Sentenza n. 74 del 1960
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SENTENZA N. 74

ANNO 1960

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti promossi con i seguenti ricorsi.

1) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 26 giugno 1959, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 1 luglio successivo ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1959, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito del decreto 23 aprile 1959, n. 146/A, col quale il Presidente della Regione ha annullato le deliberazioni nn. 153 e 154 del 25 gennaio 1958 dell'azienda autonoma per le terme di Ascireale, nonché l'atto del 27 successivo dell'Assessore regionale per le finanze, il bilancio e il demanio, di approvazione delle stesse deliberazioni;

2) ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 28 luglio 1959, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 1 agosto successivo ed iscritto al n. 17 del Registro ricorsi 1959, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito del decreto del Presidente della Regione 15 febbraio 1959, n. 77/A, che annullava il visto di approvazione in data 24 gennaio 1958 del Comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica di Catania, concernente il regolamento organico dell'Ospedale circoscrizionale S. Giovanni di Dio e S. Isidoro di Giarre, e del decreto del Presidente della Regione 22 maggio 1959, n. 184/A, che annullava l'art. 151, ultimo comma, dell'anzidetto regolamento organico.

Udita nell'udienza pubblica del 23 novembre 1960 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e gli avvocati Carlo Arturo Jemolo e Giuseppe Guarino, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato al Presidente della Regione siciliana il 26 giugno 1959 il Presidente del Consiglio dei Ministri elevava conflitto di attribuzione nei confronti della Regione siciliana in riferimento al decreto 23 aprile 1959, n. 146-A, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale Reg. sic. 27 aprile 1959, n. 24, col quale il Presidente della Regione aveva annullato le deliberazioni nn. 153 e 154 del 25 gennaio 1958 dell'azienda autonoma per le terme di Acireale, riguardanti la costituzione di una società regionale idrominerale e la concessione a questa del complesso idrominerale di Pozzillo, nonché l'atto del 27 successivo dell'Assessore regionale per le finanze, il bilancio e il demanio, di approvazione delle stesse deliberazioni.

Premesso che il decreto di annullamento si richiama all'art. 265 D. Pres. Reg. sic. 29 ottobre 1955, n. 6, e all'art. 6 T.U. reg. 9 giugno 1954, n. 9, il ricorso affermava che con esso la Regione ha ecceduto dai poteri amministrativi riconosciutile dall'art. 20 Statuto speciale, in quanto ha preteso far uso del potere generale di annullamento degli atti amministrativi illegittimi previsto dall'art. 6 T.U. com. e prov. statale 3 marzo 1934, n. 383, che é riservato alla competenza dello Stato; aggiungeva che lo stesso art. 6 T.U. n. 9 cit. riconosce, ai commi primo e secondo, tale competenza al Governo dello Stato, mentre il terzo comma - il quale riproduce l'art. 27 legge reg. 7 dicembre 1953, n. 62 - non regola l'ipotesi di cui ai primi due commi, e, comunque, riguarda la materia comunale e provinciale, alla quale, invece, non attiene il decreto del quale si discute; concludeva chiedendo che la Corte dichiari spettare esclusivamente allo Stato e per esso al Presidente della Repubblica il potere di annullare in ogni tempo gli atti e i provvedimenti amministrativi emanati da qualunque autorità amministrativa, anche regionale, viziati di incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge, e conseguentemente annulli il provvedimento impugnato.

