, del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 574, dall'art. 82, terzo comma, dello Statuto per il Trentino- Alto Adige, ma é anche vero che, per l'art. 48, n. 7, del medesimo Statuto, la Giunta provinciale, in caso di urgenza, può adottare "provvedimenti di competenza del Consiglio", salva la ratifica da parte di questo nella sua prima seduta successiva: ratifica che, nel caso, é stata deliberata dal Consiglio il 20 marzo 1964 (deliberazione n. 10/150).

Di fronte a questo chiaro disposto legislativo e alla precedente pronunzia della Corte (sentenza n. 57 del 1957), non hanno fondamento le argomentazioni della difesa della Regione, e non fanno al proposito talune delle ragioni in contrario addotte dalla difesa provinciale.

In terzo luogo la Corte ha già affermato che i Consigli provinciali possono impugnare la legge regionale non soltanto quando ricorra una violazione della sfera della competenza legislativa provinciale, ma anche quando ricorra un caso di violazione della Costituzione o dello Statuto, o del principio di parità tra i gruppi linguistici, dovendosi interpretare in tal senso il sistema costruito dall'art. 82 dello Statuto speciale in coerenza con "la particolare struttura dell'ordinamento" della Regione Trentino-Alto Adige (cfr. sentenza n. 40 del 1960). Che poi sussista nel presente giudizio un interesse della Provincia a ricorrere risulta, come si vedrà, dall'esame del merito della questione.

2. - La Provincia fonda il ricorso su due motivi. Col primo sostiene che la Regione abbia violato lo Statuto disponendo, con la legge impugnata, in materia che non può essere ricondotta ad alcuna di quelle ad essa assegnate, e che é , invece, di esclusiva competenza della Provincia (art. 11, n. 4). Tale motivo non é fondato. La legge regionale si limita, infatti, ad autorizzare l'amministrazione regionale ad assumere la qualità di socio fondatore dell'Istituto trentino di cultura e a corrispondere, in tale qualità, la somma annua di lire 20 milioni, non già a regolare o in altra maniera a interferire nella materia degli "usi e costumi locali e istituzioni culturali (. . .) aventi carattere provinciale" (art. 11, n. 4), sostituendosi alla Provincia o concorrendo con questa nell'esercizio di una competenza propriamente provinciale.

Non ha bisogno di confutazione la tesi, adombrata dalla difesa della Provincia, giusta la quale il caso in esame configurerebbe una violazione indiretta delle competenze provinciali o del "principio della intangibilità" di codeste competenze, tanto é evidente che una siffatta violazione non può aver luogo in conseguenza dell'erogazione di un contributo finanziario della Regione in favore di una iniziativa della Provincia, iniziativa che resta intatta nella disponibilità della Provincia medesima.

3. - Fondato, viceversa, é il secondo motivo del ricorso.

In effetti la Regione, essendo un ente con fini predeterminati e inderogabilmente fissati dalla legge, non può destinare i fondi che lo Statuto le assegna, se non per il perseguimento di quei fini che sono ad essa propri. La stessa difesa della Regione sembra accettare questa tesi, quando afferma che le finalità dell'Istituto trentino di cultura possono essere ricondotte alle materie di competenza regionale, ma la dimostrazione che essa tenta di dare di questa tesi non é persuasiva. Come si ricava dall'art. 1 dello statuto dell'Istituto allegato alla legge provinciale 29 agosto 1962, n. 11, i fini di questo Istituto si riassumono nel proposito "di promuovere e favorire nell'ambito della Provincia, lo sviluppo di ogni possibile iniziativa e attività di studio e di cultura con speciale riguardo alle tradizioni ed esigenze locali". Non si può dire veramente che i fini così assegnati all'Istituto possono essere ricondotti alle finalità turistiche e sociali della Regione quali risultano dagli artt. 4, n. 12 (assistenza sanitaria ed ospedaliera), n. 17 (turismo e industrie alberghiere); 5, n. 2 (istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) e 6 (facoltà della Regione di istituire o agevolare l'istituzione di appositi istituti autonomi nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali).

Vero é che gli interessi regionali non sono soltanto quelli puntualmente rilevabili dalle competenze che lo Statuto attribuisce alla Regione, ed é anche vero che può essere configurato un interesse generale proprio della Regione che questa può e deve tutelare; ma é di tutta evidenza che, nel caso in esame, il carattere tutto provinciale dell'interesse perseguito dall'Istituto non consente di individuare un interesse regionale con esso coincidente e di giustificare, in conseguenza, la destinazione di fondi regionali per il suo perseguimento.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione;

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Trentino-Alto Adige 28 dicembre 1963, n. 33, intitolata "Associazione della Regione all'Istituto trentino di cultura", in riferimento agli artt. 4, 5 e 11 dello Statuto per il Trentino-Alto Adige (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 23 giugno 1964.