Sentenza n. 109 del 1962
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SENTENZA N. 109

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Dott. Mario COSATTI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1781, e 29 novembre 1952, n. 2866, promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1961 dal giudice istruttore presso il Tribunale di Grosseto nel procedimento civile vertente tra Verdiani Bandi Luigi e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, iscritta al n. 81 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 161 del 1 luglio 1961.

Visti l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e gli atti di costituzione in giudizio di Verdiani Bandi Luigi e dell'Ente di riforma;

udita nell'udienza pubblica del 31 ottobre 1962 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

uditi l'avv. Mariano Caligiuri, per Verdiani Bandi Luigi, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per l'Ente di riforma.

Ritenuto in fatto 

Con atto di citazione 30 novembre 1954 Verdiani Bandi Luigi, premesso di essere proprietario di terreni in località "Pomonte" e "Bandita" nei Comuni di Scansano e Santa Fiora e che l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale aveva proceduto all'occupazione di una parte dei suddetti terreni, rispettivamente di ha. 1842,74,83 e di ha. 300 (come da verbali di presa di possesso in data 17 dicembre 1952 e 26 marzo 1953) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Grosseto l'Ente medesimo, chiedendo che fosse condannato all'immediata restituzione di tali beni. L'Ente predetto eccepiva in contrario che la domanda del Verdiani Bandi era non solo infondata, ma improponibile ed inammissibile, dato che la denunciata occupazione era stata effettuata a norma dell'art. 3 del D.P.R. 3 ottobre 1952, n. 1781, e dell'art. 3 del D.P.R. 29 novembre 1952, n. 2866. Replicava l'attore sostenendo che i due decreti presidenziali erano da considerare incostituzionali perché viziati da eccesso di delega rispetto alla legge 21 ottobre 1950, n. 841, per avere tenuto conto, ai fini della determinazione della quota da espropriare, di terreni non più di sua proprietà in quanto già espropriati nel 1937; per avere incluso nell'esproprio un acquedotto, bene inespropriabile; ed, infine, per non avere rispettato l'indisponibilità del "terzo residuo". Eccesso di delega che comportava la violazione, oltre che degli artt. 76 e 77, anche dell'art. 42 della Costituzione, avendo condotto a porre in essere un'espropriazione di proprietà privata fuori dei casi preveduti dalla legge. Il giudice istruttore, con ordinanza del 6 marzo 1961, ritenendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata dall'attore non era manifestamente infondata e che la stessa aveva "effettiva rilevanza sul merito della causa", sospendeva il giudizio in corso e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza, regolarmente comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati e notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, edizione speciale, n. 161 del 1961 ed é iscritta al n. 81 del Registro ordinanze 1961.

Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale, con atto del 19 luglio 1961, si é costituito il Verdiani Bandi Luigi, rappresentato e difeso dall'avv. Mariano Caligiuri. É anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato in cancelleria il 14 giugno 1961 le proprie deduzioni. La difesa del Verdiani Bandi, dopo avere affermato che non vi può essere alcun dubbio sulla ritualità dell'ordinanza del giudice istruttore, poiché la questione di legittimità costituzionale é sorta mentre il giudizio pendeva dinanzi a tale giudice, riproduce le censure già avanzate durante l'istruzione della causa, a cui fa riferimento l'ordinanza di trasmissione, e conclude chiedendo che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1781, e 29 novembre 1952, n. 2866.

L'Avvocatura generale dello Stato sostiene, in via preliminare e principale, l'inammissibilità della questione proposta perché nel vigente ordinamento, il giudice istruttore civile non sarebbe legittimato, essendo privo di attività decisoria della lite, ad investire la Corte del giudizio di legittimità costituzionale. Osserva che d'altronde, l'ordinanza non é sorretta da adeguata motivazione in ordine alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza, limitandosi essa a fare rinvio alle imprecise argomentazioni con cui la parte ha sollevato la questione ed, anzi, dando l'impressione che il giudice a quo abbia considerato il giudizio della Corte non incidentale ma principale, e che, nella stessa, manca altresì qualsiasi valutazione circa la sussistenza di un interesse dell'attore a promuovere la controversia. Fa rilevare da ultimo che, in ogni modo, la questione di legittimità costituzionale é chiaramente priva di fondamento. Non vi é alcuna prova, infatti, dell'asserita precedente espropriazione dei terreni; ed é certo che un acquedotto é legittimamente assoggettabile ad esproprio se costituente una pertinenza del fondo espropriato. In quanto, poi, al "terzo residuo", il Verdiani Bandi non ha presentata nei termini la domanda prescritta dagli artt. 8 e 9 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, che é indispensabile per godere di quel beneficio.