La Regione siciliana, costituitasi in giudizio il 15 luglio 1959, per resistere al ricorso, premesso che al Governo regionale fu attribuito (art. 2 legge reg. 14 dicembre 1953, n. 67) il compito di coordinare le preesistenti disposizioni statali in materia comunale e provinciale con quelle emanate con la legge 7 dicembre 1953, n. 62, e che il Governo regionale non si ritenne investito, in virtù dei poteri conferitigli, della potestà di modificare i singoli testi legislativi in vigore, ma soltanto di ordinarli insieme, spiegava che appunto e soltanto perciò si trovano indicate nel cit. T.U. (che avrebbe carattere amministrativo e non legislativo) le antiche competenze statali anche dove sono sottentrate quelle regionali - onde l'art. 6 T.U. n. 9, mentre ripete ai primi due commi l'art. 6 T.U. com. e prov. nazionale, nel comma successivo ripete l'art. 27 legge reg. n. 62 del 1953, secondo il quale le relative competenze devono intendersi riferite agli organi regionali sostituiti a quelli statali -; e osserva che, siccome le disposizioni della legge n. 62 e del T.U. n. 9, relative al potere di annullamento di cui trattasi, non hanno a suo tempo formato oggetto d'impugnativa, la questione proposta dallo Stato in sede applicativa sarebbe stata inammissibile.

Aggiungeva nel merito la Regione che il ricorso era infondato: a) perché il decreto di cui trattasi non era stato emanato nell'esercizio del potere di cui all'art. 6, bensì in base a un potere di natura gerarchica; b) perché, subordinatamente, esso era stato emanato non in virtù dell'art. 6 del T.U. statale, bensì in virtù dell'art. 6 del T.U. regionale; c) perché, del resto, il potere governativo previsto dall'art. 6 T.U. statale era venuto meno in relazione agli atti degli uffici della Regione siciliana e degli enti locali di questa.

2. - Con altro ricorso, notificato al Presidente della Regione siciliana il 28 luglio 1959, e corrispondente nei motivi e nelle conclusioni al ricorso di cui si é detto, il Presidente del Consiglio dei Ministri elevava altro conflitto di attribuzione nei confronti della Regione siciliana, in riferimento al decreto 22 maggio 1959, n. 184-A, col quale il Presidente della Regione aveva esteso all'ultimo comma dell'art. 151 del regolamento organico dell'ospedale circoscrizionale S. Giovanni di Dio e S. Isidoro di Giarre l'annullamento pronunciato col proprio decreto 15 febbraio 1959, n. 77-A, nei confronti del visto di approvazione concesso il 24 gennaio 1958 dal Comitato di assistenza e di beneficenza pubblica di Catania all'anzidetto regolamento organico; e uno actu elevava conflitto di attribuzione in riferimento allo stesso decreto presidenziale 15 febbraio 1959, n. 77-A, ora menzionato.

In questo secondo giudizio la Regione non si costituiva. In relazione a esso, nella memoria in data 15 febbraio 1960, dopo aver fatto presente che, nelle more del giudizio, con decreto 27 luglio 1959, n. 261-A, il Presidente della Regione ha annullato sia il decreto n. 77-A che il decreto n. 184-A, l'Avvocatura dello Stato si richiamava agli art. 22 e 27 delle Norme integrative per i giudizi innanzi a questa Corte per sostenere che il giudizio deve essere ugualmente trattato, e chiedeva la riunione dei due ricorsi, "che hanno ad oggetto la stessa questione".

3. - Nell'anzidetta memoria la difesa dello Stato, nel ribadire e sviluppare le tesi enunciate in entrambi i ricorsi, e nel negare nel modo più assoluto alla Regione il potere esercitato, aggiungeva che, ove all'art. 27 legge reg. n. 62 del 1953 e all'art. 6 T.U. reg. n. 9 del 1954 avesse potuto attribuirsi il significato affermato dalla difesa regionale, la Corte avrebbe dovuto valutarne incidentalmente la legittimità costituzionale, ai fini della eventuale disapplicazione.

Nell'unico giudizio in cui era costituita, la Regione, in un'ampia memoria depositata il 3 marzo 1960, ribadiva le proprie tesi e contrastava l'affermazione che la Corte potesse sollevare essa stessa in occasione di giudizi per conflitto di attribuzione, incidenti di legittimità costituzionale delle leggi regolatrici della materia.

