Sentenza n. 119 del 1963
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SENTENZA N. 119

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPAPE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, contenente norme di attuazione dello Statuto sardo, promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1962 dal Tribunale di Tempio Pausania nel procedimento civile vertente tra la "Società anonima immobiliare Gilpa" e la "Società a r. l. Sugherificio italiano" contro il Comune di Olbia e la Regione autonoma della Sardegna, iscritta al n. 117 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 del 14 luglio 1962.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione in giudizio della Regione autonoma della Sardegna e delle Società Gilpa e Sugherificio italiano;

udita nell'udienza pubblica del 3 aprile 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi l'avv. Giuseppe Locati, per le predette Società, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per la Regione autonoma della Sardegna.

 

Ritenuto in fatto

 

La "Società anonima immobiliare Gilpa" e la "Società a r. l. Sugherificio italiano", entrambe con stabilimento in Olbia, con citazione 28 febbraio 1958 convenivano davanti al Tribunale di Tempio Pausania il Comune di Olbia e la Regione sarda, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti all'occupazione d'urgenza di un terreno di loro proprietà, autorizzata dal Prefetto di Sassari con provvedimento successivamente annullato dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.

La Regione, costituitasi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, eccepiva l'incompetenza funzionale del Tribunale di Tempio Pausania e la nullità dell'atto dì citazione, in quanto la notifica era stata effettuata presso la Regione, invece che presso l'Ufficio distrettuale dell'Avvocatura, ai sensi dell'art. 55 delle Norme di attuazione dello Statuto sardo (D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), che estende all'amministrazione regionale sarda le funzioni dell'Avvocatura dello Stato, nonché le norme del T.U. e del regolamento 30 ottobre 1933, nn. 1611 e 1612, e degli artt. 25 e 144 del Cod. proc. civile. Chiedeva nel merito la reiezione della domanda. Il Comune di Olbia eccepiva l'incompetenza del giudice adito e opponeva l'infondatezza della domanda.

La "Gilpa" e il "Sugherificio" controdeducevano che la notifica doveva considerarsi regolare e che, comunque, se errore c'era stato, poteva essere sanato con la rinnovazione di essa. In relazione al citato art. 55 sostenevano che esso aveva conferito alla Regione una semplice facoltà di avvalersi della rappresentanza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato, ed inoltre ne prospettavano la illegittimità costituzionale.

Il Tribunale di Tempio Pausania, con ordinanza 15 maggio 1962, affermava che il citato art. 55 determina, col richiamo all'articolo 25 del Cod. proc. civile, una competenza di carattere funzionale, come tale inderogabile; rilevava inoltre che, in virtù dell'altro richiamo all'art. 144 del Cod. proc. civ., e al T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, nei confronti della Regione sarda si applicano le norme di quest'ultimo relative alle notificazioni; dichiarava, quindi, non fondate le argomentazioni delle parti attrici, e, ritenuto che nessuna sanatoria fosse nella specie consentita, ne deduceva l'impossibilità di decidere la causa senza prendere in esame il detto art. 55. Considerava, però, discutibile la legittimità costituzionale del conferimento alla Regione sarda di un giudice diverso da quello istituito dal legislatore con criterio generale all'art. 20 del Cod. proc. civile, e pertanto decideva di rimettere a questa Corte la sollevata questione di legittimità costituzionale.

L'ordinanza veniva regolarmente notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata ai Presidenti delle Camere e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 14 luglio 1962, n. 177.

Si sono costituiti in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto di intervento 28 giugno 1962, e la Regione sarda, con deduzioni depositate il 27 giugno 1962, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, nonché le Società "Gilpa" e "Sugherificio italiano", rappresentate e difese dall'avv. Giuseppe Locati, con deduzioni depositate il 31 luglio 1962.

Nell'atto di intervento per il Presidente del Consiglio l'Avvocatura dello Stato sostiene l'infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale, in quanto l'art. 55 del D.P. n. 250 del 1949 e l'art. 25 del Cod. proc. civile, nel loro combinato disposto, determinano, per le cause in cui é parte la Regione, un foro speciale, che costituisce il giudice naturale della Regione, ai sensi dell'art. 25 della Costituzione: secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalenti, giudice naturale é, infatti, il giudice precostituito per legge, con criteri certi ma non necessariamente generali. Né l'articolo 20 del Cod. proc. civ., é norma di diritto costituzionale e, tanto meno, di diritto naturale.

Nelle deduzioni per la Regione l'Avvocatura ribadisce che non può dubitarsi della legittimità costituzionale di norme che istituiscono fori speciali in relazione a predeterminate categorie di controversie e insiste perché la questione proposta sia dichiarata infondata.

La difesa delle Società "Gilpa" e "Sugherificio" nelle sue deduzioni sostiene l'incostituzionalità della norma in discussione in relazione all'art. 134 della Costituzione, in quanto da essa sarebbe derivato un ibridismo di funzioni dell'Avvocatura dello Stato, contrastante con i principi dell'ordinamento in materia di patrocinio. Svolge inoltre, a sostegno della sua tesi, varie considerazioni sulla collocazione topografica dell'art. 55 e sul significato della espressione "norme finali"; scorge nella norma impugnata una limitazione dell'autonomia regionale; nega ad essa il carattere di norma di attuazione, prospettando una violazione dell'art. 87 della Costituzione, anche per il mancato parere del Consiglio di Stato; deduce, infine, la violazione degli artt. 5, 25, 109, 102, 115, VII disp. trans. della Costituzione, 3 e 56 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, nonché del principio della libertà di esercizio della professione legale. Chiede, pertanto, la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 55.

