Sentenza n. 32 del 1961
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SENTENZA N. 32

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 3 aprile 1959, recante: "Riordinamento dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato l'11 aprile 1959, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 18 aprile 1959 ed iscritto al n. 8 del Registro ricorsi 1959.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 26 aprile 1961 la relazione del Giudice Nicola Jaeger;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il ricorrente, e gli avvocati Leopoldo Piccardi e Giuseppe Guarino, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

Con ricorso notificato in data 11 aprile 1959 al Presidente della Regione siciliana e depositato nella cancelleria di questa Corte il 18 aprile 1959, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 3 aprile 1959, recante: " Riordinamento dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia", comunicata il 4 aprile al Commissario dello Stato agli effetti dell'art. 28 dello Statuto siciliano. Del deposito del ricorso nella cancelleria é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 99, del 24 aprile 1959, e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, n. 25, del 30 aprile 1959, dal Presidente della Corte costituzionale.

Nel ricorso si osserva che la legge impugnata, la quale contiene norme per la disciplina dei compiti dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia, per la costituzione di un fondo di rotazione, per il riordinamento degli organi deliberativi, esecutivi e di controllo, nonché per l'approvazione del regolamento organico e dello statuto, dà luogo a censure per quanto concerne le norme contenute negli artt. 5,13,14,15 e 16; si conclude, tuttavia, perché sia dichiarata la illegittimità costituzionale della intera legge.

In particolare, nei confronti dell'art. 14 della legge il commissario dello Stato rileva che tale articolo dispone la istituzione di un fondo di rotazione per sopperire alle esigenze della nuova attività di assistenza agricola che l'Ente sarebbe autorizzato a svolgere in base alle disposizioni dell'art. 13; ma tale istituzione sarebbe illegittima, non essendo precisati l'ammontare del fondo stesso, la misura del contributo regionale, la natura e il prevedibile ammontare delle sopravvenienze attive, nonché le modalità per rendere liquidi e, quindi, utilizzabili i cespiti indicati come "creazione della proprietà contadina e terreni delle aziende di proprietà dell'Ente".

La legge importerebbe, pertanto, un onere finanziario per la Regione, non determinato nell'effettivo ammontare, né indicherebbe i mezzi a copertura della nuova spesa, essendo il finanziamento disposto più formale che sostanziale; si avrebbe, quindi, violazione dell'art. 81, ultimo comma, della Costituzione.

Sarebbero, poi, illegittime le norme contenute negli artt. 5 e 15 della legge impugnata, le quali attribuiscono all'Assessore regionale per l'agricoltura una potestà regolamentare che, a giudizio del Commissario dello Stato, non può ritenersi compresa nella competenza dell'Assessore medesimo, ma, se mai, in quella del Governo regionale o del Presidente della Regione.

Infine, l'art. 16 della legge configurerebbe un caso di delegazione legislativa al Presidente della Regione, per la emanazione, su deliberazione della Giunta, di norme di coordinamento, mentre lo Statuto regionale non consentirebbe figure di legislazione delegata.

Il Presidente della Regione siciliana si costituiva in giudizio mediante deposito delle deduzioni in cancelleria in data 8 maggio 1959, contestando - in via pregiudiziale - la competenza della Corte costituzionale, perché il giudizio sui ricorsi proposti dallo Stato contro le leggi siciliane deve ritenersi riservato alla competenza esclusiva dell'Alta Corte per la Regione siciliana. Nel merito, la difesa della Regione contesta la esattezza degli argomenti addotti nel ricorso, affermando fra l'altro che la norma contenuta nell'art. 13, lett. a, avrebbe natura di legge direttiva, non di legge precetto; per quanto concerne, poi, la legittimità della delegazione legislativa al Presidente della Regione fa richiamo ad una decisione dell'Alta Corte. Conclude, pertanto, perché il ricorso sia dichiarato inammissibile e irrecevibile e, subordinatamente, respinto perché infondato.

