Sentenza n. 61 del 1963
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SENTENZA N. 61

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto del Ministro del lavoro 31 agosto 1954, concernente la concessione a determinate categorie di lavoratori del sussidio straordinario di disoccupazione, promosso con ordinanza emessa il 14 novembre 1961 dal Tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Malinconico Lucia e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 28 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1962.

Visti l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e l'atto di costituzione in giudizio dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

udita nell'udienza pubblica del 6 marzo 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uditi l'avv. Guido Nardone, per l'I.N.P.S., e il sostituto avvocato generale dello Stato Valente Simi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento civile pendente avanti al Tribunale di Lecce tra l'operaia tabacchina Malinconico Lucia e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, avente ad oggetto la domanda di concessione, a favore della Malinconico, del sussidio straordinario di disoccupazione di cui al decreto del Ministro del lavoro 31 agosto 1954, l'istante sollevò questione di legittimità costituzionale del detto decreto ministeriale in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

Assumeva al riguardo la Malinconico che il Ministro, col decreto impugnato, emesso ai sensi dell'art. 36 della legge 29 aprile 1949, n. 264, secondo cui "per determinate località e limitatamente a particolari categorie professionali, può essere disposta, con decreto del Ministro del lavoro, di concerto col Ministro del tesoro, la concessione di sussidi straordinari di disoccupazione ai lavoratori che si trovino involontariamente disoccupati per mancanza di lavoro" e posseggano determinati requisiti, pure indicati nella detta disposizione, aveva violato i limiti della delega legislativa che gli era stata così attribuita. E ciò perché col provvedimento in esame si era subordinata la possibilità di godere del sussidio concesso (alle operaie tabacchine) alla circostanza che le stesse avessero prestato la loro opera "almeno in due delle tre campagne 1951-52, 1952-53 e 1953-54". Così infatti, mentre veniva ad escludersi il diritto al sussidio a favore di essa istante, che aveva prestato la propria opera solo in una delle predette campagne, si poneva in essere - a suo dire - una violazione della norma di delegazione, la quale non conferiva al Ministro alcun potere di fissare particolari requisiti per il godimento del sussidio, oltre quelli tassativamente previsti dal citato art. 36 della legge n. 264 del 1949, e fra i quali non poteva annoverarsi quello sopra indicato.

Il Tribunale, con ordinanza 14 novembre 1961, riteneva non manifestamente infondata e rilevante la questione, nei termini prospettati dall'attrice, e pertanto rimetteva alla Corte costituzionale l'esame della legittimità del decreto ministeriale in discorso che - secondo l'ordinanza - costituirebbe provvedimento avente forza di legge in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

L'ordinanza, notificata 1'8 dicembre 1961 e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 10 marzo 1962.

Avanti alla Corte costituzionale si é costituito l'I.N.P.S., rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Aureli, Mario Pizzicannella, Guido Nardone e Pierino Pierini, i quali hanno depositato le proprie deduzioni nella cancelleria il 28 marzo 1962.

2. - La difesa dell'I.N.P.S. contesta anzitutto che il decreto impugnato possa ritenersi "atto avente forza di legge". Al riguardo osserva, quanto alla forma, che si tratta di un provvedimento emanato da un Ministro, mentre le norme con valore di legge sono emanate, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione, dal Presidente della Repubblica. Quanto alla sostanza, rileva che, escluso evidentemente che possa trattarsi di un decreto pronunciato per un caso straordinario di necessità ed urgenza a norma dell'art. 77 della Costituzione, egualmente devesi escludere che trattisi di atto di legislazione delegata, giacché emesso nell'esercizio di una potestà strettamente amministrativa, come quella attribuita dalla legge al Ministro di determinare discrezionalmente i luoghi e le categorie cui la norma generale enunciata dall'art. 36 della citata legge n. 264 del 1949, che prevede la concessione del sussidio straordinario, deve in concreto applicarsi per il conseguimento dei fini perseguiti dalla legge stessa.

Pertanto, mancherebbe, nella specie, l'oggetto del giudizio di costituzionalità, cioè la norma avente forza di legge, e comunque mancherebbe ogni interesse alla pronuncia relativa, trattandosi, in ogni caso, o di norma venuta meno ex tunc, per non essere state osservate le forme stabilite nell'ultimo comma dell'art. 77 della Costituzione o, addirittura, di norma mai esistita, per non essere stata emanata in relazione all'art. 76 della Costituzione.

Nel merito la difesa osserva che il requisito, di cui si lamenta l'imposizione, altro non sarebbe che la traduzione, in termini di prestazione d'opera, del precetto contenuto nel penultimo comma del citato art. 36 della legge n. 264 del 1949, secondo cui, per ottenere il sussidio, é necessario che l'originario versamento di cinque contributi assicurativi aumenti di tanti contributi versati per quante sono le settimane e i mesi di effettiva occupazione, fino a che non si raggiunga la misura di contribuzione richiesta per l'indennità ordinaria di disoccupazione.

L'avere richiesto il requisito della partecipazione alle campagne di lavoro indicato nel decreto, avrebbe avuto appunto il significato di precisare l'entità del requisito contributivo occorrente, dato che in materia di assicurazione contro la disoccupazione é più esatto riferirsi ai periodi di lavoro prestato, che non ai relativi contributi, in quanto debbono considerarsi validi, in virtù del principio dell'automatismo vigente in materia, tutti i contributi "dovuti", e non già soltanto quelli di cui sia stato effettuato il versamento.

Conclude, pertanto, la difesa dell'I.N.P.S. chiedendo dichiararsi la manifesta infondatezza della questione proposta.

3. - Si é anche costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha depositato in cancelleria le proprie deduzioni il 31 dicembre 1961.