L'Avvocatura dello Stato, nella memoria depositata il 30 gennaio 1963, dopo avere sviluppato le tesi già esposte, rileva che le Società "Gilpa" e "Sugherificio" hanno prospettato aspetti della questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 disattesi dal Tribunale, e che pertanto non possono essere presi in considerazione. Comunque di essi sostiene la manifesta infondatezza.

La difesa delle due Società, da parte sua, nella memoria depositata il 15 marzo 1963 ha ripreso gli argomenti precedentemente indicati. In particolare ha sostenuto che con l'art. 55 sarebbe stato posto in essere dall'esecutivo un eccesso di potere, rilevabile d'ufficio, col quale si sarebbe mutato l'ordinamento giudiziario e il Codice processuale. Quanto all'art. 25 della Costituzione, si afferma che finora é stato esaminato prevalentemente in relazione all'applicazione di norme penali, mentre ben diverso é il problema attualmente proposto. Vengono quindi confermate le precedenti conclusioni.

Nella discussione orale le difese delle parti hanno insistito sulle tesi rispettive.

 

Considerato in diritto

 

La sola questione di cui questa Corte é investita nel presente giudizio, a termini dell'ordinanza di rimessione, riguarda la legittimità costituzionale dell'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione. Né potrebbe la Corte esaminare detta questione oltre i limiti nei quali risulta formulata dall'ordinanza stessa, dovendo essa tener conto, secondo la sua costante giurisprudenza, delle deduzioni difensive solo in quanto sviluppino ed illustrino il contenuto delle ordinanze, e non in quanto sollevino questioni nuove (

sentenze n. 48 del 1961 e n. 65 del 1962).

In relazione alla questione dedotta, va premesso che l'art. 55 del citato decreto, estendendo le funzioni dell'Avvocatura dello Stato all'Amministrazione regionale sarda, stabilisce nel capoverso che nei confronti della detta Amministrazione si applicano gli artt. 25 (foro della pubblica Amministrazione) e 144 (notificazioni alle Amministrazioni dello Stato) del Cod. proc. civile. Secondo la tesi delle Società "Gilpa" e "Sugherificio italiano", ritenuta non manifestamente infondata dal Tribunale di Tempio Pausania, le ricordate disposizioni sarebbero incostituzionali, in quanto attribuiscono alla Regione sarda un giudice diverso da quello che il legislatore ha istituito con criterio generale nell'art. 20 del Cod. proc. civile, con la conseguenza che il privato che intenda convenire in giudizio la Regione si trova nella necessità di far ricorso al giudice del cosiddetto foro della pubblica Amministrazione anziché al giudice che sarebbe competente a norma del predetto art. 20.

Ritiene la Corte che la questione non é fondata.

Va innanzi tutto rilevato che l'art. 20 del Cod. proc. civile indica un foro facoltativo, concorrente col foro generale delle persone fisiche e delle persone giuridiche, di cui ai precedenti artt. 18 e 19. Inoltre, lo stesso foro generale é stabilito da questi ultimi articoli con salvezza che la legge disponga altrimenti.

Da quanto precede deriva che l'art. 20 del Cod. proc. civile non enuncia un criterio generale, inderogabile, come é stato sostenuto dalla difesa delle due Società. Esso, al pari dell'art. 25 dello stesso Codice, fa parte di quel sistema di norme regolatrici della competenza nel processo civile, le quali, preordinate, come sono, all'insorgere delle singole controversie, non contrastano col precetto costituzionale del rispetto del giudice naturale.

Questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di affermare che la nozione di "giudice naturale" corrisponde a quella di giudice istituito in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista di singole controversie, in modo che sia data al cittadino la certezza circa il giudice che lo deve giudicare (

sentenze n. 29 del 1958, n. 22 del 1959, n. 88 del 1962).

Nel caso in esame, tanto l'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, quanto l'art. 25 del Cod. proc. civile, stabiliscono la competenza del cosidetto foro della pubblica Amministrazione in maniera generale, per tutte le categorie di controversie in cui é parte la Regione o la pubblica Amministrazione. Le disposizioni in essi contenute non ammettono alcuna possibilità che la competenza venga determinata in relazione a una controversia già insorta, e danno al cittadino la previa certezza del giudice che dovrà conoscere della sua causa.

Alla stregua dei criteri ricordati, può ben dirsi che il giudice la cui competenza é determinata, per il richiamo contenuto nell'art. 55 citato, dalla legge sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e dall'art. 25 del Cod. proc. civile, é esso stesso un giudice naturale precostituito per legge. Nessuna illegittimità costituzionale é dato, pertanto, scorgere nella indicata norma legislativa che deferisce ad esso le controversie in cui é parte la Regione sarda, e nella norma conseguenziale che regola le notificazioni alla Regione secondo le disposizioni dell'art. 144 del Cod. proc. civile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 del D.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, recante norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

GIUSEPPE CHIARELLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1963.