Con una memoria illustrativa depositata il 13 aprile 1961 la difesa dello Stato replica alle argomentazioni della Regione e insiste per l'accoglimento del ricorso. Essa osserva che se la norma contenuta nell'art. 13, lett. a, della legge impugnata non é una norma-precetto, tale dovrebbe essere allora quella della legge di bilancio, il che renderebbe più grave la violazione dell'art. 81 della Costituzione. Insiste sulla indeterminatezza dell'onere assunto dal Governo regionale. Contesta che possano invocarsi precedenti validi e vincolanti per riconoscere legittime l'attribuzione di una potestà regolamentare a un Assessore regionale e la delegazione legislativa alla Giunta della Regione siciliana.

Anche la difesa della Regione ha depositato in pari data una memoria, insistendo sulla eccezione di incompetenza della Corte costituzionale e sviluppando ampiamente le tesi già sostenute sulla legittimità del conferimento della potestà regolamentare all'Assessore e della delegazione legislativa al Governo regionale. Rispetto a tali questioni, peraltro, solleva anche eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, poiché le disposizioni impugnate dell'art. 15 e dell'art. 16 non sono più applicabili, essendo scaduti i termini in esse previsti rispettivamente per l'emanazione del regolamento e per quella del decreto legislativo delegato, senza che si sia provveduto da parte dell'Assessore e della Giunta.

Alla pubblica udienza i difensori delle parti hanno ribadito le proprie argomentazioni, riaffermando le conclusioni esposte nelle memorie.  

Considerato in diritto 

1. - La eccezione di incompetenza della Corte costituzionale a decidere le controversie già demandate alla competenza dell'Alta Corte per la Regione siciliana é stata riproposta, riesaminata e nuovamente respinta nel giudizio deciso con la sentenza n. 31 di questa Corte, di pari data della presente, che richiama i motivi già esposti a fondamento della prima sentenza su questo punto (n. 38 del 27 febbraio 1957).

2. - Ad analoga decisione negativa si deve pervenire riguardo alle eccezioni di inammissibilità e improcedibilità sollevate dalla difesa della Regione nella memoria, relativamente alle norme degli art. 15 e 16 della legge regionale impugnata, in base al rilievo che i termini stabiliti in tali disposizioni per l'esercizio della potestà regolamentare conferita all'Assessore per l'agricoltura e le foreste (art. 15) e della delegazione legislativa al Governo regionale (art. 16) sono decorsi da tempo, senza che si sia provveduto all'esercizio delle potestà medesime.

La sussistenza dell'interesse dello Stato ad ottenere l'accertamento della illegittimità delle norme suddette e la loro eliminazione dall'ordinamento giuridico non può essere messa in dubbio. Anzitutto é da osservare che, se il termine stabilito per l'esercizio di una delegazione legislativa é sicuramente perentorio, é quanto meno controverso se sia tale, o non piuttosto meramente ordinatorio, un termine prefisso per l'emanazione di regolamenti, di guisa che il fatto che sia scaduto il termine previsto nell'art. 15 della legge impugnata senza che l'Assessore abbia esercitato la potestà regolamentare conferitagli potrebbe, secondo talune opinioni, non precluderne l'ulteriore esercizio. L'art. 5, lett. h, del resto, non prevede affatto un termine. Si deve, poi, aggiungere che una impugnazione come la presente ha quale oggetto una affermata violazione delle norme costituzionali sulla competenza legislativa e regolamentare, non già il contenuto delle norme emanate da organi eventualmente incompetenti, contenuto che potrebbe non meritare di per sé alcuna censura: la illegittimità delle norme delegate é conseguenza della illegittimità della legge di delegazione, che ne costituisce il prius, ed é proprio su questa che si appunta l'azione esperita dagli organi dello Stato. Sussiste, quindi, il dovere della Corte di esaminare la legittimità di quelle norme, rispetto alle quali la difesa dello Stato ha insistito nella richiesta della dichiarazione di illegittimità.

