Sentenza n. 57 del 1962
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SENTENZA N. 57

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2960 del Codice civile, promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1961 dal Pretore di Ravenna nel procedimento civile vertente tra Foschini Giuseppe e Passarella Gino e Bonadini Maria, iscritta al n. 138 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 232 del 16 settembre 1961.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 30 maggio 1962 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Nicola Graziano, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Il Pretore di Ravenna, il 15 luglio 1961, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2960 del Cod. civile in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Com'é noto, quell'articolo dà al creditore un solo mezzo di difesa contro gli effetti estintivi di una prescrizione Presuntiva eventualmente decorsa a suo danno: egli (a parte il precetto contenuto nell'art. 2959 del Cod. civ.) può soltanto invitare la controparte a giurare che la sua obbligazione non é estinta; di modo che, secondo il Pretore di Ravenna, per quanto riguarda la permanenza in vita del debito, vengono sottratti al creditore i normali mezzi di prova che il Codice garantisce in ogni altro caso e la sorte della lite dipende esclusivamente dalla coscienza del debitore. Ciò si tradurrebbe in una limitazione di tutela per i creditori soggetti a prescrizioni presuntive e urterebbe con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.

2. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri si é costituito, per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate l'11 agosto 1961.

L'atto d'intervento ricorda, innanzi tutto, come le prescrizioni presuntive si fondino sulla considerazione che certi debiti s'adempiano entro limiti brevi di tempo, di modo che, passati questi, si deve presumere l'avvenuto pagamento: presunzione così forte che può essere vinta dal solo giuramento (oltre che dall'ammissione di cui all'art. 2959 del Cod. civile).

Ciò non contrasta - secondo l'Avvocatura dello Stato - con l'art. 24 della Costituzione, che garantisce la facoltà di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, ma lascia alla disciplina della legge ordinaria le modalità relative all'esercizio di quella facoltà e in particolare ai mezzi probatori.

Né, secondo l'Avvocatura dello Stato, c'é contrasto con l'art. 3 della Costituzione: infatti, la disposizione impugnata, riferendosi a tutti coloro che siano titolari di diritti rientranti in determinate categorie, li tratta egualmente, con disciplina particolare rispetto a quella che riguarda chi sia titolare di altri diritti; perciò, dettando norme diverse per situazioni diverse, non contrasta col principio d'eguaglianza sancito in quell'articolo.

D'altronde non esiste nel nostro ordinamento una regola generale per cui qualunque diritto può essere provato con ogni mezzo di prova: l'art. 2697 del Cod. civile, richiamato dall'ordinanza di rimessione, non arriva a tanto e il Codice é pieno di limitazioni relative all'uso di questo o quel mezzo di prova.

Quanto poi al giuramento, che si può deferire soltanto al debitore e della cui efficacia probatoria il giudice a quo sembra dubitare, l'Avvocatura osserva, invece, concludendo, che esso é una prova come un'altra: ed aggiunge che il creditore non rimane senza tutela neanche se il giuramento gli é sfavorevole poiché può sempre dimostrarne la falsità e chiedere il risarcimento dei danni.  

Considerato in diritto 

1. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 2960 del Cod. civile, promossa sul presupposto che i titolari di certi crediti avrebbero una tutela minore di quella dei titolari di altri crediti e che ciò contrasterebbe cogli artt. 3 e 24 della Costituzione, non é fondata.

L'art. 24 si riferisce alla tutela processuale dei diritti e perciò se ne può assumere la violazione solo quando il legislatore limitasse ingiustificatamente la difesa processuale d'un diritto da esso stesso attribuito o riconosciuto. Invece, i crediti sottoposti a prescrizione presuntiva sono tali che possono essere fatti valere incondizionatamente coi mezzi forniti dall'ordinamento giuridico (soltanto) quando non sia decorso un certo periodo di tempo. Il titolare di quei crediti ha l'onere di chiederne l'adempimento entro il termine breve indicato dalla legge e, purché lo faccia entro questo termine, la tutela processuale del suo diritto non é diversa da quella di cui beneficiano i titolari di crediti non soggetti a prescrizione presuntiva.

Trascorso il termine, il creditore non potrà ottenere l'adempimento dell'obbligazione se non quando la sussistenza di essa risulti da un'ammissione, comunque determinata, dello stesso debitore (ammissione ex art. 2059 del Cod. civile o giuramento a lui deferito in virtù della norma impugnata). Questa particolare situazione, che deriva sia dalla norma denunciata sia dall'intera disciplina della c. d. prescrizione presuntiva, non importa propriamente una diminuzione ingiustificata della tutela processuale del credito; ma piuttosto influisce, per ragioni connesse con la particolare natura del rapporto, sul relativo diritto, che, non esercitato entro il termine stabilito dalla legge, perde gran parte della sua forza e può farsi valere solo quando ciò sia consentito in ultima istanza dal contegno del debitore: dunque, l'art. 24 della Costituzione non risulta violato.

2. - D'altra parte, il legislatore avrebbe potuto stabilire che, decorso quel termine, il diritto non possa più farsi valere; in tal caso avrebbe ridotto a prescrizione ordinaria o a presunzione assoluta d'estinzione quella che ora é una mera prescrizione presuntiva e nessun principio costituzionale gli avrebbe impedito di farlo: non c'é norma della Costituzione che inibisca alla legge di stabilire termini prescrizionali diversi da diritto a diritto (negli articoli da 2947 a 2953 del Cod. civile, che contengono prescrizioni vere e proprie, il termine é talora così breve come quello delle prescrizioni presuntive).

Se non lo ha fatto, é proprio per dare una qualche possibilità di esazione del credito anche decorso quel termine. Perciò si deve escludere che abbia violato il principio d'eguaglianza riposto nell'art. 3 della Costituzione: infatti, una norma che dà un vantaggio al titolare di certi diritti, non può essere dichiarata illegittima soltanto perché questo vantaggio é accordato solo entro certi limiti. Il confronto colle obbligazioni che non sono soggette a prescrizione presuntiva non può più farsi sul piano della legittimità costituzionale una volta constatato che, per quelle sottoposte a prescrizione presuntiva, particolari esigenze hanno suggerito di ridurre col decorso del tempo il potere di imporne l'adempimento: riduzione della quale fra l'altro il creditore non ha da lamentarsi poiché l'avrebbe evitata se avesse esercitato tempestivamente il suo diritto.

3. - Il legislatore ha stabilito che il decorso del termine non dia luogo né a una presunzione relativa, superabile con qualunque mezzo di prova, né a una presunzione assoluta. Esso si é tenuto fedele a una soluzione intermedia ed ha riconosciuto che la presunzione possa superarsi, ma (solo) con mezzi di prova lasciati alla coscienza e al contegno del debitore. Evidentemente la soluzione é stata imposta dalla necessità di dare una disciplina particolare a situazioni particolari, cioè da motivi il cui sindacato é sottratto al giudizio di questa Corte anche perché la loro ragionevolezza é in certo senso provata dalla stessa vitalità dell'istituto, oramai secolare.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2960 del Cod. civile, proposta con ordinanza del 15 luglio 1961, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 14 giugno 1962.