4. - Le due cause furono trattate congiuntamente all'udienza del 16 marzo 1960; e con ordinanza 5 aprile 1960, n. 22, questa Corte ne dispose la riunione e il rinvio, perché potessero essere trattate congiuntamente alla questione pregiudiziale - ritenuta sollevabile e sollevata in tale sede - relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 6 T.U. Reg. sic. 9 giugno 1954, n. 9, nonché dell'art. 27 legge reg. sic. 7 dicembre 1953, n. 62 (limitatamente agli aspetti per cui questo é stato trasfuso nel citato art. 6), in relazione agli artt. 20, 14 e 15 Statuto speciale per la Regione siciliana.

5. - L'Avvocatura dello Stato ha depositato un'altra memoria in data 19 ottobre 1960. In essa vengono esaminate, congiuntamente, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte e le questioni relative ai due conflitti di attribuzione. Per quanto riguarda questi ultimi, la memoria ribadisce le precedenti argomentazioni.

L'Avvocatura dello Stato ha concluso, oltre che per la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale dell'art. 6 T.U. Reg. sic. 9 giugno 1954, n. 9, e dell'art. 27 legge reg. sic. 7 dicembre 1953, n. 62, limitatamente agli aspetti per cui é trasfuso nel citato art. 6, per l'annullamento dei provvedimenti regionali nei confronti dei quali é stato elevato conflitto di attribuzione.

La difesa della Regione ha concluso per la dichiarazione di infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale e per il rigetto dei ricorsi per conflitto di attribuzione.

6. - All'udienza di trattazione sono state discusse congiuntamente le due cause relative ai conflitti di attribuzione, riunite con l'ordinanza 5 aprile 1960, n. 22, e la causa relativa alla questione di legittimità costituzionale sollevata con quest'ultima ordinanza.

Nella discussione orale le difese hanno insistito nelle opposte tesi.

 

Considerato in diritto

 

1. - Sebbene, per evidenti ragioni di opportunità, i due giudizi sui conflitti di attribuzione, introdotti coi ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 1959 e del 28 luglio 1959, e riuniti con l'ordinanza di questa Corte del 5 aprile 1960, n. 22, siano stati discussi congiuntamente alla questione sollevata con la stessa ordinanza, relativa alla legittimità costituzionale delle norme invocate dalla Regione siciliana a fondamento del potere esercitato con i decreti impugnati dallo Stato coi menzionati ricorsi, la Corte ritiene che, data la diversità dei rispettivi oggetti, le due cause già riunite relative ai conflitti di attribuzione e quella relativa alla questione di legittimità costituzionale siano da decidere con separate sentenze. Pertanto, mentre con altra sentenza di pari data viene decisa quella relativa alla questione di legittimità costituzionale, la presente sentenza riguarda unicamente i due giudizi per conflitto di attribuzione.

2. - In relazione al ricorso notificato il 28 luglio 1959 deve però esser dichiarata in parte l'inammissibilità, in parte la cessazione della materia del contendere.

Esso é inammissibile per tardività, per quanto riguarda l'impugnativa del decreto del Presidente della Regione 15 febbraio 1959, n. 77-A. Quest'ultimo fu pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione del 7 marzo 1959, n. 13; né doveva essere notificato allo Stato, dato che non si riferiva in alcun modo a questo (art. 2 R.D. 17 agosto 1907, n. 642). Non risulta pertanto osservato il termine fissato per l'impugnativa dall'art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