3. - L'art. 5, lett. h, della legge impugnata prevede la partecipazione al Consiglio di amministrazione dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia di cinque membri "eletti tra gli assegnatari dei lotti di riforma agraria con le modalità che saranno stabilite dall'Assessorato per l'agricoltura e le foreste". Per stabilire tali modalità l'Assessorato dovrebbe, evidentemente, emanare un regolamento, che, pur essendo diretto a disciplinare la struttura di un organo dell'Ente, avrebbe innegabilmente effetti riflessi non privi di importanza rispetto a interessi di terzi (la categoria degli assegnatari dei lotti di riforma). D'altra parte, la deliberazione dello statuto per il funzionamento dell'Ente e del regolamento organico del personale é attribuita alla competenza del Consiglio di amministrazione (art. 17).

L'art. 15 dispone poi che "Entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge, l'Assessore per l'agricoltura e le foreste é autorizzato a fissare, con proprio decreto, le norme per la gestione del fondo", vale a dire di quel "fondo di rotazione" previsto nell'articolo precedente.

Queste norme sono entrambe in contrasto con il disposto del terzo comma dell'art. 12 dello Statuto della Regione siciliana, ai sensi del quale "i regolamenti per l'esecuzione delle leggi formate dall'Assemblea regionale sono emanati dal Governo regionale", poiché tale Governo é costituito da un organo collegiale composto dal Presidente della Regione e da tutti gli Assessori, ed esattamente l'art. 13 del decreto del C.P.S. 25 marzo 1947, n. 204, recante le norme per l'attuazione dello Statuto per la Regione siciliana, specifica che "i regolamenti del Governo regionale sono emanati con decreto del Presidente regionale, previa deliberazione della Giunta regionale".

La norma dello Statuto, che é norma costituzionale di attribuzione di competenza, in nessun caso può essere derogata da una disposizione di legge ordinaria, quali che siano i motivi di opportunità, che a parere della stessa maggioranza dell'Assemblea legislativa potrebbero, in qualche caso, far considerare preferibile in linea di fatto una soluzione diversa. Fintanto che la norma costituzionale non venga modificata da un'altra norma costituzionale, gli organi legislativi sono tenuti ad osservarla rigorosamente, senza introdurre distinzioni non previste da quella. D'altra parte, sì deve anche osservare che norme simili costituiscono altrettante garanzie per l'autonomia regionale, assicurando che i provvedimenti meglio corrispondano all'interesse generale della Regione; e, anche per questo, non é consentito ricorrere ad analogie con quanto e praticato nell'ordinamento dello Stato, Del resto, la stessa legge denunciata prescrive, all'art. 17, ultimo comma, che lo statuto dell'Ente é sottoposto all'approvazione della Giunta regionale.

Perciò le norme contenute nell'art. 5, lett. h, e nell'art. 15 della legge impugnata devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime.

4. - La denuncia della illegittimità dell'art. 16 della legge impugnata, che delega al Governo regionale il potere di emanare le norme di coordinamento con le altre disposizioni concernenti la stessa materia, offre alla Corte costituzionale quella occasione di esaminare ex professo il problema della ammissibilità delle leggi di delegazione nell'ordinamento siciliano, che non si era presentata finora, come venne rilevato nella sentenza n. 50 del 28 luglio 1959. In tale decisione, nella quale la Corte ebbe ad escludere che il Governo della Regione potesse emanare legittimamente decreti legge, essa ricordò una legge regionale 26 gennaio 1949, n. 4 (modificata con le leggi 1 settembre 1949, n. 52, e 3 gennaio 1952, n. 1), recante una "delegazione temporanea di potestà legislativa al Governo della Regione" rinnovata poi ripetutamente, ed osservò che "il conferimento di una siffatta potestà legislativa di urgenza al Governo della Regione da parte dell'Assemblea regionale, per tempo determinato e previo parere vincolante delle Commissioni legislative, dimostra che l'Assemblea stessa riconosceva che il Governo regionale non era già investito di tale potestà, perché non si poteva ritenere applicabile, neppure in via analogica, la norma contenuta nell'art. 77 della Costituzione della Repubblica". A questo richiamo la Corte faceva seguire l'osservazione, che non era certamente una manifestazione di adesione alla prassi adottata dalla Regione, che l'Assemblea "credette di poter supplire, con una legge ordinaria, al difetto di una norma attributiva di competenza".