Con memoria illustrativa depositata in data 24 maggio 1962 la difesa del Verdiani Bandi riafferma che il giudice istruttore era pienamente legittimato ad emettere l'ordinanza di rinvio e che l'ordinanza stessa é adeguatamente motivata in ordine alla rilevanza. Ribadisce, inoltre, le conclusioni già prese, sostenendo l'illegittimità del D.P.R. 29 novembre 1952, n. 2866, per non avere concesso il beneficio del "terzo residuo" e del D.P.R. 3 ottobre 1952, n. 1781, per avere tenuto conto nella valutazione del reddito imponibile di terreni già espropriati, per avere incluso nello scorporo un acquedotto e per avere negato anch'esso la conservazione del "terzo residuo".  

Considerato in diritto 

1. - Pregiudiziale all'esame del merito della presente controversia si presenta l'indagine sulla legittimazione del giudice istruttore civile a proporre alla Corte costituzionale - ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - una questione di legittimità costituzionale la cui soluzione sia da lui ritenuta necessaria per la definizione del giudizio promosso avanti al Tribunale al quale é addetto.

Ritiene la Corte che l'enunciato quesito debba essere risolto in senso negativo. É vero che una norma testuale dalla quale desumere la soluzione in tal senso fa difetto e che le disposizioni invocabili al riguardo, per la genericità e non univocità con cui sono formulate, possono dar luogo a dubbi e giustificare, pertanto, i dissensi che si sono manifestati in dottrina sul punto in esame.

Tuttavia a far superare i dubbi d'interpretazione appare decisiva, da una parte, la considerazione della posizione conferita al giudice istruttore nel processo civile, e dall'altra, la natura degli accertamenti che si rendono necessari al fine della proposizione della questione di costituzionalità.

Secondo il vigente ordinamento del processo civile il giudice istruttore, mentre é dotato di un ampio potere di ordinanza relativo alla raccolta di ogni specie di mezzi istruttori e, più generalmente, di tutti gli elementi che attengono allo svolgimento del processo, non ha competenza ad emettere provvedimenti decisori, che la legge ha riservato alla competenza del collegio cui spetta pronunciarsi sulla causa.

Ora la proposizione di una questione sulla legittimità costituzionale di una legge o di atto ad essa equiparato richiede la valutazione, oltre che della non manifesta infondatezza della medesima, anche della sua rilevanza al fine della statuizione sul merito della controversia. Il che importa l'esercizio di un'attività la quale, pel fatto di rivolgersi alla ricerca ed all'interpretazione delle norme da applicare per la definizione della controversia stessa, e quindi alla delimitazione dell'ambito entro cui é da contenere lo svolgimento del processo, é tale da interferire sull'attività di giudizio che, come si é detto, ha e deve avere il suo unico organo nel collegio.

2. - Alla soluzione accolta non contraddicono le pronuncio con le quali questa Corte ha costantemente ritenuto che il giudizio di legittimità costituzionale, stante la sua indipendenza da quello di merito, per la diversità dell'oggetto e della finalità dell'uno e dell'altro, se pure presuppone la instaurazione di fatto di quest'ultimo, non rimane influenzato da eventuali irregolarità che lo inficino, e quindi non può essere arrestato allorché si riscontri un difetto di competenza del giudice da cui emana l'ordinanza.

Ciò perché nella specie viene in considerazione non già la competenza a statuire sulla controversia di merito, irrilevante, come si é detto, al fine della decisione sulla questione di legittimità costituzionale, bensì un elemento del tutto diverso, qual'é quello attinente alla legittimazione dell'organo a proporre la questione stessa.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara inammissibile la questione proposta dal giudice istruttore presso il Tribunale di Grosseto con ordinanza 6 marzo 1961.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 1962.

Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ

 

Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1962.