Sentenza n. 10 del 1963
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SENTENZA N. 10

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 48 e 58 del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, promosso con ordinanza emessa il 13 novembre 1961 dal Pretore di Borgo San Lorenzo nel procedimento penale a carico di Aiazzi Luigi, iscritta al n. 216 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 20 gennaio 1962.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri

udita nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1962 la relazione del Giudice Biagio Petrocelli:

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale a carico di Aiazzi Luigi, imputato del reato di cui agli artt. 48 e 58 del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, emanato in base alla delega contenuta nella legge 12 febbraio 1955, n. 51, per aver adibito un locale a lavorazione industriale senza averne data preventiva notizia all'Ispettorato del lavoro, il Pretore di Borgo San Lorenzo, con ordinanza del 13 novembre 1961, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle suddette disposizioni. Le due norme sarebbero in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, vale a dire col principio della inviolabilità del diritto della difesa in ogni stato e grado del procedimento.

Secondo il Pretore si avrebbe una norma sanzionata penalmente (combinato disposto degli artt. 48, primo e secondo comma, 58, lett. b, del D.P.R. citato) la quale impone a determinati cittadini di denunziare alle autorità di vigilanza e di controllo un loro futuro comportamento, che, se messo in atto, costituirebbe reato. L'autorità di vigilanza e di controllo non ha d'altra parte l'obbligo di intervenire, prevenendo così la commissione del reato stesso (ultimo comma dell'art. 48); sicché in mancanza di prescrizioni correttive della predetta autorità, il procedimento penale conseguente trarrebbe origine dalla denunzia cui l'imprenditore é obbligato sotto minaccia di sanzione penale in caso di omissione.

Lo stesso Pretore, prospettandosi che il principio dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione possa intendersi nel senso ampio che il diritto di difesa sia garantito non soltanto a partire dal momento della costituzione del rapporto processuale ma anche nella fase anteriore da cui nasce il procedimento stesso, ne conclude che gli artt. 48 e 58 del citato decreto del Presidente della Repubblica vengano, per ciò, a trovarsi in contrasto con la indicata norma costituzionale.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati; ed é stata, altresì, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 20 gennaio 1962.

L'Avvocatura dello Stato, costituitasi in giudizio per il Presidente del Consiglio dei Ministri l'11 dicembre 1961, nel suo atto di intervento conclude per la manifesta infondatezza della proposta questione, osservando che la comunicazione prevista dall'art. 48 non é causa necessaria del procedimento penale conseguente alla costruzione fatta in contrasto con le prescrizioni di legge, e che comunque il diritto di difesa costituzionalmente garantito non può estendere il suo contenuto al comportamento dell'autore antecedente al procedimento.

 

Considerato in diritto

 

Secondo il Pretore si può ritenere che il principio contenuto nell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, relativo alla inviolabilità del diritto di difesa, abbia una latitudine tale da comprendere non soltanto il procedimento, ma anche la fase anteriore da cui esso nasce.

Questa tesi é del tutto priva di fondamento. L'art. 24 della Costituzione, in tutto il suo contenuto, si riferisce esclusivamente al giudizio e alle garanzie assicurate a chi deve agire in giudizio o comunque subire un giudizio, e non si estende a considerare i momenti anteriori dai quali esso trae origine. Inoltre il secondo comma dell'articolo, nel riferirsi in particolare al diritto di difesa, stabilisce essere la difesa diritto inviolabile "in ogni stato e grado del procedimento". Con ciò il diritto di difesa viene espressamente delimitato all'ambito del procedimento, in termini tali da non dar luogo ad incertezze di sorta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, proposta dal Pretore di Borgo San Lorenzo con ordinanza del 13 novembre 1961, degli artt. 48 e 58 del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CAPPI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1963.