Nemmeno può desumersi alcun argomento dalla precedente sentenza (n. 47 del 9 luglio 1959), nella quale fu dichiarata la illegittimità di una delegazione legislativa, contenuta nell'art. 2 della legge regionale 7 maggio 1958, n. 14, e del decreto legislativo presidenziale 5 luglio 1958, n. 4, con il quale erano stati espletati i poteri delegati, in accoglimento del motivo addotto nel ricorso dello Stato, fondato sul rilievo che nel citato art. 2 non erano stati determinati i principi e i criteri direttivi. Tale decisione dovette risolvere solo le questioni proposte e discusse dalle parti e non usò alcuna espressione, da cui potesse arguirsi il pensiero della Corte su un punto, che non faceva parte dell'oggetto della controversia.

Il problema sottoposto all'esame della Corte nel presente giudizio trova soluzione nel principio generale della inderogabilità delle competenze costituzionali. Le ipotesi, nelle quali la Costituzione ammette l'esercizio della potestà legislativa da parte del Governo (art. 76 e 77), sono da ritenere eccezionali; e nulla di simile si ritrova negli ordinamenti regionali, anche perché l'organo legislativo unicamerale e la minore complessità dell'esercizio della funzione legislativa rendono più spedito il procedimento formativo delle leggi.

D'altra parte, la Corte ha già ripetutamente affermato che non é consentito in via generale di estendere alle Regioni le norme costituzionali dell'ordinamento dello Stato, che non costituiscano applicazioni di principi generali.

Si deve, pertanto, escludere che lo Statuto speciale della Regione siciliana ammetta l'istituto della delegazione legislativa al Governo regionale; ne consegue che l'art. 16 della legge impugnata non può essere considerato costituzionalmente legittimo.

5. - Il Commissario dello Stato ha impugnato anche l'art. 14 della legge regionale 12 maggio 1959, n. 21, per violazione dell'art. 81, ultimo comma, della Costituzione della Repubblica; a sostegno della tesi dell'illegittimità dell'intero articolo si adduce la indeterminatezza dell'ammontare del fondo di rotazione previsto nel primo comma di esso, della misura dell'apporto annuo della Regione, la cui fissazione é rimessa alla legge di bilancio, della natura e della entità delle sopravvenienze attive e dei cespiti derivanti dalla creazione della proprietà contadina.

La Corte ritiene che la norma, la quale prevede che l'apporto annuo della Regione verrà fissato con la legge di bilancio (art. 14, n. 1), non possa sottrarsi alla dichiarazione di illegittimità, anche perché la formula adottata non può essere ritenuta di natura meramente direttiva, come é stato sostenuto dalla difesa della Regione.

Essa ha, infatti, ripetutamente chiarito che l'obbligo del legislatore regionale di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa non può ritenersi assolto mediante l'autorizzazione a iscrizioni nel bilancio, che non producono, né possono produrre, alcun effetto di per sé, ove non trovino corrispondenza nella legge sostanziale (sent. n. 16 del 23 marzo 1961).

A diversa conclusione si deve giungere, invece, per quanto concerne le altre disposizioni dell'art. 14, nelle quali non si fa che prevedere in astratto la possibilità che il così detto fondo di rotazione sia incrementato da utili ed apporti di varia formazione e provenienza, il che non si presta ad alcuna censura di illegittimità. Sì può dubitare, tutt'al più, che queste entrate di incerta consistenza possano essere sufficienti a sopperire alle esigenze delle attività previste dalla legge, nell'art. 13; ma ciò non può provocare altra conseguenza che quella di ordine pratico, di indurre gli organi competenti della Regione a provvedere - secondo le norme vigenti - a reperire altrimenti i mezzi per farvi fronte.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione siciliana:

dichiara la illegittimità costituzionale delle norme contenute negli artt. 5, lett. h, 14, n. 1, 15 e 16 della legge approvata il 3 aprile 1959 dall'Assemblea della Regione siciliana, promulgata, in pendenza del ricorso in questa sede, il 12 maggio 1959 (n. 21) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, n. 28, del 15 maggio 1959;

dichiara non fondate le altre questioni di legittimità costituzionale sollevate nei riguardi della legge suddetta.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1961.