É, invece, cessata la materia del contendere per la parte in cui il ricorso impugna il decreto del Presidente della Regione 22 maggio 1959, n.184 - A. Tale decreto é stato, infatti, annullato (congiuntamente, del resto, al decreto n. 77-A) dal successivo decreto del Presidente della Regione 27 luglio 1959, n. 261-A, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 46 del 14 agosto 1959 e non impugnato dallo Stato. É venuto meno, pertanto, ex tunc, l'atto che lo Stato faceva oggetto di denuncia per invasione della propria sfera di attribuzioni, e con ciò é venuto anche a mancare l'interesse dello Stato a coltivare l'impugnativa. A torto perciò l'Avvocatura dello Stato insiste perché venga emessa una pronuncia di merito sul conflitto di attribuzione. Essa invoca al riguardo gli artt. 22 e 27 delle Norme integrative per i giudizi innanzi a questa Corte. Di dette norme, però, la prima si riferisce alle questioni di legittimità costituzionale e non ai conflitti di attribuzione. Quanto alla seconda, é vero che essa ammette la possibilità dell'estinzione del processo per conflitto di attribuzione unicamente in caso di rinuncia al ricorso. La dichiarazione di cessazione della materia del contendere non é però una pronuncia di estinzione del giudizio, bensì una vera e propria pronuncia relativa all'oggetto del giudizio. Onde essa non trova alcun impedimento nel citato art. 27.

3. - Venendo ora a trattare del ricorso notificato il 28 giugno 1959, che investe il decreto di annullamento delle deliberazioni dell'azienda autonoma per le terme di Acireale e dell'approvazione accordata a tali deliberazioni dall'Assessore regionale del ramo, non v'ha dubbio - come già questa Corte ebbe a osservare nell'ordinanza di cui sopra - che il provvedimento impugnato é stato posto in essere dalla Regione nell'esercizio del potere generale di annullamento contemplato dall'art. 6 del T.U. appr. col D. Pres. Reg. 9 giugno 1954, n. 9: ne fa fede, oltre che l'espresso richiamo, nel preambolo del provvedimento, di quest'ultima disposizione come titolo di legittimazione del provvedimento stesso, il fatto che il provvedimento é stato adottato con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, sentito il parere del Consiglio di giustizia amministrativa. Di fronte a tale evidenza, non hanno alcuna base nella realtà le affermazioni con le quali la difesa della Regione tenta di sostenere che il provvedimento impugnato fu adottato nell'esercizio dei comuni poteri amministrativi di vigilanza o di gerarchia.

Orbene, con sentenza di pari data, il citato art. 6 del T.U. reg. n. 9 del 1954 é stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per aver preteso di avocare alla Regione il potere generale di annullamento - proprio ed esclusivo dello Stato - previsto e regolato dall'art. 6 del T.U. com. e prov. approvato col R.D. 3 marzo 1934, n. 383. Non avendo, dunque, la Regione alcun titolo di legittimazione per esercitare il potere generale di annullamento che in concreto ha preteso di esercitare, e spettando, nello attuale ordinamento, unicamente allo Stato il potere stesso (né importa stabilire in questa sede quale sia l'ambito di tale potere statale, e se esso spetti allo Stato anche nei confronti degli atti delle Regioni e in particolare di quelli della Regione siciliana), é evidente l'uso, da parte della Regione siciliana, di un potere esclusivo dello Stato, del quale in nessun modo essa é chiamata a partecipare.

Ciò é sufficiente per l'accoglimento del ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri avverso il decreto del Presidente della Regione siciliana 23 aprile 1959, n. 146-A.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

pronunciando sui due ricorsi per conflitto di attribuzione indicati in epigrafe, riuniti con propria ordinanza 5 aprile 1960, n. 22,

a) in accoglimento del ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 26 giugno 1959:

dichiara che spetta esclusivamente allo Stato il potere generale di annullamento previsto dall'art. 6 T.U. com. e prov. approvato col R.D. 3 marzo 1934, n. 383, e di conseguenza annulla il decreto del Presidente della Regione siciliana 23 aprile 1959) n. 146-A;

b) in relazione al ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 28 luglio 1959:

dichiara inammissibile per tardività l'impugnativa del decreto del Presidente della Regione siciliana 15 febbraio 1959) n. 77-A;

dichiara cessata la materia del contendere in ordine all'impugnativa del decreto del Presidente della Regione siciliana 22 maggio 1959, n. 184-A.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1960.

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI.

 

Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 1960.