Anche l'Avvocatura preliminarmente eccepisce l'inammissibilità della questione per motivi analoghi a quelli esposti dalla difesa dell'I.N.P.S., rilevando in particolare che, ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, non sarebbero configurabili deleghe legislative se non al Governo inteso come complesso degli organi che lo compongono, e non quindi ad un singolo Ministro, e che, comunque, la pretesa disposizione di delega (art. 36 della citata legge n. 264 del 1949) si limiterebbe ad attribuire al Ministro poteri di carattere esclusivamente amministrativo.

Nel merito, l'Avvocatura osserva che mai potrebbe parlarsi di violazione, da parte del Ministro, dei limiti segnati nel ripetuto art. 36, giacché i requisiti ivi indicati rappresenterebbero solo un minimo di condizioni richieste per godere del sussidio, minimo che ben potrebbe essere integrato dal Ministro con altre condizioni, tendenti ad individuare la categoria dei lavoratori a cui attribuire il beneficio, il che appunto rientrerebbe nei compiti espressamente dalla legge assegnati al Ministro.

Conclude, pertanto, l'Avvocatura chiedendo dichiararsi la inammissibilità della questione e, subordinatamente, respingersi la stessa perché infondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'eccezione pregiudiziale di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale proposta a questa Corte, sollevata tanto dalla difesa dell'I.N.P.S. quanto dall'Avvocatura generale dello Stato, é da ritenere fondata.

2. - La legge 29 aprile 1949, n. 264, contenente provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza ai lavoratori involontariamente disoccupati, agli artt. da 30 a 44 reca una disciplina organica dell'assistenza economica dei disoccupati, sia richiamando le disposizioni dettate al riguardo dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, sia apportando alle disposizioni medesime alcune modificazioni, fra cui, appunto, quelle riguardanti il sussidio straordinario. Questo risponde all'esigenza, economica e sociale, di estendere la tutela contro la disoccupazione anche alle categorie di lavoratori che ne restavano escluse in base all'applicazione della disciplina preesistente, a quei lavoratori cioè che, per non aver maturato i requisiti richiesti, si trovavano a non aver diritto all'indennità ordinaria di disoccupazione.

La legge, dopo aver posto il principio generale secondo cui (art. 36, primo comma) per determinate località e limitatamente a particolari categorie professionali può essere disposta la concessione di sussidi straordinari di disoccupazione, affida la determinazione concreta delle località e delle categorie al Ministro del lavoro, previo concerto col Ministro del tesoro. E dispone altresì che, nell'ambito delle località e delle categorie professionali per le quali é fatta la concessione, i singoli lavoratori disoccupati saranno ammessi a godere della concessione stessa in concorso di particolari condizioni, espressamente indicate (art. 36, nn. 1 a 5), e consistenti in un minimo di contributi effettivamente versati ed altri requisiti personali e familiari particolareggiatamente elencati.

Inoltre, nell'attribuire al Ministro del lavoro la menzionata facoltà, stabilisce (art. 36, ultimo comma) che la concessione del sussidio straordinario "é disposta avuto riguardo alle condizioni di lavoro e delle industrie locali ed ai lavori pubblici da eseguire".

A completamento della disciplina così disposta, la legge fissa la misura del sussidio e la sua durata massima, nonché le modalità della relativa corresponsione (art. 39), e i casi in cui questa deve cessare (art. 41), prevedendo altresì la completa disciplina finanziaria dell'onere e le sanzioni, penali e amministrative, per le indebite percezioni (artt. 42-44).

3. - Ciò posto, é da escludere che al decreto emanato dal Ministro, in esplicazione del suo compito, come innanzi si é accennato, possa comunque attribuirsi quella "forza di legge", cui si riferisce l'art. 134 della Costituzione, quando indica gli atti sottoposti all'esame di questa Corte nei giudizi di legittimità costituzionale.

A tale conclusione si perviene per considerazioni che attengono tanto alla forma dell'atto che al suo contenuto.

Quanto alla forma, sia che si faccia riferimento all'art. 76 che all'art. 77 della Costituzione - articoli che sono tutti e due richiamati nell'ordinanza di rinvio del Tribunale di Lecce - é da notare che tanto i decreti-legge che i decreti legislativi delegati sono adottati non da un singolo Ministro - sia pure di concerto con altro Ministro - ma dal Governo (articoli citati), previa deliberazione collegiale del Consiglio dei Ministri (art. 95), e quindi dal Governo nella sua concreta accezione di organo unitario; e sono emanati, quali decreti aventi valore di legge, non dal singolo Ministro competente per materia, ma dal Presidente della Repubblica (art. 87). Inoltre i decreti-legge, in particolare, debbono essere convertiti in legge, secondo le forme e i termini stabiliti dall'art. 77.

Quanto al suo contenuto, é da escludere che il decreto impugnato abbia in sé quel contenuto innovativo del preesistente ordinamento legislativo che é caratteristico della legge o dell'atto avente, comunque, forza di legge. Il legislatore, infatti, come innanzi si é accennato, prevede esso, nella legge del 1949, la serie di ipotesi, astratte e generali, organicamente collegate, che danno luogo alla concessione del sussidio straordinario di disoccupazione, ponendo così in essere una compiuta ed esauriente disciplina della materia: al Ministro, in sostanza, resta solo affidata la materiale attuazione del precetto legislativo, che si estrinseca nella scelta delle località e delle categorie di lavoratori cui applicare il beneficio previsto dalla legge.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione proposta dal Tribunale di Lecce, con ordinanza 14 novembre 1961, sulla legittimità costituzionale del decreto del Ministro del lavoro 31 agosto 1954, concernente la concessione a determinate categorie di lavoratori del sussidio straordinario di disoccupazione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 10 maggio 1963.